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Autore: Mary_la scrivistorie    27/07/2014    1 recensioni
«Simon, tu…sei stato un segno del destino, per me. Ciò che stavo aspettando.»
(dal testo)
-Questa storia partecipa al contest "OC mania!" indetto da ColeiCheDanzaConIlFuoco sul forum di EFP-
Genere: Fluff, Malinconico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Waiting for a destiny’s sign.

Chi, nel proprio inconscio con la consapevolezza della piccolezza del proprio io in confronto all’immensità della Terra, non aspetta un segno del destino? Di certo nessuno. Neanche io.

Silenzio e argento. L’odore umido della nebbia che avvolge le persone e le loro menti, come a creare uno scudo ai loro pensieri.
Noi che, sprofondando con gli scarponi nella neve, afferriamo le scope e ci libriamo in aria.
Sarebbe vietato, ma la McGranitt è dovuta accorrere a Londra per un Consiglio. Neanche ne verrà a conoscenza. E io ho bisogno di volare: per una volta, lascio il block notes da parte e cerco in ogni modo di trovare l’estasi e la gioia di giocare a Quidditch.
Ovviamente, Rose Weasley è in testa ai Grifondoro, con un’espressione trionfante. Questo mi comunica che i geni Weasley – combina-guai – prevalgono su quelli Granger – perfettini.
Nessuno si accorge della mia presenza. Sono perfettamente celata tra tutti questi mantelli rossi e dorati. Me ne compiaccio e sorrido. Infrangere le regole presenta un suo fascino.
Il gruppo, come uno stormo di uccelli, vira a destra. Io decido che volare così alto con queste condizioni atmosferiche è pericoloso e quindi atterro, mentre li osservo divertirsi da lontano.
Spolvero gli scarponi e la divisa dalla neve e scuoto i capelli castani e fluenti.
Una voce armoniosa mi sussurra: «Nira.»
È Marylin. È infreddolita ed è scossa dai brividi. In un attimo sono accanto a lei e l’abbraccio, riscaldandola.
Sorride: «Grazie.». Non so da quanto mi sono auto-proclamata sua protettrice. Sono stata una zuccona. È pericoloso. Dovrei agire d’astuzia e lasciare che sia il suo fratello Serpeverde  a occuparsi di lei.
Il problema è che non ci riesco. Quella ragazzina mi ha attirato. Non posso lasciare un’orfana incustodita. Non dopo tutto ciò che ho passato io: mia madre morta e mio padre, ex-Mangiamorte, in prigione.
Quando una sagoma mi strattona via da lei, intuisco già di chi si tratti. È lui, venuto a picchiarmi perché ho toccato sua sorella. Non so cosa mi aspetti, ma mi sfugge un singulto di paura. Non voglio essere torturata. Chiudo gli occhi e mi accovaccio a riccio.
«Ridicola Mezzosangue.»
Incredibile, non è lui. È una femmina Serpeverde, che neanche riesco a identificare, ma quando alzo lo sguardo e incrocio il suo, mi si gela il sangue nelle vene.
Mi osserva con astio, neanche fossi la persona che odia di più al mondo. Chiudo gli occhi e il dolore arriva quasi immediatamente.
***
Frammenti di coscienza. Le urla di Marylin, che, disperata e spezzata, cerca di far cessare tutto.
Sento il sapore di sangue sulle labbra, credo che sia tutto finito. Ricci neri, pelle diafana. Come si chiama quella ragazza? Penny. Ho la Penny-fobia.
Mani. Un paio. Mi afferrano e mi tirano in piedi. Neve e sangue. Non credo di poter reggere un altro giro di pugni e calci. La sagoma sconosciuta mi prende in braccio e mi porta verso il castello, verso la Signora Grassa, verso le tende rosso e oro che mi sembrano un rifugio familiare.
***
«Ragazzo, ti conviene evacuare da cui. Dejanira si rimetterà, con le cure adatte. E queste cure, diamine, non sono le tue assurde visite. Ma chi è, tua moglie? L’hai messa incinta, figliolo? Quanto siete schiavi dei vostri ormoni. Io, a sedici anni, ero ancora una marmocchia.»
