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Autore: d r e e m    08/09/2008    2 recensioni
(Fanfiction arrivata 6° al concorso "A Tragic Love)“Naruto, so che ciò che ho fatto è errato e ti prego perdonami!senza di te non avrei avuto la forza di farlo ,non sarei riuscita ad uscire da quel tunnel in cui ormai ero entrata da troppo tempo ma…. A causa tua ho dovuto ricordare il passato, la mia vita passata, quella solitudine che mi strappava ogni volta un po’ di speranza che ancora avevo. Ma mi domando questo è quel mondo pieno di gioie e speranza che ogni volta sognavamo? Era questa la sorte delle persone umane? All’apparire del vero io misera caddi nella trappola che la vita da troppo tempo mi aveva teso e con il cuore pieno di ricordi ho preso la mia decisione! Naruto ricorda è stata a causa tua che ho preso questa mia scelta e non intendo lasciare la strada che ho intrapreso. Lo so anche per me è difficile, ma devi avere il coraggio di guardare avanti di pensare al futuro, ciò che io non sono riuscita a fare vivendo ancora nel passato. Good Bye my Dream but…she wants to go home!”
Genere: Romantico, Poesia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hinata Hyuuga, Naruto Uzumaki, Tsunade
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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ciao a tutti ritorno con una nuova fic arrivata al sesto posto al concorso "A Tragic Love"per me è stato come arrivare prima perchè era il mio primo contest^^spero che questa storia sia di vostro gradimento!Vi prego recensite e ditemi che cosa ve ne è sembrato!

Un bacio la vostra Dreem

She wants to go home!

 

La storia che stó per raccontarvi non parla di principesse principi e del bellissimo lieto fine che caratterizza tutte le favole, ma parla della crudele realtà di tutti i giorni e di una povera e dolce ragazza strappata dalla sua infanzia e dalla sua casa, una ragazza che fino a poco tempo fa credeva che non avrebbe mai ritrovato, quella stessa ragazza che vi sta raccontando questa storia.

Il suo nome è Hinata Hyuga. A quel tempo abitavo con i miei genitori in una bella villa vicino al mare in periferia della città di Nigata, vicino l’isola di Sado (Nord Giappone); ero una ragazzina dell’età di 12 anni, piuttosto tranquilla e soprattutto timida, non riuscivo a comunicare con gli appartenenti all’altro sesso e forse appunto a causa della mia timidezza non sono mai riuscita ad avere un amico. Avevo dei morbidi e lucenti capelli corvini con un taglio a caschetto e due ciocche di capelli che mi contornavano il viso facendo risplendere le due perle bianche incastonate nei miei occhi. Mio padre era un ricco notaio e quindi si poteva permettere di avere quella villa vicino al mare ma soprattutto poteva permettersi di mantenere qualsiasi richiesta che mia sorella Hanabi,  essendo più piccola di me, avanzava a mio padre…. era la più viziata! Mia madre invece era l’apparizione di un angelo con quei capelli lunghi e neri che erano raccolti in una coda bassa e un fermaglio a farfalla che usava spesso per intrecciarsi le ultime ciocche lasciate libere. A quel tempo ero felice e io e mia sorella passavamo intere giornate in spiaggia a raccogliere conchiglie disubbidendo così a mio padre. Io e mio padre non abbiamo mai avuto un buon rapporto, lui era sempre contrario a qualunque cosa io facessi e provava un senso di disonore nell’avere me come figlia, parola un po’ troppo forte per definire il senso di parentela tra di noi così distaccato e autoritario. Invece andavo molto d’accordo con mia madre la quale era sempre sorridente e nei suoi occhi azzurri risplendevano le luci degli astri del cielo e il suo sorriso appariva sempre pieno di dolcezza e pudore! La vita familiare  passava con tranquillità  e anche a scuola il mio profitto era ottimo e avevo delle amiche fantastiche: Sakura  Haruno e Ino Yakamana; erano le mie uniche amiche e c’erano sempre quando avevo bisogno di aiuto. Fin qui il mio racconto sembra normale con una ragazza timida, un rapporto con i genitori abbastanza socievole e una vita scolastica tranquilla ma allora questa non sarebbe la realtà perché la mia vita cambiò in un attimo il giorno del 22 dicembre del 1992.

Eravamo nel treno diretto per la stazione di Akita: un treno che non sarebbe mai arrivato.

