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Autore: _Chloe_Shadowhunters    29/07/2014    1 recensioni
La leggenda narra che Dio in persona convocò un giorno un angelo e gli disse di andare sulla terra, il mondo aveva bisogno di qualcuno che li proteggesse da vicino. L’Angelo non potè rifiutare gli ordini del Divino e allora andò sulla terra. Ma prima che qualcuno lo potesse riconoscere Dio gli cucì le scapole da dove uscivano le ali, ali morbide, bianche e potenti, in modo da non dare nell’occhio.
Ma quell'angelo era troppo bello per passare inosservato.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo, Violenza
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Ariel si svegliò in una stanza così spoglia e triste. C’era solo una piccola finestra che trapassava una luce pallida. 
Il pavimento in pietra era sempre freddo, come se quell’istituto fosse costruito con ilo ghiaccio. Le pareti ornate di carta da parati rosso scuro erano spoglie e il letto una semplice struttura a baldacchino con coperte bianche. 
C’era un armadio sul muro di fronte al letto, era a due ante in legno, marcito nel corso degli anni e al suo interno un forte odore di muffa e umido. Un piccolo specchio si trovava sopra ad un cassettone per le armi. 
Si stiracchiò e andò in bagno per lavarsi.
Quella sera sarebbe finalmente tutto finito.
Prese i vestiti del giorno precedente con la maglietta e la felpa della sua amica macchiata qua e là dal sangue di Jason, e scese nella cucina. 
Prima di entrare un forte odore di frittella le arrivò fino al cervello, facendole venire un piccolo dolore alla testa. 
Con sua grande sorpresa Jason era seduto al tavolo in legno alle prese con una frittella grande quanto il piatto. 
C’era Kate, la donna con i capelli color cenere e due ragazzi che stavano bevendo da delle tazze, era caffè. 
Appena entrò tutti si girarono per guardarla. Si girò anche Kate, ma con una smorfia tolse lo sguardo dall’angelo. 
“Ragazzi” iniziò la donna “lei è la ragazza che ha portato qui Jason, si chiama …” 
“Ariel, mi chiamo Ariel” sorrise sedendosi il più lontano possibile dalla bionda psicopatica. 
“Disturbo se mi siedo qui?” chiese ad un ragazzo dai capelli biondi come quelli di Kate e dagl’occhi verde scuro. 
“Certo che no, io sono Tyler” le sorrise il ragazzo. 
Appena si sedette, il ragazzo accanto a Tyler si presentò “Io sono Noah,” le sorrise.
Aveva un bel sorriso, poi con i suoi capelli arruffati castani e i suoi occhi stanchi anch’essi castani era adorabile. 
Kate si alzò di colpo facendo saettare rumorosamente la sedia, e corse via senza dire una parola. 
“E’ strana” disse Jason che prima d’ora non aveva ancora aperto bocca “comunque grazie, senza di te sarei sicuramente morto” disse abboccando una frittella. 
“Di niente” rispose la corvina guardandosi attorno timidamente. Dovere 

Verso le tre del pomeriggio entrò nella biblioteca Tyler in tenuta da combattimento. 
Ariel che stava leggendo un libro stravaccata su una poltrona lo chiuse appena lui si avvicinò.
“Ehi” le si fermò davanti lui “io e Tyler ora ci alleniamo, vuoi partecipare?” 
La ragazza era un angelo, faceva parte dell’esercito divino e combatteva. Ma aveva paura di fare male a Noah o Tyler, non aveva ricevuta la loro stessa educazione per combattere. La sua era molto più serrata, anche allenandosi dieci ore al giorno. 
“Di partecipare non me la sento, invece mi piacerebbe proprio assistere al vostro allenamento” gli rispose sorridendo. 
“Di dove sei?” domandò d’improvviso. 
Ariel trattenne il respiro per la sorpresa e non sapeva cosa rispondere “In che senso scusa?”
“Sei una Shadowhunter ma non ti ho mai vista qui a Toronto, ed in nessuna battaglia. Di dove sei?” ripeté il ragazzo. 
“Cuba” inventò l’angelo, certo non poteva rispondergli “Ehi, ovvio che non mi hai mai vista vivo in paradiso, se vuoi ti saluto dio!”. 
“Mh, bello. Andiamo” al che i due se ne andarono. 

