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Autore: FairySweet    30/07/2014    1 recensioni
... La sua colpa era semplicemente quella di amare troppo, amava sé stessa, amava quell'uomo ostinato e testardo che la sfiorava con la delicatezza di un angelo, amava sua figlia, la sua vita, semplicemente ... amava troppo ...
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anna Ristori, Antonio Ceppi
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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                                              Fragile come Vetro 





Sospiri, attimi lontani nel tempo, un corpo d'angelo disteso in quel letto, inerme, solo, scosso dai brividi della febbre e così fragile da sembrare di vetro.
Eppure quel corpo era lo stesso che anni prima gli aveva tolto il respiro. La sua pelle, il profumo delicato che si spandeva tutt'attorno a lei quando lentamente le sfilava il vestito di dosso.
Quante volte aveva giocato con quella seta preziosa, quante volte ne aveva assaggiato la dolcezza come se d'improvviso il mondo gli avesse insegnato a mangiare di nuovo, a sazziarsi di lei perché solo lei poteva rallentare i battiti del suo cuore.
Amava da morire i suoi capelli, riccioli d'ebano che si intrecciavano alle dita, morbidi e setosi, profumati di gelsomino e pesca e poi le sue labbra, il suo respiro, le linee delicate di un corpo che si concedeva a lui ogni notte diventando tutt'uno, regalandogli respiri spezzati, tremiti, sorrisi nascosti.
Nel silenzio profondo di quelle notti lontane c'erano solo i suoi sospiri, un canto che cullava i pensieri e lo costringeva a trattenere il fiato perché inciso a fuoco nella memoria c'era il suo viso, le labbra leggermente schiuse mentre inarcava la schiena, perfino ora poteva sentirlo, sentiva il suo seno schiacciato con forza contro il torace e le sue gambe avvolte attorno ai fianchi, gambe perfette che un vestito a volte troppo pesante aveva il compito di nascondere.
Sentiva il suo profumo, le sue mani che si stringevano più forte sulla sua schiena incatenandolo a lei, improgionandolo in qualcosa che nemmeno poteva controllare.
Sorrise passandosi una mano in viso, era chiuso in quella stanza da giorni ormai e sapeva bene che quel tremito leggero sempre presente non era sintomo di guarigione.
Non sapeva come né perché ma aveva visto tanti pazienti andarsene per cause sconosciute e pregava il cielo che lei non fosse una fra tanti.
Se davvero lassù c'era un Dio allora l'avrebbe salvata, le avrebbe concesso una seconda occasione perché lei meritava una seconda occasione.
Si avvicinò alla finestra respirando lentamente, permettendo al profumo della pioggia di entrare in ogni cellula del proprio corpo “Secondo te è giusto?” “Che cosa?” “Affidare tutta la propria esistenza, il proprio essere ad un'altra persona” sorrise appena al suono dolce di quelle parole, un ricordo che veniva a galla ogni volta che il profumo della pioggia si posava su di lui.
Ricordava bene quell'attimo prezioso, c'era odore di temporali nell'aria, la finestra era aperta e le tende si muovevano placide sotto il tocco leggero di una brezza lontana.
Era una bellissima sera d'estate e la stringeva tra le braccia, giocava con la sua pelle disegnandovi linee delicate, quella cascata di boccoli era sparsa sul suo petto mentre le braccia avvolgevano un corpo nudo sdraiato su di lui, la schiena posata al suo torace e le gambe dolcemente accavallate una all'altra.
C'era solo un lenzuolo di seta a coprirla, come un drappeggio prezioso ne sfiorava le curve lasciando intravedere di tanto in tanto un lembo di pelle “Credi sia giusto?” “Dipende, ti fidi della persona a cui doni te stessa? Sei sicura che non ti farà mai del male?” rise divertita stringendo più forte le mani attorno alle sue, un intreccio leggero che si posava sul suo ventre proprio lì, proprio dove un giorno immaginava una culla di vita “Hai intenzione di farmi del male?” “Non ti farei mai del male” un sospiro leggero, movimenti così impercettibili da sembrare solo sogno e poi i suoi occhi, grandi e profondi che cercavano i suoi “Se fossi io quella persona ti terrei al sicuro. Come un tesoro prezioso che nessuno ha il permesso di sfiorare resteresti lontana dalla cattiveria del mondo. Ti amerei tutta la vita e anche di più” “Non dovresti” “No?” sussurrò divertito sfiorandole il collo con le labbra “E perché mai?” “Perché mi distruggeresti” “Davvero?” “Si impara a diventare grandi, si lotta per diventare grandi e questa vita a volte troppo difficile forgia il carattere e tempra il cuore. Se mi nascondessi sotto una campana di vetro, come potrei camminare per il mondo?” “Non saresti mai sola, cammineresti assieme a me” “E se te ne andassi?” un lungo secondo di silenzio colorò i respiri paralizzandoli in qualcosa di magico “Se te ne andassi via Antonio. Cosa accadrebbe allora?” “Non andrò mai via” “Cadrei al suolo” sussurrò perdendosi con lo sguardo sul gioco tremante della fiamma “Cadrei al suolo e mi spaccherei in mille pezzi proprio come una goccia di cristallo” “Ogni cosa può essere aggiustata angelo mio. Se dovesse mai accadere sono sicuro che riuscirai a mettere assieme ogni scheggia di quel cristallo” “Ma quanto male farebbe? Quanto dolore solo per …” “Ehi” sussurrò voltando dolcemente il viso della giovane verso di sé “Questi sono solo brutti pensieri. Non permettere ai brutti pensieri di invadere la notte amore mio perché la notte è fatta per i sogni” “Anche l'amore è un sogno. Sognare non è altro che rifugiarsi in qualcosa di meglio che la realtà perché spesso, la realtà è così volubile da sconvolgere i piani della vita” ...ricordava ogni parola, ogni gesto.
