Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: startariot    31/07/2014    2 recensioni
“La musica è la rappresentazione sonora, simultanea, del sentimento del movimento e del movimento del sentimento.”
AU Larry | 5.538 parole
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Ciao, rieccomi con una nuova OS. Stavo leggendo Castelli di Rabbia, di Alessandro Baricco, e ho adorato il modo in cui la musica veniva descritta per questo quando ho letto una delle frasi che troverete citate anche nella OS, è nata l’ispirazione per questa storia. Spero che possa piacervi l’idea e mi farebbe davvero piacere sapere cosa ne pensate. Potete scrivermi qui su efp, sotto forma di recensione o nei messaggi privati oppure sono su twitter :)

 

Ringrazio Laura per il banner, e insieme a lei Anna e Federica che supportano sempre le mie idee e supervisionano queste pseudo storie che la mia mente partorisce. x

 

 

 

 

 

Of melodies and laws


 

 

 

 

 

 

 


 

 

Lezione 1.

 

“Un pianoforte. I tasti iniziano. I tasti finiscono. Tu sai che sono 88, su questo nessuno può fregarti. Non sono infiniti, loro. Tu, sei infinito, e dentro quei tasti, infinita è la musica che puoi fare. Loro sono 88. Tu sei infinito.”

 

 

Do - Do - Do - Re - So-

 

“Harry, concentrati”, disse Louis, in piedi, teso, accanto al pianoforte Yamaha nero, lucido. Harry, il suo allievo, seduto sulla piccola panca che troneggiava davanti a quella sequenza di tasti bianchi e neri, con le mani tra i capelli, ricci. Quel ragazzo era così, nonostante i vent’anni d’età, se non riusciva a prendere la nota giusta, passava le mani tra i capelli e metteva su il broncio, proprio come un bambino. Perché Harry non era abituato a non riuscire subito nelle cose, e questo gli dava noia. Su questo, lui e Louis erano piuttosto simili. Entrambi caparbi, entrambi determinati ad ottenere ciò che vogliono. Ma si sa, la prima lezione della vita è che non sempre si è in grado di ottenerlo. Louis, questo, lo sapeva bene. 

 

Louis Tomlinson, era un giovane uomo di trent’anni, trasferitosi a Parigi dalla periferia, da circa sei anni. Era un maestro di pianoforte da quasi cinque anni, da quando il suo tentativo di ‘farcela’ nel mondo della musica, era fallito. Sarebbe stato pronto, suo padre, a dirgli ‘te lo avevo detto, non era il tuo mondo’ se solo lui con la sua famiglia ancora avesse dei rapporti. Sentiva sua madre una volta all’anno e le sue sorelle una volta ogni tre o quattro mesi, se tutto andava bene. Di suo padre, non aveva tracce da quando si era trasferito a Parigi. 

Harry Styles, giovanotto di vent’anni, si era trasferito a Parigi l’anno prima, per portare avanti i suoi studi di giurisprudenza, in città. Da circa un mese, prendeva, quasi regolarmente, lezioni di piano da Louis. Era successo tutto per volere del padre, Des, che lo aveva quasi obbligato a prendere quelle lezioni. Tutto era nato da un piccolo disturbo da stress, di cui Harry soffriva. Capitava, non poi molto spesso, che a causa dello stress accumulato, diventasse particolarmente irascibile, e le mani iniziassero a tremargli. Non era una cosa poi così grave, specialmente perché Harry era molto bravo a tenere i suoi istinti sotto controllo, per cui non aveva mai avuto grandi problemi. In aggiunta, il dottore gli aveva  somministrato dei medicinali, e gli aveva consigliato di fare qualche attività che lo facesse svagare nel tempo libero. Il padre, aveva preso alla lettera l’ultimo consiglio, perché ‘non voglio un figlio schiavo dei medicinali’, diceva. Per questo, lo aveva iscritto a lezioni di piano, affinché si svagasse. La verità, però, era che Harry, quasi odiava la musica. Forse perché, in qualche modo, era stato costretto a frequentare quelle lezioni. Forse perché non gli piaceva. Forse, perché non sapeva apprezzarla, pensava Louis spesso ma non si poneva più di tanto il problema. 

 

“Non ce la faccio..io..è più forte di me, maledizione! Non ci riesco!”, sbottò il più piccolo, quasi sbuffando. Passò nuovamente le mani tra i ricci, scuri, e rimase con lo sguardo fermo sui tasti, come stesse riflettendo su di essi. Louis sapeva del suo problema, per questo, con molta calma, si posizionò alle sue spalle e si abbassò su di lui, allineando il viso al suo. 

 

“Devi solo concentrarti di più, Harry”, sussurrò al suo orecchio cercando di calmarlo. In fondo, anche Louis sapeva come ci si sentiva ad essere sotto stress. 

