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Autore: Agnes Von Hess    30/07/2014    1 recensioni
"Notò che quella macchina umana, così perfettamente programmata e azionata, aveva fatto cadere ai suoi piedi una primula blu e se ne compiacque: non sapeva il perché di quel gesto, ma sicuramente poteva trarre la conclusione che lui non le fosse indifferente."
La guerra non aveva dilaniato solo anime innocenti, aveva distrutto e logorato anche quelli che appartenevano alla cerchia del potere: li aveva resi freddi e spietati, corpi privi di anime e amore.
Per lenire le ferite più nascoste di Juliette, la primula blu, ci sarebbe voluta un'altra vita, forse lontana da quella distruzione.
Ma purtroppo per lei non la possedeva, non c'era un'altra possibilità per le anime non redente.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Lei ha detto che era una femmina e io ho pianto, sono contenta che lo sia.
E spero che sia anche stupida: è la cosa migliore per una ragazza in questo mondo, essere una bella oca giuliva!"
-Francis Scott Fitzgerald, Il Grande Gatsby. 


Berlino, 17 aprile 1934.
 

Juliette Van Goëss era essenzialmente una cattiva ragazza mascherata da buona moglie, se non ottima, per un ufficiale nazista: fedele al Reich, bionda, occhi azzurri, procace e fertile, era l’emblema vivente delle donne che il Führer reputava superiori alle altre.

Lei stessa si riteneva superiore alle altre, talmente superiore da pensare di poter ottenere qualsiasi cosa desiderasse con la sua sola astuzia e determinazione.

Ed in effetti era così. Così come teneva saldamente in pugno il marito facendogli credere del contrario, allo stesso modo decideva autonomamente della sua vita facendola passare come una scelta altrui. Si poteva dire che fosse dannatamente brava in questo, la possibilità di manipolare gli altri era forse la sua maggiore capacità.

Allo stesso modo, era capace di sparire per intere giornate senza far insospettire nessuno di quelli che la circondava per andare chissà dove con chissà chi, potendo sbrigare i suoi affari più personali e segreti senza essere disturbata.

Dissimulava ogni emozione, era gelida con gli altri ma allo stesso modo non dava una sensazione di respingimento: aveva trovato l’equilibrio tra ciò che il suo ruolo di madre e donna le imponeva di fare e il suo lato autoritario e crudele, rendendosi così impermeabile a tutto ciò che non la rendeva protagonista, così da non intaccare il suo io più profondo.

Eppure, quel giorno di primavera, con gli alberi su cui facevano capolino le prime piccole gemme, il suo passo altezzoso e autoritario non passò per nulla inosservato agli occhi di chi passeggiava tranquillo per la Landsberger Allee.
Soprattutto perché andava di fretta.

Di solito, se c’era una cosa che era chiara a tutti i Berlinesi, era che chi andava di fretta aveva qualcosa sicuramente da nascondere.

E se non era passata inosservata ai suoi tranquilli concittadini per questo semplice motivo, le squadre di SS l’avevano notata con ancora meno difficoltà.

Un ufficiale, avvenente fasciato nella sua divisa, le si avvicinò speditamente e le si piantò davanti, con un maligno e al contempo apprensivo sorriso: probabilmente si stava chiedendo perché Juliette avesse commesso quel madornale errore invece di fare come tutti gli altri, mescolandosi. O forse ne era contento, perché poteva avere uno scambio di frasi con quella bella donna, vista tempo prima ad una cena dei comandanti del Partito.

-Le piace primeggiare, Meine Frau.- disse quello gelidamente e senza nemmeno scomporre quell’aura di tranquillità che si era poco prima fatta apparire in volto.

-A chi non piace, Mein Herr?- disse quella schiudendo le labbra color ciliegia in un sorriso assolutamente asettico ma perfettamente contestualizzato.

-Herr Joseph Schäfer, comandante di plotone.- e le fece un elegante baciamano.

-Juliette Van Goëss, nata per servire Herr Führer e il Reich.- disse facendo perfettamente ciò che lui si aspettava da lei.

-Ebbene Frau Van Goëss, dove vi stavate recando così di fretta?-

-Mio figlio Herbert si è sentito poco bene a scuola, stavo andando a prenderlo per portarlo a casa.- rispose quella non staccando mai le sue iridi cerulee da quelle verdi di lui.

-Ich bin mir sehr leid, Mein Frau, spero che il nostro giovane soldato possa riprendersi.- si spostò da un lato –La lascio andare, non posso farla tardare proprio in questo momento. Spero di poterla rincontrare, perché è stato un vero e proprio piacere.-

-Oh lo spero anch'io, Herr Schäfer, è stata una parentesi molto gradita. Auf Wiedersehen.- e se ne andò, facendo turbinare i capelli biondi vicino al viso dell’uomo, il quale inspirò senza far rumore quel dolce profumo di primule.

