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Autore: Serpentina    28/07/2014    9 recensioni
Lei: ha deciso di dedicarsi anima e corpo al lavoro, nonostante una migliore amica determinata a ravvivare la sua vita sentimentale, "più piatta dell'elettrocardiogramma di un cadavere". Dopo una cocente delusione, ha deciso di fare suo il mantra: "segui il cervello, perchè il cuore non ti porterà mai da nessuna parte".
Lui: strenuo sostenitore del motto "segui il cervello, perchè il cuore non ti porterà mai da nessuna parte". Il suo obiettivo è fare carriera, non ha nè tempo, nè voglia di perdersi dietro ai battiti di un organo che, per lui, serve soltanto a mandare in circolo il sangue.
Così diversi, eppure così simili, si troveranno a lavorare fianco a fianco ... riusciranno a trovare un punto d'incontro, o metteranno a ferro e fuoco l'ospedale?
Nota: il rating potrebbe subire modifiche.
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'United Kingdom of Faith'
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Ragazze (vado a colpo sicuro, eventuali maschietti non me ne vogliano), ci siamo. E’ giunto il momento. Il momento che stavamo aspettando. Qui si deciderà il destino dei nostri eroi. Troppo epico, forse? Può darsi, ma non sono forse imprese epiche mettere da parte l’orgoglio per la persona amata e sacrificare in parte la propria indipendenza per un figlio? Su questa nota filosofica vi lascio alla lettura! ^^
 



Galeotto fu il pollo arrosto




“Non si può pensare benedormire bene, amare bene, se non si ha mangiato bene.”
Virginia Woolf 

Harry si girò sul fianco e coprì col lenzuolo la schiena nuda della donna pacificamente addormentata al suo fianco, stando attento a non interrompere il suo sonno. Nonostante le accortezze, però, questa si svegliò, si issò goffamente sui gomiti e gli diede un bacio esageratamente casto, considerate le attività alle quali avevano dedicato buona parte della notte.
–La lingua dopo che mi sarò lavata i denti- disse per giustificarsi.
–Va bene- sussurrò Harry a fior di labbra. –Ma prima… colazione!
–Potrei prepararla io e portartela a letto- si offrì lei, ricevendo in risposta un sorriso luminoso: dato che i fornelli per Harper erano come la kriptonite per Superman, l’onere culinario ricadeva esclusivamente sulle spalle di Harry. Stare comodamente seduto ad ammirare una bella donna mentre cucinava era un piacere a lui sconosciuto.
–Dubito la mangerei… sei troppo bella perché possa pensare ad altro quando ti ho vicino- mormorò mentre le ricopriva di baci una spalla.
–L’adulazione ti frutterà tante coccole sexy- rispose Freddie, distendendosi nuovamente a pancia in giù. –Sono stata bene con te. Sento di potermi fidare.
–E’ una bella sensazione?
–Meravigliosa- sospirò, fissandolo con i suoi grandi occhi castani. –Ti va di farlo ancora? Come si dice: “sesso la mattina, giornata sopraffina!”
–Questo proverbio mi è nuovo- disse Harry, assumendo un’espressione pensosa.
–Per forza: l’ho inventato io!- ridacchiò la donna. –Allora? Riesco a indurti in tentazione? Dai! Dammi qualcosa di sconcio per tenermi su di morale mentre lavoro!
–Ehm… mi piacerebbe, ma è l’ora in cui di solito rincasa mia sorella, non vorrei sentisse….
Una voce squillante fece sobbalzare e arrossire i due piccioncini.
–La sorella è già rientrata e ha già sentito, porconi!

