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Autore: Ranyadel    30/07/2014    4 recensioni
Quando incrociò il mio sguardo, sembrò incassare leggermente la testa nelle spalle e sollevò un angolo della bocca in un minuscolo sorriso. Quanto poteva essere… cucciolo?!
Ecco, era un cucciolo. Avevo deciso.
***
“Oh, Coralie ha una capacità particolare. Sa leggere gli occhi come nessuno” disse Carol.
***
“So… so capire come sono fatte le persone solo guardandole negli occhi e osservando come si muovono” dissi a bassa voce. “Ti psicanalizza con uno sguardo” Fece Manuela ridacchiando. Luke mi guardò sorpreso. “Sarei curioso di provare.”
***
"Di solito le persone hanno paura."
"Di cosa?"
"Di sé stesse."
***
"Vieni con me."
"Eh?"
"Coco, vieni con me. Venite con me, tutte quante."
"Ma io non..."
"Ti ho promesso che ti sarei stato vicino, e ormai dovresti aver capito che mantengo sempre le mie promesse."
***
"È che ho troppi fantasmi alle mie spalle e mostri nella mia testa per poter essere davvero felice."
"Oh, ma li vedo."
***
Una ragazza particolare, che sa leggere gli occhi.
Coralie.
Un ragazzo speciale, con occhi che la catturano e la intrigano, così semplici da leggere e allo stesso tempo così complessi da capire.
Luke.
Un amore nato da sguardi e gesti.
***
trailer: https://www.youtube.com/watch?v=nPR1CdGLUV8
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Welcome to my life

Era passata una settimana da quando eravamo arrivati a casa Hood. Una settimana da quando, grazie alla nostra mente geniale e alle moltissime precauzioni che prendevamo sempre, Luke si era ammalato. Una settimana in cui ero rimasta di fianco a lui ad accudirlo, mentre fuori sentivo il rumore del mare. Luke si era pure arrabbiato, più con se stesso che con me. Mi diceva che per colpa sua mi stavo perdendo le vacanze e che non era giusto. Quindi, aveva corrotto Manuela e Ashton per portarmi fuori di casa e non farmi entrare se non dopo un bagno.

“Con cosa vi ha comprato, si può sapere?!” chiesi io, stesa a terra, i piedi ancorati saldamente agli stipiti della porta di camera nostra e le braccia tenute da Ashton e Manuela. Luke, sul letto, rideva come un matto. “Con un barattolo di Nutella, con che altro poteva comprarmi, secondo te?” fece Manuela. Io cercai ancora di liberarmi dalla morsa di quei due pazzi. “Posso offrirvene due se mi lasciate!” esclamai. Loro mi mollarono subito ed io caddi a terra, come se prima non lo fossi già. “Eh no, non ci provare. Tre barattoli a testa!” ribatté Luke. Io sgranai gli occhi, sapendo già cosa mi aspettava. Infatti, in poco mi presero di nuovo per i polsi, tirando ancora più forte di prima. Manuela iniziò a farmi il solletico ed io mollai la presa sugli stipiti urlando. I due esultarono, trascinandomi via lungo il corridoio. “Divertiti, amore!” sentii Luke urlare ridendo. “Questa me la paghi!” gridai invece io. Poi mi guardai avanti e sbarrai gli occhi. “No, no, no, ragazzi, mi alzo, ma non trascinatemi giù dalle scale, che mi ammazzo!” esclamai terrorizzata. Loro fecero spallucce e mi issarono, scendendo le scale senza lasciarmi modo di scappare. “Dai, vi prego, perché lo fate?!” chiesi disperata. “Perché tu sei l’unica cosa fra noi e tre barattoli di Nutella, molto semplice” rispose Ashton. Io alzai gli occhi al cielo, mentre mi portavano fuori di casa. “Non ho il costume!” tentai. Manuela mi consegnò ad Ashton, che mi bloccò abbracciandomi, e tornò in casa a prendere il mio costume. “Visto? Ci vuole poco.”