Madama Chips.
Sbatto gli occhi e li apro, e mi trovo davanti lui. Il fratello di Marylin. Non l’ho mai conosciuto, né mai fissato come adesso. Sento qualcosa che mi stringe lo stomaco, una sensazione nuova e orribile.
Ovviamente, è un ragazzo splendido. Tra lui e Scorpius Malfoy – di certo la Weasley mi ucciderebbe se scoprisse che penso queste cose del suo personal idiota Malfoy – non so chi vincerebbe.
Questo ragazzo è statuario, ha i capelli corvini con riflessi ramati e gli occhi azzurri.  Alto, muscoloso, stupendo. Un dio.
Mi aspetto che il suo sguardo sia odioso, ma in realtà mi sonda con un’espressione indecifrabile.
«Dejanira, cara!», interviene la vecchia infermiera, interrompendo i miei pensieri.
Sorrido meccanicamente: «Buongiorno, Madama Chips.»
Lei sbuffa: «Ero così preoccupata per te! Stai bene? Vuoi che cacci questo rompi-Api Frizzole?», e lo guarda in cagnesco.
Scoppio in una leggera risata: «Sto bene, non ce ne è bisogno.»
Lei ci fissa e sospira: «Be’, immagino di dovervi lasciar parlare.», e se ne va, sbrigativa.
Il ragazzo mi guarda ma non è timido. Nessun Serpeverde lo è.
«Mi chiamo Simon. Come stai?», chiede, esitante.
Lo sondo. Verde contro azzurro. «Mi chiamo Dejanira, e sto bene.»
Non capisco perché sprechi il suo tempo con una come me. Di solito la gente deride il mio essere minuta con le orecchie sottili e a punta, come un folletto. Oppure, semplicemente, mi ignora.
Deglutisce: «Mi dispiace per Penny.»
«Hai per fidanzata una stronza.», noto, d’un tratto infuriata. E accecata dall’odio.
Lui sorride: «Non voglio stronze per fidanzate, quindi non lo è.»
Quella sensazione di sollievo che mi travolge mi spaventa. Perché? Ho sempre avuto paura di lui, sua sorella mi ha avvisato mille volte, e invece adesso sto a fissarlo come un’ebete. Mi sento Bella Swan, completamente conquistata dal vampiro, Edward Cullen.
«Ti va una Gelatina Tuttigusti+1?», mi chiede, con quel suo sorriso mozzafiato.
«Perché no? Dopotutto, Madama Chips potrebbe solo Cruciarmi, per avergliene rubata una.»
Risata.
 
***
Una settimana dopo

Mi piace il Natale. Mi piace ancor di più il fatto di avere mio padre tutto per me.
Ho trascorso quei sei giorni in infermeria, con Simon che costantemente veniva a trovarmi e mi portava dolcetti, sgraffignati agli elfi domestici.
Ho scoperto di avere ancora paura di lui. È una paura diversa: sono terrorizzata dal fatto che possa abbandonarmi. Ho bisogno di lui, una necessità fisica e morale.
Scrollo il pensiero.
Oggi finalmente sono stata dimessa. Saluto Diana e Katherine con un abbraccio e salgo sull’Espresso. Finalmente a casa.
Dopo due ore, raggiungo casa mia. Un uomo, come sempre irriconoscibile, mi attende sulla soglia di casa, sfiorando delicatamente la corolla di una giunchiglia – desiderio.
Sento il mio cuore battere all’impazzata. Lui m’intravede sulla collina. E ci corriamo incontro.
Ci abbracciamo di slancio e percepisco che lui mi sta annusando. Lo fa sempre, per realizzare il fatto che io sia vera e non una mera allucinazione. Gli manca sempre il mio odore di camelia.
«Nira…sei vera, reale, sei qua…quanto sei bella.», sussurra, piano.
Io affondo la testa nel suo petto e permetto alle lacrime di sgorgare. «Sì, papà.»