 
***

Faith era frastornata: da quando aveva raccontato della lite con Franz aveva ricevuto decine di pareri, molti dei quali non richiesti, alcuni contrastanti tra loro. Neanche le sue migliori amiche, Abigail e Bridget, che la conoscevano da dodici anni, le avevano dato buoni consigli.
Trovò sollievo all’arrivo di Maggie, subito circondata da un branco di belve affamate di gossip; la sera prima, infatti, era uscita con Ian, e l’intero ospedale, pazienti compresi, fremeva di curiosità.
–Ecco la bella del ballo!- trillò Helen, ignorò il derisorio “Che cazzo dici?” di Diane e la invitò a sedersi accanto a lei.
–Dicci tutto!
La Bell, che di rado era al centro dell’attenzione, arrossì furiosamente e pigolò –Mi sono divertita. Tanto.
–Eh, lo immagino come ti sei divertita! Ian dà l’impressione di saperci fare!- esclamò Diane, sollevando allusivamente le sopracciglia.
–Oh, no!- si affrettò a smentirla l’interessata. –No, no, no! Non abbiamo… non… Ian è stato…
–Un povero fesso, se non ti ha nemmeno baciata!- concluse Erin, la testa poggiata sull’addome di Chris, che la teneva per mano. L’imbarazzo di Maggie confermò i suoi sospetti. –Vi siete baciati! Evvai! Orsacchiottone mio, mi devi dieci sterline o due super menu da Burger King!
–Devi proprio chiamarmi orsacchiottone in pubblico?- gnaulò.
–Fa parte della punizione per avermi definita una tua proprietà. Quando sarò convinta che hai imparato la lezione, la smetterò- asserì con sussiego la psichiatra. –Ora lascia parlare Meg.
–E’ stato il coronamento di una serata favolosa- cinguettò Maggie, stringendosi nelle spalle, talmente estatica da non sconvolgersi per essere stata oggetto di un giro di scommesse. –Non so se l’appuntamento perfetto esiste, ma quello di ieri ci si avvicina parecchio! Ian sa che adoro ‘Grease’, così mi ha portata in un locale anni ’50 a Elephant&Castle, e poi a vedere il musical. Una meraviglia!
–E il bacio?- chiese Evangeline.
–Oh, è stato molto naturale- chiocciò, e Faith si trattenne a stento dal domandarle se esistessero baci artificiali. –Nel senso che è stato spontaneo, al momento giusto… mi ha detto che ero bellissima e che voleva baciarmi; gli ho risposto: “Permesso accordato”, e lui non ha perso tempo. Oh, non avete idea di quanto sono felice! Vorrei che tutti provassero almeno metà della mia felicità!
Erin si alzò e disse –E su questa nota sdolcinata, vi saluto. Vado a spiegare al povero Fitz che gli alieni che gli avevano promesso di farlo re di Marte se avesse accoppato la madre sono solo frutto della sua fantasia psicotica.
Gli altri la imitarono, e gradualmente la caffetteria del Queen Victoria Hospital si svuotò. Faith stava per andarsene a sua volta, ma Maggie la bloccò.
–So che non ho abbastanza esperienza dell’amore per darti consigli - voglio dire, Ian è il mio secondo ragazzo! - però vorrei ci pensassi cento volte prima di allontanare Franz. Ha sbagliato, ti ha ferita, ma involontariamente. Non è Cyril. Dagli una seconda possibilità… datti una seconda possibilità.

 
***

–Perlomeno non ha visto- pigolò Freddie, vestitasi in un lampo alla minaccia di Harper di entrare e fotografarli.
–Fareste un figurone nella mia collezione di scatti compromettenti- aveva aggiunto deliberatamente, al solo scopo di aumentare il loro imbarazzo. –Primo posto pari merito con la foto di Robert che dorme abbracciato al suo orsacchiotto!
Esasperati, i due si erano andati in cucina, dove Harper ronzò loro intorno tartassandoli di domande, la maggior parte delle quali impertinente , resistendo a ogni tentativo di Freddie di condurre la conversazione su temi neutri.
–Harp, non credo tu voglia sapere davvero cosa combino in camera da letto- sbottò Harry, raggiunto il limite di sopportazione.
–Sì, invece! Potresti fornirmi spunti interessanti!- replicò sua sorella, per poi ritrattare. –Uhm… no, è più probabile il contrario.
–Le tue frecciatine non mi toccano- asserì il fratello con sussiego, osservando con la coda dell’occhio la reazione di Freddie, sperando che la schiettezza di Harper non la scandalizzasse.
–Tu invece tocchi, eccome se tocchi!- ribatté Harper, gettandosi alle spalle la lunga chioma castano chiaro. Diede di gomito alla nuova fiamma del suo fratellone e aggiunse, con incredibile faccia tosta (e un filino di scostumatezza) –Dì la verità: hai fatto finta? Mio fratello non può essere così bravo! O avete usato dei giocattoli?
Pur essendo spigliata e disinibita, Freddie boccheggiò: aveva anche lei una sorella, ma non le raccontava per filo e per segno la sua vita sessuale, né aveva mai posto domande in proposito!
–Noi… io… lui…
–Solo “giocattoli” in carne ed ossa. Adesso mangia in silenzio e alla svelta, o farai tardi al lavoro- intervenne Harry, allibito dall’atteggiamento ostile di sua sorella. A volte si atteggiava a stronzetta, ma non aveva mai mostrato tanto accanimento nei confronti di qualcuno.
Harper sbuffò, spazzolò la colazione, si alzò e si pavoneggiò assumendo pose da pin-up che mettevano in risalto la sua figura esile, molto diversa da quella di Freddie - muscolosa, ma non mascolina - infine rincarò la dose con un commento apparentemente casuale –E’ una vera fortuna per me potermi vestire come mi pare al lavoro… non sopporterei di nascondere questo bendidio in una squallida divisa! Non sei d’accordo, Freddie?
Allora Harry capì che sua sorella non era semplicemente ostile: era sul piede di guerra! Non riuscì, tuttavia, a comprenderne il motivo: da tempo immemore lo supplicava di darle una cognata con cui lagnarsi di lui, inoltre era cliente fissa dell’officina ed era persino uscita qualche volta con Freddie per un aperitivo. Quando Harper lo baciò sulla guancia prima di correre al lavoro, e gli chiese se sarebbero stati in tre anche a cena, venne assalito da un atroce dubbio: che reputasse Freddie un’intrusa? L’ipotesi non era da scartare: dalla morte dei genitori era stata la donna di casa e lui, che considerava la propria abitazione come un luogo intimo, non aveva permesso a nessuna di varcare la soglia dell’appartamento.
–Tua sorella mi adora!- sputò sarcastica Freddie.
–Ti sei bevuta il cervello? Hai visto come ti ha trattata?
–Non mi ha decapitata, è già qualcosa!
–Beata te che hai voglia di scherzare- sospirò Harry, prese una mano tra le sue e ne accarezzò il dorso coi pollici. –Sono esterrefatto. Non l’ho mai vista comportarsi così.
–Io, invece, mi sarei stupita del contrario- disse Freddie scrollando le spalle. – Finora è stata la signora del maniero e tu sei la sola famiglia che ha, sarà dura per lei dividerti con me. Inoltre, ciliegina sulla torta, mi ha raccontato quanto fossi severo con lei, specialmente riguardo i ragazzi, il che ha alimentato una certa vena vendicativa. Senza offesa, Harry, tua sorella mi è simpatica, ma è una primadonna gelosa e dispettosa, aspetti che spero il suo ragazzo possa smussare.
–Non succederà: Patty… Robert sa che, se dovessi anche solo provarci, Harp gli darebbe il benservito. E’ fatta così: ti spezza, ma non si piega.