Nella nostra cabina eravamo seduti discutendo della nostra vacanza e di che cosa avremmo fatto una volta lì. C’era un’atmosfera familiare abbastanza piacevole e visto che era dicembre ci stringevamo tutti per cercare un po’ di calore: i nostri maglioni si sfregavano l’un l’altro e sentivamo l’aria che gradualmente iniziava a riscaldarsi. Ma qualcosa accadde all’improvviso:ci fu un blak-out e poi….il vuoto! Il treno deragliò, frenò violentemente facendomi sbattere la testa contro il finestrino e poi…..chiusi gli occhi per non riaprirli più!

Mi risvegliai dopo tre giorni in ospedale. Aprii piano le palpebre ma ebbi una grande fitta al ventre e poi alla testa. I miei occhi cercavano qualcuno di familiare che mi potesse dare un sorriso di conforto ma videro solo il soffitto di quella stanza grigia e le mie orecchie non sentirono nessuna voce familiare tranne il suono ininterrotto del “tic” dell’apparecchio posto vicino al mio letto che controllava il mio battito cardiaco! Ero sola in quella stanza oppure c’erano persone ma io non riuscivo a ragionare, era come se il mio corpo si fosse tramutato in una specie di macchina che in quella circostanza non era riuscita a rilevare il ben che minimo senso di calore e di affetto! Sentii dei passi avvicinarsi lenti al mio letto. Alzai lo sguardo quanto bastava per guardare il volto di quella persona che con cautela si stava dirigendo a me: era una donna alta con capelli biondi raccolti in due piccoli codini che ricadevano sull’abbondante seno; indossava un camice bianco e ciò stava a significare che lei era una dottoressa. I miei occhi colmi di tristezza incrociarono quelli della giovane dottoressa in cerca di una risposta per placare la mia evidente preoccupazione. Pensavo che tutto sarebbe finito per il meglio e che tra poco avrei riabbracciato i miei genitori ma due sole parole distrussero ogni mia speranza

Mi dispiace….”

a quelle parole il mio cuore venne frantumato in mille pezzi e le lacrime che caddero dai miei occhi non furono delle semplice lacrime ma erano anche amore e affetto che avevo perso per sempre, ricordi che non potrò mai riavere.

Dopo qualche settimana uscii dall’ospedale con la testa china non sapendo a chi guardare, a chi aspettare quando la dottoressa Tsunade mi accompagnò verso il parcheggio in cui era parcheggiata una bellissima macchina e alla guida un uomo con delle folte sopracciglia. La dottoressa si chinò e con sguardo dolce mi abbracciò dicendomi che non mi dovevo mai e poi mai sentire sola, che il posto in cui stavo andando era accogliente e pieno di ragazzi come me.

A quelle parole ebbi una pugnalata al cuore ma mi dovetti sciogliere da quell’abbraccio,un abbraccio forte e dolce che mi riportò agli anni della mia infanzia dove in quella villa vicino al mare mia mamma mi cullava tra le melodiose note della sua canzone. Già ora quella villa non esisteva più:era stata chiusa per via delle innumerevoli pratiche e bollette da dover pagare e mi chiedevo se mai un giorno sarei riuscita a tornarci perché avevo lasciato un oggetto molto importante a cui solo il destino rimediò in seguito.

Mosuke Miyaguchi”(Allegria)si chiamava quel luogo orribile in cui mi trasferii: il nome poteva essere bello all’apparenza ma la realtà era ben diversa. In quell’orfanotrofio vissi per circa un anno, l’anno più brutto della mia vita. La mia timidezza mi impediva di avere un rapporto di amicizia con gli altri e avevo cominciato a parlare con amici immaginari per sfogare questo mio senso di solitudine.

Quante notti a non dormire pensando a quella frase detta dalla dott.ssa Tsunade e che poi mi aveva portata qui.in questo posto dove gli angeli del paradiso hanno ali di ferro e non possono volare in alto, non possono mostrare i loro sentimenti perché qui non siamo soli anche se in verità solo è il dolore che regna nel nostro cuore senza avere altri sentimenti felici ma solo una visione negativa di quell’orizzonte che tutti chiamano futuro.

