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Autore: Eveline_95    28/07/2014    0 recensioni
Kimberly e la sua chitarra.
Niall e la sua maschera.
Una decisione difficile per entrambi.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Niall Horan
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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                                                                   Facciamolo insieme

< Sei solo una stupida Kimberly! Con tutti i sacrifici che faccio per te, puntualmente mi ritrovo ringraziata in questo modo! Col tuo atteggiamento! > urlò la donna bionda con le mani sul tavolo. Un bicchiere era già volato in terra, lasciando solo frammenti di vetro. Non erano mai arrivate fino i a quel punto. Kimberly si era promessa a sé stessa di non piangere, non quella volta. 
< Non chiamarmi stupida! Non sono io la casalinga che appena ha un esaurimento nervoso si sfoga sulla figlia appena arrivata da scuola! > replicò cercando di mantenere lo stesso tono della madre. Non le importava se facendo così l'avrebbe provocata, era stufa di sentirsi urlare contro. 
< Stai zitta! > la donna alzò di più la voce come per poter dominare la figlia. Kimberly trattenne le lacrime e la rabbia. Era stanca, stanca di essere usata come un cuscino da prendere a pugni, stanca di sentirsi dire che era un ingrata, che non meritava nulla. Odiava quella frase, 'stai zitta'. Nessuno può urlare ad un'altra persona di stare zitta, di non dire anche lei quello che prova. Era il suo diritto, ma anche se l'avesse fatto, la madre non l'avrebbe ascoltata, perché quella situazione era davvero arrivata al limite. Kimberly non disse nulla, non sarebbe servito a nulla. Adesso persino la sua camera le faceva schifo per quante volte l'aveva vista; le ricordava tutte le litigate fatte con sua madre, alcune sorte per cose veramente ridicole. I respiri si fecero accelerati, la rabbia e la frustrazione uscirono dagli occhi di Kimberly, che si avvicinò allo specchio, prese la lampada regalatale dalla nonna e con un colpo secco lo ruppe, in mille pezzi; ad ogni colpo sentiva una fitta al cuore, sentiva un milione di volte quella frase, 'stai zitta'. La mamma, che stava preparando la cena, sentiva ogni colpo che la figlia stava dando, sentiva ogni suo gemito anche se soffocato, sentiva di aver toccato il fondo. 



In quella fredda notte di Settembre, Kimberly vagava per le strade con le cuffie alle orecchie e la sua chitarra in spalla. Si sentiva sola come una foglia ancora verde caduta dall'albero, tutti l'avevano lasciata, suo padre, sua nonna, e anche sua madre. Tre persone, il suo tutto, l'avevano abbandonata a sé stessa. Ora erano lei, la sua chitarra e il cielo, ormai blu scuro come la sua felpa. Faceva freddo, abbastanza da farle battere i denti. Camminava con le mani nelle tasche, mentre guardava l'acqua sotto di lei scivolare lenta e silenziosa come una ninna nanna. Si avvicinò di pochi metri.
< É molto bella. > la voce proveniva dalla sua destra, dove un ragazzo biondo si stava avvicinando a passi molto lenti. Kimberly non alzò nemmeno lo sguardo. 
< Cosa? > gli chiese con il tono tranquillo ma serio. Il ragazzo si fermò a pochi passi da lei. 
< La tua chitarra. > disse lui accennando un sorriso. 
Kimberly si voltò verso di lui e lo guardò dritto negli occhi, che le ricordarono tanto l'acqua che scivolava sotto di lei. 
< Come fai a sorridere? > disse con la voce leggermente incredula.
< Come? > il ragazzo sembrò stupito ma la cosa durò solo qualche secondo.
< Perché non dovrei? > le rispose sorridendo con gli occhi. Kimberly sospirò silenziosamente.
< Il mio pezzetto di mondo non é un posto dove ti piacerebbe sorridere. > disse tornando a fissare la dolce ninna nanna dell'acqua. 
Il ragazzo cercò di riflettere su quello che aveva appena detto la ragazza dalla felpa blu notte. 
Persino Kimberly si sentì ridicola di ciò che aveva appena detto davanti a quel perfetto sconosciuto. Il biondo le mise la mano aperta davanti alla pancia, tenendo l'altra nella tasca del giubbotto.
< Mi chiamo Niall > disse tranquillamente. Non si sarebbe di certo aspettato una risposta subito, infatti, si sottopose allo sguardo scrutatore di lei, una specie di analisi con gli occhi, che durò non meno di 5 secondi. 
< Kimberly > gli prese delicatamente la mano e la strinse non troppo, ricambiando il saluto. Sentì che la mano di lui aveva il palmo caldo ma le punta delle dita fredde. Lasciò la mano di lui e ritornò con lo sguardo sull'acqua. 
< Sei stanca? > lui la guardò in un modo molto profondo, come se stesse cercando di scavarle dentro l'anima. Kimberly capì subito il significato di quelle parole, si voltò verso il biondo, i suoi occhi, semplicemente marroni, lasciavano trasparire tutta la disperazione che aveva dentro, e che piano piano, la stava portando a lasciarsi andare. 
< Come..? > lui le sorrise ancora una volta.
< Non ho mai visto nessuno guardare l'acqua come la guardi tu. I tuoi occhi la guardano come se fosse la tua ultima speranza. > quelle parole erano così dannatamente vere, più di qualsiasi altra verità. 
< Ultima speranza é una versione addolcita della parola 'morire'. Quando non ti é rimasto più nulla, non hai nulla da perdere allora. Sarò solo aggiunta ad una lista di persone che non esistono più. > disse lei.
< Lo dici come se fosse...una liberazione. > disse il biondo. Kimberly si girò verso di lui. 
< Quel sorriso non è altro che una maschera, non é vero? Anche tu sei stanco, non é vero?! > disse Kimberly, alzando leggermente di più la voce. Niall la fissò con lo sguardo perso; in tutto quel tempo nemmeno la sua famiglia si era accorta di quella maschera che portava ogni maledetto giorno, ci era arrivata una sconosciuta; si sentì confuso, non sapeva se la sua famiglia fingeva di non vedere, o se era lei che aveva reso quella maschera così debole da romperla con una sola frase. Non poté fare altro che annuire, perché infondo lei aveva ragione.
Kimberly prese la mano ormai fredda di Niall e la strinse. Notò le lacrime sulle guance rossastre di lui, scendere giù fino al mento per poi finire sull'asfalto.
< Facciamolo insieme. > disse lei, con gli occhi lucidi e il respiro che tremava. Niall chiude gli occhi ed annuì. Kimberly guardò l'acqua davanti a sé. 
< Ti voglio bene mamma. >

La chitarra stava lì, appoggiata sull'asfalto del London Bridge. La pioggia scendeva fitta su di essa, bagnando anche una piccola scritta nera incisa nella cassa armonica. Era un nome, Kim. 
 
   
 
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