Il nostro rapporto si era consolidato con il tempo. Da piccola, quando la mamma era ancora viva e lui ritornava a casa, si scatenava sempre il putiferio. Lui gridava che noi fossimo i più enormi sbagli della sua vita, e noi due lasciavamo che si sfogasse, piangendo.
«Miriam, credi che sia davvero il mio desiderio più grande avere una figlia Mezzosangue, che sarà continuamente insultata e offesa dalla mia stessa Casa?», aveva urlato lui prima di Smaterializzarsi da qualche altra parte.
«Mamma.», sussurro. Ho paura. Ho bisogno di lei.
«Dejanira, amore, cosa c’è?», mormora lei, abbracciandomi.
«Papà ritornerà?»
«Non ne ho idea, tesoro. Perché non vai a continuare il tuo bellissimo disegno, Nira? Sono certa che un giorno papà li apprezzerà. Solo che…non è ancora pronto.»
Annuisco e obbedisco.
Papà mi sorride, ed è stupefacente. Ci somigliamo molto, ma io ho gli occhi della mamma.
«Disegni ancora?», mi chiede, con gentilezza.
Annuisco. «Certo.»
«Abbiamo tante cose da dirci, credo, Nira.».
Andiamo dentro casa e sono felice.
***
Quella giornata è trascorsa troppo in fretta. Abbiamo volato, siamo riusciti a fare qualche orrendo collage e infine ci siamo guardati un film babbano umoristico che piaceva tanto alla mamma.
Adesso sono in riva al Lago Nero, insieme a Simon.
«Ti manca tuo padre?», chiede.
«Da morire.», ammetto. Non posso descrivere a parole il vuoto che mi provoca ogni volta che ritorna in prigione.
«Mi dispiace.»
«Lo so.»
«Tanto ti batterei, a volare.»
«Dici?».
Insieme corriamo, afferriamo le scope e spicchiamo in volo.
***
Un mese dopo

No. No. No. No. No. No. No. No. No. No.
Dev’esserci stato un errore. Lui è il ritratto della salute.
Cado in ginocchio, in preda alle convulsioni. E poi urlo.
«Nira?»
«Sì, papà?»
«Ricordami, sempre. Ti voglio bene.»
«Anch’io.»
Corro. Non m’importa se sono ridicola. Tutte le persone mi fissano e ridacchiano. Vorrei ucciderle, ma mi trattengo. Lui non vorrebbe.
«Nira?»
«Sì, papà?»
«Sii brava, una donna onorevole e giusta.»
«Ci proverò, promesso.»
Salgo sulla Torre d’Astronomia. Simon è già lì. Capisco che devo affrontarlo. Lui o mio padre?
«Nira, dove pensi di andare?», mi chiede, bloccandomi nella sua stretta ferrea.
Mi dimeno, ma non riesco a liberarmi. «Simon, vattene, non sono affari tuoi.»
Io suoi occhi si accendono di rabbia: «Eccome, se lo sono.»
Mi spinge contro il muro e mi inchioda così con il suo sguardo.
Lo fisso. Qual è la scelta più giusta? Dannazione, non lo so.
«Simon, ti prego…», lo imploro.
«Non posso lasciartelo fare, Nira! Capisci che non posso?», mormori, triste.
«Perché? Per Marylin? Se la caverà.», scrollo le spalle. So che è una bugia, ma in questo istante non posso preoccuparmi anche per lei. Scegliere tra loro due è già abbastanza.
«Per me. Io ti amo, Dejanira Nott.», mi sussurra con dolcezza.
Non penso. Mi lascio influenzare dalle emozioni, di nuovo, e lo bacio. Lui allenta la stretta e comprendo che ho soltanto pochi secondi per decidere.
Lo strattono con tutta la forza che posso e corro verso il nulla.
A un istante dal gesto irreversibile che mi porterebbe via da Simon, lui mi grida: «Scegli me, Nira.»
Lo guardo. Capisco perché non mi ha afferrato. Un solo tocco mi farebbe precipitare. Può affidarsi solo alle parole.