Esattamente il 13 dicembre dell’anno dopo mi giunse una lettera dalla Dottoressa Tsunade

“Carissima  Hinata”

so per certo che la tua situazione li non è delle migliori. Mi dicono che la notte piangi spesso e non dormi parlando sola con qualche tuo amico immaginario ma ricordati non sei sola, accanto a te ci sono moltissime persone che ti vorrebbero conoscere che ti vorrebbero aiutare, cerca di mettere da parte la tua timidezza! Lo scopo della mia lettera è quello di informarti che ben presto sarai trasferita in un altro orfanotrofio. Questa volta oltre Oceano…..  a New York. So che questa notizia potrà sconvolgere i tuoi piani ma è l’unico modo per poterti assistere, e l’unico orfanotrofio che può si trova proprio negli Stati Uniti, dove una mia cara amica ne è la Direttrice.

Con questo attendo con ansia la tua lettera e la tua risposta.

con affetto

Dott.sa Tsunade”

 

quella lettera mi tolse il fiato forse perché non ero pronta a un simile inconveniente o forse perché avevo la possibilità di uscire da quel luogo così freddo e desolato che mi aveva fatta arrivare quasi alla pazzia,o forse non c’era un perché ma ero solo rimasta con lo sguardo fisso su tutte quelle parole scritte velocemente e con qualche sbavatura segno di qualche lacrima di troppo. La mia mente era assente e dagli occhi cominciarono a uscire le prime lacrime vere, calde che mi resero umida tutta la pelle: non avevo mai pianto così, tanto che per le forti emozioni  provate tutte insieme persi i sensi cadendo sul freddo pavimento in marmo stringendo ancora la lettera della Dottoressa Tsunade.

I giorni passarono e ben presto venne luglio, mese in cui all’orfanotrofio si teneva la festa di fine anno scolastico. C’erano tutti i ragazzi che abitavano all’orfanotrofio e almeno quel giorno lo passarono con serenità. Ma in un angolo della casa seduta sulle fredde scale stavo io seduta con le braccia che stringevano forte le gambe; rannicchiata su me stessa rammentavo il tragico evento e la lettera della Dottoressa Tsunade. Ad un certo punto sentii qualcuno che mi osservava. Alzai gli occhi poco convinta e vidi davanti a me un cagnolino di color marrone chiaro quasi avana che mi fissava con uno sguardo perso nell’ignoto. Più avanti sentii dei passi avvicinarsi verso di me e dalla porta entrò un ragazzo di circa la mia età che cercava disperatamente qualcosa; cosa molto probabile fosse il suo cane visto che appena lo vide gli si illuminarono gli occhi ..

“Akamaru!!! Finalmente ti ho trovato!!

In un primo momento il ragazzo non si accorse della mia presenza ma dopo un po’ si girò e con occhi impenetrabile mi chiamò “Hinata!”

A quelle parole sussultai: era la prima volta che qualcuno mi rivolgesse la parola in quel luogo fatto solo di silenzi e pregiudizi

“Ciao Hinata non mi riconosci?”

Ancora io non ci potevo credere: mi aveva chiamata proprio per nome! Io conoscevo bene quel ragazzo visto molte volte in giardino anche lui solo e pensieroso ma mi era sconosciuto il nome.

io!….”

forse non sai il mio nome! Mi chiamo Kiba piacere”

c-ciao

Kiba prese il suo cagnolino e lo mise dentro la sua felpa com’era solito fare e poi si sedette vicino a me.

Perché sei qui tutta sola?”

io….ecco…. N-non v-voglio andare di là!”

perché?”

a quella domanda non sapevo proprio rispondere: perché non avevo il coraggio di sorridere di nuovo?

va bene se proprio non vuoi dirmelo! Ma….

ad un certo punto una donna alta e  bionda apparse alla porta, il mio cuore palpitava di gioia e un largo sorriso mi si riaprì in viso..

Dottoressa Tsunade

corsi verso di lei abbracciandola forte mentre le mie e le sue lacrime scendevano ingenue sui nostri visi.

Hinata dobbiamo andare

alzai il capo con delicatezza ma i miei occhi non esprimevano gioia ma solo paura

no!”

dai Hinata

io non volevo ora che ero riuscita a parlare con qualcuno ora che avevo trovato un amico non volevo lasciare quel posto

Hinata

Kiba mi chiamò proprio in quell’istante.

Hinata vai! Stai tranquilla non sei sola! Vai nella tua nuova casa noi siamo e resteremo sempre amici! Anche quando sei triste pensa che qui ci siamo noi io e Akamru che ti pensiamo e che ti faremo sempre compagnia”.

