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Autore: Alys_90    31/07/2014    1 recensioni
Otani decide di lasciare improvvisamente Risa.
La ragazza, in preda alla disperazione, non sa come riuscire a superare questa difficile situazione, ma, quattro anni dopo, grazie ad una vacanza organizzata dagli amici di entrambi, dovranno incontrarsi di nuovo e .. che succederà tra i nostri due innamorati? ♥
Tra peripezie, nuove conoscenze, battibecchi e ricordi, Otani e Risa torneranno come un tempo?
Questa è la mia seconda Fanfiction! :-) Spero vivamente di avervi incuriosito! ;-)
Dedicata a Giacomo e Ginevra. ♥ Siete i migliori cugini del mondo!
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Atsushi Otani, Risa Koizumi, Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao a tutti/e! :D
Finalmente, dopo lunghi mesi di assenza, sono tornata!
Ora, avendo terminato l’università e lavorando al mattino, avrò più tempo per aggiornare! ♥
Scusatemi tanto!
Questo è il primo capitolo, dopo il prologo iniziale, di questa Fanfiction, che spero vi piacerà! ♥
A voi il giudizio! ;-)
Posterò il capitolo due nel corso della prossima settimana, dovendo aggiornare anche la Fanfiction su Kodocha che ho quasi terminato! :-)  ♥
Grazie a coloro che avevano già inserito la storia tra le preferite e seguite! ♥
Alla prossima!
Un bacione grande! :*

 
Alys_90
 
BUONA LETTURA ♥
E grazie a chi recensisce e a chi legge soltanto ♥

4 anni dopo
 
-Risa, sbrigati! Siamo in ritardo!-.
La voce squillante della mia collega, nonché amica, di lavoro mi fece aumentare ancor di più il passo felino che stavo tenendo in quell’istante.
Stavamo correndo a perdifiato tra i marciapiedi di Osaka, spintonando e facendo imprecare chiunque si trovava nella nostra traiettoria.
Quella mattina avevamo un importante riunione con il capo della famosissima casa di moda nella quale eravamo state assunte quasi contemporaneamente.
Hana aveva presentato la sua candidatura circa un mese dopo la mia ed entrambe, per la nostra bravura e passione per la moda, eravamo state assunte, diventando esperte stylist giapponesi.
Il mio più grande sogno si era realizzato e non potevo non esserne più felice.
Abbinare capi e accessori per modelli, modelle e location, scegliere gli scatti più belli dei servizi fotografici, consigliare il truccatore e il parrucchiere per definire lo stile più cool.
Il mio lavoro consisteva proprio in questo.
Quel mondo mi aveva sempre affascinata e la realizzazione professionale non aveva tardato ad arrivare.
Persa nei miei pensieri, mi resi conto di essere andata letteralmente a sbattere contro ad un uomo o, per meglio dire, un ragazzino.
Caddi con un tonfo sul cemento, attirando centinaia di sguardi e suscitando qualche risatina sgradevole.
Mi massaggiai il fondoschiena dolente, strizzando gli occhi per evitare di imprecare.
-Mi .. mi scusi- balbettai, alzandomi in piedi e lisciandomi la gonna di seta.
Guardai di fronte a me, ma non vidi nessuno. Abbassai d’istinto lo sguardo e un buffo ragazzo con un berretto nero e una sciarpa che gli ricopriva metà viso se ne stava seduto per terra a fissare un punto imprecisato sul marciapiede.
-Risa! Oddio, stai bene? Ti sei fatta male?-. Hana si precipitò accanto a me, in preda all’ansia.
-Non ti preoccupare. Sto bene ma .. -.
-Forza, andiamo! Non ho per nulla bisogno di una lavata di capo da parte del direttore! E penso che questo valga anche per te!-.
-Si, ma .. Aspetta!-.
Mi sentii strattonare per le braccia e portata via.
Una strana sensazione si fece strada in me e mi fece pensare che quel ragazzo potesse essere .. No. Era del tutto impossibile.
Quel piccolo nanetto dai capelli aranciati se n’era andato quattro anni fa, lasciandomi sola e in preda alla disperazione.
Avevo cercato di dimenticarlo, di strapparmelo dal cuore ma era stato inutile.
Ogni ricordo di lui era ancora vivido dentro di me. Ogni momento, ogni sorriso, ogni risata se ne stava lì, in quel maledetto muscolo che donava emozioni uniche e irripetibili come l’amore. L’amore che avevo perso, che mi aveva lasciata per un motivo del quale nemmeno io ero a conoscenza. La lontananza? Il non sopportare di non essere vicini? No, non volevo crederci. Io sarei stata disposta a tutto pur di stare con lui ma, Otani, al contrario, aveva deciso di andarsene e di certo quello non poteva definirsi sentimento d’affetto.
Una morsa di puro dolore mi strinse il petto al solo pensiero del suo nome, che le mie labbra avevano pronunciato così tante volte. Mi resi conto che poteva essere cambiato, diventato un uomo, cresciuto. In questi anni avrei potuto non riconoscerlo se l’avessi incontrato.
“Eppure quel ragazzo di pochi istanti fa ..”. Qualcosa in lui mi ricordava Otani, anche se non aveva nemmeno alzato lo sguardo o detto una parola.
“È del tutto impossibile, Risa!” pensai mentalmente.
Il destino aveva deciso di separarci, in accordo con la sua testardaggine e il suo caratteraccio, e, quasi sicuramente, non avrebbe voluto farci incontrare di nuovo.
 
