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Autore: Filmaustencat    27/07/2014    1 recensioni
-Secondo te mangio cibo per gatti?- gli feci stizzita ricordando la domanda.
-Era una supposizione: una volta ho visto un programma in tv. Parlava di gente che rimaneva reclusa un casa e mangiava solo cibo per gatti. Il tuo abbigliamento me lo ha ricordato- mi disse passando la prima scatoletta. Ok, questo bellissimo e odioso ragazzo mi aveva appena detto che gli ricordavo uno squallido programma;
-Non è appropriato dire queste cose ad una signorina benché meno ad un cliente- osservai stizzita.
-Beh- riprese lui passando la seconda scatoletta e alzando lo sguardo su di me -Mettiamola così: non è appropriato nemmeno andare in giro in pigiama- concluse sorridendo.
Uscire in pigiama per andare al supermercato non era stata una buona idea. Sofia lo capirà ben presto quando si troverà a discutere con un bizzarro cassiere che le darà del filo da torcere. Saranno battute al vetriolo e messaggi inusuali a farli avvicinare ma, "nel ragazzo bellissimo del supermercato" oltre alla battuta sempre pronta, si celano segreti che aspettano solo di essere svelati.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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DILANIATA 

-Arrivo!- urlai per la terza volta rivolta alla porta mentre cercavo di infilarmi le scarpe. Nonostante il mio tono scocciato Alice, la mia migliore amica continuava a bussare alla porta insistentemente, perfino Romeo, solitamente strafottente e menefreghista iniziava ad aver timore che la mia fragile porta di legno sarebbe rovinata al suolo dopo tutti quei colpi. -Dannazione!- mi sfuggì dopo aver sbattuto un braccio mentre arrancavo per aprire la porta. 
-Sofia. Ci metti sempre un'infinità!- mi disse a mò di saluto. -Ciao Romeo!- disse poi più dolce rivolta al mio gatto che si nascondeva ancora malfidato sotto al divano.
-Come sempre io mi prendo i rimproveri e lui i saluti- le dissi abbracciandola -Eppure me li meriterei, non è da tutti non mandarti a quel paese, specialmente se ti presenti alle 8 del mattino di domenica a casa delle persone- le feci presente. Lei mi sorrise senza rispondere iniziando a trafficare nella mia cucina con fare professionale. Mi piace averla attorno seppur, in certi giorni, mi sarei inventata la scusa più ridicola del mondo per non dover subire uno dei suoi famosi "discorsi". Lei parla. Molto. È il mio opposto: sorride sempre, vedere positivo è il suo stile di vita (e potrei dire anche il suo mestiere visto che fa la psicologa) e ha una passione smodata per la vita mondana. Io, invece, raramente intavolo una conversazione, almeno una volta al giorno mi butto sul divano pensando che la depressione ormai abbia preso il sopravvento e, piuttosto che stare in una discoteca per tre ore di fila, avrei raccolto i bisogni dei cani lasciati da incivili padroni per strada. Ma forse esageravo; certo non si può dire che la mia fosse una visione obbiettiva: avevo conosciuto Francesco proprio in discoteca, 3 anni fa. Mi aveva corteggiata in un modo inconsueto, non irruente e lascivo come invece molti facevano in modo "professionale". Mi aveva semplicemente offerto un drink e dopo aver parlato, o meglio urlato per capirci per una buona mezz'ora mi aveva chiesto il numero di telefono. In quel momento mi sembro tutto così fiabesco che non me lo feci ripetere due volte; ci sentimmo quasi tutti i giorni della settimana dopo, scoprii che abitava poco lontano da me e che i miei occhi da cerbiatta lo avevano stregato. E in quel momento lui aveva già il mio cuore. Cerbiatta fu il mio soprannome per i due anni seguenti, a pensarci ora mi prenderei a schiaffi: quel nomignolo suona così male e melenso che non so come ho fatto a sopportarlo ma, ancora una volta, forse non analizzavo il tutto con la dovuta lucidità. Lui "è il fidanzato perfetto" mi dissi "quello giusto". Quanto mi sbagliavo. Dopo una solida relazione di 2 anni 3 mesi e 26 giorni scoprii che lui mi tradiva, con una mia cugina di grado sconosciuto che una volta per caso avevamo incontrato al bar. Seppur l'avessi vista 3 volte in vita mia, al mio dolore si aggiungeva l'aggravante di parentela.
Passai 4 mesi di puro e totale annientamento ma poi mi riscossi. Più matura, più consapevole e sempre meno felice.
