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Autore: Lo Magno Scrittore    28/07/2014    3 recensioni
Esiste un solitario lampione, in una piccola città non troppo conosciuta, attorno al quale spariscono cose: persone, vite, speranze...e cibo. Quale sarà la verità che si nasconde attorno a questo solitario oggetto?
Genere: Drammatico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Lo chiamavano “Il Lampione Affamato”. Spiccava solitario in mezzo ad un vicolo buio, unica luce che non provenisse dalle case a schiera del vicinato. Tra queste vi erano solamente un negozio di vestiti e una pizzeria.

Tre settimane prima un tragico incidente si era verificato in quella via: un dipendente della pizzeria, di ritorno da una consegna a domicilio, aveva perso il controllo della sua moto, scivolando in una lastra di ghiaccio che la corta giornata di sole invernale non aveva sciolto. Il veicolo si era inizialmente inclinato lateralmente, verso il centro della strada, aveva slittato sul ghiaccio fino a raggiungere il marciapiede e lì le ruote avevano incontrato resistenza, andando a impattare con lo scalino. Lo scontro aveva raddrizzato la moto con uno scatto, facendo volare il corpo del giovane ragazzo in direzione delle case. Purtroppo il giovane non aveva trovato un soffice prato ad accoglierlo: la sua traiettoria era stata interrotta dal massiccio palo, contro il quale si schiantò ad alta velocità. Il piumino imbottito non era riuscito ad attutire il colpo, il quale provocò gravi lesioni interne, portando il ragazzo a morte nelle ore successive.
Il giorno seguente il palo era ricoperto di fiori e lettere di addio.
 
Non passarono che tre giorni quando una nuova stranezza avvenne intorno al lampione. Tutti i fiori e le lettere sparirono nel nulla, ad eccezione di un misero foglio di carta in cui qualche amico del ragazzo aveva scritto queste parole: "Il mondo è un teatro d'ombre, un'opera e tutto è scritto a caratteri cubitali nel suo libretto."
Forse qualche vicino, non sopportando più il tetro spettacolo del palo coperto di fiori, aveva rimosso ogni traccia della tragedia, forse qualcuno cercava di consolare i genitori del ragazzo, volendo comunicare con quel messaggio che non si può sfuggire al proprio fato.
Da allora erano spariti tutti i fiori che i genitori portavano giornalmente al lampione.

Ma la vita doveva andare avanti: una settimana dopo, la pizzeria aveva assunto un nuovo fattorino. Il nuovo ragazzo era magrolino, con i capelli ricci e la pelle bianca di un cadavere. L’unica nota di colore stava nei suoi occhi verdi e nelle lentiggini che aveva intorno al naso. Non era furbo: spesso dovevano ripetergli com’era più appropriato che si vestisse o com’era consono che si comportasse. Quasi mai capiva l’indirizzo cui doveva effettuare le consegne, nonostante abitasse in quella cittadina da un decennio. Quando il secondo giorno due clienti avevano chiamato la pizzeria, infuriati, sbraitando che l’ordine non era quello da loro richiesto, il capo si era reso conto che il ragazzo aveva invertito le spedizioni, e aveva compreso che era così stupido da non poter effettuare due consegne insieme. Stava valutando se far terminare in anticipo il suo mese di prova: quanta benzina gli avrebbe fatto sprecare se a seguito di ogni singola pizza consegnata sarebbe dovuto tornare indietro, non potendo servire due clienti con un unico viaggio? Il resto del personale lo convinse però a non mandarlo via, in fondo doveva ancora ambientarsi.
La pazienza del grosso omone con i baffi fu però messa a dura prova quando il giorno seguente il giovane era tornato indietro da un ordine a testa china, biascicando che il cliente non l’aveva pagato, poiché mancava una pizza. Infuriato, il capo aveva preso l’ordine successivo e gli aveva schiaffato una pila di cartoni contenenti pizze in mano: «Datti una mossa ragazzo, se non ti pagano neanche questa consegna, ti sbatto fuori senza pensarci oltre! ».

