Prompt: 7. Collana
Titolo: Tradizioni
Autore: Calime
Fandom: Frozen – Il Regno di Ghiaccio
Personaggi: Anna, Elsa
Genere: Generale, Introspettivo
Rating: Verde
Avvertimenti: Missing Moment (un po' What if?)
Lunghezza: 2745 parole – 6 pagine (contatore Word)
Note dell’autore: Pensavate di esservi liberati di me, eh? Be’, mi dispiace per voi ma…
sono tornata!! Completerò la raccolta (e quindi la challenge), dovessi metterci anni e anni! Non
mi piace lasciare le cose a metà e, d’altra parte, non voglio farvi leggere dei capitoli che non
mi convincono del tutto, perciò spero perdoniate i miei ritardi…
Questa volta sono riuscita a tirare fuori un capitolo più lungo di quelli che ho scritto fino ad
ora. Beccatevi ben sei pagine piene di feels(?)!! Prima che mi lanciate contro padelle,
candelabri e oggetti vari, vi avverto che ci sarà parecchio angst, che Anna stempererà un po’ il
tutto con il suo caratterino, perciò non dovrebbe risultare molto pesante.
Cosa ho combinato? Ehm, ho rivisitato un po’ una scena tagliata del film, quella della Dressing
Room, di cui vi lascio i link alla fine delle note, per chi fosse interessato. Oltre alla
suddetta scena, troverete altre citazioni dal film. L’unica nota è questa: Idunn è il nome della
mamma di Elsa e Anna. Un’anima pia ha tradotto i nomi sulle lapidi dei genitori di Elsa e Anna,
perciò sappiamo che si chiamavano Agdar e Idunn. E il simbolo di Arendelle è il crocus, ovvero lo
zafferano (la pianta e, in particolare, il fiore). Per queste info si ringrazia la Wikia di
Frozen ;)
Eccovi i link della scena tagliata:
- The Dressing Room (doppiaggio
originale);
- The Dressing Room (doppiaggio
amatoriale in italiano).
La collana a cui faccio riferimento è questa.
Purtroppo non si vede bene né nell’immagine, né in altre del film.
Come al solito, se avete domande, perplessità, ortaggi vari da lanciarmi contro, c’è l’apposito
spazio delle recensioni. Ammetto di avere qualche dubbio, perché è la prima volta che mi cimento
con il primo incontro tra Elsa e Anna dopo i tragici tredici anni…
Scusate le note lunghissime xD Vi abbraccio tutti e vi mando un bacione!! ♥
Snowflakes
Momenti della nostra
vita
05. Tradizioni
Si è svegliato il cielo…
perciò io sono sveglia!
…
Anna?
…
Schiuse lentamente le palpebre ancora in dormiveglia, nella testa
riecheggiò la voce della sorellina. Una. Due. Tre volte.
Lontana. Sempre più lontana.
Anna.
Lasciò uscire dalle labbra un sospiro stanco e al tempo
stesso di sollievo: era riuscita a svegliarsi prima di
rivivere… Inghiottì il groppo in gola, scacciando
l’ondata dei ricordi che la stava assalendo.
A fatica la chiara luce mattutina riuscì ad attraversare il
ghiaccio perenne che da anni decorava l’ampia vetrata,
illuminando fiocamente la camera da letto, ed Elsa suppose che fossero
trascorse un paio di ore dall’alba.
Si è svegliato il cielo!
«Il cielo si è svegliato»
ripeté inconsciamente in un sussurro.
Poi, ricordò e scattò a sedere sul letto con un
gemito di angoscia: era arrivato il giorno.
Quel giorno. Il giorno che tutta Arendelle stava
aspettando. Il giorno
che sperava non sarebbe mai giunto, nonostante il padre
l’avesse preparata sin da bambina.
Il giorno che – ne era certa – Anna stava
attendendo con impazienza.
Passò le dita tra i capelli aggrovigliati dalla notte
agitata. Era inutile mentire: aveva dormito male, tra l’ansia
per l’incoronazione e tutto ciò ad essa collegata.
La cerimonia avrebbe ufficializzato il ruolo che ricopriva formalmente
da ormai tre anni: era la primogenita ed erede al trono. Non
più Prima Principessa di Arendelle, ma Regina di Arendelle.
"Regina Elsa di Arendelle", non suonava di certo male,
ma un brivido le
percorse la schiena a tradimento.
«Regina» mormorò, rendendolo
così più vero e concreto.