La stanza per l’allenamento era molto ampia. Una trave era sospesa a cira sei o sette metri di altezza dal parquet graffiato qua e là. Manichini mezzi rotti si trovavano a sinistra del portone e alla destra un muro con appesi ogni tipo di armi. 
In preda a fare a pezzi un povero manichino c’era Noah, capelli ancora arruffati, canottiera aderente che faceva intravedere la muscolatura da chi si allena tutti i giorni molte ore e le rune che gli ricoprivano buona parte della pelle nuda. 
“Bene, puoi sederti qua” mostrò Tyler una panchina con affianco una felpa, una bottiglia d’acqua e dei pugnali. 
Ariel si sedette e guardò il loro allenamento. 
Erano tutti e due bravissimi ma Noah si muoveva più velocemente. Era come se non si stancasse mai. Tyler invece era un po’ più lento, ma con l’uso delle fruste se la cavava meglio. Aveva squarciato in due un manichino solo con un colpo. 
Dopo circa una buona ora, Noah si fermò ed appoggiò i pugnali e la spada che aveva in mano nel loro apposito settore e si avvicinò alla panchina dov’era seduta la ragazza. Prese la sua felpa che era quella di fianco ad Ariel e se la mise, sorprendentemente il sudore non trapassava. Prese anche la bottiglietta d’acqua e ne bevve due sorsi. Riportò i pugnali insieme agl’altri e si sedette affianco all’angelo. 
“Come mai non ti alleni?” le domandò lasciandosi andare la schiena contro il muro e alzando lo sguardo al soffitto.
“Non me la sento” rispose la ragazza ancora mentendo. Quand’è che per una volta avrebbe detto qualcosa di vero? 
“Dopo l’interrogatorio cosa farai? Nel senso dove andrai?” i suoi occhi castani fissavano attentamente i movimenti rapidi di Tyler. 
“Andrò a casa mia” rispose come se fosse la cosa più ovvia. 
“Con chi vivi?” 
“Con una mia amica … mondana …” 
Il ragazzo sgranò gli occhi e si girò per guardarla. “Sa dell’esistenza degli Shadowhunters?” 
“No” 
“Allora non dovresti stare là! Scommetto che non ha neppure la vista, non puoi rischiare che ti scopra!” 
“E allora cosa dovrei fare? Dove dovrei andare?” rispose quasi esasperata Ariel. Voleva sentire dirglielo ….
“Qui all’Istituto”. Si! 
Gli sorrise e continuò “Non è una cattiva idea, ma non penso che la donna inquietant… ehm la signora mi voglia qui” 
“Helen? Certo, a lei fa sempre piacere che qualcuno di nuovo si aggiunga alla “Grande famiglia dell’istituto di Toronto” “ scherzò lui. 
“Se dopo l’interrogatorio accetterà, allora verrò a stare qua, ma non penso che Kate ne sia contenta” 
“Hai ragione. Non è che non ti vuole. C’è si non ti vuole ma perché è gelosa. Essendo l’unica ragazza riceve molte attenzioni da noi, e ha paura che qualcuno possa prendere il suo posto” 
“Molto rassicurante” rise Ariel. 
Noah sorrise, Oddio quel sorriso quasi si stava per scogliere. 
“Beh, io vado ci si vede a cena” salutò l’angelo e andandosene verso la sua camera si sentì gli occhi di Noah addosso. 

La luce che emanava la lune entrò anche nella camera di Ariel che si trovava stesa sul lato destro nel suo letto, con le coperte che la rassicuravano. 
L’interrogatorio era stato rimandato al giorno successivo, i Fratelli Silenti in quel periodo erano molto impegnati.
Nuvole piene di pioggia si stavano avvicinando minacciose. 
Chiuse gli occhi imponendosi di dormire, ma nella testa aveva solo l’immagine di Noah quando sorrideva. 
Basta pensarlo! . Dormi
D’improvviso sentì un profumo inebriante di menta, come se qualcuno se lo fosse appena spruzzato. 
Aprì gli occhi.
Un ragazzo dai capelli argentei e dagl’occhi color ghiaccio era sdraiato di fianco a lei, e la guardava con un sorriso malizioso. 
La ragazza aprì la bocca come per emanare un urlo morto durante il cammino verso l’esterno. 
“Shh” la rassicurò quel ragazzo spostandole un ciuffo di capelli neri dietro all’orecchio. “Non urlerai, perché se vengo scoperto io vieni scoperta anche tu.” 