 
***

–E io che mi disperavo perché Erin si ostina a chiamarmi orsacchiottone!- esclamò Chris Hale in un dei rari momenti in cui non impiegava la lingua nell’esplorazione speleologica della cavità orale della sua fidanzata. –Questi sono veri problemi!
–Situazione disperata? E’ un lavoro per Super Pat! Su, su, sputa il rospo!- lo esortò Robert Patterson.
–Un rospone! Stanotte Freddie ha dormito da me, e…
–Hai fatto cilecca- concluse l’amico al suo posto, annuendo con l’aria di chi la sa lunga. –Imbarazzante, penoso, un duro colpo all’autostima, però… il tuo meccanico con le tette non è una verginella, sono sicuro che ti darà occasione di rifarti!
–Che hai capito, imbecille?- sbraitò indignato il radiologo. –Per tua informazione ci abbiamo dato dentro alla grande! I problemi sono sorti a colazione…
–Provo a indovinare- intervenne Franz. –Tua sorella è stata sgradevolmente stronza?
–Sì!- gnaulò Harry col mento poggiato sugli avambracci. –Freddie crede sia gelosa perché finora non avevo portato donne a casa, per cui si sentiva… com’è che ha detto? Ah, sì: la signora del maniero! Aggiungeteci il fatto che sono il suo unico parente prossimo in vita…
–Il ragionamento fila: amo Harp, però soffre di manie di protagonismo ed è estremamente possessiva- commentò Robert. –Forse non te n’eri accorto perché vivevi le tue relazioni con discrezione, quindi lei non si era sentita minacciata.
–Freddie ha minimizzato, ma so che l’ostilità di mia sorella l’ha ferita- sospirò sconsolato Harry. –Mi sento imprigionato tra due fuochi: non voglio che Harp si senta messa da parte, ma non voglio nemmeno rinunciare alla mia vita!
Gli altri tre si scambiarono occhiate pensose, dopodiché Franz riprese la parola.
–So che, da uomo, ti scoccerà parecchio, ma se c’è qualcosa su cui l’altro sesso ha pienamente ragione è che l’intelligenza si dimostra riconoscendo i propri limiti e rivolgendosi a un esperto. Nel tuo caso, qualcuno che si intenda di psicologia in generale e di psicologia femminile in particolare.
–Qualcuno come Erin- suggerì l’urologo. –E’ una donna e una psichiatra, saprà aiutarti.
–Ehm… non so se è il caso…
–Lo è, invece. Gli attriti relazionali sono come le malattie: se non curati si aggravano, cronicizzano e non te ne liberi più- asserì Franz, appoggiato dai cenni di assenso di Chris e Robert. –Appiana i dissidi, altrimenti ti ritroverai con l’emicrania perpetua perché quelle due non faranno che punzecchiarsi, coinvolgendoti nei loro battibecchi. Un inferno!
–Visto che sei tanto bravo perché non riconquisti Faith, invece di preoccuparti per me?