Lo stomaco si contorse in una morsa, mentre il cuore accelerava i
battiti. "Celare, domare, non mostrare", si
ripeté come una
nenia, prendendo al contempo ampi respiri. L’ultima cosa di
cui aveva bisogno, quel giorno, era di scatenare inavvertitamente il
potere.
Non seppe quanto tempo passò, ma finalmente il cuore
diminuì la folle corsa riprendendo un ritmo più
lento, e fu in quel momento che lo stomaco gorgogliò con
vivacità. Elsa arrossì, nonostante nessuno
l’avesse sentito, e decise di rendersi presentabile prima di
chiamare qualcuno per farsi portare la colazione.
Era meglio non pensare al dopo, ma solo al presente. Una cosa alla
volta: ci sarebbe stato tempo per preoccuparsi
dell’incoronazione.
A quel pensiero, gli occhi corsero alle ante chiuse
dell’armadio. E, di conseguenza, a quel piccolo
sacchetto che giaceva ormai da parecchie settimane al suo interno,
proprio sul fondo.
La tradizione voleva che l’erede al trono regalasse ai membri
della famiglia un monile da indossare durante la cerimonia di
incoronazione ed Elsa desiderava rispettarla.
Lo doveva ad Anna, all'amata sorellina che non aveva visto
crescere, che non conosceva. A lei andavano tutta la frustrazione
provata durante la faticosa scelta del presente, tutto il suo
raccapezzarsi per cercare di indovinare dei gusti di cui non era stata
partecipe e tutto quell’amore che nascondeva gelosamente nel
petto.
"Spero di tutto cuore che ti piaccia, Anna".
***
L’abito
era magnifico, regale ed elegante nella sua
semplicità: il corpetto di un azzurro vivace che richiamava
il simbolo di Arendelle nel ricamo blu e viola, la lunga ed ampia gonna
della stessa tonalità e la sottoveste nera con un piccolo
decoro alla base del collo. Lo strascico del mantello, poi, le avrebbe
dato ancora più dignità.
Elsa si rimirò allo specchio soddisfatta del risultato.
Anche l’acconciatura con la tiara era perfetta, tenuta ben
ferma dalle forcine e da altri espedienti utilizzati da Gerda, che si
era premurata personalmente di pettinarla.
Se avesse ereditato un colore di capelli più scuro, era
certa che l’avrebbero scambiata per sua madre, la defunta e
compianta regina Idunn.
Il pensiero corse a loro, ai suoi genitori, morti per volere di un fato
avverso che aveva privato lei e sua sorella del loro amore.
"Padre, io… non credo di essere pronta".
Una mano corse al
petto, stringendo lo spesso tessuto all’altezza del cuore che
galoppava. Le sembrò di sentire come un’eco
lontana e la sensazione fugace di un lieve tocco sulla spalla.
Si voltò sorpresa, ma non vide nessuno, soltanto il legno
della porta chiusa. Era sola, come lo era sempre stata. Era sola in una
stanza troppo grande e silenziosa, che non era la sua.
L’enorme armadio che occupava tutta la parete opposta era
colmo di abiti di alta sartoria, scarpe di pregiata fattura, preziose
stoffe e gioielli di ogni tipo. Armadietti più piccoli
occupavano quelle laterali e busti da esposizione, qua e là
si trovavano sedie, poggiapiedi e una cassettiera contente il
necessario per il cucito e la presa delle misure. Fu proprio su
quest’ultima che si soffermò per un lungo attimo,
rimuginando sul contenuto del cassetto più in alto, dove
aveva conservato il regalo per Anna.
Doveva darglielo al più presto.
Tornò così ad osservare con aria critica il
proprio riflesso. Lo spettacolo sarebbe iniziato presto: mancavano
ancora gli ultimi accorgimenti, come il mantello che avrebbe indossato
più tardi insieme alla spilla della mamma e i guanti. Doveva
trovarne al più presto un paio da abbinare al vestito, non
poteva certo permettersi il lusso di ghiacciare accidentalmente
qualunque cosa avesse toccato.
Sospirò, dando le spalle a quella donna in cui non riusciva
a riconoscersi, ma subito venne colta da un leggero capogiro. Si
appoggiò al tavolino accanto in cerca di
stabilità e, incontrollato, il potere si sfogò
sul legno, riverberandosi in fretta per raggiungere il vaso con i fiori
che si frantumò sotto i suoi occhi atterriti.
