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Autore: Selhen    27/07/2014    1 recensioni
Anni di guerra, territorio conteso e fazioni eternamente in lotta nella terra del dio Aion. Com’è possibile per Selhen nutrire odio verso qualcuno che l’ha risparmiata? Com’è possibile odiare senza conoscere veramente il volto della guerra?
Com’è possibile parlare con un nemico e trovarlo così normale e uguale a se stessi?
Una nuova avventura di Selhen solo per voi. Recensite numerosi. Le vostre recensioni mi danno la carica per scrivere sempre di meglio. Un abbraccio, la vostra autrice.
N.b. avviso gli eventuali lettori che ho postato questa storia più corretta e revisionata su wattpad. Se la preferite con meno imperfezioni sapete dove andare, sono selhene. :)
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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~~Avrei voluto odiarli, come facevano tutti. Avrei voluto provare gioia nell'uccidere un elisiano o nel vederlo morire, ma così non era...
Era passato un mese dall'ultima volta che le strade mia e di Shad si erano incrociate a Reshanta. Da allora mi ero imposta che se lo avessi rivisto, avrebbe dovuto apparirmi indifferente.
Il dolore tornava a pungere come una lama tagliente alla gola ogni volta che, qualsiasi fosse l'occasione, i nostri occhi si incontravano.
Il tempo trascorso da sola, tuttavia, mi aveva fortificata. E se prima ad offuscare la mia mente c'era il ricordo di quel pomeriggio con Shad, adesso pensavo solo a me stessa e a quello che era meglio per me.
Le missioni mi tenevano impegnata, assorbivano completamente le mie energie, eppure, nonostante fossi divenuta una guerriera più attenta, gli elisiani che uccidevo non colmavano il vuoto che avevo dentro, anzi, spalancavano la voragine del mio cuore. Dei pensieri scomodi mi affioravano nella mente perchè stavo negando la vita a un essere che ne aveva il diritto esattamente come lo avevo io.
E poi c'era Velkam. Quel sorriso pulito che non riuscivo a togliermi dalla testa, quella risata cristallina e contagiosa. Quegli occhi verdi...
“Selh”. Saephira mi guardava preoccupata. Avevamo trascorso quell'ultimo mese vedendoci ogni giorno. Ogni volta che la guardavo vedevo nella mia amica una risolutezza nello sguardo, come se ci tenesse a farmi stare meglio anche solo con la sua presenza.
Ma Saephira aveva trovato la persona che colmava quel vuoto, quella voragine che a me tanto pesava.
Me lo aveva detto qualche giorno prima, in uno dei tanti pomeriggi passati a Gelkmaros insieme. Eravamo di ritorno da una missione e avevamo appena fatto ingresso nella fortezza quando Saeph si era seduta su un gradino, all'ombra, e aveva vuotato il sacco.
“Selhen, devo confidarti una cosa”.
Io l'avevo osservata con curiosità e mi ero seduta accanto a lei. L'avevo vista molto cambiata in quei giorni. Era apparsa più matura, più consapevole del suo ruolo, e a giudicare dal tempo che avevamo passato insieme a combattere, mi era sembrata anche molto più abile.
“Io e Brahm...stiamo insieme”, aveva detto così di fretta tanto da aggrovigliare le parole.
Ripensai al tizio alto e severo che sembrava avercela col mondo intero. L'incatatore asmodiano che per poco non aveva ammazzato Velkam.
“Tu e Brahm?”, chiesi incuriosita.
Saeph aveva annuito allegra. “Ecco spiegati i miei passi da gigante nel combattimento e nelle abilità”, aveva concluso luminosa. “Mi è sempre stato accanto, mi ha insegnato un sacco di cose”.
Io avevo sorriso, o per lo meno mi ero sforzata.
Ero contenta per lei? Sì, lo ero, ma sapevo anche che adesso un pezzettino della mia migliore amica mi sarebbe stato rubato da Brahm.
Eppure questo aveva spiegato i suoi strabilianti miglioramenti e il suo perenne buonumore.