 
***

“You’d better think (think)! Think about what you’re trying to do to me. Yeah think (think, think), let your mind go, let yourself be free!”
Faith, ancheggiando per casa con un bicchiere di vino in mano ( imitata Agatha, che muoveva testa e coda a ritmo di musica), duettava virtualmente con Aretha Franklin mentre un succulento pollo cuoceva in forno; che non fosse una cuoca sopraffina lo dimostravano il fatto che non muovesse un dito senza ricettario e il suo seguire pedissequamente le istruzioni, senza tentare esperimenti che avrebbero di sicuro avuto esito fallimentare.
“People walkin’ around everyday, playin’ games and takin’ scores. Tryin’ to make other people lose their minds, well, be careful you don’t lose yours!”
Mrs. Norris era venuta due volte ad intimarle di occupare la serata con passatempi meno rumorosi, ma non se n’era curata, continuando imperterrita a cantare a squarciagola. Ne aveva bisogno per distrarsi e dimenticare, almeno temporaneamente, l’ultima, cocente delusione, sommatasi alla ferita ancora aperta delle offese rivoltele da Franz alla festa: il Grande Capo aveva ricevuto la visita inaspettata del collega e amico Ned Noyce, patologo del C.I.D. di Londra, molto noto nell’ambiente (Faith stessa aveva studiato su alcuni suoi libri); l’uomo, severo quanto la Eriksson e più puntiglioso del dotto King e di Weil messi insieme, aveva esaminato accuratamente il reparto e chi ci lavorava, prestando particolare attenzione a Franz, finché lei non lo aveva contraddetto, scatenando un’accesa discussione. Era stata convocata nell’ufficio del Grande Capo, dove, invece di rimproverarla, come si aspettava, Noyce le aveva detto che sarebbe stata la benvenuta al suo corso estivo.
–Sempre che possa permetterselo- aveva aggiunto con un sogghigno irritante.
Faith aveva in seguito scoperto che quel corso sarebbe stato un eccellente trampolino di lancio per la sua carriera, ma che salirci le sarebbe costato troppo; purtroppo i suoi genitori, anche volendo, non avrebbero potuto aiutarla: avevano dovuto sborsare un sacco di soldi - come gli altri condomini - per rifondere i debiti contratti dall’amministratore, un truffatore della peggior specie.
Stava meditando sulle ingiustizie della vita, quando bussarono alla porta. Seccata, andò ad aprire (Agatha, come al solito, era filata a nascondersi nel cesto dei panni da lavare), restando a bocca aperta di fronte all’ospite, sorridente e bello più che mai.
“You need me, and I need you. Without each other, there is nothing either can do! Yeah, think about it, baby!”
–Sai cosa c’è in profumeria, Faith? Tutte le vocali!

 
***

–Stai uscendo?
–Robert mi porta a mangiare giapponese. Credo seguirà dopo cena vietato ai minori da lui. Contento, fratellone? Tu e la tua ragazza avrete la casa a vostra disposizione. Dille solo di non mettere in disordine il bagno, di non usare il mio accappatoio e la mia tazza per la colazione, di non usurpare il mio posto… a tavola…
–Harp- la interruppe Harry, facendole segno di sedersi un attimo. –Sei mia sorella e ti voglio un mondo di bene, ma ti prego di piantarla con questo atteggiamento infantile.
–Vorrei solo evitarti di soffrire un’altra volta- gnaulò lei, dondolando i piedi come una bambina. –E fartela un po’ pagare per tutti i ragazzi che hai fatto scappare.
–Touché! Credo di essermelo meritato- ammise lui. –Però ammetterai che il gancio che diedi a Patty fu mitico!
–Degno di Rocky!- ridacchiò. –Freddie è mia amica, è perfetta per te e so che non ti userebbe per poi gettarti via. Ecco, l’ho ammesso. Contento? In questi giorni ho esagerato e mi dispiace, ma mettiti nei miei panni: dopo anni di sporadici rapporti occasionali porti a casa una donna, è normale che mi sia sentita minacciata!
–Minacciata? Cosa sei, un animale che marca il territorio?
–Sono tua sorella e, fino a poco tempo fa, l’unica donna nella tua vita, è logico che marchi il territorio!
Harry, seguendo i consigli di Erin, la assecondò.
–Hai ragione. Ho sbagliato a farla piombare all’improvviso nella tua vita con un nuovo ruolo, ho dato per scontato sapessi che verrai sempre al primo posto, per me- asserì, pensando: “La ragazza di Chris è un fottuto genio!” quando sua sorella chinò il capo e pigolò –Mi sei rimasto solamente tu, sei l’unico punto fermo nella mia vita. Non voglio perderti, ma neppure vederti infelice. Chiederò scusa a Freddie e la tratterò da amica.
–Grazie- le sussurrò all’orecchio dopo averle dato un bacio sulla fronte, come quando erano piccoli. –Non ti chiedo la luna, soltanto un piccolo sforzo. Ora basta sentimentalismi; fiondati da Patty, che mi serve casa per fare porcherie con la mia donna!
–Così non aiuti, Harry!