 

“Non pensare al resto…respira  e concentrati solo su te stesso e sul piano che hai davanti a te”, finì per dire. Si sedette accanto a lui, prendendo quasi il suo posto davanti a quei tasti e iniziò a suonare, tutto sembrò trovare l'armonia giusta. Per Harry forse, non cambiò nulla, forse per lui era un serie di note, identiche a come le aveva suonate lui prima, o almeno ci aveva provato. In realtà, anche in musica, c'era qualcosa di giusto e qualcosa di sbagliato. C'era la nota giusta, e quella sbagliata, così diceva Louis. 

 

"Vedi Harry.." Iniziò a dire, sfiorando i tasti del pianoforte dolcemente, quasi accarezzandoli. "Tutto sta nel trovare la nota giusta, la devi sentire...e tenertela dentro. Portartela addosso, quasi.”

 

Harry rimase a guardare il ragazzo più grande accarezzare quei tasti, quasi incantato. 

Incantato dalle sue mani che, leggere, si muovevano lungo i tasti del pianoforte che a lui sembravano così avversi. 

Incantato dal modo in cui il più grande faceva sembrare semplice una cosa che per lui sembrava così difficile. 

Incantato dal modo in cui sembrasse amare quel che stava facendo. 

Incantato da Louis. 

 

Sorrise, inconsciamente

 

Sorriso che non passò inosservato al ragazzo accanto a lui. 

 

“Perché sorridi?”, sussurrò, smettendo di suonare. 

 

“No, non smettere!” esclamò il più piccolo appena nella stanza calò il silenzio. “Con te sembra così semplice..”, aggiunse poi, riabozzando quel piccolo sorriso. 

 

“E’ semplice, se vuoi che lo sia.”, rispose l’altro ricambiando il suo sorriso.

 

“Probabilmente non sono portato per questo. Probabilmente resterò bloccato su queste note a vita e non andrò mai avanti. Io sono fatto per leggi, carte e tribunali…per il pratico, per la realtà.”, rispose Harry, riportando lo sguardo sui tasti e tornando serio.

 

“A volte fa bene uscire dalla realtà, sai? Può essere…liberatorio.”,  disse Louis sicuro di sé. Era di quello che Louis viveva, d’altronde. Viveva rifugiandosi nel suo mondo, fatto di istinto, fatto di musica, di note e melodie, fatto di passioni. Avrebbe voluto fare della sua passione la sua realtà; ma si sa, nel mondo della musica, uno su mille ce la fa. E lui, era stato abbastanza sfortunato da rientrare in quei mille. Passarono un’altra ora davanti a quelle note, senza alcun risultato.

 

“Perché non andiamo al parco domani mattina?”, esclamò Louis dopo qualche minuto di silenzio tra loro due. 

 

“Al parco?”, rispose Harry titubante. “Uhm…ho le lezioni domani mattina…”, continuò, sembrava quasi triste di non potergli dire di si. 

 

“Scappare dalla realtà ricordi?”, lo interruppe Louis, abbozzando un sorriso. 

 

Forse, Harry si lasciò coinvolgere dal suo sorriso. 

Forse, Harry voleva fuggire dalla realtà, per una volta

 

 

 

 

La mattina dopo. 

 

 

Alle undici della mattina successiva, Harry e Louis si trovano a Buttes-Chaumont, il parco che entrambi reputano il più bello di tutta Parigi. Forse la cosa che più piace ad entrambi, sono i piccoli sentieri sparsi qua e là per il parco. Forse le piccole grotte e i laghetti che creano delle piccole oasi, e spezzano dal verde degli alberi che riempi tutta l’area. Forse, sono i gazebo o l’aria familiare data dai bambini che corrono spensierati e giocano tra loro, sotto l’occhio attento dei loro genitori. Forse, è il fatto che sono lì insieme. 

 

Hanno trovato un piccolo spazio per loro su una delle piccole collinette del parco, vicino a un chiosco di gelati. Chiacchieravano tranquillamente delle loro vite, seduti su un enorme coperta colorata, uno di fronte all’altro quando una melodia ad entrambi familiare iniziò a suonare dal megafono del piccolo chiosco accanto a loro. 

 

Today I took a walk in the clouds
Today I took a walk in the clouds
Used to keep my eyes wide shut
But now I'm staring down 

 

“Adoro questa canzone”, sussurrò Harry, iniziando a canticchiarla seguendone perfettamente la melodia. Louis annuì, perdendosi nella voce di Harry, che nonostante fosse bassa, distingueva perfettamente. 

 

 

Today I felt a switch in my vein
Today I felt a switch in my vein
Used to be a shadow
Now a shadow scream my name
And in the daylight I could swear
We’re the same
But I’m just an ordinary human

I’m just an ordinary human
But I don’t feel so ordinary today
I’m just a picture perfect nothing
Sometimes I medicate
I’ll be a picture perfect human
Before the sun goes down today

 

“Però…per uno che odia la musica…sei piuttosto intonato..”, disse Louis. Troppo impegnato ad ascoltarlo, Louis aveva ripreso a parlare solo quando Harry aveva finito di canticchiare la canzone. 