“Se mi lasciavate, andavo io!”

“Certo, così poi ancora tre quarti d’ora a tirarti per farti scollare da quella stanza!”

“Non è colpa mia se Luke ha la febbre e voglio aiutarlo!”

“Luke sta bene! Ha trentasei, provata stamattina! È solo per sicurezza che oggi sta in casa!”

Io mi bloccai. “E me lo dici ora?!” esclamai. Manuela fece un sorriso imbarazzato. “Potrei essermene dimenticata, sai com’è, la mia mente era sintonizzata solo su: avrete un pagamento in Nutella” confessò. “Anzi, ti ringraziamo per aver alzato la posta in gioco” disse Ashton con un sorriso da Stregatto. Io scossi la testa. “Siete impossibili. Andiamo” dissi, rassegnata. “E dai, via il dente, via il dolore” fece Ashton gongolante. “Non capisco! Prima adoravi il mare!” esclamò invece Manuela. “Sì, ma c’è Luke a casa da solo e mi dispiace!”

“Ricordati che è stato lui a pagarci”

“Sono solo futili dettagli!” Manuela, a quelle parole, mi si parò davanti sbalordita. “Cioè, fermi tutti. Se l’avessi fatto io, ti saresti trasformata in Nadir, ma se lo fa Luke dici che sono solo futili dettagli?!” fece, sconvolta. “Chi è Nadir?” chiese Ashton. “È un suo personaggio. Praticamente, per farti un riassunto: è la figlia di Satana, Demone, vampira, perennemente affamata di sangue, perfida, cattiva, e tutti gli aggettivi negativi che ti vengono in mente” spiegò Manuela. “Ehi, non è colpa sua se è così!” la difesi io. Mi ero affezionata troppo a quel personaggio, quasi fosse una figlia, e per me era difficile scrivere le scene in cui doveva far la parte della cattiva, perché si sarebbe tirata addosso solo altro male… invece, adoravo scrivere delle scene d’amore fra lei e il suo “nemico”. Avevo in mente tutta la storia, tranne quelle dannatissime parti in cui lei doveva respingere tutti col suo carattere orribile, che alla fine era solo la sua maschera.

Ashton mi guardò storto. “Dopo fammi leggere qualcosa, che mi incuriosisce e ora non ho capito nulla” disse solo. Io ridacchiai e annuii, mentre andavamo in spiaggia a raggiungere gli altri.

 

Certo, l’intenzione di divertirmi c’era. Poi avevo visto gli scogli e mi ero arrampicata, arrivando fino in punta saltellando allegramente. E lì, il rumore del mare, il non sentire gli schiamazzi degli altri, il cielo occupato da una coltre di nubi spaventosamente scure, il mare blu, l’essere da sola, diedero spazio alla malinconia. Mi sedetti sullo scoglio, con le gambe raccolte contro il petto e gli auricolari nelle orecchie. Welcome to my life, dei Simple Plan. Non c’era canzone migliore, in quel momento.

 

Do you every feel like breaking down?

Do you ever feel out of space?

Like somehow you just stop belong and no one understands you

 

Certo, il testo non c’entrava molto, ma la melodia era bellissima, perfetta per quella situazione.

 

Do you ever wanna run away?

Do you lock yourself in your room?

With the radio on turned up so loud

So that no one hears you screaming

 

Quella parte mi faceva tremare. Quelle parole così giuste, non so spiegarlo, andavano dritte al cuore, alla mia parte più sensibile e, diciamolo, talvolta più depressa.

 

No, you don't know what it’s like

When nothing feels alright

No, you don't know what it’s like to be like me

To be hurt

 to feel lost

to be left out in the dark

To be kicked

when you're down

you feel like you've been pushed around

To be on the edge of breaking down

and no one's there to save you

No you don't know what it’s like

Welcome to my life.

