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Autore: Dragon_Flame    01/08/2014    4 recensioni
Firenze, luglio 2013.
La vita di Lidia Draghi, adolescente alle prese con l'ultima estate prima degli esami e con la fine di una relazione sofferta, prende una svolta inaspettata nell'incontro con Ivan Castellucci, padre di Emma, che deve affrontare un difficile divorzio.
Una strana alchimia li lega e la certezza di aver trovato la propria metà si fa pian piano strada nei loro cuori. L'unico problema sta nella loro differenza d'età: vent'anni. Lidia ha diciott'anni, Ivan trentotto. Aggiungiamo poi una madre impicciona, un ex-ragazzo pedante, un fratello inopportuno e pseudo ninfomane, un'ex-moglie inacidita che cerca di strappare a Ivan la loro unica figlia e mixate il tutto.
Mille difficoltà ostacoleranno la relazione segreta fra i due protagonisti, ma il loro sentimento sarà più forte del destino che sembra contrario al loro amore?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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10.

 

 

Alle sei e mezza di mattina del 22 luglio, da Piazza della Signoria, cominciò il viaggio delle quattro famiglie verso Breuil-Cervinia, nella località di Valtournenche.

I quattordici partecipanti alla vacanza si erano sistemati in quattro auto: Sara e Domenico erano in macchina con Eva e il suo ragazzo Matteo, Maria e Giorgio invece con Céline e Federica, la figlia di Tony e Rita, tornata improvvisamente a casa per passare un po' di tempo con i genitori dopo aver dato gli ultimi esami universitari, che si era aggiunta alla comitiva prendendo il posto di Diego, il quale aveva infine deciso di non prendere parte alla vacanza. Emma e Marco, invece, erano stati irremovibili nella loro decisione: non volevano essere separati durante il lungo tragitto fino in Valle d'Aosta, per cui insistettero fino a che non fu concesso loro di poter viaggiare insieme nella Ford Fiesta di Rita e Tony, che avevano ovviamente accettato di occuparsi di loro per tutta la durata del percorso. I due bambini non potevano restare in macchina con Ivan, dato che questi, avendo preso una macchina a noleggio perché la sua era inutilizzabile, si era ritrovato con una Audi TT Roadster blu a due posti. Per decisione comune, quindi, Lidia dovette viaggiare nella macchina di Ivan, il che non dispiacque loro per nulla.

"Non poteva capitarci di meglio" disse Ivan con un sorriso a fior di labbra, commentando la proposta di Sara che era stata accettata da tutto il gruppo. "Sara ci ha inconsapevolmente favoriti."

Lidia rise divertita.

"E' un bel colpo di fortuna, questo... non ci siamo più visti dalla cena!"

"Be', adesso almeno abbiamo tutto il tempo che vogliamo per parlare e stare insieme un po' da soli."

"Già."

Per la verità, durante la prima ora i due non parlarono granché; Ivan era concentrato sulla guida, mentre Lidia sonnecchiava per l'alzataccia mattutina che le aveva portato via almeno due ore di sonno. Ad un certo punto, accorgendosi che la ragazza accoccolata sul sedile anteriore del passeggero si era assopita, l'infermiere pensò bene di farle uno scherzo, inserendo uno dei tanti CD che si era portato via nel lettore musicale e alzando il volume al massimo, per poi dare il via alle danze selezionando la canzone 'Innervision' dei System Of A Down.

Il tuonante rombo del basso e il martellare ritmato della batteria invasero subito a volume insostenibile l'abitacolo. Lidia saltò letteralmente sul proprio posto e si levò a sedere guardandosi intorno con faccia confusa e smarrita trattenendo un grido spaventato, incenerendo poi con sguardo assassino l'uomo non appena comprese che cosa stava accadendo.

Ivan intanto si stava sganasciando dalle risate.

"Cielo, che reazione che hai avuto!" esclamò ridendo a crepapelle, allungando successivamente un dito verso il dispositivo per abbassare il volume al minimo. "Veramente, mi hai fatto morire!"