“Non ci faccio molto caso..non canto molto spesso..”, rispose Harry sincero. “Lo faccio solo quando sono…uhm…nervoso…”, aggiunse poi, un leggero rossore sulle sue guance. 

“Adesso sei nervoso?”

Touché, penso Harry. Ma non rispose, si limitò a sorridere. 

“Beh, se può valere, non hai bisogno di esserlo”, aggiunse poi Louis, guardandolo negli occhi. 

Trascorsero il resto della giornata insieme, al parco, tra chiacchiere, un gelato e un incontro con qualche amico sulla strada del ritorno. 

Louis tornò ventenne e Harry si sentì libero. Di nuovo.

 

 

 

 

 

 

Lezione 2.

 

“La vita, ora lo capiva, assomigliava a una canzone. Al principio c’è il mistero, al termine la conferma, ma nel mezzo ci sono le emozioni, che arrochiscono l’intera esperienza. Per la prima volta da mesi, non provava dolore e sapeva che i suoi interrogativi avevano trovato una risposta”

 

 

Se il primo mese di lezioni, pensò Louis, non era stato semplice ma tutto sommato era andato bene, il secondo fu una passeggiata. Harry sembrò concentrarsi sempre di più durante le lezioni, e il suo blocco, sembrò quasi sparire del tutto. Imparò a suonare ‘Claire de Lune’ integralmente, e Louis non poté essere più fiero di lui. Il loro rapporto si era molto intensificato, escludendo le lezioni e alcune cene di famiglia, Harry trascorreva tutto il suo tempo libero con Louis. E al più grande sembrava stare bene così. Gli stava più che bene. 

 

Sorgeva un solo problema. La strana attrazione che il pianista provava nei confronti del suo allievo. Era nato tutto il giorno dopo la loro uscita al parco, poche settimane prima. Era nato tutto quando si era fermato a guardarlo, mentre cantava.

 

Si era soffermato sulle spalle grandi e definite del ragazzo, sui capelli lunghi e ricci che gli incorniciavano il volto. Poi aveva posato il suo sguardo sugli occhi verdi, limpidi e sulle ciglia lunghe e folte che li rendevano ancora più belli. Infine, si era soffermato, forse più del dovuto, sui lineamenti delicati ma definiti del suo viso e sulle sua labbra, rosse e piene, e aveva desiderato, per la prima volta, di baciarle, di farle sue. Se solo pensava che, durante il loro primo incontro, il riccio non gli era piaciuto granché. Troppo preso a soffermarsi sulle sue risposte piccate  e sulle loro differenze per guardarlo davvero. 

 

Ricordava perfettamente la prima volta che si era trovato davanti il riccio, per la sua prima lezione, due mesi prima. Ricordava di aver aperto la porta di casa e di essere rimasto sorpreso dal ragazzo che si era trovato di fronte. Trasandato, con un paio di Jeans neri attillati, e una canotta bianca che lasciava intravedere i tatuaggi che gli ricoprivano il braccio sinistro. In mano una camicia a quadri rossa. Dimostrava molto più dell’età che aveva, per essere ancora un ragazzino. 

 

“Sono qui per le lezioni di piano”, gli aveva detto Harry, con tono superficiale. Come se non lo sapessi, ricordò di aver pensato Louis immediatamente. Ripensò alla superficialità del riccio durante le prime lezioni, del modo in cui si ostinava a criticare la musica e tutti quelli che l’avevano resa il loro lavoro. Ma se c’era una cosa che Louis amava, erano le sfide. Proprio per questo, capì immediatamente che il ragazzo di fronte a lui aveva del potenziale, e che avrebbe fatto di tutto per fargli cambiare idea. 

 

Sapeva che era sbagliato, sapeva che era un suo allievo, sapeva che era fin troppo grande per lui e sapeva, con estrema certezza, che il più piccolo non sarebbe mai stato interessato ad un uomo della sua età. 

Lo sapeva, ma non riusciva a non sentirsi attratto da Harry. 

Non riusciva a non essere attratto da lui, ma riusciva a mascherarlo. 

 

Quel giovedì pomeriggio, la lezione, era iniziata bene, come tutte le altra, da un mese a questa parte, fin quando Harry non si era bloccato su alcune note e, prevedibilmente, si era chiuso in se stesso. 

 

“Ogni melodia ha una storia in sé, Harry. Essere un bravo pianista vuol dire saperla raccontare. Fa che le tue dita diventino dei cantastorie.”, cercava di tranquillizzarlo Louis, sedendosi accanto a lui.

 

“Non credo di avere storie da raccontare”, rispose Harry, lo sguardo rivolto al pavimento, serio. 

 

“Tutti hanno una storia..basta trovarla”, cercò di dire Louis. Harry alzò lo sguardo. Forse furono gli occhi verdi, vivi e limpidi di Harry a confonderlo.