Da quel giorno Brahm era stato sempre nei dintorni, ed era inutile negare che tra quei due corresse una chiarissima sintonia.
Io, invece, da quel giorno mi ero sentita sempre più sola, sempre più matta, sempre più... incompleta.
Sì, mi sentivo pazza, invasata... Velkam e quel bacio sulla guancia che mi aveva lasciato, se prima lo avevo seppellito nei ricordi e lì lasciato andare, adesso riaffiorava sempre più spesso alla mia memoria. Rivedevo quella scena, risentivo il suo profumo vicino al viso, bramavo di sfiorare con le mani la pelle calda e rosea di quel nemico.
Sembrava quasi che io fossi una falena attratta dalla luce di una lanterna, e che bramassi, più di ogni altra cosa, sfiorare quella luce e sentirne il calore sulle ali.
Velkam rispuntava troppo spesso nei miei pensieri. Lo avevo confidato a Saephira che aveva liquidato la cosa interpretandola come un problema di poco conto.
“È solo una reazione alla delusione che ti ha dato Shad...”, mi aveva rassicurata con razionalità, “tra qualche giorno te ne dimenticherai”.
 Avevo sperato che fosse davvero così, ma più tentavo di scacciarlo dai miei pensieri più lui ci tornava.

Adesso davanti a noi si stagliava l'immenso palazzo di Kamar, a Sarpan.
Ero stata tutto il giorno in giro per Pandemonium a sbrigare faccende ufficiali.
Avevo deciso di abbandonare la mia legione e rifugiarmi in quella di Saephira. Ero convinta che operare insieme a lei avrebbe potuto distrarmi, così avevo dovuto adoperarmi per comunicare il tutto agli uffici di Legione.
Adesso io e lei eravamo ufficialmente compagne di legione, e i nuovi legionari erano stati con me fin troppo cordiali e accoglienti. In un attimo ero quasi riuscita a dimenticare gli avvenimenti dell'ultimo periodo.
Stare lontano dal gruppo di Shad, oltretutto, mi avrebbe solo fatto bene. Adesso non ci saremmo nemmeno incrociati per sbaglio, ma salutare Death... quello era stato piuttosto duro.
Io e Saephira stavamo parlando del mio recente ingresso in legione, quando notai una figura familiare vicino alla statua del teletrasporto.
Scossi il capo con una mezza risata nel momento in cui dal varco comparve il cacciatore che da circa un mese tormentava i miei pensieri.
I suoi occhi luminosi avevano percorso la piazza e le sue pupille smeraldo avevano tremato per qualche motivo quando si erano posate sopra di me.
Non mi ero accorta di avere schiuso le labbra dallo stupore memtre il cuore aveva iniziato a martellarmi nel petto.
Era inaudito... La mia reazione, era inaudita.
Avrei voluto odiarli... come facevano tutti, avrei voluto provare gioia nell'uccidere un elisiano... ma non ne ero capace...
Velkam aveva pagato il teletrasportatore e aveva camminato pigramente verso di me mentre un farfuglio stupito della mia migliore amica mi aveva indicato che anche lei era consapevole di quello che stava  per succedere.
“Sta venendo qui... ti fissa...”, aveva proferito in un sussurro.
“Lo so”, risposi tra i denti facendo finta di non far caso a lui e puntando il mio sguardo smarrito su Saephira.
“Che pensi di fare?”, mormorò di soppiatto.
“Questo non lo so”, risposi.
Quando percepii il tocco dell'elisiano sulla mia spalla rabbrividii e mi voltai un po' diffidente.
“Ehi, ehi, asmodiana. Non era mia intenzione spaventarti...”, disse l'elisiano sorridendo rassicurante, “siamo in territorio neutrale, ricordi?”.
Ne approfittai per percorrerlo con lo sguardo. Le mie gambe erano molli e la salivazione azzerata.
“Ciao Velkam”, dissi deglutendo quel poco di saliva che mi era rimasta.
“Ciao Selhen”, aveva replicato lui senza distogliere lo sguardo dai miei occhi.
