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Autore: N O W H E R E    28/07/2014    1 recensioni
Quindici anni dopo la fine della guerra contro Gea, due uomini distrutti dalle perdite e dal tempo si incontrano casualmente e finiscono per farsi compagnia.
-Old!Percico, perchè ce ne sono troppo poche in giro.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Nico di Angelo, Percy Jackson
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Stand up and fight!



Il cielo era grigio sopra il cimitero di Manhattan quel giorno. Parcheggiò la sua vecchia auto e scese sprofondando le mani nel suo lungo cappotto blu.
Si concentrò su qualsiasi cosa attorno a lui per non lasciare che la tristezza lo avvolgesse completamente. I passi sulla ghiaia, i cipressi che si lasciavano piegare dal vento. Il cielo era grigio, come i suoi occhi, la giornata era davvero simile a quella di quindici anni prima.
Prese delle margherite e delle rose bianche ed entrò nel cimitero camminando piano per non infastidire nessuno.
Arrivato davanti alla sua tomba si inginocchiò, fissò la lapide per qualche secondo accarezzando la foto.
Un ovale dorato incorniciava il volto di una ragazza abbronzata, dai capelli lunghi biondi e ricci con un sorriso luminoso e gli occhi piccoli e grigi.

"Dopo dieci anni non mi sono ancora abituato alla tua mancanza. La vita senza di te è dura come il prima giorno che te ne sei andata." Iniziò con un profondo sospiro, sedendosi sul terreno con le ginocchia piegate sulla quale poggiò le braccia.
"Noi che avevamo sempre paura di parlare del futuro, il futuro, per persone come noi, non è mai certo. Quell'unica volta che parlammo al futuro fu su Argo II, nella stalla, ricordi?" Parlava come se potesse sentirlo e quel ricordo gli fece scappare un sorriso, che mantenne le lacrime ancora un po'.
"Oh, come ti sarebbe piaciuto vivere a Roma, lontano dal lavoro e dal pericolo. Con tutte le costruzioni Romane, la fantastica architettura e tutte quelle altre cose su cui blateravi sempre. I nostri figli sarebbero stati fantastici, due femmine ed un maschietto, magari intelligenti come te e forti come me. Avremmo avuto un acquario, una piscina ed un cane, magari anche un'enorme libreria per tutti i tuoi libri. A volte quando sono solo immagino come sarebbe stato litigare con te per quale programma vedere la sera o per chi sarebbe andato a prendere i bambini a scuola." Poi la voce si ruppe e le lacrime cominciarono a scendere copiose, intervallate da qualche singhiozzo.
"Mi manchi Annabeth, mi manca litigare per le stupidaggini e mi manca il modo in cui mi chiamavi Testa D'Alghe. Nessuno mi chiama più così ormai, tutti mi rispettano e hanno paura di me, sono cambiato da quando te ne sei andata. Ora sono un vero e proprio eroe, ho salvato milioni di persone, ma non sono riuscito a salvare te, la più importante." Ormai le lacrime erano diventate inarrestabili, si sentiva così debole e inerme che non riusciva neanche ad asciugarsi il viso.
"Sai, in quindici anni sono rimasto da solo, non ho avuto nessun'altra oltre te. Non ho bisogno di nessuno che non sia te, Annabeth. Tu eri la sola che riusciva a mettermi in riga ogni volta che facevo qualche stronzata, eri la sola che sapeva come prendermi, come calmarmi, tu eri la mia metà e ti amo talmente tanto che se tornassi ora, in questo momento, ti perdonerei per avermi lasciato solo per tutto questo tempo. Ma ora sono stanco, sono stanco di tutta questa solitudine, sento che sto per crollare, senza te, senza nessuno, Annabeth, vorrei soltanto che qualcuno rimanga nella mia vita, per una volta." Scosse la testa e prese dei respiri profondi e finalmente si asciugò le guance. Decise di alzarsi, le gambe cominciarono ad indolenzirsi restando sempre in quella posizione e l'umidità del temporale imminente si stava facendo sentire.
"Ti amo Annabeth, non mi perdonerò mai per non avertelo detto abbastanza." Sussurrò mentre posava il mazzo di fiori accanto alla lapide e diede un ultima carezza alla foto.
Si strofinò il viso con una mano grattandosi la barba incolta che cominciava ad ingrigirsi. Sentì un tuono non molto distante e si ricordò di passare a salutare gli altri.
La lapide più vicina era quella del suo migliore amico, Grover, poi c'era quella di Frank e la sua ragazza Hazel e poco distante quella di Leo. Quell'ultimo viaggio era stata una missione suicida, della sua squadra erano rimaste quattro persone, lui compreso. Le altre tre non le vedeva da anni. Avevano tutti perso qualcuno di importante e questo li aveva portati ad allontanarsi e chiudersi in se stessi.
Improvvisamente si ricordò di essersi dimenticato  di una persona e tornò indietro.
Non andava spesso a salutarla, anche perchè da viva non avevano mai avuto un forte legame, ma era pur sempre stata sua compagna di avventure ed era un eroe, proprio come tutti gli altri.
Fece per avvicinarsi alla lapide, ma notò una figura scura accovacciata davanti ad essa.
Un uomo, avvolto in un cappotto nero, con i capelli incasinati, mossi e lunghi posava dei fiori sulla lapide e stava per alzarsi.
Il cuore di Percy perse un battito, non poteva essere lui. Non poteva incontrarlo dopo tanto tempo proprio in questo modo.
L'uomo si voltò, il suo viso scarno e pallido era contornato da una barbetta nera. Gli occhi scuri ed inespressivi erano ancora cerchiati dalle occhiaie violacee.
Avrebbe potuto scambiarlo per suo padre, ma era troppo giovane per poter essere lui.
"N-Nico?" Non gli sembrava vero, pensava che la persona davanti a lui fosse solo un altro fantasma.

