Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Calime    27/07/2014    2 recensioni
Raccolta di spaccati di vita quotidiana di Elsa e Anna:
#8. To night - A piccoli ed incerti passi si avvicinò al letto, osservando il volto sereno di Elsa nella penombra. Quando la sentì mugugnare nel sonno “cioccolata”, per poco riuscì a soffocare le risate con le mani, attenta a non far cadere ciò che aveva portato con sé sovrappensiero. [Post Frozen]
#9. Ricordi - Il primo ricordo che Elsa aveva di Anna riguardava una culla in legno intarsiato, dipinto del giallo del croco e del verde delle sue foglie, del rosa dei nastri dei fiocchi appesi e del bianco immacolato delle lenzuola che avvolgevano il fagottino all’interno. [Post Frozen]
#10. Il cielo si è svegliato - Elsa seguitò a rimestare il latte con aria meditabonda. Leggere volute di vapore si innalzavano dalla tazza ad intervalli sempre più lunghi, segno del repentino raffreddamento della bevanda, ma non parve preoccuparsene. Nessun suono uscì dalle sue labbra strette, soltanto il rumore del cucchiaino che raschiava la porcellana rivelava la sua presenza a tavola. [Missing Moment]
Genere: Generale, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anna, Elsa, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Disclaimer: I personaggi non mi appartengono, ma sono di proprietà della Disney.





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Prompt: 7. Collana
Titolo: Tradizioni
Autore: Calime
Fandom: Frozen – Il Regno di Ghiaccio
Personaggi: Anna, Elsa
Genere: Generale, Introspettivo
Rating: Verde
Avvertimenti: Missing Moment (un po' What if?)
Lunghezza: 2745 parole – 6 pagine (contatore Word)
Note dell’autore: Pensavate di esservi liberati di me, eh? Be’, mi dispiace per voi ma… sono tornata!! Completerò la raccolta (e quindi la challenge), dovessi metterci anni e anni! Non mi piace lasciare le cose a metà e, d’altra parte, non voglio farvi leggere dei capitoli che non mi convincono del tutto, perciò spero perdoniate i miei ritardi…
Questa volta sono riuscita a tirare fuori un capitolo più lungo di quelli che ho scritto fino ad ora. Beccatevi ben sei pagine piene di feels(?)!! Prima che mi lanciate contro padelle, candelabri e oggetti vari, vi avverto che ci sarà parecchio angst, che Anna stempererà un po’ il tutto con il suo caratterino, perciò non dovrebbe risultare molto pesante.
Cosa ho combinato? Ehm, ho rivisitato un po’ una scena tagliata del film, quella della Dressing Room, di cui vi lascio i link alla fine delle note, per chi fosse interessato. Oltre alla suddetta scena, troverete altre citazioni dal film. L’unica nota è questa: Idunn è il nome della mamma di Elsa e Anna. Un’anima pia ha tradotto i nomi sulle lapidi dei genitori di Elsa e Anna, perciò sappiamo che si chiamavano Agdar e Idunn. E il simbolo di Arendelle è il crocus, ovvero lo zafferano (la pianta e, in particolare, il fiore). Per queste info si ringrazia la Wikia di Frozen ;)
Eccovi i link della scena tagliata:
- The Dressing Room (doppiaggio originale);
- The Dressing Room (doppiaggio amatoriale in italiano).
La collana a cui faccio riferimento è questa. Purtroppo non si vede bene né nell’immagine, né in altre del film.
Come al solito, se avete domande, perplessità, ortaggi vari da lanciarmi contro, c’è l’apposito spazio delle recensioni. Ammetto di avere qualche dubbio, perché è la prima volta che mi cimento con il primo incontro tra Elsa e Anna dopo i tragici tredici anni…
Scusate le note lunghissime xD Vi abbraccio tutti e vi mando un bacione!! ♥





Snowflakes
Momenti della nostra vita




05. Tradizioni


Si è svegliato il cielo… perciò io sono sveglia!

Anna?

