Titolo: Sound of Whishes
Serie: X
Rating: Nc-14, Angst
Pairing: FuumaxKamui
Note: Perché le ultime fic su X che scrivo mi escono tutte così assurde?
Mbah, ormai non so neppure io dove le trovi queste idee strampalate, in ogni
caso per ora questa è sicuramente la più strana tra le fanfic di questo fandom
che abbia mai scritto. E' da così tanto che non scrivo di Fuuma e
della FuumaxKamui che alla fine non so neppure più cosa penso di questa coppia e
ho ridotto la loro interazione ad un incontro strampalato che rasenta il
nonsense. Soprattutto nel finale ho avuto problemi e temo che lo si noti
benissimo.
Big Damn Table: here
Prompt#: 004. Interiorità
+†+Sound of Wishes+†+
Bisbigli.
Sibili.
Grida.
Pianti.
Dolore.
Fracasso.
Gioia.
Rammarico.
Rabbia.
Odio.
Odio.
ODIO!
Uomo, chi ti da il diritto di uccidere altri uomini?
La sabbia bianca di un Luogo che non esisteva si muoveva carezzata dalle mani di
un vento invisibile, spostandosi con ritmica lentezza contro il suo corpo,
nonostante non fosse presente realmente. O forse sì, c'era, da qualche parte,
ovunque quel Luogo si trovasse, e doveva solo prenderne completa consapevolezza,
accettarlo e poi aprire gli occhi. Osservare.
Osservare cosa?
I suoni.
Il gioco delle tonalità che si dipanavano in onde aggrovigliate con l'aria e
danzavano intorno a lui in movimenti nervosi e contorti, mesciando i colori con
cui erano state forgiate, cozzando nevroticamente, respingendosi per andare a
schiantarsi con altre spire di colore.
Voci.
Non erano altro.
E a lui, Maestro D'Orchestra, andava il compito di dar loro un senso compiuto,
creare il giusto ritmo perchè potessero essere ascoltate, comprese... esaudite.
Desideri.
"Uccidimi."
"Voglio che lei muoia."
"Voglio farla finita."
"Ti prego, fammi sparire da questo mondo."
"Fammi smettere di soffrire."
"Uccidimi."
"Uccidimi."
"Uccidimi!"
Perché si perde di vista la cosa più importante?
Il braccio destro si alzò.
Fu come guardare un aquilone prendere il volo, sospinto dalla corrente d'aria
calda che lo trascinava più in su, verso un cielo di cui non distinse il colore.
E le dita si allacciarono ad uno di quei filamenti di suoni, voci e desideri,
strappandolo all'intreccio intricato di un Mondo che ancora non voleva capire.
"Gli esseri umani sono ciechi."
Nonostante le labbra si fossero dischiuse per parlare, la sua frase non si
aggiunse a quel gomitolo di rumori dal quale la sua mano attinse, non divenne
neppure un suono, semplicemente galleggiò sopra le altre, per poi disperdersi in
centinaia di bolle d'aria che scoppiarono subito dopo, una dopo l'altra.
Le osservò per qualche istante, poi tornò il silenzio rotto da quei bisbigli, da
quei sussurri, da quelle urla e da quei pianti.
Preghiere.
Ad un Dio che si era limitato a girare una Ruota immaginaria, scommettendo con
il Destino e mettendo sul piatto le vite dei suoi poveri figli.
E tu, Uomo, qual è il tuo desiderio?
Ritrasse il braccio con un movimento fluido. Non gli parve neppure di averlo mai
mosso, semplicemente volle spostarlo ed il secondo seguente lo vide nella
posizione in cui aveva voluto fosse, obbedendo al comando del proprio cervello.
Tra le dita il filamento si muoveva, dibattendosi e dipanandosi in
piccole lingue violacee di un fuoco che iniziò presto a corrodere la manica del
giubbotto che indossava, per poi arrampicarsi al suo polso e scavare affondo,
addentando senza denti le sue carni e conficcando artigli che non possedeva
nelle sue vene.
Entrandogli dentro.
"Che cosa stai facendo?"
Non aveva parlato davvero.
Era stato il suo sorriso a farlo per lui, quella linea morbida e dolce comparsa
all'improvviso sulla sua bocca.
Ed era strano come, cambiando semplicemente angolazione, lo stesso sorriso
sembrasse diverso: tagliente, per poi diventare sarcastico o perfino crudele e
poi di nuovo gentile, affabile. Bastava chiudere gli occhi per un momento,
tornare a guardarlo, ed era cambiato di nuovo, insieme al disegno della sabbia
bianca che si muoveva su un terreno che non era mai esistito ed in continuazione
si disponeva a formare nuovi simboli, nuove vie che conducevano sempre alla
stessa Fine.
"Ti ho chiesto che cosa stai facendo."
