Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance
Segui la storia  |       
Autore: mairileni    28/07/2014    4 recensioni
Di certo, non è stato un bacio di quelli che subito dopo ti vien voglia di pulirti la bocca con una manica per cercare di cancellarne ogni traccia. Gerard si chiede con tranquillità se ci sia l’eventualità che sia gay. Si risponde che non lo sa, ma che normalmente, se uno non è gay e viene baciato da un altro ragazzo, allora quella cosa del pulirsi la bocca con la manica dovrebbe farla subito.
Genere: Generale, Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way, Mikey Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ciao a tutte!

 

Oggi sono arrabbiatissima. Una ragazza ha plagiato la mia ultima OS (sezione Death Note) sfacciatamente, così l’ho segnalata all’amministrazione nella speranza che si possa fare giustizia. Sono davvero furiosa, non capisco proprio come sia possibile che accadano cose simili – oltretutto la ragazza ha pure recensito la OS che poi ha copiato subito dopo.

Fatto sta che nulla, è stata proprio una brutta giornata. Mah.

 

Spero che la vostra sia stata migliore della mia e che il capitolo che segue vi piaccia.

 

Infiniti cuori e grazie del sostegno,

 

 

pwo_

 

 

 

 

 

 

 

 

 

[Tre]

 

 

 

 

 

 

- Luce?

- Spenta?

- Gas?

- Chiuso.

- Hai chiuso anche i rubinetti?

- No, Gee, li ho lasciati aperti perché ho sempre sognato di allagare il nostro appartamento per spostarmi dalla camera al salotto in canoa! Certo, che l’ho chiuso!

- Fammi fare il fratello maggiore, ogni tanto, Mikey.

- Forza, Sali. Staremo via solo due giorni, mica due anni!

Gerard sistema l’ultimo borsone nella loro auto, un pick-up scassato e piuttosto pacchiano, arancione, con tanto di bandierina dei Miami Heats attaccata al finestrino del passeggero. Un’auto che sono riusciti a portarsi via per cinquecento dollari da un amico di famiglia concessionario a Kearny. L’ultima volta che sono stati a Berkeley Heights, Gerard aveva undici anni e Mikey otto, motivo per cui nessuno dei due conosce la strada. Hanno deciso che se la caveranno con i cartelli, e una volta lì riconosceranno le quattro curve che li porteranno dritti dritti alla loro villetta.

- Quanto ci voleva? -, chiede Gerd, mentre si sistema la cintura.

- Mezz’oretta al massimo.

- Non ho ancora capito che cosa ci stiamo andando a fare.

- Cambiamo aria e ci rilassiamo un po’, Gee. Nulla di che. - Mikey ingrana la retromarcia e controlla che non ci sia nessun’altra auto dietro di loro. - Magari ci informiamo anche su quel festival musicale che fanno ogni anno all’acciaieria di Millburn. Se non sbaglio, dovrebbe essere proprio in questo periodo.

 

 

 

 

 

 

Hanno appena pranzato nella cucina della loro villetta di famiglia a Berkeley Heights, e nessuno dei due ha detto più una parola da quando hanno finito di bere il caffè. Gerard si accende una sigaretta e ci riflette su, lo sguardo inchiodato alla finestra. Come dire, sono due ragazzi giovani, soli in una casa sul lago nei pressi di Berkeley Heights, che certo splendida non è ma insomma, e non hanno idea di che cazzo fare. Lo dice.

- Come dire, siamo due ragazzi giovani, soli in una casa sul lago nei pressi di Berkeley Heights, che certo splendida non è ma insomma, e non abbiamo idea di che cazzo fare.

- Già.

Si aspettava una risposta più complessa, ma non importa. Ora, invece, è molto più urgente trovare un'occupazione che non gli faccia rimpiangere questo dannatissimo posto, una volta tornato a Belleville. Questo è quello che pensa. Stavolta non lo dice.

- C'è un minimarket, a mezzo miglio da qui -, notifica.

Se poi Mikey non avrà voglia di fare nemmeno quello, allora lui gli dirà che non era una proposta, ma una semplice affermazione come tante: “Che bella giornata”, “Abbiamo finito le uova”, “C'è un minimarket, a mezzo miglio da qui”. Si versa due dita di caffè in una tazza fiorata che fa molto nonnina.

- E allora?

Oggi suo fratello è poco collaborativo.

- Non so, se c'è un minimarket magari ci sono anche... che so, un parco, delle case.