 

“Mi piaci, Louis”, disse Harry. Dritto al punto. Pratico. Totalmente Harry.

 

“Harry…”, iniziò a dire, senza sapere realmente cosa dirgli. 

 

“Scusami..io..non dovevo..”, iniziò a scusarsi il più piccolo, incespicando tra le sue stesse parole. 

 

“No Harry…tu….ehm…no, non hai sbagliato nulla..solo che dio..è sbagliato..ecco”, disse Louis infine. Sapeva di non aver usato le parole che avrebbe voluto, ma era stato colto in contropiede dalla semplicità e dagli occhi verdi del ragazzo di fronte a lui. 

 

“Oh…uhm…si, probabilmente hai ragione..”,rispose semplicemente l’altro. Perché Harry era così. Harry seguiva quello che gli veniva detto. Seguiva le regole. E non se l’era presa con Louis per quella frase perché era davvero convinto che Louis avesse ragione, quando aveva detto che era sbagliato, che loro sarebbero stati sbagliati. 

 

Testa e cuore.

Regole e istinto.

Ragione e sentimento.

 

Per una volta, forse quella giusta, Louis aveva dato ascolto alla ragione. Ed era la cosa giusta.

 

Ne era convinto. 

 

 

 

 

Perse tutte le sue convinzioni due settimane dopo, quando Harry lo baciò inaspettatamente, durante una delle loro serate al pub parigino vicino casa di Harry, il The Rogue*. Era un locale di dimensioni medie, non molto frequentato, dove i due avevano già trascorso diverse serate. Era un locale riservato, con buona musica, e decisamente buona birra. Parlarono della famiglia di Louis, delle lezioni di Harry, dell’amore di Louis per il calcio, della famiglia di Harry. E il bacio arrivò inaspettato. Arrivò, dopo forse troppe birre, quando Louis e Harry si trovarono forse troppo vicini. Tanto vicini da sentire i loro respiri mischiarsi. Forse fu quello a convincere Harry. A convincerlo che forse valeva la pena provare, che forse poteva rischiare, e non avrebbe avuto nulla da perdere. Chiuse le distanze tra i loro volti in un battito di ciglia, cogliendo Louis impreparato, che in un primo momento rimase ad occhi aperti, immobile. Quando realizzò che le labbra che si erano posate sulle sue, erano quelle di Harry, quelle che tanto aveva desiderato, reagì, muovendo le labbra in sincrono con quelle del riccio. Fu sempre Harry ad approfondire il bacio, lasciando entrare la sua lingua in contatto con quella di Louis. Il più grande si lasciò scappare un sospiro, causando il sorriso del più piccolo. In quel momento, quel bacio parve ancora più bello ad entrambi.

 

Per una volta, Harry fu orgoglioso di se stesso, di aver dato ascolto al suo istinto. Fu orgoglioso di essere stato imprevedibile, inaspettato. 

 

Inaspettato perché non ci fu un argomento, o una discussione vera e propria, che sfociò in quel contatto. 

Inaspettato perché, dopo quella prima discussione, nessuno dei due aveva ripreso l’argomento. 

Inaspettato, perché nessuno dei due si aspettava un comportamento del genere da parte di Harry. 

Era stato inaspettato, instintivo.

 

 

“E’ ancora sbagliato?”, sussurrò Harry, senza fiato guardandolo negli occhi. 

 

“Non lo è mai stato.”, rispose Louis sorridendo e sfiorando ancora le labbra con le sue. 

 

Harry lo guardò negli occhi. Louis si innamorò dei suoi occhi.

Louis sorrise. Harry si innamorò del suo sorriso.

 

 

 

 

 

Lezione 3.

 

“La musica è la rappresentazione sonora, simultanea, del sentimento del movimento e del movimento del sentimento.”

 

 

Il terzo mese passò senza che nessuno dei due se ne rendesse davvero conto. Trascorse veloce, tra una lezione di piano, una lezione universitaria serate insieme, e altri tanti baci. Non stavano insieme, non avevano definito il loro rapporto. Erano due persone che trascorrevano del tempo insieme, baciandosi. Se Harry avesse dovuto scegliere una definizione per definirli, avrebbe sicuramente detto che stavano insieme. Se Louis avesse dovuto scegliere una definizione per definirli, avrebbe sicuramente detto che stavano insieme. Solo, non lo avevano ancora confessato. Il terzo mese trascorse, con la notizia, che Harry aveva perso del tutto il suo disturbo da stress, e il più piccolo pensò che forse, era merito anche di Louis. 

 

“Lou, non ce la farò mai.”, esclamò Harry seduto all’enorme tavolo del salotto dell’appartamento del maggiore. 

 

“Si invece, smettila di lamentarti e studia”, gli urlò il più grande dalla cucina. 