 

A volte mi chiedevo perché mi facevo male da sola, ad ascoltare quelle parole. Per quanto cercassi di ignorarle, erano loro ad aprire uno spazio in me per lasciare le note entrare in circolo, come fossero una droga. Perché la musica era proprio quello per me: una bellissima droga.

 

Do you wanna be somebody else?

Are you sick of feeling so left out?

Are you desperate to find something more

before your life is over?

Are you stuck inside a world you hate?

Are you sick of everyone around?

With the big fake smiles and stupid lies

 while deep inside you're bleeding

 

Senza accorgermene, iniziai a cantare. Piano, prima impercettibilmente, con voce flebile, quasi avessi paura di poter essere sentita, poi sempre più forte. Il mio era un amore non corrisposto: per quanto io fossi pazza del canto, non ottenevo nulla dalla mia voce. Solo note orribilmente stonate. Non so con che forza continuavo a cantare. Battevo il tempo con le unghie sugli scogli.

No, you don't know what it’s like

when nothing feels alright

No, you don't know what it’s like to be like me

To be hurt

 to feel lost

to be left out in the dark

To be kicked

when you're down

you feel like you've been pushed around

To be on the edge of breaking down

and no one's there to save you

No you don't know what it’s like

Welcome to my life.

Avevo iniziato a muovere la testa a tempo, sempre più presa dalle note di quella canzone. Era bellissima. L’avevo scoperta a dieci anni e me l’ero segnata sul computer, insieme a My happy ending di Avril. Poi, a quindici, avevo ritrovato il file, finito nel dimenticatoio, e prima di cancellarlo ci avevo dato un’occhiata. Dato che My happy ending era bellissima, mi dissi che forse anche Welcome to my life mi sarebbe piaciuta, e l’avevo scaricata. Ero felice di averlo fatto.

No one ever lies straight to your face

And no one stabbed you in the back

You might think I’m happy

But I’m not gonna be ok

Everybody always gave you what you wanted

You never had to work, it was always there

You don’t know what it’s like

What it’s like

To be hurt

 to feel lost

to be left out in the dark

To be kicked

when you're down

you feel like you've been pushed around

To be on the edge of breaking down

and no one's there to save you

No you don't know what it’s like

What it’s like

To be hurt

 to feel lost

to be left out in the dark

To be kicked

when you're down

you feel like you've been pushed around

To be on the edge of breaking down

and no one's there to save you

No you don't know what it’s like

Welcome to my life.            

Welcome to my life.

Ero pronta a cantare l’ultimo verso, quello che mi piaceva di più, quando qualcuno, dietro di me, mi precedette:

Welcome to my life.

Mi voltai, incrociando lo sguardo color cielo di Luke, che mi guardava sorridente. “E tu che ci fai qui?! Torna in casa, subito!” esclamai allarmata. “Stai tranquilla, non ho niente da ieri mattina, e ho corrotto Manuela per non dirtelo e quindi farti una sorpresa. Ma tu hai una testa dura come il cemento e io ora dovrò procurarmi sei vasetti di Nutella” disse lui, sedendosi di fianco a me. Lo guardai a bocca aperta. “Sei un idiota, lo sai?” chiesi. “Lo so. E tu sai che ti amo?” rispose lui. Io sorrisi e abbassai lo sguardo, appoggiando la mia testa alla sua spalla. Lui, però, mi prese il mento fra le dita e fece incontrare le nostre labbra, in un bacio che desideravo da troppo tempo. Chiusi gli occhi, mentre lui chiedeva un accesso che non tardai a consentire. Mi trattenne fra i denti il labbro superiore, cosa che sapeva farmi impazzire. Ci baciammo per un po’, poi lui mi stampò un bacio umido sul naso. “Mi piace troppo quando mi dai dell’idiota.”

“Perché?”

“Non lo so, se devo essere sincero. Forse sono masochista, o forse sei tu che lo dici con un tono adorabile” commentò lui.