- E allora?

- Be’, in realtà noi Berkeley non l’abbiamo mai vista davvero. Intendo il paese paese.

- E allora?

- ... Senti, Mikey, lascia perdere, ok?

Mikey è appoggiato alla parete davanti a lui, senza nessuna posizione particolare. Se a Gerard chiedessero di immaginarsi un tizio anonimo, appoggiato a una parete e senza nessuna posizione particolare lui si immaginerebbe l’immagine precisa di Mikey in quel momento.

- Sembri un imbecille, Michael Way -, è il suo lapidario verdetto.

- E perché, scusa?

Gerard prende a gesticolare, lo indica, con disprezzo, lascia ricadere la mano e lo indica ancora, come se non gli uscissero le parole.

- M-ma guardati, che ne so. Non sei seduto, non sei in piedi, non sei niente! E poi di che cazzo di colore è quel maglione che hai addosso? Che cazzo di colore è? Giallino

- Senti, e va bene, ho capito, ho capito! Andiamo a questo stradannatissimo minimarket, così sei contento.

- Posso anche andare da solo.

- No, vengo anch'io.

- Come credi.

Si infilano la giacca nell'ingresso di casa,  Gerd si guarda pure allo specchio per qualche secondo; lui è uno che ci tiene.

Fuori fa un freddo cane, e il sentiero sterrato è coperto di foglie, quindi è tutto arancione, e non si vede altro che arancione, arancione, arancione ovunque. Alla fine di questa vacanza odierò l'arancione, pensa Gerard. Ruota gli occhi sul maglione che fa capolino dalla giacca nera del fratello. Figurati se con la luce esterna non si capiva che anche quello è arancione, considera mentalmente. Lungo il tragitto parlano poco, e se lo fanno è solo per registrare dati di fatto. Gerard sta seriamente considerando l'idea di rimettersi al lavoro con Party Poison & the Killjoys, è ispirato. Succede una cosa strana, ogni volta che lo fa. Sì, perché ogni volta si siede davanti alla scrivania, si mette al lavoro per qualche minuto, diciamo per ventidue minuti, ad esempio, dopodiché dà una seconda occhiata a ciò che ha fatto e allora si sente un completo idiota. Forse dovrebbe solo smetterla di leggere fumetti, perché è ovvio che quelli che sono venduti nei negozi siano fatti meglio del suo. Lo dice il fatto che quelli siano venduti nei negozi. Però a lui infastidisce ugualmente. A Mikey non ha ancora parlato di quest'idea, anche se non saprebbe dire perché. Forse perché Mikey è buono. Sì, è quello, il problema, riesce quasi già a vederlo. Mikey gli prende il fumetto dalle mani, legge velocemente, gli scocca un'occhiata ammirata mentre glielo restituisce e poi assaggia un po' di silenzio prima di dire: “Gee, non c'è niente da fare. Sei bravissimo.” Gentile, per l’amor di Dio, gentile, ma le case editrici non producono un fumetto soltanto perché il fratello dell’autore sostiene che sia fatto bene.

E se gli rivolgesse una frase simile, come del resto fa ogni volta, Gerard non lo sopporterebbe. Sarebbe sempre presente l'atroce sospetto che Mikey lo incoraggi solo perché sono fratelli. E perché sa che Gerard ci tiene, e in un certo senso ci crede, anche. No, no, serve un parere più obiettivo, si dice, il parere di qualcuno che mi trovi totalmente indifferente. Preme i pugni nelle tasche: Frank!

... No, non avrebbe mai il coraggio di mostrargli Party Poison & the Killjoys. Dio, che idee assurde gli vengono in testa, a volte.

- Ci verrai?

Si volta di scatto.

- Eh?

- Gee, hai ascoltato una singola parola di quanto ti ho detto finora?

- No.

Mikey smette di camminare e sbuffa, portando il volto al cielo. A volte, per quanto è introverso e riflessivo, ha degli sprazzi di teatralità che danno quasi alle vertigini.

- Allora -, spiega per la seconda volta. - Sai che tra poco è il 31 ottobre, e...

- Halloweeeeeen! - interrompe Gerard, dopodiché porta le braccia al cielo e si lascia andare a un gridolino infantile: - Yeee!

- No, Gee, stammi a sentire.

- Sì. Scusa.

- Il 31 ottobre è anche il compleanno di Frank Iero.

Ah, pensa Gerard. Lo dice.