«No, no, no, no!» sussurrò angosciata.
Non perse tempo quando sentì dei passi affrettati provenire
dal corridoio, fin troppo prossimi alla stanza in cui si trovava.
Afferrò quindi uno scialle lì vicino e lo
posò sopra i cristalli di ghiaccio, sperando che bastasse ad
evitare domande sconvenienti.
La porta si aprì rumorosamente e nella stanza irruppe
un’affaticata ma raggiante Anna, che si irrigidì
di colpo non appena la vide. Il cuore sembrò fermarsi un
attimo, gli occhi assorbirono quanto più poterono della sua
figura così solenne, alla disperata ricerca della sorellona
che ricordava in quei tratti adulti e aggraziati.
«Elsa» mormorò schiudendo le labbra in
un sorriso.
Neppure Elsa riuscì a distogliere lo sguardo dai suoi occhi
e si stupì quando riuscì a risponderle
timidamente: «Anna».
Anna non accennò alcun movimento, non volle interrompere la
magia del momento. Al contrario, si beava di quella fortuna
inaspettata, della vista di quella sconosciuta che assomigliava
così tanto alla sorella.
"E così tanto alla mamma", Gerda aveva
ragione.
“Vostra sorella ha la bellezza di vostra madre e la fierezza
di vostro padre”, aveva risposto alle sue innumerevoli e
insistenti domande.
Elsa fu la prima a distogliere lo sguardo, sopraffatta dalle emozioni
che tanto si era premurata di nascondere negli anni. Esse irruppero in
quel momento, come un fiume che distruggeva gli argini con la violenza
della sua piena.
Il monito tornò a farsi sentire con prepotenza e per la
prima volta si trovò ad ignorarlo.
Anna. Anna era davanti a lei. Erano nella stessa stanza, una di fronte
all’altra. E non riusciva a pensare ad altro.
L’imbarazzo cadde ad abbracciarle come una gelida coltre e
per la prima volta Elsa percepì una sensazione strana,
diversa dal freddo a cui era abituata quando il potere prendeva il
sopravvento nella propria stanza.
«Dove sei stata?» riuscì a domandarle in
tono gentile, incuriosita dal suo aspetto scomposto.
Anna rise imbarazzata. «Oh, un po’ di qua, un
po’ di là. Mi ha svegliata Kai, buttandomi
letteralmente giù dal letto! No, scusa, volevo dire come se
mi stesse buttando giù dal letto! Ecco, non volevo dire che
è entrato nella mia stanza – non entrerebbe mai
senza permesso».
Elsa iniziò a chiedersi se stesse respirando tra una parola
e l’altra ma, prima che potesse fermarla, lei
continuò.
«Ho fatto colazione, poi un giro a cavallo per…
per calmarmi un po’. Mi aiuta molto concentrarmi sul
dondolio, sul vento tra i capelli e il paesaggio che scorre. Sai,
stamattina mi sono svegliata così agitata e…
Aspettavo da così tanto tempo che aprissero i cancelli! E di
vedere tutta la gente che verrà, la gente di Arendelle, e
dei regni alleati e… Elsa, desideravo così tanto
vederti! Sei splendida! Sarai la regina più stupenda che
Arendelle abbia mai visto! Ne sono certa».
S’interruppe di colpo, abbassando gli occhi sul pavimento.
A quella confessione, Elsa sentì un formicolio sulla pelle,
un moto di tenerezza, che finalmente scacciò il gelo
dell’imbarazzo, distendendo i nervi tesi. Sorrise
nell’attesa che la sorellina le regalasse un altro sguardo,
un altro di quei sorrisi di cui era stata sempre privata.
Ne avrebbe fatto tesoro.
«Oh!» Anna si riscosse guardandosi intorno per poi
tornare a posare lo sguardo su di lei. «Sei già
pronta! Uffa, sono la solita ritardataria!»
sbuffò, avanzando velocemente verso l’armadio.
Elsa la seguì con gli occhi fino a quando non scomparve
oltre le tende. Divertita e con il sorriso ancora sulle labbra,
tornò ad occuparsi di ciò che aveva abbandonato
con il suo arrivo. Era dispiaciuta più per i fiori,
poiché di vasi ne avevano tanti e altrettanti ne avrebbero
potuti ordinare.
«Oh! Bello!» sentiva la voce di Anna ovattata.
«Guarda…! Bellissimo! Ma forse è meglio
questo e… Elsa!!»