 
***

Consapevole che, se non si fosse dato una mossa, avrebbe perso irrimediabilmente Faith, Franz aveva arruolato ogni singolo neurone del suo cervello per risolvere l’enigma, la cui soluzione, una volta trovata, gli era parsa talmente semplice da risultare ridicola.
Era corso (letteralmente) ai ripari: si era recato dalla Irving in sella a Harley per infondersi coraggio, le aveva impedito di chiudergli la porta in faccia e le aveva comunicato la soluzione di quella sottospecie di indovinello.
Seppure con riluttanza, l’aveva fatto accomodare e gli aveva offerto del vino, al che, in un vano tentativo di smorzare la tensione, aveva scherzato –Non hai bisogno di ubriacarmi, baby!
–Dovrei ridere?- gli aveva risposto, prima di domandargli l’ovvio, ossia il motivo della visita.
A quel punto, reprimendo l’istinto di replicare con una battuta sarcastica, l’aveva inondata di un profluvio di scuse, che lei quasi certamente aveva accettato solamente per farlo tacere, e ora, mentre accarezzava Agatha - che l’aveva confuso con un cuscino - sperando non fosse finita, fissava il profilo di Faith, in piedi accanto alla finestra.
Esalò –Hai ragione, sai? In parte. Tendo a sragionare quando mi arrabbio, e, scusa, ma mi hai fatto veramente incazzare: ti pare che mi lascerei scappare una donna come te? Avrei dovuto avere il coraggio di affrontare mia madre, però… ho avuto paura. Paura che fosse troppo presto, che ti saresti spaventata, che non ricambiassi… insomma, non sei l’unica piena di paranoie.
–All’inizio lo odiavo, sai? Cyril- sospirò Faith, girandosi a guardarlo. –Ci siamo detestati dal primo incontro. Non saprei dire il luogo o l’ora, ma qualcosa cambiò, gradualmente, senza che potessi accorgermene per porvi rimedio. Forse è anche per questo che ho faticato a fidarmi di te: mi pareva di rivivere quella storia. All’epoca stavo con Kyle, Cy era uno dei suoi migliori amici, e anche tutto quello che Kyle non era: affidabile, attento, gentile. Scoprimmo di avere molti interessi in comune, e Kyle fu talmente stupido da incoraggiarci a uscire insieme, felice che avessimo finalmente smesso di bisticciare in continuazione.
–Da cosa nasce cosa, e…
–Oh, no! Ci inseguimmo per un paio d’anni: quando lasciai Kyle lui frequentava un’altra ragazza, e non me la sentii di rovinare il loro rapporto. Ebbi un paio di storielle effimere, dato che sembrava non fossimo destinati a stare insieme. Nessuno dei due poté crederci quando ci ritrovammo entrambi single. Non perdemmo tempo, anzi, recuperammo quello perduto in precedenza! Lo amavo tanto.
Sebbene l’intensità con cui erano state pronunciate quelle parole l’avesse ferito, Franz non tradì alcuna emozione. Si grattò il dorso di una mano e chiese –Ricambiava?
–Non posso sapere cosa gli passasse per la testa. Credo di sì. Spero di sì, anche se, a volte, avevo la sensazione che non mi ritenesse al suo livello. Poi ci fu l’incidente: Vyvyan, il fratello minore di Cy, morì. Aveva diciotto anni. Fu un periodo molto triste, ovviamente, e per me un incubo: Cyril aveva degli sbalzi d’umore spaventosi; un secondo prima mi stringeva forte quello dopo mi inveiva contro, oppure mi scacciava e si rintanava in un angolino. Mi sentivo sola, stremata, impotente: mi dava fastidio essere trattata alla stregua di un punching-ball, ma non potevo certo rimproverare una persona in lutto per la morte di suo fratello!- Franz, non sapendo cosa dire, si limitò ad annuire e ad esortarla a proseguire. –Pian piano, a fatica, si riprese. La perdita di Vyvyan aveva lasciato un vuoto in lui, ma sembrava fosse tornato quello di prima, solo meno sorridente.
–Vi siete lasciati per colpa dell’ennesimo sbalzo d’umore di Cyril?
–Per colpa del bastardo più ignobile che si sia mai visto… Samuel Solomon- ringhiò la Irving a denti stretti.
Franz, che non aveva mai distolto lo sguardo da lei, ne ebbe paura: la furia fredda e determinata che ardeva nei suoi occhi ricordava il personaggio shakespeariano di Lady Macbeth. “Fortuna che ho più spina dorsale di quello smidollato!”, pensò.
–So… mi hanno riferito… ehm, gira voce che lui ti… abbia diffamata.
–Diffuse il pettegolezzo che gli avevo offerto il mio corpo in cambio di un posto da assistente- ammise Faith, con una dignità che gentaglia come Solomon, il dottor Corrigan o Charlotte Higgins non avrebbero mai potuto neppure sognare. –Ma quello fu il meno. Andò da Cyril e glielo disse, aggiungendo anche di averlo informato per aprirgli gli occhi su chi fosse davvero la sua fidanzata. Cy si arrabbiò, ne nacque una lite furibonda, al confronto le nostre sono scaramucce di bambini, e… mi lasciò. Fine della storia. È allora che persi la voce: sentivo di non aver più motivo di cantare, avevo perso completamente la passione... mi sentivo svuotata di ogni gioia, e credevo che non sarei più stata capace di provarne.