- Ah.

- Sì, e dato che lo fa in una specie di parco gigantesco, la sera, mi ha detto di invitare anche qualcun altro che voglio, per fare numero.

- E allora?

- E allora, il “qualcun altro che voglio” sei tu.

- Mikey, Frank ha quattro anni meno di me. Anzi, se vogliamo essere precisi, in questo momento ha cinque anni in meno di me. Non mi va di partecipare alla festa di compleanno di un bambinetto.

- A parte che vi siete già conosciuti, e poi guarda che compie ventun anni, mica otto! E ha la mia stessa età.

- Non partecipo alle feste dei ventunenni.

- Beh, e allora perché alla mia hai partecipato?

- Obblighi familiari.

- E a quella di Sam Portley?

- Obblighi sociali.

- E a quella di Sylvia Keenan?

- Le facevo il filo.

- E a quella di Jonathan Clawson?

- E che Cristo, Mikey, che cazzo sei, un notaio?

- Senti, Gee. Se hai qualche problema con Frank, allora risolvilo. Lui sta nei Pencey Prep, sono forti! Hanno bisogno di una seconda chitarra perché il tizio che la suonava li ha mollati, e quella seconda chitarra potrei essere io. Ti prego, non ho intenzione di far saltare all'aria questa opportunità.

Sono entrati nel minimarket. È meno emozionante di come se lo immaginava Gerard, effettivamente. Una cassa, un banco dei formaggi, uno della carne e un numero indefinito di scaffali traboccanti di roba in scatola e carta igienica e biscotti e creme da mettere sui piedi e cianfrusaglie varie. Solleva distrattamente una confezione di biscotti al burro.

- E io dove sto? -, chiede.

- Cosa?

- In tutto questo programma per la scalata al successo, io dove sto? - Si volta verso di lui. - Dietro alle quinte? Sulla poltrona di casa, ad aspettare il tuo ritorno? Sotto al palco, a lanciarti reggiseni gridando: “Ti amo, Mikey”? Dove sto, io?

- Gerard, ma che accidenti stai dicendo? - Gli toglie i biscotti dalle mani e li ripone sullo scaffale. Gli dà fastidio che suo fratello armeggi con oggetti, quando gli parla. -  Tu sarai sempre con me. E poi lo sai come vanno le cose: se riesco a sfondare, è fatta. Se sfondi hai i soldi, se hai i soldi hai gli agganci e se hai gli agganci hai anche un posto per il tuo fumetto sullo scaffale del negozio, Gerard. E questa volta per più di un mese soltanto.

Mentre parla gli tiene le mani appoggiate sulle spalle, come fosse lui, il maggiore. Le leva di lì, e lo guarda in attesa di una qualsiasi risposta. Gerard annuisce, è tutto quello che può rispondergli. È rimasto poco convinto, lo ammette. Ma smontare i castelli in aria di Mikey sarebbe cattivo, se lo facesse si sentirebbe in colpa subito dopo e probabilmente non chiuderebbe occhio per tutta la notte. No, gli vuole troppo bene per non assecondarlo nei suoi sogni. In ogni caso, Mikey, secondo lui, potrebbe davvero entrare a far parte dei Pencey Prep. È la bravura della band, che lui mette in dubbio, anche se si tratta pur sempre di una band che ha già due dischi all’attivo. Si chiude nella giacca, mentre accanto al fratello cammina senza meta tra gli scaffali. Non sa nemmeno perché abbia insistito tanto per arrivare fino a lì, quando il frigo è pieno zeppo e alla televisione danno la maratona horror fino alle due di notte. Con quel breve viaggio fino al minimarket, due film se li sono certamente persi.

- Mikey, torniamo a casa -, propone.

- Ma non vuoi vedere se c’è un parco? Siamo venuti qui apposta.

- Tu vuoi?

- Io sì. Abbiamo passato ogni dannatissimo natale della nostra infanzia qui e non abbiamo nemmeno mai messo un piede fuori casa, perché la nonna non riusciva a muoversi e noi non potevamo ancora andare in giro da soli. Mi incuriosirebbe vedere cosa c’è a Berkeley Heights, oltre alla nostra villetta. E poi, prima hai insistito tanto!

- Mh. D’accordo, allora.