Quelle parole mi convinsero a voltarmi e ad uscire finalmente da quell’orfanotrofio ad affrontare il mondo che intanto era cambiato, mentre tutta la mia angoscia si depositava nel mio cuore non essendo capace di guardare il sole. Finalmente quel giorno varcai la soglia e uscii da quel mondo oscuro e tenebroso con un po’ di malinconia in quanto avevo lasciato un amico speciale.

Passarono i giorni, i mesi, le stagione, gli anni…già ben 5 anni erano passati dalla mia partenza per New York la quale era stata organizzata dalla dottoressa Tsunade. Ora abitavo al centro di New York in un villino vicino al parco. Si chiamava “Sweet House of miss Mary”e accoglieva ben 170 ragazzi che non superavano i 17-18 anni  di età . Appena arrivata pensavo che non sarei mai sentita come a casa e invece mi sbagliavo a mano a mano la vita caotica di New York mi strappò via tutta la malinconia che avevo nel cuore. Ero cambiata da quando la dottoressa Tsunade mi aveva lasciata a  “miss Mary”, direttrice dell’orfanotrofio:ora ero cresciuta mi ero fatta più matura anche se la mia timidezza era sempre rimasta; i miei capelli erano sciolti e fluenti di un nero-blu mai visto, i miei occhi prima bianchi ora avevano il colore del lilla e il mio corpo infantile si era trasformato in quello di una 17enne in piena forma. Passavo le mie giornate a leggere o a guardare fuori dalla finestra pensando alla mia vecchia casa, al mare che ogni volta potevo osservare e la freschezza del vento mattutino.

Tutte le domeniche scrivevo sia alla dottoressa Tsunade e sia a Kiba mio caro amico a cui non avevo mai smesso di scrivere. Ma più passava il tempo più mi accorgevo che la mia permanenza in quel luogo non era duratura che prima o poi mi sarebbe arrivato il reclamo da parte della direttrice di cercarmi un’altra casa visto che ero arrivata alla massima età.

Passavo molte ore della mia giornata in quella mia stanza in soffitta piena di luce e con quella finestra che dava sul parco ed è proprio grazie a quella finestra che riuscii a rivivere.

Ricordo tutto come se fosse oggi:ero seduta sulla finestra con le gambe rannicchiate che guardavo con sguardo assente il traffico della grande Mela. Ad un certo punto alzai lo sguardo per osservare quella figura strana che si muoveva dietro la finestra della palazzina di fronte. Il mio sguardo si era fatto attento e curioso per capire chi fosse quella certa persona che mi aveva tanto incuriosito.

Improvvisamente si aprì la finestra e dopo che mille piccioni furono volati dal davanzale finalmente conobbi quella persona:era un ragazzo alto biondo con quegli  occhi azzurri che incrociarono i miei e dei buffi segni simili a baffi sul viso, era il tipico ragazzo americano!

Rimasi per molto tempo ad osservarlo, finche non si accorse della mia presenza e alzata la mano mi salutò. Io a quel gesto arrossii vistosamente e chiusi subito la finestra.

Ma i giorni che seguirono non furono uguali:ora mi sentivo diversa, era subentrata di nuovo quella forma di nostalgia e di depressione, la mancanza alla mia terra lontana si faceva sentire ma soprattutto mi mancava il mare, quello splendido mare cristallino che avevo rivisto per un momento negli occhi di quello splendido ragazzo, quel ragazzo che mi aveva lasciato un segno indelebile nel cuore e un sorriso che non mi avrebbe mai più tolto.

I giorni passarono e finalmente una mattina scendendo le scale lo incontrai. Io feci finta di niente ma dopo un po’ scappai rossa in volto. Nel mio veloce scatto sentii che qualcuno mi tratteneva per la mano. Mi girai velocemente e lo vidi, rividi i suoi occhi e sentii finalmente la sua voce

ciao

“…..c-chi s-sei?”

scusa non mi sono presentato mi chiamo Naruto Uzumaki

H-Hinata p-piacere

scusa per l’altro giorno forse ti ho spaventata

i suoi occhi per un momento incrociarono i miei e mi sentii il cuore in gola.

Anche lui arrossì e calò lo sguardo per poi alzarlo di nuovo per osservare la mia espressione

erm….vorresti venire con me al “caffe palace” qui vicino??”

o-ok

quel giorno è stato il più bello di tutta la mia vita e i giorni che seguirono furono sempre carichi di emozioni e di semplice gioie che hanno fatto della mia vita qualcosa di più.