 

Harry stava preparando l’esame di diritto penale, e si era rifugiato a casa di Louis, cercando ‘concentrazione’, così aveva detto. Quella sera, Louis stava preparando la cena, mentre, dall’altro lato della stanza, Harry studiava. Era da circa mezz’ora, però che il più piccolo, si lamentava, senza concludere nulla. 

 

Dopo avergli risposto, Louis non sentì alcun suono provenire in risposta, per questo pensò che il più piccolo si fosse convinto a studiare, quando sentì due mani, forti ma delicate allo stesso tempo, afferrarlo per la vita, e due labbra che lentamente gli sfioravano il collo. 

 

“E’ questa la tua idea di studio, Haz?”, disse cercando di sembrare serio ma abbandonandosi completamente alle attenzioni di Harry, contro il suo petto. 

 

“Uhm..si”, sussurrò semplicemente l’altro in risposta, continuando quella lenta tortura.

 

“Harry…”, sussurrò Louis, ad occhi chiusi. 

 

“Mmh..”, rispose l’altro senza separarsi dal suo collo. 

 

“Devi studiare..”, disse Louis, con tono di voce incerto. 

 

“Se io non volessi?”, ribatté il riccio, sorridendo sul suo collo, continuando a strofinare il naso su quella porzione di pelle. 

 

“Harry..”, insistette Louis, cercando una motivazione valida per fermare il riccio che sembrava avere in mette nient’altro se non restare chinato su di lui a torturarlo con baci e morsi. 

 

“mh..”, rispose di nuovo l’altro

 

“La cena…sul fuoco…”, continuò Louis, sospirando e portando un mano tra i ricci di Harry, con l’intento di allontanarlo, ma finì per tirarglieli per avvicinarlo a se. Dal punto di vista fisico non erano andati fino in fondo, ma non si può dire che non fossero intimi. Per questo, Harry già sapeva quali fossero i punti deboli del più grande, e quali fossero i modi giusti per farlo cedere. E viceversa. 

 

“Non ho fame..”, sussurrò Harry, la voce improvvisamente più roca e un braccio allungato verso i fornelli, a spegnerli. In quel momento, Louis mise da parte tutti i buoni propositi, si girò tra le braccia di Harry e avvicinò il viso al suo, facendo scontrare le loro labbra. Il più piccolo sospirò sorpreso nel bacio, ma non si fece cogliere impreparato. Avvolse le braccia intorno a Louis e lo avvicinò ancora di più a sé, facendo scontrare i loro corpi, e i loro bacini. In quell’istante anche Louis sospirò, frustrato. 

Tra baci, sospiri e carezze riuscirono a trascinarsi fino alla camera da letto di Louis. 

 

“Lou…se non vuoi….”,il riccio fu zittito dalle labbra del più grande che, prepotenti, tornarono sulle sue. Finirono sul letto, matrimoniale, del più grande. Louis sul corpo di Harry, continuarono a baciarsi mentre ognuno faceva scivolare le proprie mani sotto la maglia dell’altro. Louis non riusciva ancora ad abituarsi alla perfezione del corpo di Harry. Avrebbe trascorso ore a percorrere i lineamenti scolpiti delle sue spalle, per poi passare al suo petto, per finire sui suoi addominali appena accennati, ma definiti. Harry non si sarebbe mai abituato alla perfezione del corpo di Louis, minuto ma perfettamente proporzionato. Avrebbe trascorso ore, se non giorni interi, ad accarezzare e baciare ogni centimetro della sua pelle liscia e leggermente abbronzata. 

 

“Haz…”, sospirò Louis quando il riccio iniziò a lasciare baci infiniti sul suo petto scendendo sempre più in basso, finendo sul basso ventre, al confine con il bordo dei suoi boxer neri. Il riccio non rispose, si limitò a sorridere e continuò la sua lenta tortura, e dopo averlo spogliato del tutto, lasciò che il più grande, dopo essersi seduto in ginocchio sul letto, finisse di liberarlo dagli ultimi indumenti. Poi fu Louis a riempirlo di baci e carezze, venerò ogni centimetro del corpo del ragazzo di cui, ormai ne era quasi certo, si era innamorato. 

 

“Harry…dimmi che mi vuoi..”, soffiò Louis sulle labbra di Harry, facendolo rabbrividire. 

 

“Lou…ti prego..”, rispose l’altro sospirando “voglio fare l’amore con te…voglio essere tuo”, aggiunse poi lasciando un sorriso sulle labbra, e sul cuore, di Louis. Non ci fu bisogno di altre parole, si guardarono negli occhi qualche secondo: Louis trovò la conferma di cui aveva bisogno nel sorriso confortante di Harry, il riccio si limitò a guardare gli occhi azzurrini dell’altro per trovare le risposte che cercava. Il più grande si prese cura di Harry per un pò, accarezzando e massaggiando la sua erezione per qualche minuto, poi lo preparò con del lubrificante per assicurarsi che per Harry fosse il meno doloroso possibile. Infine entrò in lui, dolcemente; impostò il ritmo delle sue spinte basandosi sulle reazioni di Harry, sui suoi sospiri, sul suo nome che fuoriusciva dalle sue labbra, quasi in un soffio fin quando entrambi non raggiunsero l’apice. Esausti, cercarono di riprendere fiato, l’uno accanto all’altro. 