 

 

 

 

 

 

Effettivamente, un parco c’è, ammesso che un quadrato verde di venti metri per venti possa definirsi tale. Ci sono delle panchine, allineate lungo uno dei lati. Ne scelgono una, la seconda da destra, Gerard vi si siede sopra con un pesante sbuffo e Mikey si abbarbica con malagrazia sullo schienale scivoloso per l’umidità. Fissano il vuoto, perché non è che ci sia tanto altro da fissare, ora come ora.

- Ma sono morti tutti, in questo posto? -, chiede Gerard.                        

- Sembra una città fantasma -, concorda Mikey. Riserva un lungo sospiro al cielo e guarda la nuvoletta di vapore appena uscita dalle sue labbra finché non si sfilaccia e poi si dissolve nell’aria. - Perché ti sta tanto sulle palle l’idea di partecipare alla festa di Frank? È uno forte, sai? Ha avuto un sacco di grane, di salute, intendo, ma non l’ho mai sentito lamentarsi o nulla del genere.

- Che tipo, di grane di salute?

- Mah, bronchite, robe di polmoni, comunque. Poi se non sbaglio ha anche l’otite facile, e il virus di Epstein-Barr.

- Cioè?

- Mononucleosi.

- Cioè?

- È una roba che ti colpisce alla gola ma che può arrivare assieme a una marea di altre cose. Me l’ha spiegato lui. Si trasmette con i baci.

Gerard deglutisce.

- Ah. Bene.

- Perché?

- No, nulla. Be’… mi spiace per lui, ok? Ma non penso che partecipare alla sua festa sia una grande idea. Non lo… conosco così bene, e poi non avrei idea di che cosa regalargli.

- Fallo per me, Gerd. Con te parlerà volentieri, avete un sacco di cose in comune. Siete molto più simili di quanto immagini.

Siamo molto più simili di quanto immagini. Il ricordo travolge Gerard talmente velocemente che gli viene automatico coprirsi gli occhi con le dita e stropicciarseli. Conosce bene suo fratello, Mikey non smetterà di dargli il tormento finché non accetterà di partecipare a quel dannatissimo compleanno.

- E sia -, capitola, rivolto più a se stesso che a lui. - Andiamo alla festa di Frank Iero.

 

 

 

 

 

 

- E di questo che ne pensi?

- Sembri la versione nerd di Vegeta, Mikey.

La versione nerd di Vegeta risponde a Gerard con un sonoro sbuffo, e torna nel camerino del negozio per togliersi i pantaloni che ha indosso. Avranno passato almeno un’ora a cercare qualche capo carino da regalare a Frank per la sua festa, ma sembra che ogni abito in vendita a Berkeley Heights sia stato disegnato da vecchi per altri vecchi. Nulla di decente.

- Poi mi spiegherai com’è che tutti questi vestiti te li stai provando tu, quando in realtà sarebbero per Frank.

- Portiamo la stessa taglia.

- Come lo sai?

- Alla festa di Clawson gli ho chiesto di farmi provare i suoi pantaloni. Fighissimi, avevano più borchie che stoffa. Da paura, sul serio.

Gerard intravede la manica di una giacca piuttosto stravagante spuntare tra gli altri vestiti. Non gli sembra male, così la tira per vedere il resto.

- Dio santo, Mikey, guarda qua! Questa giacca ha perfino i glitter! Ma esistono vie di mezzo, in questo dannatissimo negozio? Si passa dai corpetti rimodellanti per anziani alle giacche glitterate alla David Bowie!

L’uscita gli fa guadagnare un’occhiataccia accusatoria dal proprietario, un uomo sui sessant’anni tutto barba, baffi e capelli. Indossa una delle orribili camicie quadrettate che ha anche il coraggio di vendere.

- Bene. Leviamoci dai piedi, Mikey. Mi sa che il signore non ci ha presi in simpatia.

 

 

 

 

 

 

Accanto al negozio di vestiti c’è una gelateria artigianale chiamata Margaret’s Ice, una stanzetta minuscola come il resto di quel paesino in miniatura, tutto cemento e alberi stentati. Un posticino carino, con le pareti dipinte in strisce verticali gialle e bianche. La signora dietro al bancone non è così carina, invece. Sembra la vecchia tenutaria di un bordello, con i capelli cotonati, il trucco pesantissimo e l’abbondante seno costretto in un bustino che lascia poco all’immaginazione. Le guance le pendono dal viso come due orribili tasche di pelle e il tutto è condito da dieci artigli laccati di viola, unghie finte di quarta categoria.

- Salve, bella signora -, esordisce con vago sarcasmo Gerard. - Come sta?