Ma arrivò quel giorno della telefonata….

All’orfanotrofio suonò il telefono e la direttrice reclamò la mia presenza nell’androne principale

pr-pronto?”

Hinata sono io la dottoressa Tsunade

la mia contentezza si esaurì appena sentii il tono malinconico e sgozzato da un pianto represso della dottoressa Tsunade.

dottoressa…”

vedi Hinata c’è una cosa che ti dovrei dire

la sua voce roca era a dir poco paurosa. Mi sentii entrata nel panico più totale e il mio cuore stava incominciando a battere in un modo lento ma allo stesso modo irregolare. Il mio respiro si stava facendo affannoso e i miei occhi incominciavano ad inumidirsi.

ecco Hinata…Kiba…”

a quel nome scoppiai a piangere. Caddi a terra ancora con la cornetta in mano e la voce della dottoressa Tsunade che cercava di rassicurami nonostante lei fosse nella mia stessa situazione.

La sera mi rinchiusi nella mia stanza senza cenare ripetendomi cento e più volte quelle parole della Dott.ssa Tsunade

“….è morto di dolore….”

Il silenzio regnava in quella soffitta

“…non potevono fare ninte…”

le mie lacrime scendevano sulle mie gote paonazze e dai miei occhi bianchi come nessuno mai li aveva visti..specialmente lui.

Ora che il mio migliore amico era morto….sarei rimasta…sola!

Il suono interrotto del telefono mi risvegliò dai miei pensieri

Hinata sono Naruto perché non usciamo a mangiare una pizza?

E incominciai a piangere e con voce strozzata dal dolore pronunciai il suo nome

Naruto

mi sentii riattaccare il telefono e poco prima di riagganciare la cornetta mi sentii chiamare alla finestra.

Mi affacciai e in men che non si dica vidi Naruto che con estrema destrezza era riuscito a salire e a raggiungere la soffitta in cui alloggiavo

n-naruto?”

ora Hinata mi devi spiegare tutto

mi sedetti sul letto e incominciai a raccontargli tutta la mia storia dei miei genitori della dottoressa Tsunade dell’orfanotrofio in cui avevo incontrato il mio migliore amico Kiba e poi tutti quei momenti che mi sono sentita terribilmente sola, di quando le tenebre avevano invaso il mio cuore e non erano più uscite.

Al fine del mio racconto, due grandi braccia mi cinsero la vita. Il calore prodotto fu tale che il colorito delle mie guance diventò roseo mentre Naruto, quello strano ragazzo biondo capitato per caso, mi sussurrava all’orecchio

Hinata non sei sola ci sono io qui con te e ti assicuro non ti abbandonerò puoi starne certa non lo farò!

i miei occhi si bagnarono di nuovo di lacrime ma questa volta erano lacrime pure di speranza di amore

m-me lo prometti

dissi con un velo di imbarazzo mentre le mie braccia cercavano di allargarsi per accogliere il suo abbraccio.

Lui mi stacco velocemente dal suo petto per guardarmi dritta negli occhi:il bianco nel blu così irreale e enfatico ma allo stesso tempo ermetico.

La sua reazione fu veloce e in uno scatto improvviso le nostre labbra si congiunsero, il giorno e la notte si erano riuniti per non creare ne giorni di sola luce ne giorni di solo buio ma giorni dove non facciamo parte dell’immenso ma dove l’immenso è parte integrante di noi.

Da quella dolce sensazione di benessere, di quiete, a cui la mia mente e il mio cuore si stava facendo trasportare, mi ridesto Naruto che dopo essere leggermente arrossito mi guardò con quello sguardo determinato, con quegli occhi azzurri che mi ricordavano tanto il mare di villa Hyuga, con quell’espressione mi disse semplicemente:

Questa è una promessa e io mantengo sempre le mie promesse

da quel momento mi sentì di nuovo come la bambina di 12 anni che ero prima quando andavo per la spiaggia a raccogliere conchiglie, quando il mare aveva ancora quel sapore di sale che ti rimaneva impresso. Sapevo che il mio cuore aveva trovato pace e tranquillità e questa era la cosa più importante.

Ma molte volte la realtà non è cio che sembra ma è solo una maschera che nasconde il vero mondo e la vera solitudine: quella che ancora non avevo provato.