Mia madre a un certo punto credette che io volessi suicidarmi così, con la convinzione nel cuore ogni notte si svegliava in lacrime e mi chiamava pensando per chissà quale motivo che io volessi porre fine alla mia vita proprio alle 3 di notte. Mi ripeteva sempre per scusarsi del disturbo: "ho avuto un presentimento". A quel punto capii che non ero certo io quella che aveva bisogno di aiuto così iniziai a tornare a vivere. Presi un gatto, Romeo, dal gattile comunale. Lui mi teneva compagnia senza essere oppressivo e non mi compativa: era ciò di cui avevo bisogno.
-Finirai sempre più per assomigliare a quel gattaccio- mi riscosse Alice che nel frattempo aveva apparecchiato il mio piccolo tavolino come se fossimo in un hotel extralusso, da dove saltava fuori quella zuccheriera poi era un mistero...
-Cattiva, scostante e brutta- mi spiegò. 
-Ehi, modera le parole. Romeo non è brutto- la rimproverai sedendomi. Aveva portato delle brioche  per la colazione. 
-Ti starai chiedendo perché sono qui- mi disse prima di addentare il suo croissant per poi riprendere a bocca piena -beh vedi, oggi è domenica, stasera c'è una festa al Boxiton e non permetterò che tu passi la tua sesta domenica in casa di fila- mi disse. 
-Le hai contate?- domandai indignata, non sopportavo quando si metteva a fare i conti sulla mia vita sociale: lo sapevo da me che era miserabile e mi andava bene.
-Sofia! Si! Le ho contate! Sono passati ormai 9 mesi, dovresti smetterla di comportarti come se la tua vita fosse finita! Hai 26 anni per l'amor del cielo!- mi riscosse puntandomi i suoi occhi verdi addosso.
-Alice ti ho già detto mille volte che non ci sto più male. E poi se dovevi dirmi solo di una stupida festa in un minuscolo locale perché non me lo hai detto ad un orario umanamente accettabile?!- le dissi alzandomi per andare a prendere il latte caldo.
-Ed è qui che ti sbagli!- mi rispose tornando di buon umore. -Non sono qui solo in veste di messaggera ma anche di aiutante di Cenerentola- odiavo quando parlava per enigmi -mia cara!- mi disse alzandosi di scatto -tu oggi verrai con me dal parrucchiere e farai poi una sana terapia di shopping per poi concludere con l'interpretazione del mio sogno più grande- l'essere psicologa la faceva parlare come un avvocato: dovevano infilzare un loro termine specifico dappertutto -ovvero- riprese -vederti divertire e trovare un uomo, beh son due sogni in effetti ma contano come se...- avevo smesso di ascoltarla. Non ero una cattiva amica ero solamente stanca, nessuno comprendeva come mi sentissi. Non ero propriamente triste, ero dilaniata: odiavo l'idea di ricominciare una storia d'amore eppure ero convinta ancora che per me, in chissà quale remoto luogo del mondo, esistesse il mio principe azzurro che mi attendeva pazientemente.     
-Ok!- la interruppi -Ok, verrò- le dissi. A volte era più semplice assecondarla. In ogni caso la mia domenica era già rovinata.

Mi ritrovai a girare per decine di negozi, coi capelli appena fatti costatemi un capitale, a sperare che le energie avrebbero presto abbandonato Alice che però continuava imperterrita ad entrare in ogni negozio. 
-Dovresti provarlo!- mi disse ad un certo punto passando davanti ad un abitino lavanda dalle spalline sottili -ti starebbe benissimo!- mi sorrise raggiante. Era bello in effetti, lo provai e mi piacque in modo particolare; era da tanto che non mi compravo qualcosa così, decisi di acquistarlo prosciugando definitamente il mio esiguo conto in banca. 
-Lo metterai stasera- mi disse in modo imperativo la mia amica mente tornavamo alla macchina. 
-Allora- le feci mentre assicuravo la cintura -devo supporre che questa tua insistenza per la festa non sia casuale...chi devi incontrare?- le domandai.
-Oh Sofia!- mi sorrise calorosa. -Ho incontrato un ragazzo, ma un ragazzo! Che ti posso dire è meraviglioso, non so...- lo sapevo che ora sarebbe iniziata una delle sue descrizioni dettagliate che partivano dal giorno della sua nascita. Era tenera in un certo senso: passava talmente tante giornate ad ascoltare gli altri che parlare con me era il suo unico vero sfogo. E che sfogo: arrivammo a casa mia per cambiarci ed ancora mi narrava della bellezza di questo fantomatico "Tim", inutile dire che passai buona parte del tempo a prendere in giro il suo nome. -Avrai minuti illimitati di conversazione stasera!- le feci beffarda. 