Si becca uno sguardo carico di sospetto e diffidenza.  La bella signora non è una che ama parlare, questo si è capito piuttosto chiaramente.

- Bene. Allora…

- Allora? -, lo incalza maleducatamente lei.

- Penso proprio che prenderò un gelato.

Lei sospira seccata, come se dare gelati alla gente non fosse affar suo.

- A che gusto? -, chiede stancamente.

- Ehm… cioccolato fondente.

- Non c’è, il cioccolato fondente.

- Allora crema e pistacchio.

- Non c’è, il pistacchio.

- Mh… crema e panna?

- La macchina della panna ci si è scassata l’altro ieri, mio marito Earl aveva bevuto più di qualche bicchiere e le ha sganciato un bel pugno sul muso. Se la panna ti va bene marcia, te la posso dare lo stesso.

- Ehm, no, gra…

- Allora cosa vuoi?

- Senta, mi dia i gusti che ha.

- Come credi.

Gerard scambia una veloce occhiata con il fratello, che ha seguito tutta la scena con la bocca un po’ aperta e gli occhi strabuzzati. Mikey si picchietta un dito sulla tempia e con l’altro indica la proprietaria del negozio, e quando Gerard annuisce sorridendo per fargli capire che sì, anche lui pensa che quella donna sia mezza matta, gli fa cenno di farsi avanti e chiederle comunque le informazioni che cercano. Ma chi, io? Questa mi ammazza, mima Gerard con le labbra. Mikey sospira. Provo io, risponde con il labiale.

- Signora, scusi.

- Che c’è? -, risponde lei lapidariamente, rinunciando alla missione di far stare in equilibrio la pallina alla crema su quella alla stracciatella.

- Mi chiedevo… lei sa dove possiamo trovare una libreria, qui nei paraggi?

- No.

Mikey torna a guardare il fratello, che nel frattempo ha ricevuto il cono che gli spettava direttamente dalle mani sudicie della donna, che pare non aver nemmeno pensato a frapporre un fazzolettino tra la cialda e la propria mano.

- Ah -, risponde dunque Mikey. – Ma… è sicura di non sapere dove si trovi, lei non è di qui?

- Io mi sveglio tutte le mattine alle cinque per venire in treno da Millburn e aprire questo maledetto negozio, alla sera abbasso la saracinesca e mi riprendo il mio treno per tornarmene a casa. Tutto qui, nient’altro da dire.

Mikey annuisce. Allora niente libri per te, Frank, pensa.

- E sa qualcosa di un concerto che ci sarà tra qualche giorno nei pressi di Millburn? Parteciperanno moltissime piccole band locali, e allora ci chiedevamo se fosse possibile…

- Sono due dollari per il gelato e quattro per le informazioni -, scorcia lei.

- Che cosa? -, sbotta Gerard. - Adesso dobbiamo pure pagarle le informazioni?

- Io devo dare da mangiare a due figli e a un gatto piuttosto grasso, ragazzino. Se c’è modo di tirare su qualche spicciolo, non sarò certo così stupida da farmelo scappare.

Gerard sbuffa, ma abbassa comunque la cerniera della giacca. La sua mano sparisce nella tasca interna e riemerge con una banconota da dieci. Gliela porge, riluttante.

- Guardi che deve darmi il resto -, precisa.

- Il concerto di cui parlate è l’Orange Festival. - Porge distrattamente i quattro dollari di cambio a Gerard, che se li rimette in tasca e pensa che allora è vero che l’arancione lo sta perseguitando. - Sono quasi trent’anni che quella baggianata va avanti. La organizzano ragazzi provenienti da Springfield, Berkeley, Millburn, Cranford… ma il gruppetto di scellerati che negli anni Settanta ha dato inizio al tutto veniva da South Orange, e da qui il nome del festival. Dura dai tre ai cinque giorni, a seconda, ed è pieno di tossici e ubriaconi. La musica è atroce. Fanno metal, o come si chiama quella robaccia che va di moda adesso; fatto sta che è tutto uno strepitio, e non invidio quelli che abitano vicino alla vecchia acciaieria in cui si svolge il tutto. Quest’anno cade tra il 29 di ottobre e il 2 di novembre, quindi figuriamoci quei pazzi, già me li vedo, a fare i vandali in giro! A bussare con la pancia piena d’alcol alle porte della povera gente! - Riserva l’ultima, indignatissima frase del suo monologo alle poche vaschette di gelato che ha davanti. - Tutti in prigione, dovrebbero metterli, quegli sciamannati. Tutti in prigione e via la chiave.