I giorni passarono e arrivò il momento di andare via dalla mia dolce soffitta, dall’orfanotrofio in cui avevo alloggiato per molto tempo e in cui avevo conservato molti dei miei ricordi e dove avevo versato le mie ultime lacrime, quelle che ormai avevo perso per sempre.

Stavo sistemando accuratamente i miei vestiti nel borsone quando la sottosegretaria  irruppe nella mia stanza:era una donna bassina, teneva i capelli a caschetto e un tailler viola prugna;il suo nome era Shizune

Hinata dobbiamo andare

già quante volte avevo sentito quella parola, quante volte ho dovuto lasciare i posti a cui mi ero di più affezionata, quante volte dopo aver visto chiudersi una porta ho dovuto lottare per aprirne un’altra:tante volte,troppe!

si certamente

preso il borsone mi avviai verso la porta dando un ultimo sguardo a quella soffitta che mi aveva accolta, in cui ero cresciuta in cui avevo pianto e riso allo stesso tempo

addio

fu questa la mia ultima parola pronunciata in quella stanza la cui finestra era spalancata ad un futuro ignoto ma non più in solitudine…..o almeno era quello che credevo.

Passò un mese dal mio trasferimento:ora vivevo in casa di una bella e giovane signora di nome Kurenai dai capelli bruni e da una bellezza invidiabile ma che purtroppo soffriva di cancro al polmone a causa delle numerose dosi di sigaretta che consumava.

La sua casa era qualche metro più in là del parco ma questo non mi impediva di rivedere Naruto:era passato già un mese dal nostro fidanzamento e quella sera volevamo festeggiare uscendo per le vie di New York.

Ma quella sera fu la sera che cambiò le nostre vite per sempre, un marchio che non sarebbe più andato via.

Seduti in quella panchina quella sera apparentemente sembrava carica di magia di desiderio di ricordi eppure qualche ora più tardi la nostra notte magica si trasformò in una notte di dolore e di paura.

Naruto decise di accompagnarmi a casa ma quando svoltammo l’angolo una moltitudine di persone si presentò davanti ai nostri occhi:a terra in un sacchetto nero, la figura di una persona, di un corpo ormai esanime pronto ad essere portato via.

Il mio cuore non seppe reggere una nuova delusione, una lacrima mi rigò il viso poi un’altra finche non si mescolò alla pioggia che pian piano incominciò a scendere tra la folla.

Neanche le braccia di Naruto seppero fermare la mia angoscia per la perdita di un'altra persona cara, il dolore aveva offuscato di nuovo il mio cuore ma la mia disperazione aumentò sentendo le parole pronunciate dal ragazzo biondo accanto a me che io tanto amavo..

andiamo a casa

quelle parole pronunciate con quell’incredibile leggerezza da quel ragazzo incontrato per caso una mattina d’estate suscitarono in me una tristezza infinta e un senso di completa inesistenza tanto che ormai non riuscivo più nemmeno a parlare.

Quelle parole avevano fatto ritornare in me la bambina di un tempo, troppo timida e solitaria alla quale non riuscivi a strappare un solo sorriso tanto erano gli occhi accecati della solitudine da non vedere altre persone che la solitudine stessa.

Rincominciai a parlare sola e quando Naruto mi voleva consolare arrosivo e con garbo mi allontanavo da lui chiudendomi di nuovo in me stessa senza la ben che minima speranza di un semplice sorriso.

Passavo i miei giorni nella veranda di casa di Naruto ascoltando un po’ di musica tanto per risollevare il mio morale che ormai era a pezzi.

Stavo con lo sguardo fisso su di lui con aria un po’ imbarazzata e un po’ dispiaciuta a causa della decisione che presi molto presto e che dovetti attuare con la massima cautela escludendo Naruto dal resto della scena.

In una notte fredda desolata come il mio cuore, uscii di casa!

Nelle spalle un borsone pieno di ricordi:così tanti che mi ricordavano lui!

Per le strade di New York mi avviavo verso la metropolitana:avevo già il biglietto.

I miei passi erano lenti come se, quasi volessero rallentare per ritornare indietro e non intraprendere quella nuova strada di cui avevo incominciato a seguire il sentiero.

Combattei una battaglia con me stessa, quella notte, convincendomi che lui non mi avrebbe seguito per impedirmi di fare la scelta che era meglio per tutti e due.