Avrebbe potuto riconoscere quegli occhi verdi ovunque, ora erano stanchi, arrossati dal pianto e non più luminosi come una volta, ma lui li riconobbe comunque. Non riuscì a dire nulla, dopo tutto quel tempo in cuor suo provava ancora qualcosa per lui e non gli sembrava reale averlo davanti.

Percy non ci pensò due volte e gli gettò le braccia al collo stringendolo forte. Era vero, era reale, lì davanti a lui e lo stava abbracciando. Dopo tanto tempo rivedere una figura amica l'aveva reso più felice di quanto immaginasse, non importava se lo stava imbarazzando con quell'abbraccio o se non era il momento, lui aveva bisogno di quel contatto.
 
Ci volle un po' per realizzare cosa stesse succedendo e ci volle ancora più tempo per decidersi di sciogliersi completamente all'abbraccio e ricambiare. Non avrebbe mai immaginato di rincontrarlo al cimitero, davanti alla tomba di sua sorella.

"Sono anni che non ti vedo, come stai Nico?" Chiese sorridendo, non lo faceva da troppo tempo, ma era contento di vederlo. Sentì una goccia cadergli in testa, ma pensò di essersela immaginata.

"Sopravvivo. Tu, cosa hai fatto in tutti questi anni?" Chiese sforzandosi di sorridere per non sembrare troppo cinico. Il figlio di Poseidone era parecchio cresciuto, un uomo ormai, si notavano alcuni peli bianchi nella sua barba e una ciocca grigia spiccava al lato della testa, ma a guardarlo bene una parte di quel ragazzino dislessico e disordinato era ancora vivo in lui. Il suo sorriso era diverso, più triste e questo gli faceva capire quanto fosse stata difficile la vita per lui in questi ultimi dieci anni.

"Ho cercato di rifarmi una vita, ma come vedi, con scarsi risultati." Rispose con un mezzo sorriso. Sentì altre gocce cadergli addosso e capì che il temporale si stava avvicinando. "Vieni, sta cominciando a piovere." Gli disse camminando spedito verso l'uscita. Ora aveva la sua occasione, un viso amico, una persona cara con cui poteva parlare e confrontarsi, qualcuno con cui sfogarsi. "Allora, come mai da queste parti?" La prese alla leggera, in effetti non era molto delicato chiedere a qualcuno perchè passasse per il cimitero.