«Ti ho sempre amato. Ero geloso del rapporto tra te e mia sorella, perché volevo che tu fossi solo mia. Tu non puoi farmi questo! Mi devi un favore, ricordi? Ti ho salvato.», replica.
Lo fisso. Vorrei potergli credere. Vorrei vivere, ritornare a essere felice. Posso farlo.
Ma mio padre è morto. E io non posso vivere posseduta dal rancore. Non sarebbe vita.
Tuo padre.
Simon.
Non penso e chiudo gli occhi. Trovo la salvezza.
Cadendo.
***
Mio padre.
La sua voce. «Ecco qua la mia ragazza.»
«Papà…sono morta?»
«Non ancora. Quasi.»
«E allora…?»
«Addio, Nira.»
«No, papà. Vengo con te.»
Una risata, di scherno.
***
Sono premuta contro la schiena di Simon. Sulla sua scopa. Potrei precipitare, ma lui mi salverebbe ancora. Anche se ho scelto mio padre, lui mi ha salvato. Ancora.
Egoista di un Serpeverde!
Atterriamo, e lui mi prende in braccio.
Lasciami, so camminare da sola!
Ci sono tutti. La McGranitt, con l’espressione comprensiva e preoccupata. Il Ministro, Kingsley Shacklebolt, con l’aria severa e determinata. Un sacco di Auror, perplessi o arrabbiati.
«Andatevene tutti.», sibilo, infuriata.
Kingsley si avvicina, come se volesse schiaffeggiarmi.
Simon mi molla e si mette davanti a me, come per farmi da scudo. Ringhia. «Provi a toccarla, e non sarà più intero.»
Kingsley lo ignora e annuncia: «La morte di Theodore Nott è stato un evento tragico, e su questo concordiamo tutti. Però ricordiamo che è sempre stato un Mangiamorte, e il gesto è stato necessario. Abbiamo scoperto che reclutava nuovi giovani Mangiamorte tramite un complesso sistema di contatto.»
«No! Io non le credo! Mio padre si era pentito, mi amava, voleva soltanto una vita con sua figlia!» urlo.
Kingsley si siede accanto a me: «Mi dispiace, bambina. Lucius Malfoy ha rivelato tutta la verità.»
Mi mostra delle strane monete. Le esamino. No.
«Non m’importa! Mio padre era un brav’uomo!», ribatto, e corro.
Percepisco Simon che mi segue, come un’ombra.
Giungo finalmente al suo dormitorio e trovo i piccioncini avvinghiati in un abbraccio super romantico. Scorpius bacia i riccioli di Rose e ha un’aria totalmente innamorata.
Non ce la faccio. Simon mi poggia la mano sulla spalla.
«Nira, vieni.»
Mi prende la mano e mi lascio guidare verso il suo letto. Mi fa sedere accanto a lui.
«Come ti senti?», chiede.
«Vuota. Mio padre è sempre rimasto un assassino e io invece l’ho sempre amato.»
Simon mi prende il volto tra le mani e mi fissa. Anche in un momento come quello, non posso fare a meno di pensare quanto sia bello. «Non sappiamo la verità. Lui ti ha amato. Come me. E mia sorella. E tu non puoi suicidarti. Io non vivrei senza di te. Ormai mi è chiaro.»
Mi bacia e io ricambio. Mio padre vorrebbe che io mi ricostruissi una vita, e credo che iniziare con Simon sia una cosa giusta. Mi ha salvato due volte e credo di essermi innamorata. Totalmente.
«Simon, tu…sei stato un segno del destino, per me. Ciò che stavo aspettando.»
È strano, per me, rivelare questa cosa. Non esprimo molto volentieri a parole i miei sentimenti, ma in questo momento ne ho bisogno.
Ho bisogno di qualcuno.
Ho bisogno di amore.
Ho bisogno di Simon.
Perciò, quando mi sorride e mi bacia, dimentico rabbia e dolore e mi concentro su di lui.
   
 
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