"Ma sei matto, Ivan? Mi hai fatto venire un colpo!" protestò inviperita la castana, voltandosi a guardarlo in cagnesco.

L'uomo rideva ancora quando improvvisamente la sua voce si incrinò in un gemito di dolore. La ragazza aveva allungato una mano e gli aveva dato un pizzico sulla coscia destra. Piccolo, ma doloroso.

"Ahi! Mi fai male" mugolò, allontanando una mano dal volante per afferrare quella di Lidia e costringerla a mollare la presa sulla sua gamba.

"Così impari a farmi questi scherzi idioti" gli rispose la giovane, cedendo alla forte presa delle dita di Ivan sul suo avambraccio. Poi, però, la mano dell'uomo scivolò lentamente nella sua e la strinse piano, senza lasciarla andare. Il moro le lanciò uno sguardo veloce, poi entrambi scoppiarono a ridere.

"Ora siamo pari" decretò lui, lasciando il polso della ragazza per tornare a guidare la Audi con entrambe le mani.

Con il sottofondo delle canzoni preferite dell'uomo, molte delle quali piacevano anche a Lidia, i due continuarono a parlare del più e del meno fra loro, facendo scorrere velocemente la successiva ora e mezza di viaggio.

Ben presto le quattro auto entrarono nei confini regionali della Liguria e seguirono la Via che costeggiava il Mar Ligure, arrivando in una mezz'ora a La Spezia. Qui fecero una pausa di mezz'ora, poi alle dieci meno venti della mattina ripartirono, prendendo un'arteria stradale dell'entroterra. Intorno a mezzogiorno erano nei pressi del punto di confine di Liguria, Piemonte ed Emilia-Romagna in cui si entrava nella regione con capoluogo Torino. I quattordici vacanzieri si fermarono per un'oretta a pranzare e rifocillarsi a Novi Ligure, poi ricominciarono all'una il tragitto verso Cervinia.

Faceva un caldo insopportabile. Lidia parlava poco e Ivan si concentrava sulla strada, lanciandole ogni tanto un'occhiata per assicurarsi che stesse bene, dato che, con la sua pelle chiara e la sua bassa capacità di adattamento alle alte temperature, la ragazza rischiava continuamente colpi di calore.

I due, intanto, ricominciarono a chiacchierare fra loro. La conversazione prese una piega inaspettata quando Lidia pose all'uomo una domanda che non si aspettava.

La ragazza stava ripensando alla conversazione avuta con Céline la sera della cena a casa sua. Lei, in fondo, non sapeva quasi nulla di Ivan, a parte ciò che era riuscita a sapere o le avevano raccontato, per cui gli pose una domanda personale.

"Mi racconti qualcosa della tua vita? Io non so quasi niente di te."

Ivan rimase spiazzato dalla richiesta, perché non era piacevole, per lui, parlare della sua giovinezza. Non aveva molti bei ricordi dell'infanzia e dell'adolescenza.

"Non credo che ci sia molto da raccontare" replicò evasivo.

"Ma tu mi hai vista crescere... non è giusto. Tu sai tutto della mia infanzia, mentre io non so niente. Raccontami qualcosa di te" insisté lei con un sorriso dolce e furbo allo stesso tempo.

L'infermiere sospirò.

"Be', a grandi linee sai tutto... e, per il resto, non c'è molto da dire."

"Temi di consumarti la lingua a parlare così a lungo?"

"E tu sei sempre così brava a rigirare i discorsi a modo tuo?"

"Anche tu non te la cavi male." Lidia sorrise appena. "In verità, ho delle curiosità che spero soddisferai, ma mi imbarazza chiederti del tuo passato. So che non hai avuto una vita tranquilla."

Gli occhi nocciola dell'uomo si puntarono su di lei brevemente. La ragazza vi lesse dentro una sottile malinconia, una sorta di cupa mestizia che velava i suoi occhi, rendendoli seri.

"Che cosa vuoi sapere?" concesse infine, sistemandosi meglio a sedere sul suo sedile.