La guardò allontanarsi da lui per poi disperdersi nella folla, vestita di arroganza e savoir-faire, pensando a quanto il marito di quella donna fosse fortunato: gli sarebbe molto piaciuto poterla avere per sé, perché se ne era riscoperto attratto come la prima volta che l’aveva vista.

Attratto non solo fisicamente, ma anche da quella sua freddezza e spietatezza che la rendevano così simile a lui da farlo rabbrividire.

Notò che quella macchina umana, così perfettamente programmata e azionata, aveva fatto cadere ai suoi piedi una primula blu e se ne compiacque: non sapeva il perché di quel gesto, ma sicuramente poteva trarre la conclusione che lui non le fosse indifferente.

Se l'appuntò alla giacca e come aveva fatto all’andata, misurando bene i passi e con il viso ben alto, tornò dai suoi soldati e si rimise a controllare che per la Landsberger Allee nessuno facesse niente di strano, anche perché desiderava pensare ancora a lei.

Intanto, terminata quella palese scocciatura, Juliette aveva attraversato quasi tutta la strada che la separava da Claude, un giovane che era diventato suo amante per ricevere protezione e privilegi, per uno dei loro incontri: da moglie insoddisfatta di un uomo che non amava e che non era in grado di appagarla in qualsiasi senso possibile, avere Claude da dominare e controllare accendeva in lei quel poco di fuoco malvagio e calcolatore che la faceva stare in vita.

La faceva sentire potente averlo sotto di sé, schiacciarlo come con gli insetti, logorarlo fino a portarlo al limite in una lenta e oppressiva tortura.

In un certo senso la vita di Claude le era indispensabile per sopravvivere al mondo fuori da quella catapecchia, situata nei quartieri meno raccomandabili di Berlino, perciò lei faceva di tutto per non farli ammazzare, anche se sapeva che lei ne sarebbe sempre uscita vincitrice.

Contava molto sulla sua astuzia, Juliette Van Goëss, e sulla sua capacità di salvarsi.

Dopo l’ennesimo amplesso, consumato anche questo tra sospiri e gemiti, entrambi si accesero una sigaretta, gustando in silenzio l’acre e rilassante sapore di tabacco nelle loro bocche, e pensando a come il mondo sembrava più semplice dentro quelle strette mura. Non c’era morte o distruzione o altro: era solo un luogo per fare sesso, senza nient’altro. Non vi era posto per l’amore e per le parole: era una valvola di sfogo, quel loro malsano rapporto nascosto.

E non c’era altro da aggiungere, secondo Juliette, anche se Claude molte volte le aveva avanzato proposte che la stessa si era affrettata a declinare bruscamente.

Lei non ci credeva, non sentiva niente per lui se non il fuoco che le ardeva dentro quando le era concesso di dominarlo; era forse più corretto dire che lei non era più in grado di provare nulla, si sentiva una fredda macchina senza cuore e senz’anima, abbastanza lucida per tradire deliberatamente il marito e il regime e abbastanza sciocca da non pentirsene.

Era frivola, stupida quanto bastava per non essere presa sul serio, ma al contempo intelligente e manipolatrice da potersi prendere sul serio quando decideva qualcosa.

Eppure non fu abbastanza intelligente e calcolatrice, quel pomeriggio.

Non aspetto l’ora tarda per andarsene, non fece le strade che percorreva di solito, non camminò più lentamente perché suo marito sarebbe rincasato prima quella sera e sarebbe stato motivo d’imbarazzo tornare in ritardo: le fu purtroppo fatale quello sprazzo d’interesse per i proforma.

Con addosso quella seta blu primula, che la fasciava come i guanti che indossavano le sue delicate mani bianche, fu il bersaglio perfetto di cecchini avversari al Reich, spiccando alla luce dei lampioni.

Gli occhi cerulei della signora Van Goëss si spensero quando un proiettile le entrò nel centro della schiena, uscendo dall’altra parte, all’altezza del cuore . E la stessa fine miserabile fece quel suo sorriso perfetto, che era sempre rimasto una finzione e che pochi avevano saputo apprezzare più della sua bellezza dirompente.

Le fu spezzata la vita che sbocciasse, proprio come i boccioli secchi di una primula.

Il funerale di quella donna tedesca, perfetta e calata nel ruolo di madre e moglie, fu molto compianto, anche per la morte indegna che fece la povera donna.

Anche due fantasmi, Claude de Bonville e Joseph Schäfer, soffrirono per quella primula prematuramente scomparsa, ognuno per un motivo diverso ma allo stesso tempo identico.

Due fantasmi che piansero soli, distrutti dalla perdita di qualcosa che non avevano mai posseduto. 
 
   
 
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