 

“Sono felice, Lou. Con te sono felice.”, disse Harry, sorridendo. 

 

“Ti amo, Harry”, rispose l’altro, e un bacio a sigillare le loro piccole promesse. 

 

 

Puoi amare solo quando sei felice dentro.

 

 

 

 

 

Lezione 4.

 

“Tra l’amore e la musica c’è questa differenza, l’amore non può dare l’idea della musica, la musica può dare l’idea dell’amore.”

 

 

 

Novembre 2013

 

SIG. Tomlinson,

le comunichiamo che ha vinto uno stage di un anno presso il conservatorio di Tokyo. Il nostro comitato sarebbe fiero di averla tra i nostri stagisti, durante lo stage che si terrà dopo Natale. Data di inizio: 15 Gennaio.

 

Cordiali Saluti,

Rettore del conservatorio di Tokyo

 

 

Gennaio 2015

 

Quando hai la possibilità di realizzare i tuoi sogni, non dovresti fuggire via.  Dovresti coglierla, e non lasciarla scappare. 

Questo tipo di possibilità arrivano una volta sola. 

Louis, questo, lo sapeva bene. 

 

Louis la sua opportunità l’ha colta, ma ha perso Harry. 

 

Non rimpiangeva di aver accettato quella proposta, non rimpiangeva di aver passato un anno a Tokyo, inseguendo il suo sogno. 

Avrebbe, solo, fatto le cose diversamente. Forse, avrebbe chiesto ad Harry, da folle, di seguirlo. Forse, avrebbero trovato una soluzione, insieme. Forse, non gli avrebbe mentito. 

 

 

Era Dicembre 2013, il compleanno di Louis si avvicinava velocemente e il più grande aveva già deciso quale sarebbe stato il modo perfetto per festeggiarlo, per festeggiarsi: avrebbe chiesto ad Harry di seguirlo in Inghilterra, per le vacanze di Natale, da sua madre. Avrebbe presentato Harry alla sua famiglia, o almeno, ad una parte di loro. Il più piccolo aveva già fatto quel passo qualche settimana prima, presentandolo a sua madre, Anne, e al suo patrigno, Robin, che lo avevano accolto felicemente in famiglia. Trascorsero il compleanno di Louis, a Londra, con una tormenta di neve intorno a loro e tazze di cioccolata fumante, preparata da Harry stesso. Il riccio diede il suo regalo di compleanno al più grande la notte del 23: un CD con la registrazione della sua esecuzione di Claire de Lune, il primo brano che aveva imparato con lui, ed una collana d’argento, con un ciondolo che rappresentava un aeroplano di carta, sulle cui ali vi era inciso ‘what you and i have, makes me free’. Louis riuscì a stento a trattenere l’emozione; si limitò a sussurrargli ‘Ti amo’, sulle sue labbra e a dimostrargli tutto l’amore che era in grado di contenere tra le lenzuola del suo letto. 

 

Louis non riusciva a godersi tutta questa felicità, però. C’era un peso, che lo bloccava. Aveva deciso di partecipare allo stage, ma non lo aveva detto ad Harry. Aveva nascosto quella piccola lettera nel suo portafoglio. Come se nascondendola, anche il problema sparisse. Si sentiva diviso a metà: voleva dirlo ad Harry e renderlo partecipe della sua felicità, ma dirlo ad Harry voleva dire perderlo. Perché non poteva chiedergli di aspettarlo per un tempo così lungo. Perché Harry doveva essere libero di vivere la sua vita, senza il suo fantasma, o l’ansia del suo ritorno. 

 

“Louis cosa hai?”, gli chiese un pomeriggio sua madre, mentre Harry era al piano di sopra a giocare con le gemelline, Phoebe e Daisy. 

 

“Va tutto bene mamma…”, rispose il figlio, facendo sorridere la madre. 

 

“Louis, anche se ci siamo visti poco.. ti conosco…so quando hai qualcosa che non va..”, sussurrò avvicinandosi a lui. 

 

“Mi hanno preso per uno stage a Tokyo, di un anno….”, sussurrò, lo sguardo rivolto al pavimento.

 

“E…?”

 

“Harry non sa nulla.”

 

“Perché non glielo hai detto?” chiese Johannah confusa. 

 

“Perchè dirglielo, vuol dire perderlo.”

 

“Non pensi che accadrà comunque?”, sussurrò la madre, senza ottenere risposta dal ragazzo. 

 

“Non pensi che sarà peggio se dovesse scoprirlo? Non pensi che debba avere l’opportunità di scegliere cosa vuole dalla sua vita? Cosa vuole da te? Ti ama, Louis.”

