Cap
5
Austin
aveva usato ogni mezzo a sua disposizione per
cercare di capirci qualcosa. Di solito, ricorrendo ai suoi poteri,
riusciva a
trovare una soluzione praticamente a ogni cosa, ma quella volta le
tenebre
erano silenti come se neanche loro sapessero che pesci prendere.
Si
passò una mano tra i capelli, frustrato.
A
cosa serviva essere un figlio di Seth se nel
momento del bisogno non era in grado di muovere un dito per aiutare il
Campo?
-
Hanno ragione, l’unica cosa di incredibile che ho
è la facoltà di riuscire a far scappare tutti a
gambe levate. Proprio un gran
bel talento. – borbottò tra sé e
sé.
-
Lo sai che non è vero. –
La
voce di Angel lo fece sussultare.
Aveva
creduto di essere solo nella Quarta Casa,
altrimenti non si sarebbe mai permesso di crollare in quel modo.
-
Questi stupidi poteri non servono a niente quando
ne ho davvero bisogno. E tu sai a cosa mi riferisco, no? –
Già,
Angel lo sapeva bene.
Dopo
tutto quel tempo ancora si tormentava con il
suo ricordo. Liz, la bella e combattiva figlia di Bastet che
l’aveva salvato
quando era in fin di vita e che al momento versava in uno stato
comatoso.
-
Sono passati tre anni, Austin, e ancora continui a
fartene una colpa. Liz sapeva quello che faceva e ciò che le
è successo non è
colpa tua. – concluse, mettendoci un po’
più di foga del necessario nell’ultima
frase.
Voleva
che se ne convincesse, che smettesse di
considerarsi una disgrazia per tutti coloro che incrociavano il suo
cammino.
Se
soltanto si fosse sforzato un po’ sarebbe
riuscito a vedersi per come lo vedeva lei. Un ragazzo brillante,
divertente,
affettuoso e leale con le persone che aveva a cuore. Un ragazzo per il
quale
lei aveva completamente perso la testa da un bel po’.
Austin
tentennò leggermente, fissandola negli occhi
color pece, profondi come buchi neri. Certe volte gli sembrava di
precipitare
in quello sguardo, ma la sensazione non era affatto spiacevole.
-
Lo so che essere il figlio di Seth non è facile,
così come non lo è essere figlia di Anubi, ma
possiamo dimostrare a tutti che sono
dei completi idioti se ci giudicano solo per quanto spettrali ed
inquietanti
siano i nostri padri. –
-
È solo che detesto non riuscire a essere utile. –
borbottò.
Angel
sentì le labbra stirarsi in un lieve sorriso.
Austin
le faceva sempre quell’effetto, una tenerezza
disarmante che molto spesso la spiazzava. Non era abituata a provare
quei
sentimenti per un ragazzo.
-
Allora perché non raggiungiamo gli altri e
proviamo a dare una mano? Annalisa mi ha detto che si stanno riunendo
tutti in
aula magna, pare che Peter abbia indetto una specie di riunione non
ufficiale. –
Le
rivolse uno sguardo incerto. Non era sicuro di
sentirsela di stare in mezzo a tutta quella gente, metà
della quale neanche lo
degnava di un’occhiata. Però quello che aveva
detto era vero: lui voleva dare
una mano, rendersi utile in qualsiasi modo.
-
Va bene, ci sto. –
*
-
Che c’è vuoi una foto per caso? –
borbottò Peter,
notando che Nives continuava a fissarlo di sottecchi come se fosse in
attesa di
vederlo esplodere come un vulcano.
Bè,
era sulla buona strada se era quello che
aspettava con tanta ansia.
-
Sì, ti prego, ma solo se la autografi. –
replicò sarcastica.
Si
scambiarono un’occhiataccia, provando a
fulminarsi a vicenda con lo sguardo. Niente da fare, entrambi avevano
la
pellaccia resistente.
-
Ehm, ragazzi, non è proprio il momento di
scatenare una rissa. – intervenne Annalisa, provando a fare
da paciere tra i
due semidei che sembravano avere particolarmente i nervi a fior di
pelle.
-
Dillo a mr macho qui presente che si sente
continuamente al centro dell’universo. Per quanto
sconvolgente ti possa
sembrare, Peter, il mondo non gira intorno a te. –
-
Tecnicamente sì, visto che è il figlio del Sole.
–
replicò Simon.