–Hai avuto molte prove del contrario, credo. Se c'è qualcuno che meriterebbe l'infelicità eterna, è lui. Ha creduto a quello stronzo e non a te? Che coglione!- sbottò Franz.
Faith, che aveva deciso di omettere che la menzogna di Solomon le aveva mandato a monte il matrimonio, scrollò le spalle e replicò –Col senno di poi, è stato meglio così. Ho sofferto, ma la fortuna è girata e… ho incontrato te. Perdonami se ti ho mandato fuori di testa con le mie insicurezze…
Effettivamente l’aveva fatto ammattire, ma, ora che gli aveva aperto il suo cuore, Franz non se la sentiva di biasimarla per essere stata sulla difensiva tutti quei mesi.
–Non scusarti, è comprensibile fossi diffidente. Al tuo posto, avrei fatto lo stesso. Avevi ragione, e io torto.
–Avevamo entrambi ragione e, contemporaneamente, torto- asserì Faith, prendendogli le mani. –E’ così che va quando si litiga. L’importante è fare pace.
–Sento che è il momento giusto per dirtelo, Faith- mormorò dopo averle baciato le mani. Alla Irving mancò un battito, sicura che le avrebbe detto le fatidiche cinque lettere… cascò male. –Hai ucciso qualcuno, stasera? Questo odore…
–Oh, cazzo! Il pollo!- ululò, precipitandosi in cucina. Arrivò troppo tardi: la carne era ormai carbonizzata. Mentre guardava con occhi lucidi quello che avrebbe dovuto essere un pollo arrosto, piagnucolò –Non sono fatta per cucinare! Ha ragione mia mamma, sono un disastro! E non ho più la cena!
–Cucino io per te. Dopotutto, è colpa mia se hai fatto bruciare il pollo.
“Oh, cazzarola, ha sfoderato gli irresistibili occhioni cucciolosi…. sono fritta!”
–Giusto! E’ colpa tua!- abbaiò Faith per non fare la figura della mollacciona che cedeva subito. –Ma non voglio che cucini per me… non adesso. Ho altro in mente.
Appena Franz si rese conto di cosa aveva in mente Faith, ridacchiò –La tua vicina ha ragione: sei una dottoressa perversa! Mi piace-, la baciò con l’intenzione di passare presto alla “portata principale”, ma qualcosa glielo impedì: lo stomaco di Faith. O meglio, il brontolio del suddetto stomaco. –Mein Got! Sembra mio zio Kurt all’Oktoberfest!- esclamò, guadagnandosi altri pugni da parte dell’indignata Irving.
–Il mio stomaco è più educato di un bevitore di birra!
Ripresero a baciarsi furiosamente, finché un mugolio di Faith non indusse Weil a chiederle –Stai scomoda?
–Il pavimento non è il massimo del comfort- ammise. –Ma se è qui che mi vuoi…
Franz sorrise e tirò fuori il preservativo che, memore della precedente (mancata) esperienza, aveva portato con sé, ma lo stomaco di Faith protestò con rinnovato vigore, obbligandolo a fermarsi per via delle risate. –Ma come? Le donne non sono esseri esteticamente piacevoli e delicati che fanno solo la pipì? 
–Piantala, Franz, è già abbastanza imbarazzante!- uggiolò Faith, premendo con entrambe le mani in corrispondenza dell’organo incriminato.
L’altro, dopo aver tossicchiato per dissimulare le ultime risatine, annuì e la baciò alla piega del collo, poi risalì fino all’orecchio, dove si fermò e bisbigliò –Sazia l’appetito alimentare, per saziare l’altro abbiamo tutta la notte.
Faith annuì, si appollaiò sul tavolo e osservò il suo bel patologo destreggiarsi ai fornelli e tramutare in delizia una confezione di uova e due zucchine. Divorò la frittata e ricoprì il cuoco di complimenti, imitata dal suo stomaco, che si produsse in gorgoglii di apprezzamento.
Franz la ringraziò dei complimenti e ridacchiò –Ti amo, Faith, amo tutto di te… compreso il tuo stomaco!
Allibita dalla sua faccia tosta, sbraitò, scostandolo con violenza –Deficiente!
–Ho detto che ti amo, che vuoi di più dalla vita?
–Una dichiarazione romantica, non una pagliacciata!
–Ritento, forse sarò più fortunato. Ehm, ehm… Faith Irving, ti amo. Credo non ci sia altro da aggiungere perché queste parole riassumono alla perfezione la complessità dei sentimenti che provo per te, tra i quali, in questo momento, spicca il desiderio di prenderti sulla prima superficie utile e…
–Romantico, ho detto!
–Ti amo. Punto. Va bene?
–Sarà meglio che mi accontenti, o resteremo qui fino a domattina- sospirò mestamente la Irving, si alzò e lisciò la pettorina della comoda salopette che indossava in casa.
–Non posso farci nulla se sono l’anti-romantico per eccellenza. Sono sincero, non ti basta?
Faith scosse il capo divertita, si accomodò sulle sue gambe e gli rese pan per focaccia.
–Ti amo, Franz, amo tutto di te… cinismo spoetizzante compreso. Onestamente, la prima dichiarazione andava bene, mi è piaciuto il tocco comico… però alle ragazze rifilerò una versione più convenzionale. Ti dispiace?
–No, basta che adesso andiamo dove vuoi a farlo. Sto scoppiando!
–Accidenti, che finezza!- commentò Faith, facendogli la linguaccia
–Spiacente, la sola finezza che mi rimane la userò per spogliarti senza strapparti i vestiti di dosso!

