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Autore: Evander    29/07/2014    0 recensioni
Perché il cielo non aveva mani — non aveva piedi. Il cielo era il cielo, e basta. Era irraggiungibile. Era solo apparenza. Così vicino ma troppo lontano. Era un’allucinazione, quell’azzurro esteso — quasi infinito.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Così vicino ma troppo
lontano
 
 

A volte il cielo gli sembrava soltanto un dipinto. Era così perfetto, una pennellata dolce, azzurra, che però era punteggiata di batuffoli bianchi. Le nuvole — quelle più vicine — sembrava fossero state attaccate, dei pezzi di lana, o di qualche altro morbido materiale, incollati sulla tela.

Ma non era così.

E per questo, il cielo non gli piaceva. Era così perfetto — così falso. Così vicino ma troppo lontano. Era una bugia, quell’azzurro esteso — quasi infinito. 
A volte lo guardava e gli sembrava di poterlo toccare alzando il braccio. Ma con le sue dita sfiorava soltanto l’aria, e non la percepiva nemmeno. Rimaneva una mano tesa ad aspettare che il cielo gli tendesse la sua. 

Ma non succedeva.
Perché il cielo non aveva mani — non aveva piedi. Il cielo era il cielo, e basta. Era irraggiungibile. Era solo apparenza. Così vicino ma troppo lontano. Era un’allucinazione, quell’azzurro esteso — quasi infinito.

A volte ricordava. Ricordava quando era piccolo e gli dicevano che i morti andavano in cielo. E allora si chiedeva se anche lui sarebbe volato nell’atmosfera, in mezzo al blu. In un regno sulle nuvole, circondato dal bianco e dal blu, a osservare il pianeta. 

Ma, si diceva, non poteva essere così.

I morti erano cadaveri o ceneri. Il loro corpo giaceva sotto il terreno o era ormai disperso nell’aria. I morti non potevano volare nel cielo. Il cielo non era accessibile agli esseri umani. Era così vicino ma troppo lontano. Era un miraggio, quell’azzurro esteso — quasi infinito.

Allora, a volte, distoglieva lo sguardo e osservava il terreno. La terra vicina, che poteva toccare. Poteva sentire l’erba morbida, il terreno duro con i polpastrelli delle sue dita. Poteva sentire le sue narici invase dall’odore della vegetazione. Era vicino, il terreno. 

Per questo a lui non piaceva il cielo — però amava il terreno.


 


Angolo della Palla di Fieno Rotolante in mezzo ai Baobab Rotolanti.
Io mi vergogno.
Provo una profonda vergogna per questa roba.
Non so nemmeno da dove sia uscita, sinceramente. Ma vabbè. L'ho pubblicata perché comunque è sempre bene ogni tanto far leggere alle persone i propri scritti. È una flash, ma ha soltanto 297 parole, ergo le altre flash si offendono a sentire questa che viene chiamata come loro. Ma vabbè. Spero che qualcuno possa apprezzare il mio lavoro. 

 
  
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