La buona sorte non era dalla parte del ragazzo: il giorno seguente si vide di nuovo a tornare indietro senza pagamento, per via di una pizza mancante.
«Tu stai cercando di fregarmi ragazzo, credi sia nato ieri? Ti intaschi i soldi e ti inventi che non ti hanno pagato. Ah, ma sta volta è l’ultima volta! Vattene, non ti voglio più vedere! ».
Il proprietario era diventato paonazzo per la rabbia: i piccoli occhi neri erano contratti per la rabbia e le folte sopracciglia, forse ancora più folte dei baffi, formavano un arco nero che spiccava minaccioso sul rotondo viso rosso. L’uomo non accettava di essere preso in giro, soprattutto da un ragazzetto che non era neanche troppo sveglio. Il giovane, visibilmente atterrito, cercava di difendersi, balbettando qualche parola di scuse: «La... la prego signore, mi creda. Mi rivolti tutte le tasche se lo ritiene necessario: io non ho i suoi soldi…».
La conversazione era andata avanti a lungo, finché uno dei camerieri non aveva avuto pietà del ragazzo e si era proposto di accompagnarlo nelle consegne, sorvegliandolo fino alla fine del turno. La risposta del capo non era stata amichevole, ma si vide comunque costretto a piegarsi agli eventi: qualcuno doveva pur fare le consegne di quella serata, ma nessuno dei suoi dipendenti era del posto, e non si fidava a lasciare il ragazzo da solo. Presero la macchina del cameriere.
Grande era stata la sorpresa del padrone quando li vide tornare senza pagamento: quella sera furono licenziati entrambi, con l’accusa di essersi messi d’accordo.

Due giorni dopo fu assunto nella stessa pizzeria un nuovo fattorino, un ragazzo dall’aria furba e dalla buona parlantina. La prima impressione era stata ottima, per questo quando anche il nuovo ragazzo tornò senza soldi, il padrone restò dapprima perplesso e poi voltò lo sguardo verso il pizzaiolo.
«Signore» disse il fattorino, tentando di sviare l’attenzione del capo dal pizzaiolo «le prometto che ripagherò con i miei soldi l’ordine. D’ora in poi controllerò personalmente che non manchino più pizze, le assicuro che non succederà più».
Così il ragazzo aveva preso il foglietto in cui era scritto l’ordine successivo e lo aveva confrontato con la pila di cartoni che aveva di fronte. Quattro pizze: una margherita, una quattro stagioni e due diavole ben piccanti erano l’esatto contenuto dei cartoni. Aveva caricato l’ordine in macchina ed era partito.
All’arrivo una delle diavole era sparita. Il ragazzo tornò indietro prima di consegnare le pizze al cliente. Non poteva essere, aveva controllato di persona l’ordine. Rientrò in pizzeria con in mano i tre cartoni, non sapendo bene cosa dire. Per il capo era troppo, decise che l’ordine sarebbe stato consegnato da lui in persona. Il ragazzo delle consegne si propose di accompagnarlo, guidando mentre il proprietario avrebbe controllato di persona le pizze e le avrebbe consegnate. Partirono cinque minuti dopo, con quattro pizze appena sfornate, belle calde, il ragazzo mani al volante e sguardo sulla strada, il capo con gli occhi fissi sui cartoni.
Quattro cartoni. Sì, quattro.
“Maledette quattro pizze, arriverete a destinazione questa volta, che lo vogliate o meno”. Proprio mentre il capo stava formulando il suo pensiero, un’ombra passò sopra i cartoni. Sopra ai quattro cartoni. Uno, due, tre, quatt... “No aspetta, i tre cartoni! Come possono essere tre?”
«Ragazzo, fermati! »

La scena si era ripetuta le sere successive: ogni giorno sparivano due pizze, sempre all’altezza del lampione. Le voci dei dipendenti erano dure a tenersi a freno, al che la storia, nel giro di poco, si era diffusa prima al vicinato e poi a tutta la città. Secondo alcuni, il tratto di strada era maledetto, secondo altri era il lampione solitario a essere sotto fattura, altri ancora parlavano dell’anima del povero ragazzo, una triste anima che non se ne era mai andata dal luogo in cui aveva abbandonato il proprio corpo.

Le leggende sul lampione si rafforzarono il giorno in cui il proprietario della pizzeria, piegato dagli eventi, aveva deciso di camminare da solo fino al famoso lampione, con in mano un cartone contenente una calda e fumante pizza diavola. Arrivato alla mèta, posò con le sue mani grassocce la pizza alla base del lampione e ci si sedette pesantemente accanto, con la testa appoggiata al palo e lo sguardo verso il cielo. I fatti dei giorni precedenti lo avevano stancato, reso pensoso. Pochi secondi erano passati, non lasciando spazio a molti dei suoi pensieri, quando un’impercettibile ombra si mosse vicino a lui: il proprietario della pizzeria la vide con la coda dell’occhio. Abbassò lo sguardo e si accorse che lo scatolone di pizza era sparito. Non vi era più dubbio alcuno su quel lampione.