***
 
Me ne stavo ancora seduto sul cemento freddo di quel marciapiede gremito di gente.
La testa mi pulsava e lo stomaco si era contratto in uno spasmo sofferente quando avevo visto contro chi ero andato a sbattere.
Risa. Quella Risa a cui avevo strappato il cuore in mille pezzi, fregandomene delle conseguenze, della sua sofferenza e di tutto quello che avevamo costruito insieme.
Dio, non era cambiata di una virgola. La solita sbadata con quel corpo stupendo. Le sue linee sinuose e perfette facevano nascere nella mia mente tutti i tipi di pensieri possibili, fuorché casti.
Non avevo osato guardarla negli occhi, in quei bellissimi occhi dentro i quali avevo sempre amato perdermi. Se lo avessi fatto, se mi fossi tuffato nel dolce colore di quelle iridi, la mia corazza protettiva si sarebbe sgretolata. Sarei ricaduto nuovamente tra le braccia del passato, che mi avrebbe accolto senza esitazioni.
Già. Non avevo dimenticato la nostra storia, non avevo scordato ciò che ci aveva legato e che ci legava tuttora. Non sarebbe bastata un’eternità per dimenticare Risa.
Il suo ricordo non esitava a tornare in ogni attimo della mia vita, ma, purtroppo, i problemi non erano mancati, almeno per me.
La lontananza mi aveva distrutto. Non poterla vedere, baciare e stringere mi faceva star male. Mi si mozzava il respiro quando, prima di una lezione all’università o durante il pomeriggio nelle ore di studio, la pensavo. Lei era lontana e non avrei potuto far nulla, se non abbandonare gli studi, per risolvere quell’insopportabile situazione.
Per Risa ero lo stesso, a parer mio. Anche se non voleva darlo a vedere, perché aveva sempre desiderato solo la mia felicità, soffriva quanto me.
Avevo deciso di lasciarla, in modo da non provare più quel forte e morboso desiderio di gettare tutto al vento e correre da lei per starle accanto ogni giorno.
-Hey ragazzo, tutto bene?-. Un signore con un paio di spessi occhiali e un basco grigio piombo mi osservò preoccupato.
-Sì, certo. Sono solamente inciampato. Non si preoccupi- dissi, alzandomi in piedi.
Mi sfregai le mani, ricoperte da pesanti guanti neri, e mi avviai, salutando l’anziano signore.
In pochi minuti giunsi alla palestra nella quale impartivo lezioni di basket ai bambini della zona.
Quanto adoravo il basket. Oltre all’insegnamento, era stata una delle più grandi aspirazioni che avevo avuto nella vita e aver raggiunto quei progressi mi aveva reso fiero.
Andai verso lo spogliatoio per indossare la divisa, quando, all’improvviso, un breve suono mi bloccò.
Presi il cellulare dalla tasca dei jeans e lessi il messaggio.
 