 
***

Passò aprile, tiepido e soleggiato, e cedette il posto a maggio, un vero e proprio assaggio d’estate, per la gioia di molti e il disappunto di chi, come Faith, grondava sudore e aveva la pressione arteriosa tendenzialmente bassa, per cui, col caldo, era costretto a girare con le liquirizie in tasca.
–Hai deciso come chiamarlo?- chiese a Brian mentre cullava un tenero fagottino coperto da una tutina azzurra.
Lui sospirò, massaggiandosi le tempie. Sapeva che era assurdo che suo figlio non avesse ancora un nome, ma gli eventi degli ultimi giorni lo avevano sopraffatto: un frettoloso parto indotto - al posto del cesareo programmato . a causa di una caduta di Mrs. Ryan che aveva provocato sofferenza fetale, l’assalto dei mass media, l’arrivo dei suoi familiari e di Jack, il quale, con un ruggito degno di Mufasa, aveva messo in fuga le iene, ehm, i giornalisti, la notizia che il bambino era nato sano e senza complicazioni, seguita dalla frustrazione nel constatare che a sua madre non importava. Crystal aveva rifiutato di vedere suo figlio e di allattarlo al seno, preferendo farsi tirare il latte e lasciare che Heather, sotto la supervisione di una puericultrice, lo somministrasse col biberon. Non appena l’avevano dimessa, si era presentata a casa sua col neonato nel carrozzino e un borsone con l’occorrente per occuparsene. Non lo avrebbe ammesso neanche sotto tortura, ma aveva pianto, spaventato dalla prospettiva di crescere un figlio praticamente da solo, e soltanto un forte senso del dovere, unito all’inspiegabile senso di leggerezza che aveva provato tenendolo tra le braccia, gli aveva impedito di crollare.
–Brian?- lo scosse Ben per riportarlo alla realtà.
–Oh, sì, scusa. Uhm, il nome…. beh, avevo pensato di chiamarlo Carter, come Mr. Ryan- rispose, dando loro le spalle per non lasciar trasparire i propri pensieri ed emozioni. –Avrebbe riconosciuto e cresciuto mio figlio come suo, è il minimo che possa fare.
–Un bel gesto, da parte tua- disse Faith, –Però… pensa all’aspetto fonetico: Carter Cartridge non è un nome, è uno scioglilingua!
–Mi costa ammetterlo, ma ha ragione- confermò Ben. –Stai già ricompensando Mr. Ryan curando i suoi affari e le vedove, nonostante vogliano impugnare il testamento e Crystal ti abbia sbolognato questo povero esserino per fare la bella vita.
–Va bene, scartiamo Carter- convenne Brian. –Come seconda opzione ho pensato a James. Papà mi è stato accanto, sarebbe un bel modo per ringraziarlo.
–James è indubbiamente un bel nome: classico, ma non pomposo, suona bene col cognome…
–Papà ne sarebbe felice- commentò Ben, accarezzando una guancia paffuta di suo nipote, che aveva conquistato a prima vista tutta la famiglia, compresa Kaori, che non vedeva l’ora di giocare col cuginetto. –Tuttavia, non sono convinto. Da grande dovrà farsi strada nel mondo e liberarsi dell’etichetta di “figlio di Brian Cartridge”, sei sicuro di volerlo mettere all’ombra anche del nonno?
–Ci terrei a dargli il nome di nostro padre…
–Puoi sempre lasciarlo come secondo nome- suggerì Heather, tornata in salotto con un paio di babbucce. Prese in braccio il piccolo: a giudicare dagli strilletti entusiastici che emetteva al solo vederla, adorava la nonna. –Ecco qua! Un neonato non deve stare coi piedi nudi. Faresti felice una vecchia signora, Brian, se gli dessi il nome che avresti avuto tu, se mia suocera non mi avesse supplicata di chiamarti come suo padre.
–Ti prego, dimmi che non è obsoleto, effeminato, equivoco…
–E’ Aidan.
Jack, che fino a quel momento era rimasto immobile in religioso silenzio, annuì in segno di approvazione, alzando i pollici.
–Aidan?
–E’ la versione inglese di Ahodàn, nome scozzese che significa “piccolo fuoco”.
–Aidan- ripeté Brian, soppesandone il suono. Gli piacque. –Aidan James. Aidan James Cartridge. Vada per Aidan James. Quanto a voi tre, ecco, avrei una richiesta: quando verrà il momento… vorreste essere i padrini?
–Tutti e tre?- esclamarono in coro. –Si può fare?
–Mi sono informato e si può, perciò, se non avete altre obiezioni…
–Cazzarola, certo che no!- rispose Faith con voce rotta dall’emozione.
–Obiezioni? Sarà un onore!- tuonò Ben, per poi precipitarsi ad abbracciare suo fratello.
Heather restituì Aidan a Faith, prese una bottiglia di champagne, lo versò nei calici e trillò –Direi che un brindisi è d’obbligo! Ad Aidan James Cartridge!
–Con l’augurio di una vita lunga e felice- aggiunse Ben.
–Piena di affetto, soddisfazioni…
–E amanti- concluse Brian con una strizzata d’occhio in direzione del pargolo, poi, in risposta al rimprovero di sua madre, si giustificò con un innocente –E’ mio figlio! Mi somiglierà in qualcosa, no?