Saephira spostava lo sguardo dall'uno all'altra un po' smarrita.
Tentai di recuperare la mia aria sicura e raddrizzai le spalle per voltare il busto verso di lui. “Hai ripreso l'uso del braccio, vedo...”, sorrisi osservando il suo bicipite liscio e roseo scoperto, senza più nessuna fasciatura.
“Le tue erbe medicinali sono state miracolose”, mi sussurrò vicino all'orecchio perchè nessuno potesse sentire, oltre me.
“Oh...”, arrotondai le labbra inarcando un sopracciglio, “ne sono felice”.
Velkam aveva titubato per un attimo quando il nostro gruppetto era stato raggiunto da un terzo asmodiano. Si trattava di Brahm, che lo aveva guardato con aria minacciosa.
“Il tuo amico deve avercela con me proprio a morte”, aveva detto lui sarcastico stiracchiandosi, poi aveva seguito con lo sguardo le sagome di Brahm e Saeph che si allontanavano da noi dopo che la mia amica mi aveva fatto un cenno con lo sguardo per indicarmi che aveva da fare.
Le avevo annuito ed ero rimasta sola con il cacciatore elisiano, studiando con lo sguardo i suoi abiti in pelle finemente lavorati e resistenti. Notai varie scalfiture e graffi nella pelle lucida. Dovevano essere segni delle armi che in battaglia glieli avevano incisi.
C'erano tratti del carattere di Velkam, a volte, che un po' mi ricordavano Shad. Ma a lui non avrei potuto mai associare le tenebre, era più un tipo luminoso, nei suoi occhi potevi quasi leggere quello che pensava. Shad, invece, era un enigma continuo.
“Allora asmodiana, mi aspettavo che fossi almeno un po' contenta di incontrarmi sano e salvo”.
Lo guardai male. “Dovrei?”.
Lui stirò un sorriso. "Ovviamente...", disse scompigliandosi i capelli, "non si incontra tutti i giorni un giovane di razza elisiana come il sottoscritto".
Cercavo di reprimere in me quell'assurda sensazione di felicità che la sua vista mi causava e non riuscivo, nonosante tutto, a sforzarmi di non sorridere. Quell'elisiano mi stava troppo simpatico. E quel troppo aveva un'accezione chiaramente negativa.
"Stavi a Sarpan per guadagnare qualche Kahrun?", mi chiese lui dopo averci riflettuto.
Annuii poco convinta.
Sul suo viso si disegnò uno di quei sorrisi bellissimi e tentatori. "Sai una cosa? Stavo andando anch'io a sbrigare una faccenda Kahrun. Vuoi una mano?".
Mi accigliai senza capire. Avevo sentito bene? Un elisiano che si offriva di darmi una mano?
"Stai scherzando vero?".
Lui rise sghembo. "Mai stato così serio, asmodiana. Finchè a Sarpan vige il coprifuoco sei al sicuro".
Che fossi al sicuro lo sapevo già. Se Velkam avesse voluto uccidermi avrebbe potuto farlo più di una volta, di certo non gli erano mancate le occasioni. Però suonava tremendamente strano sentire che si stava offrendo di aiutarmi per una missione.
"Mi correggo...", aveva ripreso lui come se mi avesse letto nel pensiero, "non mi sto offrendo di aiutarti, ma solo di... tenerti compagnia fino al deserto di Kamar", scrollò le spalle sorridendo.
Grugnii poco convinta. "Come preferisci".
Mi ero avviata a passo lento oltre la statua del teletrasporto e avevo sceso le scale voltandomi solo alla fine dell'ampia scalinata per verificare che Velkam mi fosse dietro. In effetti c'era davvero, e lo sorpresi a studiarmi con lo sguardo.
"A che pensi?", gli chiesi a bruciapelo in un momento di silenzio.
Non rispose subito. Parve dover trovare le parole giuste prima di concedermi la risposta.
"Stavo pensando a quanto sia strano eppure semplice, qui a Sarpan, camminare fianco a fianco a un'asmodiana".