 

“Lo so, mamma. E io amo lui. Per questo non posso costringerlo ad un anno in bilico, ad un anno di attesa.”

 

“Io penso che la scelta debba essere la sua, in qualunque caso.”

 

 

Forse hai ragione, pensò ma non lo disse. 

 

La restante parte del pomeriggio trascorse tranquilla, con Harry che continuava ad essere 

 

 

 

 

 

L’inevitabile accadde, due giorni dopo quando Harry vide un foglio piegato sul pavimento accanto al letto. Lo prese in mano e lesse della convocazione di Louis per lo stage di Tokyo. 

 

Forse fu la rabbia

Forse fu la delusione

Forse fu il suo cuore spezzato

 

a far ricadere quel foglio, che aveva messo fine a tutto, sul pavimento. 

 

 

 

Louis trovò Harry nella sua stanza, poche ore dopo quando salì a chiamarlo per la cena. 

 

“Harry…la cena è-”

 

“Quando pensavi di dirmelo?”, lo interruppe il più piccolo, sguardo spento e voce fredda, priva di emozioni. 

 

“Harry di cosa stai parlando?”, rispose Louis, preso alla sprovvista. 

 

“Quando pensavi di dirmelo?”, ribattè il riccio alzando la voce. 

 

“Harry…fammi spiega-“

 

“Cosa? Cosa avevi intenzione di fare esattamente? Portarmi qui, fare finta di essere la coppia perfetta e poi lasciarmi per partire e fare la tua nuova vita a Tokyo?”, sbottò Harry, passandosi le mani tra i capelli. 

 

“No Harry non è così…non..”, iniziò Louis, ma Harry sembrò incontenibile. 

 

“E allora spiegami, com’è? Ti sei divertito con il tuo allievo? Spiegami perché per me non è stato un gioco.”

 

“No Harry! Non è stato un gioco…non pensarlo neanche”,iniziò Louis “Quella lettera mi è arrivata un mese fa….io…non riuscivo a crederci, era il sogno della mia vita. Volevo dirtelo…davvero…ma dirtelo avrebbe distrutto tutto…andiamo…con che diritto ti avrei chiesto di aspettarmi per un anno?”

 

“HAI DISTRUTTO TUTTO LO STESSO!”, urlò Harry esasperato. “me lo avresti chiesto perché mi ami. E io avrei accettato perché amo te. Ti avrei aspettato per sempre per riaverti accanto a me….Evidentemente mi sbagliavo”, aggiunse poi Harry deluso. Louis lo leggeva nella sua voce, ma soprattutto, nei suoi occhi. 

 

“No Harry…non-”

 

“Questa sarà l’ultima cena a cui partecipo. Domani prendo il primo volo per Parigi.”, disse, freddo, senza rivolgergli uno sguardo e chiudendo la porta alle sue spalle, lasciando Louis solo, per la prima volta.

 

La loro bolla di felicità esplose così all’improvviso, come improvviso è lo squarcio di un fulmine nel cielo. 

 

 

La mattina dopo, Harry partì per Parigi, senza salutare Louis. 

La mattina dopo Johannah tornò, dopo anni, ad asciugare le lacrime di suo figlio.

 

 

Louis tornò a Parigi 

con l’amarezza di un sogno, infranto, per l’ennesima volta. 

con la sicurezza di non aver dimenticato Harry. 

con la certezza di non avere sperato, per un anno intero, invano. 

 

La speranza è l’ultima a morire, dicono.

 

Beh, per Louis morì nel momento in cui tornò a Parigi, e trovò una lettera di sfratto in bella mostra nella casella delle lettere del suo prossimo ex appartamento. Decise di cercarne uno più piccolo e decisamente più centrale, e trascorse quasi una settimana tra annunci dei giornali e le strade di Parigi. Trovò un annuncio disponibile cinque giorni dopo e non aspettò due secondi a chiamare quando lesse il nome del venditore: Harry Styles.

 

“Pronto?”, rispose una voce che Louis immediatamente non riconobbe come quella di Harry. 

 

“Uhm…cerco..harry?”, chiese il castano titubante.

 

“Oh…ehm…io sono Zayn, un suo amico e coinquilino….Harry adesso non c’è…ti serve qualcosa?”, chiese il ragazzo educato.

 

“Si…ho letto il suo annuncio per l’appartamento..e sarei interessato a prenderlo”

 

“Oh..si…gliene parlerò..puoi lasciarmi il tuo nome? Il numero lo salvo dalla telefonata tranquillo..”

 

“Uhm..si…sono..Louis..”, sussurrò quasi impercettibilmente. Sperò, per un momento, che Harry non avesse parlato di lui a questo Zayn. 

 

Da quella telefonata passò circa un’ora, quando Louis ricevette un messaggio

 

Zayn mi detto  che hai chiamato per l’appartmento. 

Domani, stessa via dell’annuncio. 

-H

 

Il giorno dopo, come programmato si incontrarono in Rue Saint-Vincent. Fu strano, rivedersi.  

