Cap
5
La
cena si concluse in fretta per dare il tempo a
Max di prendere la parola e pronunciare il consueto discorso di
benvenuto.
-
Noi crediamo negli atti di coraggio ordinario, nel
coraggio che spinge una persona a ergersi in difesa di
un’altra. Noi crediamo
nell’azione. Voi ci avete scelti, ora tocca a noi scegliervi.
Vi do il mio
benvenuto, iniziati. Rendeteci orgogliosi di voi e, soprattutto, siate
coraggiosi. –
Le
sue parole vennero accolte dal clamore degli
Intrepidi che urlavano agitando i pugni in aria in segno
d’assenso.
Eve
assaporò a pieno quel momento, ritrovandosi a
gridare a sua volta, il pugno ben visibile in mezzo al resto degli
iniziati. La
scarica di adrenalina che l’assaliva in momenti come quello
le confermava ciò
che già sapeva: quella era casa sua, comunque fossero andate
le cose, aveva
fatto la scelta giusta.
Uscirono
dalla mensa in gruppo compatto, con Lydia
che si era unita all’istante a loro. Aveva avuto ragione
circa la sua prima
impressione su quella ragazza: era okay e c’erano tutti i
presupposti perché si
integrasse alla perfezione tra di loro.
La
reazione di Kate però l’aveva lasciata perplessa.
Di solito era la prima a mostrarsi disponibile e amichevole con le
persone, ma
non sembrava di quell’avviso nei confronti della rossa.
Decise che avrebbe
affrontato il discorso prima di tornare in camerata. In fin dei conti
avevano
ancora un po’ di tempo prima di buttarsi a letto come delle
vecchie signore
affaticate dai troppi avvenimenti della giornata.
Le
si affiancò, dandole di gomito.
-
Dobbiamo parlare. –
Kate
inarcò un sopracciglio biondo, perplessa, ma la
seguì verso il Pozzo.
-
Di cosa vuoi parlare? – chiese, incuriosita.
-
Di Lydia. Ti comporti in modo strano con lei,
neanche ti avesse fatto chissà che. C’è
qualche motivo per cui non ti piace? –
Kate
si mordicchiò il labbro inferiore, alla ricerca
delle parole migliori per spiegare la situazione. In realtà
neanche lei sapeva
perché la trasfazione non le andasse a genio, doveva essere
qualcosa di
puramente istintivo o, molto più semplicemente, le loro non
erano personalità
compatibili.
-
Non c’è un motivo. Magari conoscendola meglio
cambierò idea, ma al momento non credo che siamo
compatibili. Tutto qui. –
replicò, scrollando le spalle.
Lo
sguardo di Eve diceva chiaramente che non le
credeva affatto.
-
Non dire stronzate, Kat, perché lo sai che con me
non attaccano. Ci deve essere un motivo e io scoprirò qual
è. –
Kate
sospirò, alzando gli occhi al cielo. Quando ci
si metteva Eve diventava davvero esasperante.
-
Certe volte sei peggio di tuo fratello. –
borbottò.
Gli
occhi azzurri della ragazza si illuminarono,
come folgorati da un’idea arrivata solo in quel momento.
-
Ma certo, ecco qual è il problema! –
-
Bene. Visto che l’hai capito, ti spiacerebbe
spiegarlo anche a me? –
Le
puntò un dito contro, minacciosamente, - Non fare
la finta tonta con me, Eaton. Non sopporti Lydia perché
Gabriel sembra essere
interessato a lei. –
Kate
scoppiò a ridere, scuotendo la testa. Quella
era la cosa più assurda che avesse mai sentito in tutta la
vita, compresi tutti
i piani e le idee pazzesche con cui se ne usciva Eve almeno una volta
al
giorno.
-
Stiamo parlando dello stesso Gabriel, quello che
non sopporto da più o meno sedici anni? Litigavamo
già nella culla, figurati se
mi importa di lui o delle persone a cui si interessa. –
Eve
la scrutò con attenzione, quasi volesse
spingerla a confessare con la sola forza del suo sguardo. Tuttavia
conosceva
bene Kate e sapeva che l’amica poteva essere testarda almeno
quanto suo
fratello. Anche se ci fosse stato qualcosa tra loro due, quei testoni
l’avrebbero
negato fin sul letto di morte.
-
D’accordo, facciamo finta che ti credo, ma sappi
che ti tengo d’occhio. – disse, indicando prima se
stessa e poi puntandole
contro due dita.
Kate
finse di rabbrividire. – Come sei minacciosa,
Murter. Sta attenta, potrei farmela addosso. –
La
prese sottobraccio, sfregandole le nocche sui
lisci capelli biondi.
-
Torniamocene in camerata, ho come la sensazione
che quella di domani sarà una giornata davvero lunga.
– sospirò.
*
La
mattina seguente, dopo aver trangugiato una
colazione leggera e ultra rapida, gli iniziati si diressero verso la
sala
allenamenti.