Presi la metropolitana, Ultima fermata:aeroporto di New York.

Sapevo che quello che stavo facendo era sbagliato ma…….

Quando partii l’aereo, una lacrima mi rigò il viso

Naruto…because of you

in quel preciso momento Naruto si svegliò con il cuore pieno di paura e terrore.

Si girò verso la mia parte del letto e trovò un biglietto, le mie ultime parole.

 

“Naruto,

so che ciò che ho fatto è errato e ti prego perdonami!senza di te non avrei avuto la forza di farlo ,non sarei riuscita ad uscire da quel tunnel in cui ormai ero entrata da troppo tempo ma….

A causa tua ho dovuto ricordare il passato, la mia vita passata, quella solitudine che mi strappava ogni volta un po’ di speranza che ancora avevo. Ma mi domando questo è quel mondo pieno di gioie e speranza che ogni volta sognavamo? Era questa la sorte delle persone umane? All’apparire del vero io misera caddi nella trappola che la vita da troppo tempo mi aveva teso e con il cuore pieno di ricordi ho preso la mia decisione! Naruto ricorda è stata a causa tua che ho preso questa mia scelta e non intendo lasciare la strada che ho intrapreso.

Lo so anche per me è difficile, ma devi avere il coraggio di guardare avanti di pensare al futuro, ciò che io non sono riuscita a fare vivendo ancora nel passato.

Good Bye my Dream but…she wants to go home!”

 

E mentre l’aereo partiva i miei occhi gettavano lo sguardo ancora una volta in quella città così immensa in cui lui era una piccolissima parte, ma per me quella piccolissima parte…era tutta la città!

Ritornai nella mia città natale ,in quel luogo in cui ero nata e cresciuta dove ancora viveva la bambina felice e timida di quel tempo, in cui ancora tenevo la cosa più cara che avevo al mondo, in cui il ricordo era il presente.

Ritornai in quella villa vicino al mare:il colore dell’acqua mi ricordò improvvisamente lui.

Salì lentamente le scale della gradinata che portava all’uscio di villa Hyuga.

Era tutto così uguale con il campanello suonato dal vento ad ogni minima brezza marina e lo specchio in cui mia madre amava specchiarsi.

Tutto era rimasto uguale, ma la polvere aveva trasformato quel luogo in una terra dimenticata, in una casa dove neanche la solitudine sarebbe rimasta, la casa di nessuno.

Camminai lenta tra le opache pareti che portavano in camera dei miei genitori defunti. Il mio cuore era colmo di terrore tanto che le gambe tremavano al sol pensiero di rientrare in quella stanza, di nuovo!

Posai le mie mani sulla maniglia arrugginita della porta che a mio stupore era già aperta.

Dalla fessura della porta vidi una figura di una persona che con fare impacciato cercava qualcosa che evidentemente non aveva ancora trovato.

Con un po’ di paura raccolsi tutto il coraggio che avevo e impugnato un vaso di porcellana mi avviai verso la strana figura che mi dava le spalle.

Con grande meraviglia mi accorsi che…..

Hinata!

n-na-naruto?”

finalmente ti ho ritrovata. Temevo di averti persa per sempre!

le sue braccia mi avvolsero come quella prima volta e il calore che seppero darmi fu tale da farmi perdere i sensi tanta era l’emozione di rivederlo.

Mi svegliai cercando di capire il perché del suo ritorno. Appena aprii i miei occhi incrociarono i suoi:così puri così azzurri. Erano stati loro a farmi ricordare a farmi ritornare in quella casa, dove da troppo tempo non ci veniva nessuno tanta l’ignoranza delle persone in questa terra.

Le persone del quartiere pensavano che a causa dei bruschi imbrogli fatti da mio padre la mafia avrebbe agito giocando con la vita di alcuni dei componenti della famiglia.

A parere mio, quelle erano solo assurdità, parole buttate senza senso solo per farmi credere che la morte della mia famiglia fosse stato un bene per me, ma queste erano solo delle sporche menzogne.

Naruto mi mostrò un sorriso allegro pieno di gioia e di speranza che mi fece suscitare una forte curiosità.

l’ho trovato

il perché di quelle parole lo capii solo quando Naruto tirò dalla tasca una piccola farfalla azzurra

M-Mamma

Naruto aveva ritrovato il fermaglio di mia mamma, quello a cui mi ero tanta affezionata, il mio ricordo più grande, il mio passato.