Domandò ancora, serafico, con lo sguardo rivolto al proprio polso in cui il
sangue aveva iniziato a colare copiosamente, macchiandone la pelle rosea ed
infrangendosi in grosse gocce ai suoi piedi, aggiungendo liquido all'oceano
sotto di sé che già ne lambiva le gambe. Il filamento si mosse sotto la
sua pelle, ebbe un guizzo e poi, lentamente, iniziò a tornare indietro,
affacciandosi alla ferita.
"Cerco qualcuno."
La sua era stata una voce vera.
Giovane.
Maschile.
"Non troverai nessuno." rispose lui, senza mai distogliere lo sguardo da quella
fibra di fiato viola. Ametista. Ogni volta che si muoveva venivano messe in
risalto nuove sfumature, finché lui non si rese conto che era nato un
nuovo colore e che sapeva perfettamente a chi appartenesse. Il giallo appartiene
al sole ed alle stelle. L'azzurro al cielo. Il verde all'erba fresca. E l'oro ai
propri occhi.
Quello invece, quel viola brillante e lucido, liquido, apparteneva ad un
ragazzo.
Era il viola degli occhi di Kamui.
"Ora. Esci." ordinò, mentre altro sangue si aggiungeva a quello che già aveva
perso e la sabbia intorno a lui si gonfiava di un intenso rosso che aveva presto
cancellato quel suo assoluto candore, finendo per ricolorare insieme ad essa
anche le pareti di quel Luogo, inscurendole velocemente, spruzzandovi contro le
tonalità del buio e le sfumature dell'angoscia.
"Non volevo farti del male."
Fu solo un mormorio sommesso, rotto da quello che avrebbe definito un pianto, se
solo una cosa come quella avesse potuto piangere. Ma non aveva occhi, non aveva
bocca, non aveva neppure, mani, orecchie o gambe.
Era solo un filamento color occhi di Kamui.
Era solo una Voce.
Un Desiderio.
Che pian piano, timidamente, scivolò fuori dal polso di lui, trovandosi
imbrattato di sangue e lasciandosi cadere a terra, trovandovi invece un oceano
purpureo in cui iniziò ad affondare.
Se non fosse stato per la mano che lo sollevò, facendolo uscire da quell'acqua
cremisi, sarebbe sicuramente affogato.
Sparito.
Divorato dai propri sensi di colpa.
Soltanto allora dita più sottili di quelle che lo toccavano nacquero dalle sue
tonalità di viola, allungandosi sino a diventar braccia, a cui si aggiunsero
delle gambe, un volto ed un corpo intero.
"Volevo solo trovare una persona."
Aveva anche labbra con cui parlare e due grandi occhi d'ametista liquida in cui
lacrime di rugiada si sciolsero, rendendoli più lucidi.
"Non la troverai."
Lui non ne era rimasto particolarmente sorpreso.
Era come se sapesse che sarebbe accaduto e conoscesse perfettamente quei
lineamenti delicati di un viso ancora da bambino.
Era così diverso da sé.
Lui non aveva più niente della sua infanzia, né il volto e men che meno i
ricordi. Non possedeva più nemmeno il nome con cui lo avevano fatto nascere, ne
aveva assunto uno nuovo, insieme alla sua nuova identità.
"Ma tu potresti aiutarmi."
"A quale scopo?"
"E' importante."
"Per chi?"
"Per me."
"Perché?"
Troppe domande.
Il ragazzino aggrottò la fronte candida annaspando tra risposte che non sapeva
più dove cercare, abbassando lo sguardo sconfitto, osservando l'increspatura di
un oceano troppo rosso che stava iniziando a sommergerli.
Era freddo.
Il livello dell'acqua era già arrivato oltre le sue ginocchia.
Rabbrividì.
"Se anche ti aiutassi a cercare quella persona, sarebbe inutile. Non hai ancora
aperto gli occhi, non è così, Kamui?"
Doveva essersi sbagliato perché le iridi d'ametista del ragazzo erano spalancate
e lo furono ancora di più quando la propria mano scorse in una carezza al suo
volto.
La sensazione che provò Kamui non fu quella di essere toccato, quanto più quella
di essere attraversato.
Si sentì come un fantasma.
Si sentì come un sogno che sarebbe svanito una volta giunto il mattino.
E si sentì come se quegli occhi dorati di fronte a lui ne stessero puntellando
il cervello, vivisezionandolo per estrarre ogni suo più recondito pensiero,
senza rendersi conto di essere, a sua volta, nulla più che la manifestazione di
un pensiero.
"Mi conosci?" domandò, accostando di più il volto alla carezza di lui, che
scorse sino al mento e con la punta delle dita ripercorse la curva che portava
al collo sottile.
"Naturalmente."
"Ed io, ti conosco?"
"Non più."
"Vuol dire che non sei Fuuma?"
"Lo sono stato."
"Vorrei che tornassi ad esserlo."
"Davvero?"
