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Autore: Fragolina84    31/07/2014    1 recensioni
Sequel di Un raggio di luce per l'umanità
Driven to tears, spinto alle lacrime.
Loki è tornato e vuole vendetta. Gli Avengers e soprattutto Tony saranno spinti alle lacrime dalla rabbia del semidio di Asgard che si abbatterà su ciò che hanno di più caro al mondo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I love Avengers'
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Victoria è molto preoccupata dalla piega
che sta prendendo la storia di sua sorella e Bruce Banner.
La cosa la porterà ad immischiarsi ma mettersi contro Hulk
non è mai una buona idea.
Buona lettura...
e, se vi piace, commentate, gente!
Grazie


«Beh, era ora che tua sorella si svegliasse un po’» commentò Tony, mentre accettava il bicchiere di Margarita che lei gli porgeva. «Francamente non capisco questa tua contrarietà, non è certo una bambina».
Victoria si era pentita di averne parlato con Tony più o meno nel momento esatto in cui aveva aperto bocca. Non era stato possibile nasconderglielo perché la conosceva bene e aveva capito che qualcosa la turbava. Così gli aveva rivelato che aveva beccato Violet a baciarsi con qualcuno, senza specificare chi: era evidente che omettere il chi toglieva un bel po’ di drammaticità all’intera faccenda.
«Era inevitabile che si sentisse offesa e se ne andasse, non avresti dovuto ficcanasare nei suoi affari».
Violet era partita un paio d’ore dopo il diverbio con Victoria. Le aveva chiesto se poteva usare il jet di Tony per tornare a New York e Victoria aveva cercato in ogni modo di farle cambiare idea, ma senza successo.
«Non ne voglio parlare, ok?» aveva sbottato alla fine. «Allora, posso prendere questo aereo o devo chiamare l’American Airlines?»
E se n’era andata, anticipando la fine della sua vacanza.
«Io non ho ficcanasato proprio per niente» replicò Victoria, posando il bicchiere di frizzante prosecco italiano.
«In fondo, non credo fosse la prima volta che baciava un ragazzo» sogghignò lui.
No, decisamente doveva dargli quell’informazione in più.
«Si stava baciando con Bruce» sputò alla fine. Banner se n’era andato, sicché poteva parlare liberamente.
«Oh, ma allora conosciamo anche il nome del fortunato» proruppe Tony, che evidentemente non aveva capito a chi si riferisse. «È uno della zona?» chiese.
Victoria rimase ad osservarlo finché lui non distolse lo sguardo. «Ho detto una cosa tanto stupida?» si domandò.
«Si stava baciando con Bruce Banner» ripeté lei, scandendo bene il nome, e stavolta arrivò a segno, tanto che il Margarita gli andò di traverso, facendolo tossire. «Adesso capisci un po’ più la mia preoccupazione?»
«Sei sicura di aver visto bene?»
Lei annuì. «Sì, sicura. E stamattina è uscita a fare colazione con lui».
«L’esuberanza di Violet mischiata con la timidezza di Bruce: è un bel cocktail» giudicò lui. «Vorrei esserci quando scoprirà che il suo timido professore è in realtà la macchina da guerra più efficiente che abbiamo» aggiunse, ghignando divertito. Probabilmente stava già pensando a come prendere in giro Bruce.
«Voi prenderla un po’ seriamente, per favore?» sbottò la donna, colpendolo alla spalla. «È proprio per questo che se n’è andata».
«Credo di non seguirti più, dolcezza».
«Le ho fatto vedere le immagini» confessò. «Jarvis, ti dispiace?»
Jarvis ripropose le immagini che aveva mostrato a Violet.
«Fury ti farà deportare in Siberia, quando se ne accorgerà!» esclamò, posando il bicchiere. «Sono documenti riservati, non avresti dovuto divulgarli».
«Non li ho divulgati. Ho solo cercato di far capire a Violet in che razza di storia si stava imbarcando».
«Con che diritto?»
Victoria si alzò in piedi e rovesciò il vino nel lavello: improvvisamente non ne aveva più voglia. «Con il diritto che mi spetta, dato che sono l’unica famiglia che le è rimasta».
Il padre di Victoria era morto d’infarto quando Violet aveva appena due anni, tanto che non se lo ricordava neanche. Sua madre se n’era andata sei anni dopo, stroncata dall’alcool, lasciando una ragazzina di otto anni nelle mani di una Victoria appena diciottenne. Victoria aveva in pratica cresciuto sua sorella, senza abbandonare i propri sogni e riuscendo anche a laurearsi, ed era naturale che provasse un forte senso di protezione verso di lei.
«Non è facile, sai?»
«Cosa? Badare a Violet?»
«No, essere tua moglie».
«Ah, ti ringrazio» disse Tony, alzandosi a sua volta e posando il bicchiere ormai vuoto.