Reaper
li aspettava lì, in compagnia di Patrice, e
non sembrava molto contento. Gabriel ci mise un paio di secondi a
capire cos’era
che non andava. In un angolo, appoggiato al muro e seminascosto al
punto da
sembrare quasi parte integrante di esso, stava Eric.
-
Benvenuti al primo modulo. L’iniziazione si
svolgerà
in due parti: il primo riguarda il lato fisico, il secondo quello
mentale,
entrambi vi spingeranno fino al punto di rottura. Alla fine di ogni
modulo gli
ultimi in classifica verranno eliminati. Siete in venti, ciò
significa che dopo
la prova finale solo la metà di voi entrerà a far
parte della Fazione. –
concluse.
Quelle
parole vennero seguite da un silenzio
glaciale. Gli interni lo sapevano, o almeno questo valeva per lui e il
resto
del gruppo, ma dubitava seriamente che qualcuno avesse informato i
trasfazione
di questo piccolo dettaglio.
-
E se veniamo eliminati che succede? – domandò
l’Abnegante.
Quel
ragazzo si era appena confermato il tipo dalle
domande più stupide della storia degli iniziati.
-
Cosa ti aspetti che succeda, Rigido? Se non passi
l’iniziazione
diventi un Escluso. – rispose, prima che Reaper o chiunque
altro avesse il
tempo di aprire bocca.
-
Ma … Perché nessuno ce l’ha detto?
–
-
Perché si presuppone che chi scelga gli Intrepidi
sia coraggioso. Ma sembra che
persino
una pecora abbia più coraggio di te. –
Piccato,
il ragazzo si voltò verso di lui, come se
stesse per dirgliene quattro. Lo osservò con attenzione, ma
notando la
muscolatura sviluppata e lo sguardo gelido sembrò cambiare
immediatamente idea.
Gabriel
registrò tutto con un’occhiata. Ci aveva
visto giusto, quel tipo era un perdente nato, non sarebbe andato
lontano.
-
Codardo. – sentenziò.
Lasciò
vagare poi lo sguardo sul resto dei suoi
compagni d’iniziazione.
Se
si escludeva Axel e l’altro Erudito, di cui non
conosceva il nome, non credeva che potesse esserci nessuno in grado di
rivaleggiare con lui.
-
Perché non iniziate a farci vedere di cosa siete
capaci? – propose Eric, facendosi avanti e sorridendo senza
alcuna allegria.
Conosceva
quel sorriso ed era l’espressione che suo
padre riservava sempre a coloro che dovevano superare il suo attento
esame.
Eric Murter era un maestro nel capire chi ce l’avrebbe fatta
e chi no, ogni
anno confermava la sua abilità di osservatore decretando fin
dal primo giorno
chi sarebbe stato in cima alla classifica e chi sul fondo.
Reaper
si accigliò leggermente, interdetto. – Molti
di loro non hanno mai neanche tirato un pugno a un sacco. Non sarebbe
meglio
aspettare? –
-
Perché tirare un pugno a un sacco quando puoi
avere un avversario che risponde ai tuoi colpi? Se non altro si faranno
un’idea
di chi hanno davanti. –
L’istruttore
si strinse nelle spalle. Erano entrambi
Capofazione, ma non godevano della stessa influenza. Il ruolo che
Reaper si era
conquistato, un tempo, era stato preso da Eric con la stessa
facilità con la
quale gli aveva soffiato la ragazza da sotto il naso.
-
D’accordo. Gabriel … e Michael. Coraggio, sul
ring. –
Gabriel
si fece avanti all’istante, fronteggiando l’Erudito
che aveva individuato poco prima. Sarebbe stato interessante misurarsi
con lui
e se non altro avrebbe capito se era o meno un avversario temibile.
Si
sistemarono sul ring, ognuno in un angolo,
attendendo un cenno per iniziare.
Eric
annuì. – Combattete. –
Attese
una frazione di secondo, prendendosi quel
tempo per studiare la guardia dell’avversario e capire il
modo migliore per
bucarla.
Intravide
un punto scoperto, poco sotto il braccio
piegato, e scattò in avanti. Lo agganciò con le
braccia, stringendolo a sé e
colpendolo ripetutamente con alcune ginocchiate precise.
Schivò
il calcio laterale e contraccambiò con un
diretto che lo colpì allo zigomo.
La
testa dell’Erudito scattò all’indietro,
ma il
ragazzo non si arrese. Fintò un montante e lo
colpì con una ginocchiata alla
bocca dello stomaco.
Gabriel
si piegò in due, a corto di fiato, e incassò
un calcio. Bloccò la gamba, strattonandola con tutta la
forza che aveva e
facendo finire al tappeto l’avversario. Prese lo slancio,
caricando la gamba e
colpendolo con un calcio vigoroso in piena faccia.
Il
sangue schizzò non appena il naso venne
frantumato, arrivando fino a sporcargli la guancia alabastrina.
Reaper
salì sul ring, intimando il time out.