Quella paura ingenua e tenera che colorava la voce di una giovane donna, la paura di perderlo, la certezza di averlo perso e lui, lui che non riusciva nemmeno a scegliere, lui che la costringeva a credere in qualcosa di cui non era nemmeno sicuro.
Perché illuderla così? Perché lasciarla sospesa nel dubbio? Forse, era colpa sua, forse lei era troppo bella, troppo perfetta per lui, forse non era questo che cercava, forse aveva paura della perfezione.
Qualunque cosa fosse, l'aveva portato a perderla e ora, dopo vent'anni quella perfezione era ancora lì, ad osservarlo da un letto candido e urlandogli contro la propria rabbia.
È difficile immaginare la perfezione più perfetta di quanto non sia già eppure lei lo era, lei così bella anche in quel maledetto letto, così danntamente serena da sembrare addormentata.
Proprio come ogni mattina, quando con il sole in viso si voltava verso di lui e lo abbracciava.
“Domani andrà meglio” prese dal catino il panno fresco fiorandole una spalla, il braccio e poi il collo “Domani tutto sarà passato, la febbre, la stanchezza, allora … allora aprirai gli occhi e tutto andrà bene” un laccio dopo l'altro sfilava la veste candida per poterle donare un po' di refrigerio “Ora devo girarti amore mio, prometto che non ti farò del male ma ho bisogno di controllare anche l'altro lato della ferita” posò una mano sotto la spalla della giovane e l'altra sul suo seno voltandola dolcemente di lato “È arrossata” sussurrò sfiorandone i bordi “Cosa c'è che non va?” con la mano libera le sfiorò il collo spostando dolcemente di lato i capelli mentre con l'altra apriva un boccetto di vetro “Brucia, probabilmente se fossi sveglia ti arrabbieresti con me per essere così poco delicato”.
Sotto le dita la pelle fresca scorreva come acqua pura e il suo respiro lento e regolare gli restituiva un attimo di tranquillità perché fino a quando avesse continuato a respirare tutto sarebbe andato per il meglio.
“C'è qualcosa che non va Anna ma io non posso più aiutarti. Devi svegliarti da sola” lasciò scivolare la mano sempre più in basso permettendole di scivolarvi sopra fino ad incontrare il materasso “Ecco” sussurrò tirando il lenzuolo fino al seno “Ora dobbiamo solo …” ma trattenne il respiro perché per qualche secondo, quegli occhi che amava da impazzire l'avevano fissato “Anna sei … sei sveglia?” ma quei pochi secondi di speranza erano spariti di colpo lasciando al proprio posto di nuovo la stessa immagine “Anna ti prego, apri gli occhi, fallo ancora” mormorò sfiorandole il viso con le labbra “Anna” ma c'era solo silenzio e niente di più.




Non aveva idea di come aiutarla, non sapeva cosa fare e per la prima volta nella sua vita, quella sensazione di impotenza accentuava ogni minuto di più il dolore per una perdita che sembrava sempre più vicina.
Continuava a restare lì, accanto a quel letto a parlare con lei nella speranza che quei sospiri, quei lamenti sommessi diventassero parole ma tutto quello che otteneva erano flebili respiri che si indebolivano ogni ora che passava.
Non voleva perderla, non poteva perderla perché aveva bisogno di lei, aveva bisogno di respirarla, di viverla, di amarla perché senza di lei la sua vita non esisteva.