Annalisa
trattenne una risata. Quello non era
decisamente il momento più adatto per ridere di un Peter
sull’orlo di una crisi
di nervi. Anzi, non era mai il momento giusto per farlo, a meno che non
si
avessero manie suicide.
-
Ma sentitela, come se a me potesse interessare di
attirare la tua attenzione.
–
-
Bè, tranquillo, non corri alcun rischio perché
non
potrei mai sprecare il mio tempo dedicando attenzione a te.
–
Si
fronteggiarono, guardandosi in cagnesco, e l’aria
intorno al figlio di Ra prese a pulsare luminosa.
-
Ragazzi, per favore … - riprese Annalisa, fiutando
il pericolo.
Non
era mai una buona cosa quando il loro Ulfric
cominciava a brillare.
-
Non abbiamo tempo per questo, dobbiamo
concentrarci su cose più importanti. Pensiamo a questa
benedetta riunione e dopo, se
proprio non potete fare a meno
di comportarvi come due bambini, potrete riprendere a punzecchiarvi.
– le diede
man forte Simon.
Peter
sospirò, rilassandosi un po’ e facendo
scomparire la sfera luminosa.
Un
attimo prima andavano d’accordo, sembravano
essere in sintonia, e quello dopo ricominciavano a urlarsi contro e
poco
mancava che si prendessero a pugni. Quella ragazza l’avrebbe
fatto impazzire,
poco ma sicuro.
-
D’accordo, sono calmo. Riprendiamo a lavorare su
questa roba. – decretò, chinandosi sui fogli
coperti di appunti scritti con la
calligrafia precisa di Annalisa.
-
Continuano a non avere senso o, se ce l’hanno, io
non riesco a vederlo. – sospirò Simon, affranto.
Nulla
lo innervosiva più di avere la soluzione sotto
gli occhi e non riuscire a vederla.
Rilesse
la parte iniziale della profezia a voce
alta. Magari in quel modo ci avrebbe capito qualcosa in più.
-
Parla della Vergine. –
Angel
e Austin erano arrivati proprio in quel
momento e la figlia di Anubi aveva ricollegato immediatamente il sei
allo
zodiaco. Era un’appassionata di queste cose e pianeti e
divinità affini non
avevano alcun segreto per lei.
-
Come dici? – domandò il figlio di Odino,
perplesso.
-
Il sesto segno zodiacale è la Vergine, che si
trova a metà tra lo zodiaco e le divinità. Ogni
segno ha una sua divinità di
riferimento e il suo nella mitologia greco romana è Ermes o
Mercurio. – spiegò.
-
Fantastico, ma nel caso ti sia sfuggito noi non siamo
né greci né romani. –
osservò con tono beffardo l’Ulfric.
-
Lasciala finire. –
Il
ragazzo guardò incredulo il figlio di Odino. –
Non mi piace il tuo tono, Simon. –
-
Un vero peccato che non me ne importi nulla. –
Peter
fece per replicare, ma la mano di Nives calò
sulla sua spalla e la strinse leggermente. Sembrava volerlo esortare a
smetterla di fare l’indisponente e accettare tutto
l’aiuto che gli veniva
offerto. Sospirò.
-
D’accordo, Angel, continua pure. –
La
figlia di Anubi sorrise compiaciuta e riprese la
sua spiegazione. – Nello zodiaco egizio la Vergine
è simboleggiata dal cane,
che è l’animale che risponde a … -
-
Ad Anubi, tuo padre. – concluse Nives.
Annuì.
-
Quindi la lealtà che viene messa alla prova è
quella di tuo padre … o forse la tua? –
Peter
assottigliò lo sguardo, fissandola con aria
indagatrice, come se volesse costringerla ad ammettere su due piedi che
sì, in
effetti ci aveva pensato a cospirare contro di loro.
-
Non essere ridicolo, Angel è sempre stata leale al
Campo. – sbottò Austin.
Era
sicuro delle sue parole, perché l’unica ragazza
che passava un po’ di tempo con lui e lo trattava come suo
pari non poteva
essere una traditrice. Angel era una persona buona, sincera, e lui lo
sapeva.
-
Non scaldarti, principe delle tenebre, la mia era
solo un’osservazione. –
-
Senti chi parla di scaldarsi. – mormorò Annalisa,
ironica.
-
Dicevi? – domandò, aggressivamente.
-
Dicevo che sei l’ultima persona che può parlare di
“scaldarsi” visto che fino a cinque minuti fa
brillavi come una lampadina al
neon. – replicò, senza lasciarsi minimamente
intimidire.