Lidia esitò qualche secondo su come porgergli la domanda, poi però si fece coraggio.

"Céline mi ha raccontato che sei cresciuto con un padre autoritario... come è successo tutto ciò?"

"Be', sai che i miei genitori sono divorziati. Mia madre si era sposata con Emiliano - mio padre -, perché era incinta. Aveva solo diciotto anni, lei. Lui non è mai stato il tipo di uomo che ogni donna vorrebbe avere come marito e padre dei propri figli, perché era assente, dispotico e indipendente, un uomo che non doveva farsi una famiglia. Ma fino a qui era tutto a posto, relativamente. Fu quando mia madre se ne andò di casa con me che le cose cambiarono. Io avevo appena sei anni e lei voleva che suo figlio crescesse con un uomo che fosse presente e affettuoso, e non rigido e severo come mio padre. Lei aveva incontrato Giovanni, voleva lasciare mio padre e rifarsi una vita con il padre di mio fratello Gianluca. Ma Emiliano chiese il divorzio e dopo sei anni di lotte in tribunale fui affidato esclusivamente a lui." Ivan tirò un sospiro profondo, passandosi una mano tra i lisci capelli del colore dell'ebano per ravviarli. "E' questo che voglio evitare ad Emma. Il dolore di un divorzio difficile e tormentato, come quello che ho subìto io. Questi trascorsi mi hanno segnato molto. E hanno marcato anche mio padre. Diventò ancor più rigido e autoritario con me e ai miei diciotto anni ero giunto al limite della sopportazione. Era violento, persecutorio, opprimente. Un tiranno, in poche parole. Fu il nostro ultimo litigio a causare la rottura definitiva. Allora me ne andai via da casa. Allora era diventata Bologna - dove abita mio padre ancora oggi, a quanto ne so. Me ne tornai da mia madre a Firenze. Da vent'anni a questa parte non l'ho più voluto vedere né tanto meno parlarci. Con lui ho chiuso definitivamente qualsiasi tipo di rapporto civile."

Lidia tacque per qualche istante. Non sapeva nulla di tutto ciò. Era a conoscenza del nuovo matrimonio di Miriana, la madre di Ivan, e della nascita di suo fratello Gianluca, ma non era mai venuta a sapere che l'infermiere aveva vissuto una vita infernale con un padre dispotico. La ragazza si rese conto di avergli posto una domanda troppo difficile e si morse il labbro incerta, non sapendo cosa dirgli.

"Ho recuperato il rapporto con mia madre e ne ho stabilito uno con Giovanni, che non vedevo da più di dodici anni, e con mio fratello, che allora ne aveva appena due. E poi il resto lo sai: ho cominciato l'università, a tirocinio ho conosciuto tua madre che allora era già un'infermiera, siamo diventati amici, sei nata tu... poi ho conosciuto quella vipera di Alessia, mi sono disgraziatamente sposato con quel rettile, è nata la mia piccola, dolcissima Emma... e via discorrendo torniamo agli avvenimenti più recenti" narrò Ivan terminando il suo racconto, assumendo un'espressione più rilassata di quanto non fosse realmente.

Lidia però notò la sua tensione. Aveva osservato il suo comportamento e aveva compreso che parlare di suo padre gli aveva portato il morale a terra. Ma quanto sei scema, eh?, s'insultò mentalmente da sola, cercando disperatamente un modo per uscire da quella situazione spinosa e magari di risollevargli anche il morale.

"Scusami, non avrei dovuto porti una domanda del genere" riuscì infine a spiccicare a bassa voce, alzando sul conducente del veicolo uno sguardo di scusa.

Lui replicò con calma pacata.

"Tranquilla, Lidia, tu non potevi certo saperlo. Ti chiedo solo di non pormi più domande del genere, ora che sai. Non è piacevole rievocare ricordi dolorosi."

La giovane assentì col capo.

"Hai ragione" concordò.