"Tra qualche giorno parto, vado in Italia. Sembra che mia madre abbia mi abbia lasciato un eredità." Camminò fino ad affiancarlo, la pioggia si faceva sempre più intensa e quando finalmente arrivarono sotto al portone del cimitero il temporale si scatenò. Percy corse verso la sua auto e Nico titubò. Il più grande gli fece cenno di raggiungerlo, ma lui non si mosse. "Abito qui vicino, uso il viaggio ombra, non preoccuparti." Urlò, rimanendo fermo al riparo dall'acqua.

"Seriamente? Pensi che ti lascerei andare a casa da solo nel bel mezzo di un temporale? Sali in macchina, su, facciamo due chiacchiere." Rispose, con un tono che non ammetteva repliche.

Nico fece una corsa fino ad arrivare all'auto e salì a bordo quasi completamente zuppo. Osservò Percy mettere in moto con il cappotto e i capelli totalmente bagnati, ma non sembrava infastidito. "E tu come mai eri qui?" Chiese per spezzare il silenzio.

"Oggi è il decimo anniversario della sua morte." Sottolineò la parola sua per evitare di ripetere quel nome. "Ero passato a salutarla e mi sono femato a salutare tutti gli altri." Sospirò, imboccando la strada per casa sua senza rifletterci più di tanto.

"Capisco, scusa, avevo dimenticato." Disse sfilandosi il cappotto bagnato.
 
"Tranquillo, va tutto ben-" Cercò di dire ma fu interrotto da un Nico che lo guardava interdetto.

"Percy." Disse, guardandosi intorno, stava entrando in una parte della città che non conosceva.

"Cosa c'è?" Chiese preoccupato dall'interruzione guardandolo spaventato. 

"Casa mia è dall'altra parte." Disse tranquillo, ripiegandosi il cappotto suelle gambe e arruffandosi i capelli per far sgocciolare l'acqua.

"Oh." Esalò innocente con un espressione da ebete stampata sul volto.

"Non sei cambiato per niente." Ridacchiò Nico strofinandosi il viso con una mano.

"Eh già." Rise Percy dandogli una pacca su una spalla. Guardò nello specchietto retrovisore ma c'era già una fila di macchine dietro di lui e le strade che cominciavano a riempirsi di acqua. "Ora non posso tornare indietro, per Zeus, proprio ora doveva allagarsi la strada!" Percy sbuffò rumorosamente tamburellando le dita sul volante. "Dannata la mia testa d'alghe!" Il suo sorriso si spense pronunciando l'ultima parte della frase e la sua espressione tornò fredda. "Che ne dici di venire da me? Resta per un po' finché il temporale non smette." Disse con tono serio, quella che più che una domanda era un'affermazione.

Nico fece spallucce annuendo. "Ok." Biascicò fermandosi ad osservare fuori dal finestrino.Non poteva mica fargli male un pomeriggio con un vecchio amico, certo un po' di nostalgia si faceva spazio nel suo cuore ma quella lo accompagnava sempre, faceva parte di lui. Più osservava Percy e più lo trovava cambiato. Come si irrigidiva facilmente quando parlava dei vecchi tempi. Quando lo conobbe Nico era solo un bambino spensierato, sua sorella era ancora viva ed era ancora dalla sua parte. Ricordó che quando aveva conosciuto Percy, Annabeth era scomparsa oltre la scogliera e lui si sarebbe buttato di sotto pur di salvarla, eppure non erano ancora fidanzati. Fu uno dei motivi per cui Percy gli piacque subito, era forte, coraggioso ed altruista. Pur essendo un bambino di soli dieci anni capì che tra i due c'era qualcosa di più di una semplice amicizia, bastava vedere come la guardava e come parlava di lei.

"Non hai smesso di farlo, anche tu non sei cambiato per niente, Nico." Gli diede una rapida occhiata con un sorriso beffardo stampato sul volto per poi tornare a concentrarsi sulla strada.