Osservò
le condizioni di Michael con aria esperta e,
dopo aver decretato che una visita all’infermeria era
d’obbligo, l’affidò a
Patrice dandole il compito di scortarlo.
-
Non avresti dovuto esagerare. – gli disse.
-
Lui non avrebbe dovuto combattere se non era all’altezza.
– fu la replica del ragazzo.
Colse
lo scintillio di approvazione nello sguardo di
suo padre.
A
quanto pareva stava rapidamente recuperando punti ai
suoi occhi dopo l’umiliazione di non essere stato il primo a
saltare.
-
Le prossime sono Kate e Lydia. –
Eve
incrociò lo sguardo dell’amica come per dirle di
andarci piano. Lydia era delicata e femminile, non di certo il tipo di
ragazza
che era abituata a fronteggiare una rissa.
Presero
a girarsi intorno con circospezione,
osservandosi a vicenda con attenzione minuziosa.
La
prima a tentare l’attacco fu Kate, che sferrò un
montante rapido che centrò in pieno il mento della rossa.
Non era un pugno
molto forte, ma Lydia emise un gemito di dolore.
Provò
un calcio, colpendola di striscio e
costringendola a esporre il fianco. Fu lì che Kate
colpì, con un rapido calcio
rotante, facendola cadere carponi.
Lydia
strinse i denti, alzandosi nuovamente in piedi
e ripartendo. Sembrava una gattina decisa a dimostrare che anche lei ce
le
aveva le unghie. Il diretto andò a segno, infrangendosi
contro lo zigomo di
Kate, ma era troppo debole per mettere l’Intrepida in vera
difficoltà.
La
ragazza le bloccò il braccio, esercitando una
leva e fermandoglielo dietro alla schiena in una morsa micidiale.
-
Più ti divincoli e peggio è. –
l’avvisò.
Frustrata,
Lydia abbassò lo sguardo e decretò,
sottovoce, - Mi arrendo. –
-
La vincitrice è Kate. – annunciò
Reaper, mentre
Eric scrutava contrariato l’ex Erudita.
Gabriel
conosceva abbastanza suo padre da sapere che
aveva appena deciso che quella ragazza non avrebbe avuto vita lunga
all’interno
della Fazione.
Voleva
dimostrargli che si sbagliava, che sotto
quelle onde rosse c’era un vulcano pronto a esplodere.
Quando
Lydia tornò al suo posto, abbattuta, si chinò
su di lei.
-
Se vuoi posso insegnarti qualcosa. Hai ancora un
sacco di tempo per dimostrare che puoi farcela. –
Puntò
gli occhi verdi nei suoi, imbarazzata. –
Sprecheresti davvero il tuo tempo con un impiastro come me? –
-
Un impiastro piuttosto carino, quindi certo che
sì. – replicò, strizzandole
l’occhio e facendola avvampare ancora di più.
Poi
tornò a concentrarsi sul ring, sul quale erano
appena saliti Eve e Rafael.
L’incontro
fu breve, tremendamente breve, e accese
un faro sulle lacune del giovane Pedrad. Non era mai stato
granchè nei
combattimenti e Gabriel si era chiesto più volte
perché non avesse colto l’occasione
per lasciare la Fazione e trasferirsi altrove. Se non migliorava molto
e in
fretta sarebbe finito con il diventare un Escluso.
-
Okay, basta così. Pedrad, vatti a far medicare
quell’occhio prima che si gonfi e tu finisca con il non
vederci più nulla. –
ordinò Eric, tornando a prendere la parola, - Gabriel, Kate
ed Eve, molto bene.
Tutti gli altri: siete stati assolutamente penosi, persino mia nonna di
novant’anni
con l’artrite sarebbe più pericolosa e letale di
voi. Gli altri che non hanno
combattuto, ne riparliamo domani. Ora andate a pranzo e sparite dalla
mia
vista. –
Il
gruppo uscì dalla palestra in silenzio, ma
Gabriel venne richiamato indietro dal padre.
-
Aspetta un attimo. –
-
Sì? –
-
Stavo pensando che potremmo pranzare insieme. –
Il
ragazzo si aprì in un sorriso orgoglioso.
Mangiare insieme durante l’iniziazione aveva un significato
tutto speciale:
significava che Eric lo considerava degno di lui e che ne era
orgoglioso al
punto da volerlo far presente a tutta la Fazione.
-
Certo, assolutamente. –
Gli
battè una pacca vigorosa sulla spalla, aprendosi
in uno dei pochi veri sorrisi che regalava unicamente alla sua
famiglia. –
Bravo il mio ragazzo. –
Spazio
autrice:
Sono
in un ritardo pazzesco con l’aggiornamento, lo
so, e questo capitolo fa abbastanza schifo (sono consapevole anche di
questo
u.u). Comunque spero vogliate comunque lasciarmi una recensioncina per
farmi
sapere che ne pensate. Al prossimo.
Baci
baci,
Fiamma Erin
Gaunt