Schiuse lentamente le palpebre ancora in dormiveglia, nella testa riecheggiò la voce della sorellina. Una. Due. Tre volte. Lontana. Sempre più lontana.
Anna.
Lasciò uscire dalle labbra un sospiro stanco e al tempo stesso di sollievo: era riuscita a svegliarsi prima di rivivere… Inghiottì il groppo in gola, scacciando l’ondata dei ricordi che la stava assalendo.
A fatica la chiara luce mattutina riuscì ad attraversare il ghiaccio perenne che da anni decorava l’ampia vetrata, illuminando fiocamente la camera da letto, ed Elsa suppose che fossero trascorse un paio di ore dall’alba.
Si è svegliato il cielo!
«Il cielo si è svegliato» ripeté inconsciamente in un sussurro.
Poi, ricordò e scattò a sedere sul letto con un gemito di angoscia: era arrivato il giorno.
Quel giorno. Il giorno che tutta Arendelle stava aspettando. Il giorno che sperava non sarebbe mai giunto, nonostante il padre l’avesse preparata sin da bambina.
Il giorno che – ne era certa – Anna stava attendendo con impazienza.
Passò le dita tra i capelli aggrovigliati dalla notte agitata. Era inutile mentire: aveva dormito male, tra l’ansia per l’incoronazione e tutto ciò ad essa collegata.
La cerimonia avrebbe ufficializzato il ruolo che ricopriva formalmente da ormai tre anni: era la primogenita ed erede al trono. Non più Prima Principessa di Arendelle, ma Regina di Arendelle.
"Regina Elsa di Arendelle", non suonava di certo male, ma un brivido le percorse la schiena a tradimento.
«Regina» mormorò, rendendolo così più vero e concreto.
Lo stomaco si contorse in una morsa, mentre il cuore accelerava i battiti. "Celare, domare, non mostrare", si ripeté come una nenia, prendendo al contempo ampi respiri. L’ultima cosa di cui aveva bisogno, quel giorno, era di scatenare inavvertitamente il potere.
Non seppe quanto tempo passò, ma finalmente il cuore diminuì la folle corsa riprendendo un ritmo più lento, e fu in quel momento che lo stomaco gorgogliò con vivacità. Elsa arrossì, nonostante nessuno l’avesse sentito, e decise di rendersi presentabile prima di chiamare qualcuno per farsi portare la colazione.
Era meglio non pensare al dopo, ma solo al presente. Una cosa alla volta: ci sarebbe stato tempo per preoccuparsi dell’incoronazione.
A quel pensiero, gli occhi corsero alle ante chiuse dell’armadio.  E, di conseguenza, a quel piccolo sacchetto che giaceva ormai da parecchie settimane al suo interno, proprio sul fondo.
La tradizione voleva che l’erede al trono regalasse ai membri della famiglia un monile da indossare durante la cerimonia di incoronazione ed Elsa desiderava rispettarla.
Lo doveva ad Anna, all'amata sorellina che non aveva visto crescere, che non conosceva. A lei andavano tutta la frustrazione provata durante la faticosa scelta del presente, tutto il suo raccapezzarsi per cercare di indovinare dei gusti di cui non era stata partecipe e tutto quell’amore che nascondeva gelosamente nel petto.
"Spero di tutto cuore che ti piaccia, Anna".