Nota dell’autrice:
Innanzitutto, grazie a tutti i lettori, uno ad uno, poi ad abracadabra, Bijouttina, Calliope Austen, DarkViolet92, elev, madewithasmile e Natalie Gjoka per le recensioni, a BokuraFamily, che segue la storia, e a ele_nora e kikka­_67, che la preferiscono.
Vi piace il nome del bimbo? Ho accorciato un po’ questa parte, eliminando la scena del parto (parafrasando LA Jane per eccellenza, che altri narrino la tristezza e la disperazione di una madre che si disinteressa del proprio figlio, io preferisco esaltare gli eventi positivi) per concentrarmi su Brian che, messo di fronte alle sue responsabilità, non si tira indietro. E’ cresciuto, maturato, e, anche se ha molto da imparare, non parte svantaggiato rispetto agli altri papà: il mestiere del genitore si impara sul campo. Un po’ del vecchio Brian, però, è rimasto, come dimostra l’augurio che il piccolo Aidan un giorno segua le sue orme (magari evitando di ingravidare una donna sposata). XD
Faith e Franz hanno fatto pace e si sono dichiarati il loro amore (e hanno pure fatto tanto, tanto amore). La dichiarazione non sarà il massimo della poesia, però credo rispecchi la loro personalità: sono F&F, si amano, ma non sono, né saranno mai, dei romanticoni, sarebbe stato forzato il classico “ti amo” coi cuoricini e gli uccellini cinguettanti.
Faith ha imparato a fidarsi di Franz, e ha definitivamente mandato Cyril dove merita: nel cassetto dei brutti ricordi. Tenete a mente il fatto che ha omesso di dirgli che stava per sposarlo, perché salterà fuori nel sequel! ;-)
Chiudo con una mezza lacrima: il prossimo capitolo sarà l’epilogo, lo posterò tra mercoledì e giovedì perché poi parto, mi ritiro nell’eremo, ehm, vado a trovare la nonna. ^^
Au revoir!
Serpentina
Ps: non linciatemi per la schifosa soluzione dell’indovinello, vi prego!
 
   
 
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