“Cosa?” domandò lei ancora scossa per l’improvvisa apparizione del ragazza accanto a lei. 
“Oh non fare l’angioletto Ariel, o forse sì fallo perché in effetti è quello che sei” le sorrise lui. 
Il suo sorriso era come l’oceano, così bello da vedere ma terribile per quello che poteva nascondere. 
“Oh andiamo lo sai come vanno le cose” si sedette e si tolse la maglia nera che indossava. 
Il suo fisico era a dir poco perfetto, quasi scolpito. Accentuati muscoli lo ricoprivano insieme a rune. 
Dalle sue scapole d’improvviso uscirono due splendide ali, ma anch’esse terribili. 
A differenza di quelle della ragazza le sue erano nere, nere come il petrolio. Era straordinariamente grandi, con grosse piume che le componevano. 
Le si avvicinò sempre di più fino ad esserle sopra, con le gambe che le bloccavano la vita. 
Alzò la ragazza e la fece sedere. 
Iniziò a baciarla, prima piccoli baci disperati sulle labbra che a poco a poco si facevano sempre più violenti. 
Ariel era attratta da lui, non riusciva a fermarsi anche se lo avrebbe voluto. Ma non lo voleva ora. 
Gli angeli hanno una cognizione dell’amore diversa da quella degli umani. 
La loro è puramente un amore passionale e intimo, appena vedono qualcuno che gli piace non ci pensano due volte ad innamorarsi. 
Il ragazzo era a cavalcioni su di lei con le sue ali aperte che facevano cader di tanti in tanto qualcosa dal cassettone, tant’erano grandi. 
Le mise una mano sotto la maglia del pigiama entrando in contatto con la sue calda pelle, e risalì sempre di più. Iniziò a percorrerle il collo di baci e lei non resistette a gemere e sospirare sempre di più, mentre i loro cuori continuavano a battere all’impazzata. 
Arrivò alle scapole e le toccò per bene, 
“Cosa sono queste” domandò lui tra un bacio e l’altro, tirando le cuciture. 
“Ahi” gemette la ragazza. Dalle cuciture ora usciva del sangue, il suo sangue. 
“Cosa diavolo sono” domandò di nuovo il ragazzo fermandosi a guardare negl’occhi la ragazza. 
“Cuciture” rispose lei imbarazzata. 
“Oh fammi indovinare, il tuo grandissimo capo non vuole che ti mostri per quello che sei veramente” riprese a baciarla.
“E’ una questione di sicurezza” rispose lei e poi si pentì subito, perché l’angelo aveva di nuovo smesso di baciarla, mentre lei ne voleva ancora. 
“Mhhh, si certamente”. La situazione si era ribaltata, ora il ragazzo era seduto e la ragazza gli stava sopra baciandolo. 
“Perché sei venuto? E soprattutto come mi hai trovata” domandò baciando ancora le sue labbra così morbide. 
“Ho i miei informatori. Sono venuto perché come te il mio capo mi ha mandato. Ma a differenza tua i sono incaricato di creare un esercito per distruggere” rispose togliendo la maglietta alla ragazza e accarezzandole tutta la schiena. 
“Cosa?!” rimase allibita da quella risposta. Tanto da staccarsi da lui.
Il ragazzo si alzò e prese la sua maglia e si mise sul bordo della finestra. 
“Oh non ti preoccupare, ci rivedremo per finire quello che abbiamo appena iniziato” con fare ironico, poi si buttò dal balcone. 
Alla luce della luna Ariel vide il ragazzo volare via, mentre il suo cuore batteva ancora a mille e a quel punto non sapeva per quale motivo. 


Angolo dello scrittore: 
Ehilà questo capitolo è stato abbastanza “piccante” ahahah. 
A parte gli scherzi, spero vivamente che vi sia piaciuto perché a me è piaciuto tantissimo scriverlo per questo è venuto così lungo. 
Baci. 
   
 
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