«Hai capito cosa intendo. Non è facile essere la moglie di un supereroe. Quando vai in missione, non so mai se tornerai né in che condizioni. Nel caso di Bruce questo problema non esiste, dato che è praticamente indistruttibile, ma è incontrollabile. Se perdesse il controllo mentre è con lei?»
Tony ci pensò su un poco. «L’autocontrollo di Bruce è migliorato, ma è vero che non è perfetto». Scosse la testa, strizzandosi gli occhi con le punte delle dita. «Ma non poteva scegliersi qualcun altro?» borbottò, e Victoria sospirò.
«Mi dispiace per Bruce. Ma non posso permetterle di infilarsi in questa cosa».
Elizabeth arrivò dal piano di sopra, pronta per la cena, e mise fine alla discussione.
Nei giorni seguenti, Victoria tentò più volte di contattare sua sorella, ma Violet rifiutò tutte le chiamate. La cosa non fece altro che accrescere la sua convinzione: Violet era ancora una ragazzina, incapace di reagire in modo responsabile.
Sei giorni dopo la loro discussione, Bruce tornò a Villa Stark. Doveva incontrarsi con Tony ma questi era stato chiamato in ufficio da Pepper per un’emergenza, sicché aveva dovuto allontanarsi.
«È andato via pochi minuti fa, non ha fatto in tempo ad avvisarti».
«Non c’è problema. Lo chiamo stasera». La salutò e fece per andarsene, ma si fermò sulla porta. «Come sta Violet?» chiese poi, senza voltarsi.
«È tornata a New York venerdì scorso» rispose, un po’ stupita che avesse deciso di affrontare l’argomento. «Sta bene, credo».
«Credo?» ripeté, voltandosi: l’espressione sul suo viso non lasciava presagire nulla di buono.
«Non risponde alle mie telefonate» spiegò. «Ma Jarvis ha controllato e sta bene» si affrettò ad aggiungere.
«Già, nemmeno alle mie» sussurrò Bruce. Poi alzò lo sguardo verso di lei, con espressione colpevole. Si era reso conto di aver detto qualcosa che non avrebbe dovuto dire.
Victoria rimase stupita quanto lui dalla rivelazione e tacque. Bruce chiuse la porta e tornò da lei, sedendosi sul divano.
«Io e tua sorella siamo usciti insieme un paio di volte».
Quindi non c’era stata solo quella colazione al Coffee Beans.
«È carina e mi piace parlare con lei». Sorrise, con lo stesso sorriso che lei gli aveva visto stampato sul volto quando lo aveva sorpreso in compagnia di Violet, sugli scalini che portavano al laboratorio. «Non avevo mai parlato così tanto con una persona da quando…»
Da quando quella maledetta esplosione di raggi gamma mi ha trasformato in un mostro, voleva dire, ma non lo fece.
«Mi aveva detto che sarebbe rimasta qui a Malibu anche questa settimana» proseguì, «ma quando ho provato a chiamarla sul cellulare non mi ha mai risposto e ora tu mi dici che è via da una settimana».
A Bruce mancavano evidentemente diversi pezzi di quella storia. Non sapeva che Victoria si era intromessa tra loro due e ora, per la prima volta, ebbe l’impressione di aver sbagliato. L’uomo sembrava davvero colpito dal comportamento di Violet, come se si fosse aspettato che quella storia potesse trasformarsi in qualcosa di più. E la sua successiva affermazione, glielo confermò.
«Sai, pensavo che stavolta… cioè, lei è già dentro a questo mondo, conosce Ironman e tutto il resto. Pensavo che sarebbe stato più semplice dirle chi sono in realtà».
Victoria avrebbe voluto essere a chilometri di distanza, in quel momento. Aveva sbagliato tutto, doveva dare ragione a Tony. Si era intromessa pensando di fare il bene di Violet. L’aveva fatto in buona fede, certo: ma si era messa fra di loro e non avrebbe dovuto.
«Lo sa già» disse senza pensare. Lui taceva e Victoria sollevò lo sguardo. Bruce non la stava guardando: aveva la testa china, osservava le proprie mani.
«Che cosa… come? Come ha fatto a saperlo?»
«Gliel’ho detto io». Anche Victoria stava fissando le sue mani e le vide contrarsi a pugno quando pronunciò quelle parole. «Era confusa, pensava che tu fossi qualcun altro e ho dovuto metterla…» cercò di spiegare, ma lui la interuppe.
«Metterla in guardia da me?» disse, e a Victoria non sfuggì la sfumatura roca che aveva assunto la sua voce.
«Ora calmati, Bruce. Sai che non è così» provò a dire, ma l’uomo scattò in piedi all’improvviso. Victoria si spaventò e si alzò a sua volta, allontanandosi da lui.
«E com’è?» gridò, e già era l’altro che parlava.
Victoria si era augurata di non assistere mai alla trasformazione di Bruce, ma osservò orrendamente affascinata mentre i muscoli sulla schiena e le braccia di Banner si gonfiavano a dismisura. La camicia che indossava si strappò e i brandelli caddero a terra.