"Fare cosa?" Chiese interdetto corrugando le sopracciglia.

"Perderti nei tuoi pensieri come se il mondo attorno a te non esistesse. A cosa pensi, Nico, perché non parli?" Chiese senza guardarlo, forse era stato troppo schietto ed invadente, ma era vissuto in silenzio per troppo tempo e non riusciva più a sopportarlo.

"A volte rifugiarmi nei miei pensieri è l'unico modo che ho per difendermi dalla realtà. Quando sono triste cerco sempre di scavare nei miei ricordi piú felici, a volte mi fa stare meglio, a volte peggiora solo le cose." Rispose con tono stanco, riuscendo quasi a sorprendere il piú grande per la leggerezza con cui si è aperto alla sua domanda."Pensavo a quando ci siamo conosciuti. Ricordi, Annabeth scomparve buttandosi dalla scogliera e tu eri pronto a seguirla. Mia sorella ti credeva totalmente fuori di testa." Gli scappó un sorriso triste e tornó a guardare la pioggia infrangersi contro il finestrino per sfuggire al suo sguardo.

"Sembra un ricordo cosí lontano, come se fosse un'altra vita. Quanti anni sono passati? Venti? Eravamo dei bambini... e tu eri davvero insopportabile." Rise prendendolo un po' in giro per sdrammatizzare. Finalmente erano arrivati. Svoltò a destra e parcheggió l'auto sul marciapiede davanti il suo portoncino. La pioggia non dava cenno di diminuire e si preparó ad un altra doccia fredda. "Siamo arrivati." Esclamò prendendo le chiavi e uscendo dall'auto.

La casa era una stretta villetta di mattoni a due piani con un piccolo giardino davanti recintato di ferro. Percy aprí rapidamente in portoncino e corse verso la porta aprendo anche quella con un solo gesto. "E cosí non abiti piú con tua mamma." Sentenzió appendendo il cappotto all'attaccapanni all'entrata.

"No, mia mamma e il suo compagno hanno comprato casa un paio di anni fa ed io non avevo voglia di starle ancora tra i piedi." Accese un paio di luci e fece cenno di raggiungerlo in cucina. "La cosa che più mi manca di quella casa è la scala antincendio fuori la finestra della mia camera. Ricordo quando mi facesti prendere un colpo e comparisti su quella scala la notte del mio compleanno." Aprí il frigo mezzo vuoto, non aveva idea di cosa offrirgli. "Cosa preferisci? Purtroppo ho solo succo di mirtillo ed acqua."

"Mi piacerebbe mangiare di nuovo la squisita torta blu di tua mamma, ma non preoccuparti sto a posto cosí." Rispose sincero sedendosi al tavolo. La casa era abbastanza disordinata, simile alla sua sotto questo punto di vista. Le pareti erano dipinte con le diverse tonalità di blu e azzurro, la cucina era un particolare acquamarina.

"Ho un idea! Caffè!" Esclamó sorridendo. "Prova a rifiutare anche il caffè e ti chiudo fuori casa sotto la pioggia." Disse con aria soddisfatta, sciacquando la Moka. Finalmente stava cominciando a rilassarsi.

"Oh beh, allora accetto." Sorrise, non sapeva se prenderlo sul serio o no, ma solo l'idea di restare sotto la pioggia lo faceva tremare. "A proposito, dov'é il bagno? È meglio che mi asciugo, la mia salute è peggiorata in questi ultimi anni." Chiese gentilmente alzandosi.

"In effetti sei pallidissimo, è la seconda porta a destra comunque, ora ti porto qualcosa con cui puoi cambiarti, mi sembri abbastanza bagnato. E scusami per il disordine, si sente la mancanza di una donna in questa casa." Lo accompagnò alla porta del bagno e intanto salí in camera a prendere un ricambio.