***


L’abito era magnifico, regale ed elegante nella sua semplicità: il corpetto di un azzurro vivace che richiamava il simbolo di Arendelle nel ricamo blu e viola, la lunga ed ampia gonna della stessa tonalità e la sottoveste nera con un piccolo decoro alla base del collo. Lo strascico del mantello, poi, le avrebbe dato ancora più dignità.
Elsa si rimirò allo specchio soddisfatta del risultato. Anche l’acconciatura con la tiara era perfetta, tenuta ben ferma dalle forcine e da altri espedienti utilizzati da Gerda, che si era premurata personalmente di pettinarla.
Se avesse ereditato un colore di capelli più scuro, era certa che l’avrebbero scambiata per sua madre, la defunta e compianta regina Idunn.
Il pensiero corse a loro, ai suoi genitori, morti per volere di un fato avverso che aveva privato lei e sua sorella del loro amore.
"Padre, io… non credo di essere pronta". Una mano corse al petto, stringendo lo spesso tessuto all’altezza del cuore che galoppava. Le sembrò di sentire come un’eco lontana e la sensazione fugace di un lieve tocco sulla spalla.
Si voltò sorpresa, ma non vide nessuno, soltanto il legno della porta chiusa. Era sola, come lo era sempre stata. Era sola in una stanza troppo grande e silenziosa, che non era la sua.
L’enorme armadio che occupava tutta la parete opposta era colmo di abiti di alta sartoria, scarpe di pregiata fattura, preziose stoffe e gioielli di ogni tipo. Armadietti più piccoli occupavano quelle laterali e busti da esposizione, qua e là si trovavano sedie, poggiapiedi e una cassettiera contente il necessario per il cucito e la presa delle misure. Fu proprio su quest’ultima che si soffermò per un lungo attimo, rimuginando sul contenuto del cassetto più in alto, dove aveva conservato il regalo per Anna.
Doveva darglielo al più presto.
Tornò così ad osservare con aria critica il proprio riflesso. Lo spettacolo sarebbe iniziato presto: mancavano ancora gli ultimi accorgimenti, come il mantello che avrebbe indossato più tardi insieme alla spilla della mamma e i guanti. Doveva trovarne al più presto un paio da abbinare al vestito, non poteva certo permettersi il lusso di ghiacciare accidentalmente qualunque cosa avesse toccato.
Sospirò, dando le spalle a quella donna in cui non riusciva a riconoscersi, ma subito venne colta da un leggero capogiro. Si appoggiò al tavolino accanto in cerca di stabilità e, incontrollato, il potere si sfogò sul legno, riverberandosi in fretta per raggiungere il vaso con i fiori che si frantumò sotto i suoi occhi atterriti.
«No, no, no, no!» sussurrò angosciata.
Non perse tempo quando sentì dei passi affrettati provenire dal corridoio, fin troppo prossimi alla stanza in cui si trovava. Afferrò quindi uno scialle lì vicino e lo posò sopra i cristalli di ghiaccio, sperando che bastasse ad evitare domande sconvenienti.
La porta si aprì rumorosamente e nella stanza irruppe un’affaticata ma raggiante Anna, che si irrigidì di colpo non appena la vide. Il cuore sembrò fermarsi un attimo, gli occhi assorbirono quanto più poterono della sua figura così solenne, alla disperata ricerca della sorellona che ricordava in quei tratti adulti e aggraziati.
«Elsa» mormorò schiudendo le labbra in un sorriso.
Neppure Elsa riuscì a distogliere lo sguardo dai suoi occhi e si stupì quando riuscì a risponderle timidamente: «Anna».
Anna non accennò alcun movimento, non volle interrompere la magia del momento. Al contrario, si beava di quella fortuna inaspettata, della vista di quella sconosciuta che assomigliava così tanto alla sorella.
"E così tanto alla mamma", Gerda aveva ragione. “Vostra sorella ha la bellezza di vostra madre e la fierezza di vostro padre”, aveva risposto alle sue innumerevoli e insistenti domande.