“Stasera cena a casa nostra alle otto. Riunione tra vecchi amici, causa questione importante da discutere. Nakao e Nobu”.

Lessi quelle due righe una ventina di volte.
“Che cosa?! Ma stanno scherzando?!”.
La riunione tra vecchi amici comprendeva anche la persona alla quale avevo spezzato il cuore quattro anni fa? Sicuramente.
Sentii mancare l’aria nei polmoni e corsi velocemente al bagno. Appoggiai le braccia al lavandino, in preda alle convulsioni.
Osservai il mio riflesso nello specchio di fronte e potei scorgere piccole gocce di sudore solcarmi le tempie.
Aprii il getto d’acqua e mi sciacquai il viso. I capelli bagnati si appiccicarono alla fronte e assunsero una strana piega.
Cazzo! Non potevo rivederla due volte nell’arco di una giornata. Sarebbe stato un colpo, non solo per me ma pure per lei.
Dopo il nostro scontro non mi aveva riconosciuto ed era stato meglio così, altrimenti si sarebbe scatenato a dir poco un uragano. Dopo la sorpresa iniziale, tutta la sua rabbia repressa avrebbe preso il soppravvento e si sarebbe scagliata contro di me. O forse no.
-Otani, stai calmo. Non è successo nulla!-.
Ripensai al messaggio di Nakao e un senso di impotenza mi travolse da capo a piedi.
Con lui e Nobu ero rimasto in ottimi rapporti e ogni tanto andavo a casa loro.
Avevano deciso di andare a convivere due anni fa e stavano già progettando il loro matrimonio. Nonostante Nobu fosse ancora una grandissima amica di Risa, non avevo troncato l’amicizia con lei. Non mi raccontava alcunché di lei ed io non le chiedevo niente, dopo la lunga ramanzina che avevo dovuto subire quattro anni fa.
Suzuki e Chiharu formavano ancora una timida coppia ma, a breve, sarebbero andati a vivere sotto lo stesso tetto, nel quartiere dove vivevano Nakao e Nobu.
Ero felice per tutti loro. Si sostenevano a vicenda e nelle situazioni difficili non mollavano mai, pronti ad affrontare qualsiasi ostacolo che la vita gli presentava davanti.
Pensai che anch’io e Risa avremmo potuto essere due fidanzati felici ora come ora.
-Risa .. -. Sussurrai il suo nome, posando nuovamente gli occhi sul quel ragazzo insicuro che mi guardava dallo specchio.
Presi il cellulare e risposi.
 
“Ci sarò. Otani”.
 
Avevo deciso di affrontare il destino, qualunque cosa mi avesse riservato.
 