"Ti va di ascoltare un po' di musica?" chiese lui, cambiando argomento.

"Per me possiamo anche parlare di qualcosa oppure stare in silenzio, è uguale."

"Che ne dici se ci ascoltiamo un album di Serj Tankian?" propose Ivan.

I limpidi occhi azzurri di Lidia brillarono e un largo sorriso fece capolino sulla sua bocca, rivelando due file di denti candidi e disposti ordinatamente. Quel sorriso smagliante trasmise un po' di buonumore anche all'uomo, che tornò spigliato e allegro come al solito.

"Allora, quando mi dicevi di essere un fan accanito del nu metal, non mentivi" asserì lei frugando tra i CD sistemati disordinatamente in un vano situato tra i due sedili. Alla fine la pallida mano della ragazza pescò proprio il disco musicale che lei cercava. Lo sfoderò tenendolo fra l'indice e il medio della mano destra.

"Et voilà! Che ne pensi? Ti va di ascoltare 'Harakiri'? Le canzoni sono tutte fantastiche."

"Anche 'Elect The Dead' è un album molto bello."

Lidia ridacchiò.

"Tu dici, ma io reputo quest'ultimo la migliore di tutte le sue opere da solista. Insisto per ascoltare questo album."

Ivan sbuffò seccato.

"D'accordo, sarò cortese come dev'essere un uomo con una signorina e ti farò questa concessione, ma la canzone la deciderò io."

"Hai un concetto molto personalizzato di chivalry, lo sai?" osservò la castana con un sorriso ironico dipinto sulle labbra.

"Che diavolo è questo chivalry? Da dove l'hai tirato fuori?" replicò incuriosito l'infermiere, lanciando un'occhiata alla passeggera.

"Possibile che non ti ricordi niente di inglese? Io ho studiato il concetto di chivalry in terzo anno: è l'usanza medievale secondo la quale l'uomo è sempre in dovere di favorire una donna, di renderle i suoi servigi, di proteggerla eccetera eccetera. Insomma, ha il dovere di comportarsi da vero cavaliere" gli spiegò in poche parole.

"Non credo che per me questo concetto valga. Sì, sono gentile e cortese, ma fino a un certo punto" rispose Ivan.

"E anche modesto" aggiunse sarcasticamente Lidia scoppiando in una sonora risata.

"Comunque, è già tanto che riesco a parlare in italiano e non in fiorentino stretto. Io sono negato per le lingue straniere, lo sai? Non puoi chiedermi di tradurre dall'inglese. Per me è come aramaico antico" replicò l'uomo, rivolgendole un sorriso ironico.

Lidia mostrò ancora i suoi denti candidi, un ghigno divertito che arricciava le sue labbra rosse e carnose.

I due continuarono così a lungo, parlando e scherzando, conversando su vari argomenti, dai più banali ai più personali, approfondendo un po' la loro conoscenza. Intanto il tempo scorreva veloce e, tra una pausa e un tratto di strada, verso le due e mezza del pomeriggio le quattro vetture cominciarono ad inerpicarsi lungo i fianchi delle prime montagne, che man mano diventavano sempre più acute ed elevate. Un paesaggio magnifico si apriva davanti agli occhi dei viaggiatori: vette scintillanti per le perenni nevi pure e cristalline che le ricoprivano ininterrottamente per tutto l'anno, valli smeraldine attraversate da fiumi placidi e azzurri, stambecchi, marmotte, camosci e varie specie di rapaci diurni che di tanto in tanto si scorgevano in mezzo alla vegetazione, alle rocce o in alto nel cielo, pittoreschi villaggi montani, con le caratteristiche chiesette affiancate da torri campanarie, adagiati lungo i brulli fianchi di una vetta o arroccati in cima a qualche picco isolato. Quello era un mondo nuovo per molti dei membri dell'allegra comitiva, una dimensione meravigliosa da esplorare, conoscere ed ammirare per due intere settimane.