Le piastrelle erano ovviamente blu, come aveva immaginato e alcuni flaconi vuoti di detersivo erano sparsi nella doccia. Si guardó allo specchio, fissando l'immagine riflessa e concentrandosi sui difetti, sembrava davvero piú vecchio di almeno cinque anni. Si sciacquó il viso con acqua fresca e si passó un asciugamano tra i capelli per rimuovere l'acqua in eccesso. Si sfiló la maglietta aspettando che l'amico tornasse guardandosi allo specchio. Era davvero troppo magro, ma gli anni di allenamento lo avevano reso forte.

"Eccomi!" Entró senza bussare portandogli una t-shirt grigia. Fece tutto senza pensare rendendosi poi conto dell'imbarazzo crescente da parte del piú piccolo. "È un po' vecchia, ma è l'unica che credo ti possa andare" Gli lasció la maglietta tra le mani e sgattaglioló fuori, tornando a preparare il caffè come se nulla fosse successo.

In quei pochi secondi in Nico si alternó imbarazzo, panico e confusione, sentimenti che gli fecero scappare un sorriso, non si riteneva piú capace di provare sentimenti cosí forti e contrastanti da molto tempo e per un attimo gli sembró essere tornato ragazzo. Si infiló la maglietta, era un po' impolverata, ma aveva il suo profumo, cosa che rese Nico felice.

Intanto Percy aspettava che il caffè fosse pronto appoggiato al bancone del piano cottura. Pensó alla scenetta di poco prima in bagno, quasi non si capacitava che nonostante ora sia un uomo adulto ancora si imbarazzi a rimanere a petto nudo davanti un suo vecchio amico. La cosa lo fece sorridere, tornando con la mente agli anni precedenti, durante la guerra in cui tutti cercavano di proteggere il Grande Segreto di Nico da lui, non sapendo che Percy sapeva già tutto da tempo, ma si fingeva ottuso per non creare problemi. Nonostante questo, peró non aveva mai considerato Nico in nessun modo, avendo occhi solo per Annabeth e per nessun altro, non si era mai neanche fermato a pensare a cosa avrebbero potuto essere. Per lui Nico era come un fratello piccolo e ribelle con cui aveva passato tante avventure e si era abituato anche a vederlo comparire e scomparire dalla sua vita come un fantasma. Uno scoppiettio poco distante da lui lo fece riscuotere dai suoi pensieri, il caffè era pronto e si stava leggermente bruciacchiando. 《Dei!》 Imprecò mentre cercava di non scottarsi.

"Ho sentito odore di bruciato e sono corso, tutto bene?" Chiese preoccupato entrando in cucina silenziosamente facendo prendere un colpo al padrone di casa. Solo ora notó che anche l'altro si era cambiato, indossava una maglietta arancione scolorita che metteva in risalto la sua abbronzatura, quella maglietta gli ricordava qualcosa.

"Ah, non preoccuparti, è tutto sotto controllo, mi sono solo distratto." Disse scuotendo un dito per aria per farlo raffreddare, mentre con l'altra mano versava il caffè nelle tazze. Le spinse verso di lui e si sedette accanto vicino al bancone della cucina a penisola. Cominciò a sorseggiare il caffè, in effetti il retrogusto di bruciato si sentiva un po' ma aveva messo abbastanza zucchero in modo che il sapore dolce coprisse ogni altro aroma. In pratica un caffè vomitevole."E come vedi, sarò pure bravo a combattere, ma se non so fare il caffè sono inutile." Disse con una smorfia di disgusto.

Nico rise, da parte sua, cercava di sciogliere l'imbarazzo di poco prima. Percy era una delle poche persone che riusciva a metterlo a suo agio, spesso dopo averlo messo terribilmente a disagio. Posò la tazza al suo posto, in effetti non faceva così schifo, aveva bevuto di peggio. "Hai ancora questa maglietta?" Chiese indicando la maglietta del Campo Mezzo-Sangue.

"Eh già, la metto quando voglio ricordare i vecchi tempi." Il suo viso prese una piega amara, quasi quanto il retrogusto del caffè. "Tu odiavi questa maglietta." Finì il proprio caffè schifoso e si voltò verso di lui per osservarlo meglio. La maglietta grigia era quasi uniforme con il colore della pelle, Dei quel ragazzo aveva bisogno di una giornata di mare o di una trasfusione di sangue.