Bruce gridò di nuovo, inarcando la schiena, le mani contratte ad artiglio, mentre il suo corpo veniva deformato dalla trasformazione. Victoria era rimasta imbambolata davanti a quello spettacolo, ma si riscosse e ordinò a Jarvis di chiamare Tony.
«Lo sto già facendo, signora» replicò il computer, ma era troppo tardi.
L’ultimo barlume di coscienza si spense negli occhi di Bruce. Ora era in tutto e per tutto l’altro, Hulk. Victoria indietreggiò ancora e lui la fissò con quello sguardo che non aveva niente di umano. Il cuore le batteva a mille, ma cercò di mantenere la calma.
Fece un altro passo indietro ma inciampò sullo spigolo del tavolino e cadde. Il vaso di rose bianche si rovesciò, l’acqua fuoriuscì bagnando il tappeto e i fiori si sparpagliarono. Nonostante la mole, Hulk fu un fulmine e si gettò su di lei. Victoria alzò le braccia per proteggersi, rendendosi conto di quanto labile fosse quella protezione davanti alla furia di Hulk.
«Fermati!» gridò. «Per Violet».
Incredibilmente, Hulk si bloccò. La donna sbirciò cautamente e lo vide che torreggiava su di lei, leggermente piegato come se non fosse in grado di stare perfettamente eretto. Ansimava e stringeva convulsamente i pugni simili a pesanti magli, ma nei suoi occhi c’era qualcosa di diverso. Si era fermato quando aveva nominato Violet, come se quel nome avesse suscitato qualcosa in lui.
Poi, con gesto repentino, sbatté i pugni sul pavimento e l’intera casa tremò. Girò su se stesso e si lanciò contro la finestra. La sfondò senza rallentare e si gettò nell’oceano, scomparendo.
Victoria rimase a terra, ansimando mentre l’adrenalina pompava ancora nelle sue vene. Aveva corso un rischio terribile con Hulk: non aveva dubbi che a quel bestione di tre metri sarebbe bastato usare un’infinitesima parte della sua forza per liberarsi di lei.
La macchina da guerra più efficiente che abbiamo, così l’aveva definito Tony, e solo ora capiva quelle parole. Lei l’aveva visto in azione a New York, ma quell’esperienza non era stata nemmeno paragonabile al fatto di trovarselo di fronte, trasformato dalla sua stessa furia.
«Signora, il signor Stark è in linea».
Jarvis interruppe i suoi pensieri e la voce preoccupata di Tony la riscosse.
«Vicky, che succede? Jarvis mi ha detto che c’è un problema con Bruce».
Brian accorse, seguito dal personale della casa. La donna tentò di rimettersi in piedi, ma le tremavano le gambe e dovette aggrapparsi al divano per riuscire a sollevarsi. Brian la sorresse, aiutandola a sedersi sul divano.
«Victoria, ci sei?»
«Sì, sono qui» rispose con voce flebile e incerta.
«Qual è il problema?»
«Bruce sa perché Violet se n’è andata. E sa anche che è colpa mia».
«Se n’è andata da una settimana e non ha fatto domande. E comunque, come farebbe a sapere che le hai rivelato la sua seconda identità?»
«Perché gliel’ho appena detto» replicò, preparandosi alla sfuriata di Tony.
Tony rimase in silenzio per un tempo talmente lungo che lei pensò che avesse già indossato l’armatura e si stesse precipitando a casa.
«Cosa mi stai dicendo, Vicky? Che hai telefonato a Bruce dicendogli: ehi, amico! Ti ricordi la mia cara sorellina Violet? Beh, sappi che le ho detto che in realtà sei una montagna di muscoli verdastra alta tre metri e incapace di controllarsi. Sì, per questo se n’è andata… dimmi che mi stai dicendo questo».
Victoria strinse i denti. L’adrenalina nel sangue stava evaporando velocemente e lei non si sentiva più così baldanzosa.
«Sì, più o meno. Solo che non gliel’ho detto al telefono». Victoria raccolse una rosa caduta a terra e la posò sul tavolino, meravigliandosi che la sua mano tremasse tanto. «Era qui» sussurrò.
«COSA?» La voce di Tony fu terribile e Victoria fu sollevata che fosse a Los Angeles. «Mi stai dicendo che Bruce era lì accanto a te e tu hai pensato di sparargli addosso una notizia del genere?»
«Mi ha chiesto di lei e non ho potuto mentirgli».
«Lui come l’ha presa?» chiese seccamente.
«Beh… diciamo che avremo bisogno di una nuova vetrata in salotto» disse lei, voltandosi a guardare la devastazione che il gigante aveva operato.
«Aspetta un attimo» sbottò Tony. «Banner si è trasformato?»
«Sì».
«Non muoverti, sto arrivando» disse lui senza dire altro.
«Tony…» provò a dire, ma lui aveva già riattaccato.
  
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