 

“Ciao”, disse il primo. 

 

“Ciao”, rispose il riccio e Louis pensò a quanto la sua voce gli fosse mancata. A quanto specchiarsi nei suoi occhi gli fosse mancato. A quanto gli fosse mancato doverlo guardare dal basso verso l’alto a causa della loro differenza d’altezza. 

 

A quanto Harry, gli fosse mancato. Sorrise impercettibilmente. 

 

“Ehm…questo…è strano..”, disse Louis scuotendo la testa, Harry annuì semplicemente. 

 

“Allora, sei interessato all’appartamento?”, chiese Harry dopo qualche minuto di imbarazzante silenzio. 

 

“Si..ho ricevuto una lettera di sfratto, quando..uhm…sono tornato…..da Tokyo.”

 

“Oh”, si limitò a rispondere Harry. 

 

“Louis io devo dirtelo,….il mio appartamento..non sarà disponibile….prima di un anno..”, terminò la frase in un sussurro Harry, come se si sentisse in colpa. Come se si sentisse di averlo ingannato, in parte. 

 

“Un anno? Non ho tutto questo tempo…”, rispose Louis, sconfitto. “Va bene…non ti preoccupare…uhm…troverò un’altra soluzione”, aggiunse poi abbozzando un mezzo sorriso, senza riuscirci. E fece per prendere la direzione opposta rispetto a quella di Harry, quando la sua voce lo fermò. “Louis….”

 

“So..che può sembrare assurdo…ma…puoi stare nel mio appartamento…finchè non trovi una sistemazione…”

 

“Harry io non credo che sia…insomma…non devi fare questo per me…non lo merito…”

 

“Louis…andiamo, non è una situazione piacevole per nessuno questa. E poi una o due settimane da me..che saranno…non crea nessun problema.”, disse Harry risoluto. 

 

Perché Harry è così, pensò Louis. 

 

Harry è altruista, Harry aiuta chi ne ha bisogno. Harry pensa agli altri. Lui. Louis, che si era sempre ritenuto un egoista, continuò ad esserlo. Forse perché voleva ritornare alla quotidianità con Harry, forse perché aveva bisogno di una casa, o forse perché aveva solo bisogno di Harry, di lui e nessun altro, finì per accettare quella proposta. 

 

Si trasferì da Harry il giorno dopo, e man mano che i giorni passavano tutto sembrò tornare alla normalità. Sembrarono  tornare gli Harry e Louis dell’anno precedente, dipendenti dalla loro quotidianità. Non parlarono di ciò che accadde l’anno prima, quando tutto era finito, o dell’intero anno in cui non si erano né visti né sentiti. L’unico commento avvenne un pomeriggio quando Harry si rese conto che Louis indossava sistematicamente la sua collana. 

“La porti ancora?”, chiese senza alzare lo sguardo dal pavimento. 

 

“Non l’ho mai tolta, Haz.”, rispose Louis riprendendosi quel nomignolo a cui non era più abituato.

Non stavano insieme ma Louis, in cuor suo, sentiva di dover dimostrare qualcosa ad Harry. Sentiva di dovergli dimostrare che non era mai stato la  sua seconda scelta. Sentiva di dovergli dire che nonostante quella per la musica era la sua più grande passione, quello che provava per lui era amore. Un amore forte e totalizzante, che neanche averlo lontano per un anno aveva affievolito. Voleva dimostrargli che lo voleva di nuovo al suo fianco, voleva dimostrargli che potevano essere felici insieme. Per questo, mise il biglietto che tempo prima Harry gli aveva lasciato nel suo appartamento e glielo lasciò sull’enorme letto matrimoniale che troneggiava nella camera da letto del riccio, aggiungendo ad esso un post-it.

 

La musica è sempre stata la tua più grande passione. 

Il tuo più grande amore. 

Forse, avrei dovuto capirlo prima. 

ma l’amore è istinto, no? 

-H.

  

 

Ai pianisti chiedono sempre di trovare la nota giusta.

Quella che renda la melodia perfetta. 

Io penso che questo valga anche per le persone. 

La melodia perfetta nella mia vita, l’hai creata tu. 

La tua ostinata avversione per la musica

Le tue regole

il tuo amore. 

Tu.

-L.

 

 

 

 

“La verità è che quella nota c’è…ma voi non la volete ascoltare […] Uno ha una nota, che è sua, e se la lascia marcire dentro….no…statemi a sentire…anche se la vita fa un rumore d’inferno affilatevi le orecchie fino a quando arriverete a sentirla e allora tenetevela stretta, non lasciatela scappare più”

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Riferimenti: 

  • Alessandro Baricco - Novecento
  • Nicholas Sparks - L’ultima canzone
  • M. Ageev - Romanzo con cocaina
  • Hector Berlioz - Memorie
  • Alessandro Baricco - Castelli di Rabbia
   
 
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: startariot