Dottore” “Conte Ristori” “Vi porgo le mie congratulazioni per la recente laurea in medicina” “vi ringrazio Fabrizio” … un debole sorriso gli colorò le labbra perché il silenzio era complice di quei maledetti attimi di esitazione, di quei ricordi che uscivano dal nulla invadendo i pensieri … “Allora, come va la vostra vita nell'esercito” “Oh non me ne lamento anzi, direi che a tutto questo preferisco le armi” mormorò divertito osservando il giardino.
C'erano persone ovunque ed eleganti svolazzi di cappellini e gonne colorate che profumavano di allegria “Mia madre a volte si diverte a giocare con dame e cavalieri, è convinta di governare il mondo” “Credo sia solo un po' di innocente allegria, a volte fa bene” “Antonio ...” mormorò divertito prendendo un calice dal vassoio del paggio “ … se voi credete che mia madre sia un'ingenua avete sbagliato i vostri calcoli. Sta giocando con queste persone come si gioca con i burattini” “Posso chiedevi il motivo?” “Mia sorella” tremò leggermente sconvolto da quelle due parole “Vostra …” “Mia sorella, quella ragazza bellissima che gioca con il duca laggiù” seguì il suo sguardo fino ad incontrare una giovane donna dall'aria spensierata.
I capelli raccolti dove un fermaglio d'argento permetteva ad un delicato intreccio di scivolare sul lato sinistro della spalla.
Aveva indossato un vestito azzurro come il cielo, diverso da quelli che la moda costringeva a portare.
Le spalle erano leggermente scoperte e sotto al seno una sottilissima cintura di seta stringeva dolcemente la stoffa rivelando la vita sottile “Allora non vi siete scordato di lei” “Come potrei?” sussurrò stringendo più forte il calice tra le mani “Vostra sorella è così … così bella” “Bella e preziosa Antonio, soprattutto per me” gli sguardi si sfiorarono qualche secondo rafforzando la serietà di quell'attimo “Voi state giocando con lei” “Non siate sciocco” “Al contrario caro amico, voi giocate con lei come lei ora gioca con il giovane duca Rinaldi. Si diverte a tentarlo, lo incanta con quegli occhi stupendi che la natura le ha donato e poi se ne va lasciandolo solo. Voi fate la stessa cosa …” lasciò il bicchiere vuoto tra le mani di un paggio concentrando lo sguardo su di lui “... giocate con lei, la fate sentire amata, terribilmente amata e lei si lascia cullare dalle vostre parole perché è così tenera e ingenua da non conoscere la cattiveria del mondo ma io la conosco Antonio, io conosco quello che c'è là fuori e la mia sorellina non è pronta per questo” “Non è più una bambina” “Non è pronta per il dolore che l'abbandono reca Antonio. Voi siete la persona che lei ha scelto, è innamorata di voi ma voi … voi avete la testa da un'altra parte caro dottore” tornò a fissare la sorella sorridendo di quella smorfia leggera dipinta sul suo viso “A volte capita, è normale innamorarsi ma vedete, in questo momento, la mia bellissima sorella è convinta di avere qualcuno affianco e se non è questo che volete essere per lei allora ditele la verità. Vi prego di farlo subito Antonio perché se aspettate ancora, sarà più difficle per entrambi e non voglio passare anni ad asciugare quelle lacrime” … un discorso sbiadito dal tempo che non aveva mai dimenticato, qualcosa di profondo e intimo che l'anima si portava via.
Sorrise soffermandosi qualche secondo su di lei, sui movimenti leggeri delle sue labbra, del suo collo “Tuo fratello aveva ragione Anna, non ho mai capito cosa avessi dentro, non l'ho mai fatto” un sospiro, un tremito leggero più forte degli altri “Era un si?” sussurrò divertito “Mi hai dato ragione?” le sfiorò il viso seguendone i lineamenti “Davvero amore mio? Non mi hai mai regalato nemmeno il pensiero di aver ragione e lo fai ora? Quando non posso nemmeno …” gli occhi della giovane si schiusero appena costringendolo a respirare più forte ma non una sola parola uscì dalle labbra.
A che scopo chiamarla? Se questo era come le altre volte allora lei avrebbe richiuso gli occhi e si sarebbe addormentata di nuovo e pronunciare il suo nome non faceva altro che aumentare quella maledetta distanza.
Restò immobile qualche secondo con il terrore perfino di respirare poi di nuovo più niente, un paio d'occhi che troppo stanchi perfino per muoversi, restavano chiusi e lontani da lui “Per un secondo mi hai fatto spaventare lo sai? Credevo che ti saresti svegliata …” lasciò andare la mano nel vuoto tornando ad accomodarsi sulla poltrona “ … vorrà dire che staremo una notte ancora qui assieme” il silenzio si prese i pensieri e uno dopo l'altro, i problemi sembravano scivolare via dalla mente.


 
  
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