Ora che l’avevo ritrovato non avrei più sofferto, ora che l’avevo non avrei più pianto quelle tristi e rammarichi lacrime di malinconia e di ricordo.

Ora mi sentivo come quella bambina di un tempo, felice e spensierata con la sola voglia di vivere nel presente insieme al mio più grande amore.

Hinata esci fuori raccolgo le ultime cose e poi ti porto a fare un giro

la sua espressione rassicurante mi aveva convinta:i suoi occhi erano così profondi e sinceri, come avrebbero mai potuto mentirmi!

Ripercorsi il corridoio fino ad arrivare all’uscio di casa:nel cuore incombeva un’immensa paura ma ancora la ragione non riuscivo a comprendere.

All’improvviso mi girai come se avessi paura di lasciare una strada dalla quale ero stata rifiutata, ma in compenso, un’altra parte di me aveva contribuito a crearla.

Narutooo

gridai come se avessi il presentimento di un evento infausto ma la verità è che non volevo rimanere sola, non una seconda volta!

non preoccuparti vai ti raggiungo subito

il mio battito cardiaco accelerò e le lacrime incominciarono a scendere copiose dai miei occhi pieni di terrore.

Eppure nonostante questa mia paura mi rigirai e continuai a camminare, finché  non fui uscita completamente dalla casa.

Solo in quel momento capii che la vita di tutta la mia famiglia dipendeva da me, dalla mia esistenza:essendo la primogenita della famiglia una volta defunti i miei genitori il patrimonio familiare spettava a me ed evidentemente a qualcuno questo non andava affatto bene; e la gente del luogo lo sapeva ma la loro ignoranza e la loro codardia era troppa per avere un po’ di coraggio e dire la pura verità.

La conclusione era questa:se io avessi rimesso di nuovo piede in quella casa sicuramente non ne sarei uscita viva.

Solo allora mi girai di scatto e con quanta voce avevo in gola gridai il suo nome

NARUTO

………..ma ormai era troppo tardi.

Una grande esplosione aveva ridotto villa Hyuga in un inferno:il fuoco era così potente da sprigionare una tale energia da fare invidia al sole. Le piccole schegge di legno si mischiavano al fumo e alle ceneri che via via si andavano sempre più ad accumulare.

I miei occhi candidi guardavano inorriditi la scena tanto da non provare sgomento, ne stupore, ne odio ma solo una sensazione di totale vuoto come se in quel momento la terra, l’universo si fosse fermato davanti a quell’evento così tragico così triste che anche il cielo incominciò a piangere lacrime nere, amare per esprimere tutto il disprezzo che ha per il male che incombe sulla terra.

Mentre correvo verso la morte, la mia mente rammentava tutte le disgrazie successe alle povere genti che mi avevano conosciuto e che a causa mia ora non c’erano più!

Oltrepassai la porta della villa in fiamme:i miei occhi cercavano Naruto ma non riuscivano a vederlo.

Dopo tanto girovagare riuscii a trovarlo:teneva ancora in mano il fermaglio che mi aveva portato a compiere questa mia pazzia.

Abbracciai il suo corpo esanime:pur essendo la stanza completamente in fiamme le mie lacrime erano fresche e gli bagnarono il viso ormai segnato dall’incendio.

Avvicinai le mie labbra alle sue e con un semplice gesto gli diedi un lieve bacio.

Sentii il fuoco penetrarmi nelle vene e gli occhi completamente oscurarsi; gli arti superiori ed inferiori non rispondevano più ai miei comandi e orami il fumo asfissiante era penetrato nei polmoni.

Ed è così che mi accasciai al suolo mentre il fuoco bruciava lentamente la mia casa, Naruto e le mie speranze:il mio passato,il mio presente ed il mio futuro.

Questa è la mia storia, la storia di una semplice ragazza segnata da un destino ignoto a cui non poteva impedirne l’accaduto, di un’eccezione che oggi è la regola,del destino che incombe sull’umanità.

Questa è la mia storia, non parla di principesse e del loro lieto fine ma della morte della speranza di una ragazza vittima dal desiderio irrefrenabile di ritornare sotto il suo tetto, in una casa dove adesso regna la paura e la solitudine:la casa di nessuno!

 

…Good Bye my Dream but…She wants to go home!

   
 
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