Era
abituata a fronteggiare Caleb, gestire lui
sarebbe stato quasi un gioco da ragazzi.
-
No, si è accesso e me lo sono perso? –
La
voce di Jack stemperò immediatamente la tensione
che si era venuta a creare.
-
Si può sapere dove accidenti ti eri cacciato? Ti
ho cercato per tutto il pomeriggio. – borbottò
Peter, a mo’ di benvenuto.
-
Ehy, non siamo mica sposati che ti devo rendere
conto di ogni mio spostamento. –
-
Sei il mio Freki, noi siamo peggio che sposati. –
Jack
alzò gli occhi al cielo, ridendo. – Okay, mr
gelosone, non scomparirò più se questo ti
trasforma in una ragazzina mestruata.
–
-
In una cosa?
–
Gli
occhi dell’Ulfric si sgranarono all’inverosimile.
Se si fosse trattato di chiunque altro l’avrebbe squartato
sul momento e a mani
nude, ma lui era Jack e … bè, gli si poteva
perdonare praticamente qualsiasi cosa.
-
Hai ragione, diciamo una ragazzina mestruata molto
mascolina. – si corresse, con il sorriso ancora ben stampato
sulle labbra.
-
Ricordami perché ti ho scelto come migliore amico.
– borbottò.
Jack
finse di pensarci su. – Uhm, forse perché sono il
tuo unico amico? Ma la butto
lì così,
non è che ne sia completamente sicuro, eh. –
Scosse
la testa, trattenendo una risata.
Sapeva
perché il figlio di Thor stava facendo così:
voleva distrarlo e tranquillizzarlo e doveva ammettere che ci stava
riuscendo.
-
Okay, messaggio ricevuto, la pianto di fare lo
stronzo. – decretò, alzando le mani in segno di
resa.
-
Perché, ne sei capace? – domandò Nives,
come se
la cosa fosse una
scoperta incredibile.
-
Sì, quasi quanto ne sei in grado tu. –
Hellen
fece capolino, bussando alla porta in legno
di castagno.
-
È un buon momento per una profezia decifrata o
ripasso più tardi? –
Peter
inarcò un sopracciglio, sorpreso.
-
Stai dicendo che siete riusciti a capire a cosa si
riferisce? –
Hannah,
alle sue spalle, annuì.
-
Hellen aveva una mezza idea e le ore in biblioteca
hanno dato i loro frutti. È stata in gamba, ha un grande
intuito.
La
figlia di Osiride abbassò lo sguardo, imbarazzata
dal complimento.
-
Il merito è anche vostro, sarei ancora
sommersa da libroni e polvere se non fosse
stato per l’aiuto che mi avete dato tu ed Eric. –
-
Sì, tutto questo spirito di squadra è fantastico,
perché
non veniamo al punto? – li interruppe Nives, impaziente.
Hellen
riassunse in fretta ciò che avevano scoperto,
suscitando mormorii meravigliati quando giunse al punto riguardante la
spada di
Orione.
-
Quindi dobbiamo trovare il gigante e prendere la
spada prima che lo faccia qualcun altro. Tanto per sapere, qualcuno ha
la
minima idea di dove si trovi? – domandò Simon.
Tornarono
a guardare Hellen, che scrollò le spalle. –
Hey, non posso mica risolvervi tutto io. –
Per
la seconda volta la discussione venne interrotta
da suono delle nocche che battevano contro la superficie lignea.
Caleb
stava sulla soglia, l’espressione corrucciata.
Quando
fu sicuro di aver attirato l’attenzione di
tutti prese la parola: - Scusate tanto se vi interrompo, ma magari vi
interessa
sapere che i barbaros sono qui. – disse, utilizzando il
termine dispregiativo con
cui si indicavano i greci e i romani.
-
Sono già qui? Ma non dovevano arrivare domani
sera? – Peter imprecò in egiziano e, sebbene
Hellen non avesse particolare dimestichezza
con quella lingua, riuscì a capire che doveva trattarsi di
un’offesa piuttosto
pesante.
-
D’accordo, andiamo a vedere cosa vogliono. –
decretò, avviandosi a passo risoluto verso la zona
principale del Campo.
Spazio
autrice:
Scusate
per l’attesa, ma finalmente ci sono! Spero
che il capitolo vi sia piaciuto, fatemi sapere che ne pensate. Alla
prossima.
Baci
baci,
Fiamma Erin Gaunt