"E ci credo, quell'arancione orribile è un pugno nell'occhio. Immaginami con una di quelle cose addosso, al tempo non avevano neanche una taglia che mi andasse e quel colore fa risaltare la mia anemia. A te invece, è sempre andata a pennello." Rispose statico gesticolando ogni tanto. Era un brutto vizio da cui non era mai riuscito a separarsi.

"Finalmente ti capisco. Ci sono voluti anni per riuscire a svelare il mistero che eri diventato per me, ma ora comprendo." Cambiò drasticamente discorso, guardandolo serio con aria compassionevole. Prese un profodo respiro come se stesse per tuffarsi in una gara di apnea o come se dovesse dire qualcosa di difficile da ammettere. "Quando una parte di te ti lascia così all'improvviso, qualcosa dentro si spezza per sempre e ti cambia inevitabilmente,  spesso in peggio. Ti rende diffidente, spaventato, ti fa chiudere in te stesso, ti fortifica spesso però rendendoti duro."

"Ero un bambino quando mi lasciò solo e quasi non ricordo come ci si sente ad esserlo." Sospirò guardando in un punto indefinito della parete concentrandosi per non crollare, sapeva che in qualche modo sarebbero finiti a parlare di questo. "Potrò aver vinto mille battaglie, sconfitto migliaia di nemici, ma la battagli più grande che abbia mai combattuto è stata quella contro me stesso. Ho imparato a crescere, sopravvivere e rialzarmi da solo e questo mi ha reso ciò che ora sono." Concluse la frase con una sicurezza così profonda e radicata che quasi commosse Percy.

Nico era indubbiamente la persona più forte e saggia che avesse mai conosciuto, sperava che un giorno potesse dire le stesse parole con la stessa forza e sicurezza. "Eri così piccolo, non meritavi tutta quella sofferenza. E ora guardati, vorrei avere un briciolo della tua forza. Sono debole, Nico, sono stanco di crollare in continuazione." Disse con un groppo alla gola cercando un contatto con il ragazzo. Trovò la sua mano fredda e la strinse.

Il più giovane sussultò a quel tocco, non si sarebbe mai aspettato di vedere Percy in quello stato, lo stesso Percy che per lui era un eroe imbattibile, un esempio da seguire ora chiedeva di poter essere forte come lui. "Non so quante volte mi hanno ripetuto questa frase, ma ho capito una cosa, sai? Nessuno merita la sofferenza, ne' i bambini, ne' i ragazzi e ne' gli adulti, nessuno merita di rimanere solo come sono rimasto io." Improvvisamente Percy non riuscì più a trattenersi e scoppiò a piangere come un bambino. Poggiando la testa sulle sue gambe. A questo gesto Nico rischiò di scoppiare a sua volta, ma si fece forza per entrambi alzandosi in piedi e abbracciando l'uomo che aveva di fronte lasciando che poggiasse la testa sul suo petto. "La vita è difficile da soli, nessuno è un isola, ma dopo un po' ci si fa l'abitudine a contare solo su se stessi, a rialzarsi con le proprie forze. Percy, sono rimasto solo per così tanto tempo che stare con qualcuno mi rende nervoso, come se avessi la consapevolezza che in  un battito di ciglia potesse scomparire tutto e ritrovarmi di nuovo da solo. È come se fossi così assuefatto dalla solitudine da non riuscire a rapportarmi con altre persone. Come stare al buio per tanto tempo, quando torni alla luce ti bruciano gli occhi."

Percy si calmò con le sue parole stretto in quell'abbraccio rassicurante. Il calore inaspettato del suo petto era riuscito a rilassarlo e a riuscire a farlo reagire. Si staccò lentamente poggiando le mani sulle spalle dell'altro in segno di gratitudine. Una delle cose più preoccupanti era che si ritrovava in tutto ciò che Nico aveva detto ed ora aveva realmente paura che le sue preoccupazioni si avverassero, non voleva diventare freddo ed insensibile. "Questa non è vita. Allontanarsi da tutti, per paura che un giorno quella persona se ne andrà non è vivere. È inutile fingere di non provare niente per non soffrire, il dolore ti raggiungerà comunque prima o poi. Tutti abbiamo bisogno di qualcuno ogni tanto." Cercò di convincerlo in tono più ottimista, se c'era un modo per non lasciare che il dolore prenda il sopravvento e ti faccia chiudere in se stessi Percy l'avrebbe trovato.