Mi voltai a guardarlo e puntai i miei occhi sui suoi. "C'è qualcosa che ti ha fatto cambiare idea sul nostro conto?", domandai.
Lui si fissò gli stivali per qualche secondo. "Tu...", disse poi risollevando lo sguardo, "mi hai fatto capire un paio di cose che non avevo capito in vent'anni d'addestramento".
"Tipo?", chiesi esortandolo a continuare.
Lui ridacchiò furbo. "Non credi che stiamo andando troppo oltre al numero di domande concesse?".
Sbuffai. "Oh insomma! Non sono stata io a chiederti di venire con me. E sarebbe uno spreco non conversare visto che sei così bravo a parlare la mia lingua".
Annuì divertito da quell'affermazione. "Posso dartela per buona. Comunque... non pensavo fosse così facile stare bene con te".
Sorrisi sincera continuando a guardare avanti a me l'uscita della fortezza. Dei Reyan a guardia tenevano ritte le loro lance. Le loro ali rosee oscillavano piano al vento pomeridiano. Al nostro passaggio ci scrutarono con diffidenza ma non dissero una parola.
"Sì beh, stare bene è un parolone ma... pensavo fosse più difficile approcciarsi a un asmodiano senza le armi".
Scossi il capo con disapprovazione. "E' quello che hanno sempre voluto farci credere. Nulla ci vieta di andare contro questa credenza comune".
"Le convenzioni sociali lo vietano. Se adesso qualche elisiano di alto rango mi vedesse a passeggiare con te mi darebbe del disertore... del traditore".
Forse sarebbe stato lo stesso per me. Tra il popolo asmodiano erano più gli estremisti che le personalità che protendevano alla pace. E poi, il popolo asmodiano era stato generato dalla guerra.
Se gli elisiani, un tempo, avevano desiderato la pace coi balaur, gli asmodiani erano stati gli unici responsabili della scintilla che aveva fatto scoppiare quella guerra. L'ucciosione di uno dei grandi generali balaur aveva fatto saltare in aria tutti gli accordi tra i Daeva e i mostri dell'abisso.
Da allora il disaccordo era stato tale che gli asmodiani, rifugiatisi nella parte più oscura di Atreia, avevano cominciato a portare avanti nell'ombra la loro crociata sia contro i Balaur che contro i loro oppositori.
"Sai cosa penso? Che abbiamo molto più di quanto crediamo in comune", gli spiegai mentre tiravo fuori i miei revolver alla ricerca di Layalf l'astuto. Eravamo scesi a valle e lì il terreno cominciava a diventare arido e sabbioso, pieno di insidie e scolopen velenosi.
Velkam mi affiancò prendendo l'arco tra le mani ed estraendo una freccia dalla faretra.
"Cosa, secondo te?", mi chiese con tono di chi già conosceva la risposta.
"Siamo Daeva...", lo guardai, "siamo stati entrambi esseri umani prima della nostra ascensione...", mi interruppi scandagliando la zona con gli occhi. "Alla fine cambia solo il colore delle nostre ali e della nostra pelle".
Velkam annuì.
"Non pensi anche tu, quando uccidi un nemico, che stai negando la vita a un individuo che la merita proprio come la meriti tu?".
Il cacciatore mutò espressione ma ritrovò presto il sorriso di sempre. "Forse a volte ho potuto pensarci".
"Forse", gli feci eco acida.
"Selhen", mi chiamò con tono pacato.
Mi girai a guardarlo. Era bellissimo coi raggi del sole che rendevano il verde dei suoi occhi ancora più limpido. Lui abbozzò un mezzo sorriso a cui risposi poco convinta.
"Sì?", domandai senza capire.
"Non mi ero mai chiesto cosa si potesse provare sfiorando la guancia di un'asmodiana, prima di un mese fa", cominciò.
Mi chiesi dove volesse arrivare con quel discorso ma lo lasciai proseguire.
"E la cosa mi ha lasciato alquanto perplesso. Mi aspettavo qualcosa di terribile che invece non è accaduto, così, in tutto questo mese ho sperato vivamente di rincontrarti".