 

Un’ora dopo, ero con i capelli bagnati sulle ginocchia di Luke, a gocciolargli sul corpo bollente per il sole. Lui rabbrividiva ad ogni gocciolina gelida: nonostante fossi asciutta, i miei capelli erano una spugna e continuavano a perdere acqua nonostante li tamponassi ogni due secondi.

“Attacchiamo tre contro uno dall’Ucraina all’Europa meridionale” disse Luke, muovendo il carro armato giallo sulla mappa di Risiko. Dato che c’era spazio per quattro giocatori, giocavamo a coppie. Io e lui dovevamo distruggere le armate rosse, ovvero Ashton e Carol. Loro l’avevano capito subito, non avevamo fatto nulla per nasconderlo, quindi fuggivano e intanto distruggevano Madison e Calum, che casualmente erano sempre sulla loro strada.

Io tirai i dadi blu, mentre Carol mi guardava truce e ribatteva con l’unico dado rosso. Cinque, tre e uno contro cinque. I due esultarono, mentre Luke ed io attaccavamo di nuovo e stavolta vincevamo, due e sei contro quattro. Passammo il turno e pescammo una carta. Mi stavo appassionando a Risiko, gioco cui mi aveva iniziato Michael.

Continuammo a giocare, sempre più agguerritamente. Io stavo attenta agli spostamenti del team Cashton, Luke a quelli del team Madilum. Nomi orribili ma fa niente, noi eravamo i Corake. Gli unici ad avere un nome umano erano i Manuel.

Fermi tutti.

Erano passati diversi turni, e la guerra aperta era fra i Corake, Madilum e Cashton. E chi curava i Manuel?!

Infatti, in quel turno, vinsero, conquistando l’Oceania e il Nord America. Accidenti alla nostra disattenzione. “Così imparate a non considerarci” esclamò Michael ridacchiando malefico. Manuela gli fece eco, risentita e divertita. Non dicemmo niente, troppo impegnati a roderci il fegato per essere stati così stupidi.

“Che cosa facciamo stasera?” chiese Carol. “Io pretendo di uscire, siamo rimasti una settimana in casa per colpa di un biondino che ancora mi deve tre barattoli di Nutella” fece Manuela. Luke fece un sorriso talmente angelico che non mi sarei sorpresa se gli fosse spuntata l’aureola. Io mi alzai da Luke, che si asciugò il petto per l’ennesima volta, e mi diressi a passo lento verso gli scogli. “No, Coco, ti sei appena…” tentò di fermarmi Madison. io non l’ascoltai e mi misi a correre, tuffandomi dove sapevo non esserci pietre. Quando uscii dall’acqua, mi dovetti sistemare il costume, che si era sfilato mentre mi tuffavo di testa. “…Asciugata” completò Madison. Io ridacchiai. “Scappa, che se ti prendo ti affogo!” esclamò lei, iniziando a prendere la rincorsa. Io mi misi a nuotare più che potevo, mentre gli altri partivano all’inseguimento, abbandonando i carri armati colorati al loro destino.

Iniziammo a giocare a rincorrerci in acqua, tutti contro uno. Quell’uno, ovviamente, ero io, chi altro? Scivolai dalla presa di Ashton, passai sotto Carol, evitai anche Calum. Poi, mi si parò davanti Luke. “Ok, mi arrendo” dissi subito, col fiatone, mentre gli altri stavano per raggiungerci. Lui mi guardò sorridente. “Sul più bello?!” chiese. Io lo guardai di traverso, aveva in mente qualcosa. “Nuota, nuota, dai!” esclamò, prendendomi un polso e portandomi verso riva. Cos’aveva in mente? Io obbedii e iniziammo a scappare dagli altri, che si fermarono un attimo, confusi, per poi inseguirci di nuovo. Avevamo un distacco di una decina di metri se non di più. Arrivammo sulla spiaggia e Luke prese al volo i nostri vestiti e la mia borsa, iniziando a correre verso casa. Forse avevo capito il suo gioco.