"Ti auguro di essere più coraggioso di me e non lasciare che la paura ti paralizzi, reagisci, rialzati, perchè se non lo fai è finita." Concluse la frase con lo stesso tono calmo e sicuro e si allontanò da lui. "Ha smesso di piovere, è meglio che vada ora." Lo informò avviandosi verso il corridoio.

A quelle parole Percy perse un bel po' di battiti, non voleva assolutamente che se ne andasse così in fretta, non dopo tutto ciò che si erano detti, non dopo essersi esposto così tanto con qualcuno dopo tanto tempo. Lo seguì e lo osservò infilarsi il cappotto ancora umido. Si piazzò davanti alla porta e lo fermò prendendolo per le spalle. "No. Non andare, non lasciarmi solo di nuovo."

Nico si immobilizzò, la cosa lo stava scuotendo parecchio e non si fidava di quei sentimenti troppo forti, aveva paura che se non se ne fosse andato in quel momento non sarebbe mai più riuscito a lasciarlo. Provò a scuotere le spalle per divincolarsi, ma fu inutile. Riuscì soltanto a guardarlo con un espressione torva.

"Non puoi andartene così, Nico, non puoi lasciarmi solo ora. Ho bisogno di qualcuno, ho bisogno di te. Sono stato solo per troppo tempo e so che anche per te è così, abbiamo bisogno l'uno dell'altro, perché non vuoi ammetterlo?" Gli urlò contro man mano sempre più forte avvicinandosi ad ogni parola. Erano talmente vicini che i nasi si sfioravano e i respiri si mescolavano, ma nessuno dei due aveva il coraggio di staccare lo sguardo dagli occhi dell'altro. Il nodo alla gola stava quasi per farlo soffocare. Poi notò un cambio d'espressione nel suo volto, i suoi occhi freddi d inespressivi brillarono per un momento, ricoprendosi di una patina lucida e sembrando più umani. "Abbatti i muri che ti sei costruito attorno, fallo per me, insieme, forse, riusciremo a rialzarci."

Nico annuì e una lacrima solcò i suoi zigomi dopo tanto tempo, la sua espressione si fece più dolce ed abbassò lo sguardo per un secondo cogliendo dei particolari del viso dell'altro che non aveva mai notato. Deglutì per la troppa vicinanza e rilassò le spalle, si era completamente arreso a lui.

Bastò un secondo, con un pollice gli asciugò l'unica lacrima che aveva versato e avvicinò le labbra alle sue.

Chiuse gli occhi ed in quel bacio sfogarono tutta la rabbia, la tristezza, il dolore e l'amore che si erano tenuti dentro per troppo tempo.
Mentre fuori le nuvole erano scomparse e il sole brillava di nuovo.








N O W H E R E says: Finalmente sono fiera di me, è da tempo che volevo scrivere una Percico degna di questo nome, ma non mi veniva mai un idea originale che non si trovasse già in giro per EFP e dato che con le long sono davvero un disastro ho cercato di trasformare la mia idea in una semplice OneShot senza pretese.
E' una stata scritta dopo i deliri di una domenica tempestosa, dopo aver sguazzato tra le fanart di Minuiko e ascoltato i Turiras per ore ed è uscito fuori questo! (La canzone e il testo da cui mi sono ispirata è questo capolavoro qui )
Che dire, spero che l'appreziate, è la prima Percico che scrivo ed ho un po' d'ansia, bye.

Ps: Spero mi perdonerete per aver sterminato Annabeth, Leo, Hazel, Frank e Grover, ma George R. R. Martin mi sta influenzando troppo.

  
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