Si voltò di scatto, non prima di ricoprire tutto con lo
scialle. Giusto in tempo: la sorellina uscì dalle tende con
un vestito dalle sfumature rosa.
«Come mi sta?» le chiese muovendosi per
mostrarglielo.
«No!» esclamò Elsa prima di frenare la
lingua. Si morse l’interno di una guancia, cercando il
contegno che aveva perso nel vederla. «Volevo
dire… Non mi piace come ti sta e, in più, lo
trovo poco adatto all’occasione».
Anna abbassò gli occhi sulla stoffa.
«Sì, hai ragione. Forse è un
po’ troppo vistoso». Con un luccichio di sfida ed
entusiasmo negli occhi, tornò dentro: avrebbe di sicuro
trovato qualcosa che piacesse ad Elsa.
Scorrendo gli abiti appesi, ridacchiò senza volerlo al
pensiero di ciò che era successo quando era entrata, alla
tensione e all’imbarazzo che le avevano colte. In quel momento
poteva dire con certezza come non si fosse mai sentita così
felice in vita sua.
Era sicura che Elsa sarebbe andata via non appena fosse scomparsa oltre
le tende, invece era ancora lì. E le piacque pensare che
fosse rimasta per lei, per godere della sua compagnia. Forse si stava
illudendo da sola, ma il suo sorriso sincero la faceva ben sperare.
«Ah!» esclamò un po’ troppo
forte, correndo a coprirsi la bocca con entrambe le mani per soffocare
le risate. Soltanto quando l’attacco passò, si
decise ad indossare il vestito che aveva attirato la sua attenzione.
Elsa con mille scuse ringraziò Kai che gentilmente si era
prestato a raccogliere i frammenti di ghiaccio e a portare via il
tavolino irrimediabilmente rovinato. Richiuse quindi la porta alle sue
spalle, appoggiandocisi contro. Doveva trovare al più presto
un paio di guanti! E lasciare che Anna scegliesse da sola il vestito da
indossare.
D’altro canto, aveva ancora il regalo da darle… di
persona. Il fedele maggiordomo era stato fin troppo chiaro, quando lo
aveva pregato di farle da tramite e messaggero.
Le sfuggì un gemito di frustrazione. Presto Anna sarebbe
uscita di nuovo e avrebbe finalmente risolto quel problema. Poi, non
l’avrebbe più vista fino alla cerimonia e il
successivo banchetto.
Quel pensiero le provocò nuova agitazione, che si
tramutò subito in pace quando ripensò a come era
stata trattata: Anna poteva mostrarsi fredda e invece le aveva dato
calore, poteva ignorarla e invece teneva al suo giudizio.
"Possibile che tu mi voglia bene, Anna? Dopo tutti questi anni?"
Fu proprio l’oggetto dei suoi pensieri a riportarla alla
realtà.
«Uh-là-là!»
esclamò infatti Anna, scostando con violenza le tende per
riuscire più facilmente a uscire.
«A-Anna?!» quasi squittì sorpresa. Aveva
davvero una tempistica impeccabile! E… indossava
quell’orrendo, oltre che ridicolo, vestito sulle
tonalità di giallo e arancio – dono di non ricordava quale
regno vicino.
«Uh-uh» continuava ad ancheggiare Anna, i fianchi
ingigantiti dall’enorme gonna dell’abito.
«Smettila, Anna!» Cercò di risultare
dura nel rimprovero, ma più la guardava più non
riusciva a trattenersi dal ridere, fino a quando non scoppiò
coprendosi educatamente la bocca con le mani.
«Quindi ti piace? Me lo presti per la cerimonia?»
cinguettò Anna sbattendo le ciglia in maniera volutamente
frivola.
«No. Non ti consentirò di presenziarci
così!» rispose Elsa con un cipiglio severo,
recuperando un po’ di contegno. «Non fare la
bambina» la redarguì con una naturalezza che non
sapeva di possedere.
La sorellina sorrise, ancora un po’ incredula di essere
riuscita a farla ridere. Non avrebbe mai dimenticato quel suono
cristallino, come di catenelle di vetro che tintinnavano al passaggio
del vento.
«Va bene, va bene. Vado a sceglierne un altro»
disse ritornando verso l’armadio.
«Aspetta!» la fermò Elsa. Non aveva
motivo di attardarsi ancora, non fosse altro per ciò che si
trovava ben nascosto nella cassettiera.