Il grosso omone cominciò a portare personalmente sotto il lampione due pizze al giorno, una a mezzogiorno e l’altra alle otto di sera. Nel vicinato tutti gli davano del pazzo, ma quando pensavano che nessuno fosse nei paraggi a guardarli con occhi indiscreti, anche i vicini della pizzeria portavano di nascosto frutta, biscotti e piccoli omaggi. Alcuni erano divertiti, altri timorosi di incombere in qualche maledizione se non avessero portato del cibo al lampione. Quale che fosse la motivazione, lo sgattaiolare verso il lampione divenne routine.

Dopo tre settimane dalla morte del ragazzo, i fiori che i suoi genitori portavano ogni mattina smisero di sparire. Solo il cibo continuava a essere preso dal Lampione Affamato.

 
---o---

Tre settimane prima.

L’anima del ragazzo stava perendo. Si sentiva debole, ma era risoluta a non passare oltre. Voleva continuare a vedere i suoi genitori, voleva trovare il modo di comunicargli che ora stava bene e che non dovevano preoccuparsi per lui. Voleva augurargli la felicità, sospirargli che gli voleva bene, dirgli che sperava proseguissero con le loro vite. Dopo tre giorni di tentativi pensava di essere arrivato ormai alla fine, sfinito dalla mancanza di nutrimento per la sua anima: così, in preda ad un ultimo guizzo di energia, dato dalla rabbia, aveva dato un calcio a un mazzo di fiori che gli stava davanti. Sorprendentemente il mazzo si era mosso: fu allora che aveva capito, aveva capito che c’era speranza di interagire con gli oggetti, che c’era speranza di poter comunicare con i propri genitori. Dopo qualche ora, passata a cercare di capire come poter afferrare i fiori che aveva intorno, si accorse che concentrando la propria vitalità di anima riusciva a catalizzare la forza e interagire con gli oggetti viventi. Dopo qualche altra ora capì pure come trarne nutrimento.
La mattina seguente la sua anima era satolla, piena dell’oggettività di quei materiali viventi che si erano integrati in lui, rinnovando la sua vitalità. Solo una lettera non aveva assorbito, quella più significativa, l’unica che non parlava direttamente di lui e che allo stesso tempo poteva comunicare un messaggio di speranza per i suoi genitori. L’anima del ragazzo aveva sperato che quello fosse un buon punto per iniziare il dialogo.

Una settimana dopo aveva visto il nuovo fattorino delle consegne passargli davanti, in sella alla moto della pizzeria. L’anima aveva fame. Non poteva continuare a nutrirsi dei fiori che gli portavano i suoi genitori, quelli lo tenevano a mala pena in questo mondo terreno. Aveva deciso di provarci, di catalizzare le sue forze e di provare a prendere una delle pizze. Mentre il fattorino passava, l’anima del ragazzo aveva visto il tempo rallentare: entusiasta aveva provato ad avvicinarsi per afferrare uno dei cartoncini legato al portapacchi della moto, ma come aveva provato ad allontanarsi dal lampione, una forza lo aveva tirato indietro. Tutta la sera aveva provato ad afferrare una pizza ma ogni volta che si allontanava dal palo, sentiva di aver sprecato una grande quantità di energie e doveva stendersi in terra per quasi un’ora, assorbendo quel poco di vitalità che gli offriva il terreno. Decise di non demordere, sarebbe stata tutta questione di pratica, come lo era stato per i fiori.

La terza serata era riuscito ad afferrare una delle pizze. Da quel momento allontanarsi di qualche metro dal lampione non era stato più così difficile.

Le cose stavano andando sempre meglio. L’umanità aveva bizzarri modi di reagire a ciò che non comprendeva, ed era giunta alla conclusione che il palo in cui era costretto ad aggirarsi fosse maledetto, avvolto da chissà quale maleficio che lo rendeva affamato. Continuavano a portargli ogni sorta di specialità culinaria. Chissà, magari uno di quei timorosi passanti un giorno gli avrebbe lasciato pure un foglio bianco e una penna, incuriosito dal fatto che il lampione potesse avere qualcosa da dire.
Se lo sentiva, appena avesse avuto l’occasione giusta sarebbe riuscito a comunicare con i suoi genitori.


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La Storia ha partecipato al Pizza! Contest di _Maisha_


 

 

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