Elsa fu la prima a distogliere lo sguardo, sopraffatta dalle emozioni che tanto si era premurata di nascondere negli anni. Esse irruppero in quel momento, come un fiume che distruggeva gli argini con la violenza della sua piena.
Il monito tornò a farsi sentire con prepotenza e per la prima volta si trovò ad ignorarlo.
Anna. Anna era davanti a lei. Erano nella stessa stanza, una di fronte all’altra. E non riusciva a pensare ad altro.
L’imbarazzo cadde ad abbracciarle come una gelida coltre e per la prima volta Elsa percepì una sensazione strana, diversa dal freddo a cui era abituata quando il potere prendeva il sopravvento nella propria stanza.
«Dove sei stata?» riuscì a domandarle in tono gentile, incuriosita dal suo aspetto scomposto.
Anna rise imbarazzata. «Oh, un po’ di qua, un po’ di là. Mi ha svegliata Kai, buttandomi letteralmente giù dal letto! No, scusa, volevo dire come se mi stesse buttando giù dal letto! Ecco, non volevo dire che è entrato nella mia stanza – non entrerebbe mai senza permesso».
Elsa iniziò a chiedersi se stesse respirando tra una parola e l’altra ma, prima che potesse fermarla, lei continuò.
«Ho fatto colazione, poi un giro a cavallo per… per calmarmi un po’. Mi aiuta molto concentrarmi sul dondolio, sul vento tra i capelli e il paesaggio che scorre. Sai, stamattina mi sono svegliata così agitata e… Aspettavo da così tanto tempo che aprissero i cancelli! E di vedere tutta la gente che verrà, la gente di Arendelle, e dei regni alleati e… Elsa, desideravo così tanto vederti! Sei splendida! Sarai la regina più stupenda che Arendelle abbia mai visto! Ne sono certa». S’interruppe di colpo, abbassando gli occhi sul pavimento.
A quella confessione, Elsa sentì un formicolio sulla pelle, un moto di tenerezza, che finalmente scacciò il gelo dell’imbarazzo, distendendo i nervi tesi. Sorrise nell’attesa che la sorellina le regalasse un altro sguardo, un altro di quei sorrisi di cui era stata sempre privata.
Ne avrebbe fatto tesoro.
«Oh!» Anna si riscosse guardandosi intorno per poi tornare a posare lo sguardo su di lei. «Sei già pronta! Uffa, sono la solita ritardataria!» sbuffò, avanzando velocemente verso l’armadio.
Elsa la seguì con gli occhi fino a quando non scomparve oltre le tende. Divertita e con il sorriso ancora sulle labbra, tornò ad occuparsi di ciò che aveva abbandonato con il suo arrivo. Era dispiaciuta più per i fiori, poiché di vasi ne avevano tanti e altrettanti ne avrebbero potuti ordinare.
«Oh! Bello!» sentiva la voce di Anna ovattata. «Guarda…! Bellissimo! Ma forse è meglio questo e… Elsa!!»
Si voltò di scatto, non prima di ricoprire tutto con lo scialle. Giusto in tempo: la sorellina uscì dalle tende con un vestito dalle sfumature rosa.
«Come mi sta?» le chiese muovendosi per mostrarglielo.
«No!» esclamò Elsa prima di frenare la lingua. Si morse l’interno di una guancia, cercando il contegno che aveva perso nel vederla. «Volevo dire… Non mi piace come ti sta e, in più, lo trovo poco adatto all’occasione».
Anna abbassò gli occhi sulla stoffa. «Sì, hai ragione. Forse è un po’ troppo vistoso». Con un luccichio di sfida ed entusiasmo negli occhi, tornò dentro: avrebbe di sicuro trovato qualcosa che piacesse ad Elsa.
Scorrendo gli abiti appesi, ridacchiò senza volerlo al pensiero di ciò che era successo quando era entrata, alla tensione e all’imbarazzo che le avevano colte. In quel momento poteva dire con certezza come non si fosse mai sentita così felice in vita sua.
Era sicura che Elsa sarebbe andata via non appena fosse scomparsa oltre le tende, invece era ancora lì. E le piacque pensare che fosse rimasta per lei, per godere della sua compagnia. Forse si stava illudendo da sola, ma il suo sorriso sincero la faceva ben sperare.
«Ah!» esclamò un po’ troppo forte, correndo a coprirsi la bocca con entrambe le mani per soffocare le risate. Soltanto quando l’attacco passò, si decise ad indossare il vestito che aveva attirato la sua attenzione.