Anna si voltò e la osservò con
curiosità aprire uno dei cassetti del mobile lì
vicino. Poi, sotto gli occhi si ritrovò un piccolo sacchetto
di velluto verde scuro, chiuso da un nastrino di stoffa dorata.
«È per me?» chiese emozionata, facendo
saettare gli occhi dalla sorella a ciò che teneva sul palmo.
Elsa annuì. «È consuetudine che il
futuro sovrano regali qualcosa da indossare alla cerimonia di
incoronazione» spiegò, vedendola ancora indecisa.
Anna allora fermò lo sguardo sulla sua figura, sui suoi
occhi. Gioì, quando riuscì a superare quelle
cristalline barriere, leggendovi l’incerta speranza di
vederle accettare il dono.
«Oh, Elsa!» sussurrò, abbracciandola di
slancio.
A quel contatto Elsa trasalì, lasciando cadere il sacchetto.
Sentì qualcosa attraversare i vestiti, la pelle e scaldarle
il sangue fino a raggiungere il cuore.
No! Non toccarmi! Vi prego, non voglio farvi del
male!
Con violenza si liberò dalla sua stretta. «No! Non
toccarmi!» gridò, gli occhi sgranati dal
puro terrore. In un attimo rivide il corpo di Anna riverso a terra,
sulla neve. Lei
l’aveva colpita. Era colpa sua. Era…
Anna sussultò, confusa da tutta quella foga. «S-Scusa» balbettò, rabbuiandosi.
E fu proprio il suono lieve della sua voce a farle riportare i piedi
per terra. Elsa scacciò i ricordi, ma non la sensazione
dolorosa che la colpì con violenza all’altezza
dello stomaco. Per la prima volta si sentì male, peggio di
quando erano state allontanate: Anna cercava un affetto che non poteva
darle.
"Mi dispiace".
Riacquisì la gelida compostezza che le era ormai propria.
«Non… Non amo essere toccata. Non farlo,
d’accordo? Accettalo e basta» disse in modo secco e
un po’ brusco, freddo: la sensazione calda che aveva sentito
era ormai un lontano ricordo.
A grandi falcate attraversò la stanza, uscendo senza
salutarla. Aveva rischiato grosso e proprio per quello
l’indomani non sarebbe cambiato nulla tra di loro. Avrebbe
governato più che bene dalla sua camera: non aveva bisogno
di uscire tranne in occasioni speciali, come le pubbliche udienze che
avrebbe ridotto e i consigli con i ministri che si svolgevano soltanto
una volta al mese.
Anna non la fermò e, anche quando la porta sbatté
con un rumore sordo, continuò a fissare il punto in cui si
trovava la sorella.
«Io… ti voglio bene, Elsa. Non ho avuto il tempo
per dirtelo» mormorò con sofferenza, le mani
strette al petto e gli occhi umidi.
Abbassò lo sguardo sul pavimento e notò il
sacchetto abbandonato. Lo raccolse, accogliendolo tra i palmi come
fosse l’oggetto più prezioso e fragile di tutto il
regno.
«E non me ne hai lasciato per ringraziarti»
continuò con uno sbuffo di amaro divertimento. I piagnistei
erano ormai inutili, quando aveva trascorso anni e anni di perduta
infanzia e solitaria adolescenza, sentendo sempre una mancanza nel suo
essere che l’amore dei genitori non avrebbe mai potuto
colmare.
Sciolse il nastro e svuotò il contenuto del sacchetto sulla
mano. Il dono di Elsa era un semplice nastro di stoffa verde bosco da
cui pendeva un ciondolo di forma rotonda. Su di esso era inciso il fiore di crocus, stemma della famiglia.
Era bellissimo nella sua semplicità, senza gemme
né brillanti – forse un po' troppo formale, ma l’occasione stessa lo richiedeva. Suppose che fosse fatto interamente
d’oro, ma non era quello a renderlo prezioso ai suoi occhi.
Elsa le aveva fatto un regalo, forse più per rispettare una
tradizione che per vero piacere. Eppure si ostinava a credere che non
avesse scelto la prima cosa vista ma, al contrario, avesse cercato di
indovinare i suoi gusti senza sapere che, qualunque cosa avesse
comprato, per lei sarebbe stato il più bel gioiello mai
ricevuto in dono.
L’avrebbe indossata con orgoglio, mostrata e presentata come
il tesoro più prezioso che Arendelle possedesse; ma forse
quel tesoro non era altro che la sua amata sorella, Elsa.