-Basta Sofi, è mezzo americano: non prenderlo in giro. Potrebbe essere il mio futuro marito!- come correva, avrei voluto essere anche io così spensierata a volte. 
Vestirsi non fu un'impresa semplice: eravamo in ritardo e Alice mentre mi infilavo l'abito e le scarpe cercava di dare una ritoccata al mio trucco. -Andiamo, basta con questa cipria!- le feci spazientita -Sei tu quella con il fusto americano che l'aspetta, non io!- la presi per mano trascinandola fuori. Inutile dire che il tragitto in macchina fu un susseguirsi di sospiri e di "spero che ci piaceremo" di Alice. Lo speravo anche io: si meritava un buon ragazzo e io mi meritavo almeno una domenica di sonno senza che lei che la interrompeva. 
Il Boxiton è un locale piccolo e puzzolente, ma l'unico del mio paese. Questo faceva di lui il miglior locale anche se, se mai fossero venuti a fare un controllo sanitario sarebbe stato chiuso per sempre senza alcun tipo di rimedio. Alice intravide subito il suo Tim e gli corse incontro. Avrei passato ore da sola in questo inferno, solo stordendomi un pò avrei superato il trauma. Mi avviai così al bancone. 
-Una coca cola per favore- dissi al barista che mi guardo stranito. Si, io mi sballano con una coca cola. La caffeina, anche in piccole dosi aveva un effetto strano su di me: era la mia personale kriptonite. 
-Una coca eh?- mi chiese un ragazzo accanto a me, giovane e di bella presenza. Sperai non fosse un rompiscatole che dopo la seconda battuta ti chiede in modo innocente "andiamo in un posto appartato?" -Si una coca- gli dissi girandomi. Lui mi sorrise e rivolgendosi al barista -Una coca cola anche per me- disse sorprendendomi. 
-Piacere, Tommaso- mi fece porgendomi la mano che strinsi. -Sofia- gli dissi telegrafica.
-Allora come mai in questo orrendo posto?- mi chiese. Mi stette subito simpatico: perlomeno avevamo in comune l'odio per questo posto. -Veramente sono qui per una mia am...- fui interrotta da una voce profonda e familiare. -Tommaso, basta fare il cogli...- no. Tutti ma non lui. -Ragazza delle scatolette!- mi disse vedendomi lì. La sfiga mi perseguitava. Avevo appena trovato un bel ragazzo, simpatico e gentile. Non poteva essere amico di quel bastardo. 
-Vi conoscete?- mi chiese allora Tommaso. Non feci in tempo a rispondere -No- puntualizzo lui -era venuta un giorno al supermercato e l'ho presa un po' in giro- disse incolore. Un po'?!
-Mi hai fatto fare la figura dell'idiota davanti a molte persone- gli dissi arrabbiata. 
-Già- fece lui squadrandomi attento. Di nuovo quel già, lo avrei picchiato malamente se non fosse che... -Dobbiamo andare- disse rivolto all'amico -Ora.- lui annuì mentre il bastardo si faceva in disparte scomparendo. 
-Mi fa piacere averti incontrata Sofia- prese un foglio ci scarabocchiò qualcosa e me lo porse -Questo è il mio numero, spero...spero vorrai chiamarmi per un'altra coca- mi disse dolce. Mi fece scogliere per un momento. Lo vidi andar via con il cuore che si affacciava alla luce dopo quasi un anno. Ero decisamente imbambolata mentre guardavo il foglio stretto tra le mie mani.
Era ormai scomparso. -Vedo che hai capito che il pigiama non ti farà far conquiste- il maledetto era tornato indietro, lo vidi alzando lo sguardo e lo trovai più vicino del dovuto. -Questo invece- disse indicando con il mento il mio vestito -Questo ti sta decisamente meglio- mi sorrise andandosene.
Era tornato per farmi un complimento o per ribadire la mia figuraccia del giorno prima? 
Non me ne importò più di tanto. So solo che quel mezzo complimento mi fece ribollire il sangue come mai prima. Ed ancora una volta ero dilaniata perché non sapevo se quel ragazzo di cui non conoscevo nemmeno il nome si fosse reso ai miei occhi ancor più odioso o se mi avesse fatta scogliere come ghiaccio al sole. In quel momento il mio cuore non aveva visto solo uno spiraglio di luce ma il sole, pieno e splendente.

  
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