A parlare, dopo qualche secondo di silenzio, è Mikey.

- Ma scusi, ma se odia tanto il festival, com’è che sa tutte queste cose?

- Avete presente quando vi parlavo del gruppetto di scellerati che ha avuto la bella idea di dare inizio a questa assurda tradizione? Be’, mio marito Earl era tra loro.

 

 

 

 

 

 

Si prepara un caffè mentre Mikey usa il telefono fisso per parlare con chissà chi. Sono solo le cinque e mezza del pomeriggio ed è già il sesto, che Gerard beve. Devo darmi una regolata, pensa, appoggiato con il bacino al pianale della cucina. Guarda Mikey passeggiare avanti e indietro con il cordless all’orecchio mentre si sorbisce con calma la bevanda (sta ancora usando la tazza fiorata che aveva preso dopo pranzo, sente di essercisi affezionato).

- Non bello, grandioso -, sta dicendo Mikey a chi sta dall’altra parte del filo, - e ci vogliono solamente venti minuti o neanche, per arrivarci! Sì, sì. Be’, penso si possa fare. Sì, sarebbe fantastico! Prova a proporlo a quelli che avevi già avvisato, casomai io e Gerd possiamo portare qualcuno con il pick-up! D’accordo, d’accordo. Richiama tu, a dopo.

- “Io e Gerd possiamo portare” cosa, Mikey?

Gerard sta fissando gelidamente il fratello minore da dietro la sua bellissima tazza fiorata da nonnina.

- Era Frank -, si sente rispondere. - Gli ho parlato del festival e indovina un po’? Gli piace. Sta valutando di spostare la sua festa di compleanno da quel parco che ti dicevo al festival stesso. Offre lui il biglietto di entrata a tutti, e una volta dentro chi vuole bere paga da sé! Sarà divertente!

Gli sorride. Mikey sa essere così positivo ed entusiasta. Posa la sua tazza accanto a sé e lo guarda a braccia conserte per qualche secondo, prima di rispondere.

- Se il compleanno si farà al festival, allora molto meglio. Verrò volentieri.

- E per il regalo? Oggi è già il 15!

- Non lo so, lo conosci meglio tu di me, questo è poco ma sicuro.

- Ci vorrebbe qualcosa di originale, qualcosa di…

 

 

 

 

 

 

- Orribile -, sentenzia Gerard tra sé e sé, rimirando con aria schifata il capitolo su cui ha appena finito di lavorare.

Mikey è andato a dormire quasi due ore fa, e allora lui si è messo al lavoro per conto suo, nell’altra stanza da letto della casa. Si è impegnato, ma il risultato gli fa comunque schifo. Non è un problema di trama, né di disegni (anche se negli ultimi si scorge qualche imprecisione dovuta alla stanchezza): il problema sono i personaggi principali. Party Poison è forse il meglio delineato, anche perché Gerard si è segretamente ispirato a se stesso, per crearne la personalità e l’aspetto fisico. A lui ha solo tolto qualche chilo di troppo e colorato i capelli di rosso anziché di nero. C’è anche Mikey, nel suo fumetto. Anche senza conoscerlo, chiunque lo rivedrebbe nel personaggio di Kobra Kid. E comunque no, il problema non è neanche Kobra Kid. Il problema è Fun Ghoul. È piatto, banale. Fisicamente potrebbe essere un supereroe tanto quanto un impiegato in banca, mentre nel lettore dovrebbe restare impresso come la fondamentale spalla di Party Poison. Gerard si porta le mani sugli occhi e sbadiglia sonoramente. Ha appena buttato due ore di sonno in un lavoro inutile che non lo porterà da nessuna parte.

Verso mezzanotte, prima di sparire nella propria stanza per la notte, Mikey gli ha confermato che Frank festeggerà il compleanno fermandosi all’Orange dal 29 al 2. Pare che saranno costretti a dormire in macchina, cosa che sarebbe illegale. Ma anche Frank si è informato, e, stando a quanto ha sentito dire, le autorità locali chiudono un occhio su qualche cavillo, durante l’evento. A ben guardare, l’evento stesso sarebbe illegale. , conclude Gerard, tutto sommato sarà divertente.

 

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance / Vai alla pagina dell'autore: mairileni