“Dai, corri, in fretta!” esclamò, mentre correvamo verso casa. Io annuii col fiatone, mentre lui cercava nella mia borsa la chiavi di casa. Me le porse. “Apri la porta di casa, io li rallento!” esclamò ridendo. Io annuii e presi tutti i nostri bagagli, correndo verso casa Hood, che dava proprio sul mare. Luke chiuse il cancello del vialetto e lo sprangò con la vanga per non farlo aprire per poi venire da me, che avevo appena aperto la porta di casa. Gli altri, dietro di noi, ci gridavano insulti a tutto spiano, avendo capito il nostro progetto. Riuscii a chiudere a chiave giusto in tempo: Michael era già contro la porta. Ci sdraiammo sul divano, per riprendere fiato. “Che non ti venga più in mente, chiaro?” feci. Lui si mise a ridere. “Dillo, che ti sei divertita.”

“Certo. È stato uno spasso.” Scoppiammo a ridere e ci alzammo giusto per sentire dei pugni contro il vetro della sala. Era Manuela, col naso schiacciato contro la porta-finestra. Io e Luke ci guardammo. “Bastardi fino in fondo?” chiese. Io annuii e tirai la tenda, ridacchiando e mimando uno: “Scusa” alla mia migliore amica. “Controlla le altre finestre, non sia mai che entrino da lì” dissi poi. Facemmo il giro di ricognizione, chiudendo ogni accesso alla casa. Improvvisamente, qualcuno si attaccò al campanello di casa, perforandoci i timpani con il suo triiiiin impazzito. Io mi coprii le orecchie, mentre Luke metteva un cd. Partirono le note di Welcome to my life. Accidenti a lui, già non riuscivo a togliermela dalla testa!

Luke alzò il volume al massimo e ci mettemmo a cantare a squarciagola per coprire il rumore del campanello.

Mi sentivo malvagia, anzi di più. Sapevo che, una volta aperta la porta, gli altri ci avrebbero ammazzati, quindi tanto valeva godersi lo scherzo, no?

Continuammo a fare i pazzi, fino a che Luke, di fronte a me, non sbiancò. Cercò di avvertirmi di qualcosa, ma mi era già arrivato un cuscino in testa. Mi voltai, sorpresa, vedendo Manuela di fronte a me, imbufalita, che reggeva un cuscino. Gli altri erano dietro di lei, armati di qualsiasi cosa potesse essere utile. Calum aveva addirittura una spada laser giocattolo, che si illuminava e faceva bip in continuazione. Tutti grondavano acqua salata, come noi. Madison tolse la musica, con aria truce. “Come avete fatto ad entrare?!” chiesi. “Il lucernario in mansarda, brutto pezzo di…”

“È troppo tardi per chiedere scusa e dire che vi vogliamo bene?” Luke interruppe così Manuela, che stava iniziando con i suoi insulti. Gli altri annuirono. Noi eravamo con le spalle al muro, ci eravamo tolti ogni via di fuga da soli. “Si apre la stagione di caccia” esclamò Carol, mentre mi arrivava una cuscinata. Iniziò una rissa impari, con me e Luke che non potevamo far altro che stare rannicchiati sul pavimento a subire la furia motivata dei nostri amici. Intanto, ridevamo. “Questo è perché ci avete chiuso fuori – mi arrivò una cuscinata in faccia –, questo è per la corsa assurda – cuscinata in pancia –, questo perché siamo fradici – cuscinata sulla schiena – e questo perché avete cantato malissimo Welcome to my life!”  esclamò Manuela, furibonda e divertita, mentre i capelli bagnati le si appiccicavano al viso e fendevano l’aria come fruste.

Ho già detto che amavo avere diciassette anni e degli amici come loro?




*Angolo autrice*
scusate i continui ritardi ma non ho mai un minuto libero... e poi sono in un posto che ha il wifi solo al bar, quindi non riesco mai ad aggiornare. Scusatemi :( a presto!
Ranya
  
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