***
 
-Oh! Che aria pesante che c’era oggi in sala riunioni! Il capo non era dell’umore giusto!-.
Hana mi squadrò, guastando il suo aperitivo alla frutta.
-Già .. -. Seduta in un piccolo locale chic, sorseggiavo un’aranciata, immersa nei miei pensieri profondi.
Quel ragazzo poteva essere lui.
“Cavolo, no! Risa ma cosa vai a pensare?! Riprenditi, dai!”.
-Pronto? Pianeta Terra chiama Risa Koizumi! Mi stai ascoltando?!-.
Guardai Hana agitare una mano davanti al mio viso incantato.
Scattai in piedi, spaventata.
-Risa .. stai bene?-. Hana mi osservò terrorizzata, mentre tornavo a sedere, vergognandomi a morte.
-Ehm .. Sì, tranquilla. Sono solo stressata dal lavoro- dissi, addentando una patatina.
Hana mi lanciò un’occhiataccia, segno della sua indiscutibile capacità di capire lo stato d’animo di qualsiasi persona le fosse capitata a tiro.
-Risa, avanti, non dire bugie! Si vede lontano un chilometro che sei turbata e non dire che è per colpa del lavoro. Sei stata grande come al solito e il capo non ti ha rimproverata! Che succede? A me puoi dirlo-.
La guardai e decisi di sfogarmi. -Beh .. Hai presente stamattina .. ? Quando sono andata a sbattere contro quel ragazzo?-.
-Sì. E allora?- chiese, spalmando una gran quantità di salsa sul crostino che teneva tra le mani.
-Credo fosse Otani-. Per un attimo il battito del mio cuore si fermò e fui costretta a chiudere gli occhi a causa del giramento di testa che mi aveva fatto barcollare leggermente.
Hana strabuzzò le pupille e lasciò cadere il crostino nel piatto.
-Che cosa?! Risa no! Non è possibile che, tra tutte le persone che camminano per i marciapiedi di questa città, tu sia andata a sbattere proprio contro quel nano!-.
Hana lo odiava. Dopo essere diventata una delle mie migliori amiche, le avevo raccontato ogni dettaglio della nostra relazione e di com’era andati a rotoli.
Battè un pugno sul tavolo di marmo. -Grrr .. Se quello stupido ha la sfortuna di cadere tra le mie mani, non hai nemmeno idea di cosa sarei disposta a fare pur di fargliela pagare!-.
Risi del suo commento e bevvi altra bibita.
-Sì, forse mi sbaglio, ma .. non so, aveva qualcosa che mi ricordava lui-.
-Non lo vedi da quattro anni, no? È passato molto tempo e credo che questo tipo sia cambiato, giusto?-.
-Probabile. Quel ragazzo, a prima vista, non era né troppo basso né troppo alto e chissà se Otani è cresciuto di statura oppure se è rimasto lo stesso piccoletto di sempre .. -.
“Taci piccoletto!”. Quante volte gli avevo urlato quella frase così dura e dolce allo stesso tempo?
Un bruciore pungente mi annebbiò la vista. Lacrime silenziose iniziarono a solcarmi il viso.
-Oh Risa, non piangere, ti prego-. Hana mi carezzò la mano, preoccupata.
Mi asciugai le guance col lembo della manica e abbozzai un lieve sorriso.
-Tranquilla, è stato solo un attimo di debolezza-.
Cercai di crederci con tutte le mie forze, sinché un sonoro “bip” mi riportò alla realtà.
Presi il cellulare dalla borsa e aprii la casella dei messaggi.
 
“Stasera cena a casa nostra alle otto. Riunione tra vecchi amici, causa questione importante da discutere. Nakao e Nobu”.

Perplessa, ripetei la lettura di quel messaggio inaspettato.
Cena. Riunione. Vecchi amici.
La mia mente viaggiò subito verso quel piccolo ragazzo che mi aveva rubato l’anima.
Non vedevo Nobu da circa cinque giorni, quando ci eravamo concesse una meritata giornata di shopping insieme a Chiharu.
Quel pomeriggio non aveva accennato a nessuna rimpatriata tra vecchi amici e pensai che l’avesse decisa all’attimo.
“E ora? Che dovrei fare? Accetto o rifiuto? Lui ci sarà?". Con questi interrogativi che si facevano strada tra i mille sentieri intricati della mia mente, fissai Hana, beatamente immersa nel suo piatto di verdure alla griglia.
-Oddio!- riuscii solo ad esclamare. Non potei rifiutare, altrimenti Nobu si sarebbe arrabbiata con me per il resto della mia esistenza.
Hana abbandonò il suo cibo, chiedendo: -Non dirmi che è lui!-.
-No, ma forse questa sera lo vedrò- dissi, temendo la sua reazione.
Come mi aspettavo, Hana cominciò a sbraitare e imprecare, rovesciando persino il bicchiere, che si ruppe in una quantità indefinita di schegge.
Le stesse dolorose schegge che, quella sera, avrebbero scalfito il mio cuore, riportandomi in quel passato chiamato Otani.
 

 
  
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