Elsa con mille scuse ringraziò Kai che gentilmente si era prestato a raccogliere i frammenti di ghiaccio e a portare via il tavolino irrimediabilmente rovinato. Richiuse quindi la porta alle sue spalle, appoggiandocisi contro. Doveva trovare al più presto un paio di guanti! E lasciare che Anna scegliesse da sola il vestito da indossare.
D’altro canto, aveva ancora il regalo da darle… di persona. Il fedele maggiordomo era stato fin troppo chiaro, quando lo aveva pregato di farle da tramite e messaggero.
Le sfuggì un gemito di frustrazione. Presto Anna sarebbe uscita di nuovo e avrebbe finalmente risolto quel problema. Poi, non l’avrebbe più vista fino alla cerimonia e il successivo banchetto.
Quel pensiero le provocò nuova agitazione, che si tramutò subito in pace quando ripensò a come era stata trattata: Anna poteva mostrarsi fredda e invece le aveva dato calore, poteva ignorarla e invece teneva al suo giudizio.
"Possibile che tu mi voglia bene, Anna? Dopo tutti questi anni?"
Fu proprio l’oggetto dei suoi pensieri a riportarla alla realtà.
«Uh-là-là!» esclamò infatti Anna, scostando con violenza le tende per riuscire più facilmente a uscire.
«A-Anna?!» quasi squittì sorpresa. Aveva davvero una tempistica impeccabile! E… indossava quell’orrendo, oltre che ridicolo, vestito sulle tonalità di giallo e arancio – dono di non ricordava quale regno vicino.
«Uh-uh» continuava ad ancheggiare Anna, i fianchi ingigantiti dall’enorme gonna dell’abito.
«Smettila, Anna!» Cercò di risultare dura nel rimprovero, ma più la guardava più non riusciva a trattenersi dal ridere, fino a quando non scoppiò coprendosi educatamente la bocca con le mani.
«Quindi ti piace? Me lo presti per la cerimonia?» cinguettò Anna sbattendo le ciglia in maniera volutamente frivola.
«No. Non ti consentirò di presenziarci così!» rispose Elsa con un cipiglio severo, recuperando un po’ di contegno. «Non fare la bambina» la redarguì con una naturalezza che non sapeva di possedere.
La sorellina sorrise, ancora un po’ incredula di essere riuscita a farla ridere. Non avrebbe mai dimenticato quel suono cristallino, come di catenelle di vetro che tintinnavano al passaggio del vento.
«Va bene, va bene. Vado a sceglierne un altro» disse ritornando verso l’armadio.
«Aspetta!» la fermò Elsa. Non aveva motivo di attardarsi ancora, non fosse altro per ciò che si trovava ben nascosto nella cassettiera.
Anna si voltò e la osservò con curiosità aprire uno dei cassetti del mobile lì vicino. Poi, sotto gli occhi si ritrovò un piccolo sacchetto di velluto verde scuro, chiuso da un nastrino di stoffa dorata.
«È per me?» chiese emozionata, facendo saettare gli occhi dalla sorella a ciò che teneva sul palmo.
Elsa annuì. «È consuetudine che il futuro sovrano regali qualcosa da indossare alla cerimonia di incoronazione» spiegò, vedendola ancora indecisa.
Anna allora fermò lo sguardo sulla sua figura, sui suoi occhi. Gioì, quando riuscì a superare quelle cristalline barriere, leggendovi l’incerta speranza di vederle accettare il dono.
«Oh, Elsa!» sussurrò, abbracciandola di slancio.
A quel contatto Elsa trasalì, lasciando cadere il sacchetto. Sentì qualcosa attraversare i vestiti, la pelle e scaldarle il sangue fino a raggiungere il cuore.
No! Non toccarmi! Vi prego, non voglio farvi del male!
Con violenza si liberò dalla sua stretta. «No! Non toccarmi!» gridò, gli occhi sgranati dal puro terrore. In un attimo rivide il corpo di Anna riverso a terra, sulla neve. Lei l’aveva colpita. Era colpa sua. Era…
Anna sussultò, confusa da tutta quella foga. «S-Scusa» balbettò, rabbuiandosi.
E fu proprio il suono lieve della sua voce a farle riportare i piedi per terra. Elsa scacciò i ricordi, ma non la sensazione dolorosa che la colpì con violenza all’altezza dello stomaco. Per la prima volta si sentì male, peggio di quando erano state allontanate: Anna cercava un affetto che non poteva darle.
"Mi dispiace".
Riacquisì la gelida compostezza che le era ormai propria. «Non… Non amo essere toccata. Non farlo, d’accordo? Accettalo e basta» disse in modo secco e un po’ brusco, freddo: la sensazione calda che aveva sentito era ormai un lontano ricordo.
A grandi falcate attraversò la stanza, uscendo senza salutarla. Aveva rischiato grosso e proprio per quello l’indomani non sarebbe cambiato nulla tra di loro. Avrebbe governato più che bene dalla sua camera: non aveva bisogno di uscire tranne in occasioni speciali, come le pubbliche udienze che avrebbe ridotto e i consigli con i ministri che si svolgevano soltanto una volta al mese.
Anna non la fermò e, anche quando la porta sbatté con un rumore sordo, continuò a fissare il punto in cui si trovava la sorella.
«Io… ti voglio bene, Elsa. Non ho avuto il tempo per dirtelo» mormorò con sofferenza, le mani strette al petto e gli occhi umidi.
Abbassò lo sguardo sul pavimento e notò il sacchetto abbandonato. Lo raccolse, accogliendolo tra i palmi come fosse l’oggetto più prezioso e fragile di tutto il regno.
«E non me ne hai lasciato per ringraziarti» continuò con uno sbuffo di amaro divertimento. I piagnistei erano ormai inutili, quando aveva trascorso anni e anni di perduta infanzia e solitaria adolescenza, sentendo sempre una mancanza nel suo essere che l’amore dei genitori non avrebbe mai potuto colmare.
Sciolse il nastro e svuotò il contenuto del sacchetto sulla mano. Il dono di Elsa era un semplice nastro di stoffa verde bosco da cui pendeva un ciondolo di forma rotonda. Su di esso era inciso il fiore di crocus, stemma della famiglia.
Era bellissimo nella sua semplicità, senza gemme né brillanti – forse un po' troppo formale, ma l’occasione stessa lo richiedeva. Suppose che fosse fatto interamente d’oro, ma non era quello a renderlo prezioso ai suoi occhi.
Elsa le aveva fatto un regalo, forse più per rispettare una tradizione che per vero piacere. Eppure si ostinava a credere che non avesse scelto la prima cosa vista ma, al contrario, avesse cercato di indovinare i suoi gusti senza sapere che, qualunque cosa avesse comprato, per lei sarebbe stato il più bel gioiello mai ricevuto in dono.
L’avrebbe indossata con orgoglio, mostrata e presentata come il tesoro più prezioso che Arendelle possedesse; ma forse quel tesoro non era altro che la sua amata sorella, Elsa.









   
 
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