"Perchè?".
"Perchè..." si interruppe. "Perchè avrei voluto provare un'altra cosa".
Corrugai la fronte senza capire. "Cosa?".
Non feci a tempo a chiederlo che me lo ritrovai così vicino che avrei quasi potuto contarne le ciglia. Velkam mi stava scostando un ciuffo di capelli dal viso e sfiorava la punta del naso contro il mio fissandomi intensamente negli occhi.
Potei quasi perdermi in quegli occhi limpidi e il mio stomaco si contorse. Non capii se stesse accadendo per via della paura o solo perchè non mi aspettavo che mi venisse così vicino e si esponesse così tanto.
Temetti che qualcuno potesse vederci, ma con mio sollievo mi accorsi che un grande masso ci nascondeva alla strada di passaggio.
Lasciai cadere inerte i due revolver sulla sabbia morbida poggiando entrambe le mani sui suoi avambracci, accarezzandone la pelle calda e rosea, così diversa dalla mia.
"Solo per una volta", aveva detto in un sussurro prima di sfiorare le mie labbra con le sue, senza fretta, chiudendo gli occhi per godersi tutte le sensazioni che quel bacio clandestino gli procurava. Lo imitai, col cuore che mi martellava nel petto. La morbidezza di quelle labbra era disarmante, il calore di quella bocca rassicurante.
Io e Velkam ci stavamo baciando. Era mai, qualcuno, arrivato a tanto?
Improvvisamente l'unica domanda che aleggiava nella mia mente era questa: c'era mai stato qualcun altro prima di noi?
Quel bacio lento sembrò durare un'eternità e mi diede la consapevolezza che avevo sempre cercato di insabbiare con inutili giustificazioni. Avevo sempre pensato a Velkam non perchè Shad mi avesse deluso, ma perchè era a lui che avevo voluto pensare.
Mi allontanai terrorizzata. "Velkam!". Avevo stretto le mani su entrambe le sue braccia muscolose come per aggrapparmi a lui. Sentii la sua presa salda nell'incavo della mia schiena. Le sue braccia solide passavano intorno ai miei fianchi azzerando la distanza tra i nostri corpi.
"Niente di meglio...", aveva detto alla fine tentando di prolungare quel momento ancora un po' coi suoi occhi chiusi.
Non lo spinsi via, nè feci nulla per allontanarmi ma mi sentivo confusa e smarrita.
Perchè Velkam mi aveva baciata? Era stato lui stesso a parlarmi delle pesanti pene che colpivano i disertori, sia ad Elisea che ad Asmodae.
Poi con un sorriso mi aveva lasciato andare e aveva scoccato fulmineo una freccia che era andata a conficcarsi nella pelliccia morbida di Layalf. La volpe, che era appena sbucata da dietro il masso, aveva cacciato un urlo prima di accasciarsi per terra morente.
"Tutto tuo, Selhen", aveva detto infine Velkam sfiorandomi il viso con il pollice.
 Mi riscossi dal torpore solo dopo che tutta l'azione era realmente terminata. "Grazie", mormorai soltanto accennando un sorriso.
 Lui fece per voltarsi e lasciarmi andare a recuperare la bestia.
"Aspetta", lo fermai trattenendolo per un braccio.
I suoi occhi verdi mi scrutarono interrogativi. Si aspettava un mio commento riguardo a ciò che era appena accaduto?
Non avrei commentato, o almeno non in quel momento, c'era dell'altro che era più importante che io gli dicessi.
"Voglio rivederti", conclusi secca serrando la stretta sulla sua mano.


[Bene carissimi, perdonate immensamente il ritardo della pubblicazione ma è stato un brutto periodo e io ero decisamente a corto di idee.  Mi ci è voluto un po' di tempo a ideare questo nuovo capitolo che credetemi, vuole essere il preludio a qualcosa di molto meglio.
Recensite come sempre, e magari deciderò di tirar fuori un altro speciale su Velkam :* bacio a tuttiiiiii]

 

 

  
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