Kamui, o il suo desiderio, annuì, alzando la mano per poggiarla al petto
di Fuuma, cercando il rumore di un battito che invece era muto e venne
sostituito dal suono delle volute del vento che spirava intorno a loro,
trasportando con sé la sabbia divenuta ormai purpurea e sciogliendola
nell'oceano.
L'acqua aveva raggiunto oltre la metà delle sue cosce.
Non sentiva neppure più le gambe.
A dire il vero non le aveva mai sentite.
"Credo di sì. Non lo so." rispose e Fuuma ne strinse con forza il collo sottile,
sentendo sotto i polpastrelli e sotto lo strato di pelle la consistenza di ossa
fragili che avrebbe spezzato facilmente, soltanto stringendo ancora un po' di
più.
Tirò a sé il corpo più esile del ragazzo, circondando con il braccio libero la
sua vita ed affondando con le unghie nella sua carne, lacerando la casacca di
una divisa scolastica.
"Allora non cambierà niente, Kamui, e quando sarà il momento mi prenderò la tua
vita."
Affondò la mano nel suo corpo.
Affondò in un bacio.
L'odore intenso e ferruginoso del sangue si sparse ovunque.
L'oceano rosso li sommerse completamente.
E nella mano sinistra batteva il cuore che aveva appena strappato dal petto di
Kamui.
Caldo.
Vivo.
Profumato di vita e di morte.
E non ci sarà più nessuno in grado di realizzare il Mio desiderio.
Galleggiava.
Oppure stava solo immaginando di farlo.
Non gli importò molto.
Aveva gli occhi chiusi, i polmoni si erano riempiti di liquido ed il suo corpo
non era più lì da un pezzo.
Non c'era mai stato.
Non realmente.
"Ora basta." ordinò, semplicemente pensandolo e subito dopo le palpebre si
alzarono lasciando che iridi d'oro fuso incendiassero i contorni di ogni cosa su
cui lo sguardo si era posato, a partire dall'acqua che evaporò all'istante e
alle pareti scure di un Luogo inesistente. Evanescente. Che scomparve
sfaldandosi davanti a lui, mostrando al suo posto una stanza asettica, un uomo
addormentato ad un trono e, seduto contro la parete, il proprio corpo.
Si guardò dormire.
Qualcuno era in piedi davanti al proprio corpo, aveva capelli corti, senza un
colore definito come quelli dei bambini nati da poco.
Tese la mano e dita affusolate si strinsero intorno alle proprie, tirandolo in
piedi nel momento stesso in cui i propri occhi si aprivano ed il Sogno veniva
lasciato alle spalle, dopo il Risveglio.
"Ben svegliato." pronunciò la voce atona di Nataku che con occhi pieni di una
curiosità tutta infantile prigionieri di un volto inespressivo, lo guardavano.
Ci volle qualche istante per ritornare padrone dei propri arti e riuscire di
nuovo a percepirli come tali, mentre le labbra si piegavano in un sorriso ed il
volto si spostava in direzione di quello del giovane che per tutto il tempo
aveva vegliato sul suo corpo addormentato.
"Sei stata brava, Kazuki." mormorò al suo orecchio, lasciando l'impronta di un
bacio alla sua guancia, molto più vicino all'angolo destro della bocca di quanto
non sarebbe stato il casto bacio di un padre.
Gli scompigliò i capelli, affondando tra i suoi crini quasi bianchi per qualche
istante, per poi riabbandonare il braccio lungo il fianco e superarlo,
raggiungendo il trono in cui un uomo dai lunghi capelli biondi non si era mai
risvegliato e silenzioso continuava a tessere la rete dei suoi sogni nell'attesa
che il proprio desiderio venisse avverato.
Portò entrambe le mani ai braccioli del trono, piegandosi su di lui ed
osservando i tratti di quel volto.
"Gli esseri umani hanno un corpo fragile, sono pieno di difetti e sono soggetti
alle malattie. Sono deboli, non c'è niente che potrà mai cambiare le cose."
Poggiò la propria fronte a quella più chiara del Sognatore, in un contrasto di
chiaro-scuro che anche i capelli ripresero. Petrolio mesciato nell'oro.
Chiuse gli occhi, respirandogli addosso, soffiando il proprio fiato tra le sue
labbra appena dischiuse perché anche a lui fosse concesso un respiro lento e
regolare. Sottile. Come quello di chi sta per morire. Non sentiva alcun odore
quando respirava, non c'era nessun rumore quando il proprio cuore -quasi fermo-
scandiva un battito stanco ed i polmoni si gonfiavano e si sgonfiavano con
flemma.
Nonostante tutto era ancora vivo.
Fuuma respirò a fondo l'odore sterile di quella stanza, fino ad imprimerselo nel
cervello per cancellare completamente i residui di un Sogno ed i mormorii di
desideri inascoltati.
"Gli esseri umani sono fatti per soffrire e per far soffrire."
E Kamui non fa Eccezione.
Nessuno dei due Kamui...
†THE END†