Fu così che, continuando il loro lungo tragitto attraverso vette, valli e valichi, intorno alle cinque e mezza del pomeriggio il gruppo di viaggiatori fiorentini mise piede per la prima volta nella piazza principale della piccola Breuil-Cervinia, a due passi dal confine elvetico.

 

***


 

Era ormai giunto il tardo pomeriggio di quella domenica di fine luglio. I quattordici viaggiatori avevano finalmente deposto le valigie nei rispettivi appartamenti affittati, disfacendo poi i bagagli più leggeri. Si erano rinfrescati e cambiati d'abito: dopo un tragitto di otto ore - togliendo le soste lungo le varie autostrade e strade percorse - era proprio quello di cui avevano bisogno. Intorno alle sei e mezza si erano riuniti in un punto prestabilito ed avevano fatto un rapido tour del villaggio, incantati dal panorama e sorpresi dalle piccole ma nette differenze tra la vita frenetica a Firenze e la tranquilla quotidianità delle vette alpine.

Lidia, Céline e Maria erano gli unici a comprendere le persone che parlavano loro in francese, dato che lì la popolazione era bilingue. Ivan, completamente negato per le lingue straniere, non si staccava mai dalla figlia di Sara per avere tutte le traduzioni possibili di frasi, dialoghi, scritte, mentre Domenico lo teneva d'occhio con sguardo vigile e critico. Il collega di sua moglie, ultimamente, passava decisamente troppo tempo con Lidia, a detta sua.

Intorno alle otto si riunirono in una pizzeria della zona, dove mangiarono e si rifocillarono in compagnia e convivialità. Ben presto i più piccoli della comitiva cominciarono a sbattere insistentemente le palpebre, nel vano tentativo di vincere il sonno che cominciava ad annebbiargli la mente: Emma e Marco si addormentarono dopo qualche minuto dalla fine della cena, sfiniti dall'alzataccia mattutina, dal lungo viaggio e dalle novità della giornata.

"Credo che sia meglio riportarli agli appartamenti... Sono stanchi, poverini" mormorò Lidia, prendendo tra le braccia Marco perché la sorella del ragazzino non voleva traspostare il fratello fino alla casa in cui alloggiavano tutti quanti.

Ivan sollevò senza sforzo il corpicino inerte di sua figlia, prendendolo fra le braccia delicatamente.

"Ragazzi, noi accompagnamo i bambini alle loro camere. Hanno bisogno di riposo" spiegò l'infermiere, allontanandosi poco dopo con Lidia.

Il tragitto fu piuttosto breve. Nella casa regnava il silenzio più assoluto. Ivan e Lidia entrarono con i due piccoli ancora in braccio, procedendo a tastoni nel buio perché non riuscivano a trovare l'interruttore della luce. Ad un certo punto la ragazza trovò il tasto e lo premette, facendo illuminare la stanza.

"Dovrebbero lavarsi i denti prima di andare a dormire" esordì critico Ivan non appena vide che Lidia stava sistemando Marco sotto le coperte del suo lettuccio dopo avergli soltanto sfilato scarpe, maglietta e pantaloncini.

La castana s'accigliò.

"Per una sera non succede nulla, l'importante è che domani mattina se li lavino" ribatté lei con un'alzata di spalle. "Non farci l'ossessione con l'igiene... per una volta non importerà granché."

"Ma sono un infermiere" replicò lui. "E' ovvio che io abbia la fissa per l'igiene e la pulizia."

"Oh, non hai solamente quella fissazione" osservò sarcasticamente la ragazza. "Se anche ossessionato dal dovere, dall'obbligo, da ciò che pensano o vogliono gli altri..."

Ivan non rispose alla provocazione, perché sapeva che Lidia aveva ragione. Sistemò Emma nel suo letto, coprendola bene per non farle prendere freddo. Anche se era piena estate, in montagna di notte l'aria si rinfrescava comunque di molto e si poteva rischiare di raffreddarsi.

L'uomo osservò per un minuto sua figlia, il cui volto sereno era disteso in un sorriso rilassato. Quindi si girò verso la ragazza, avvicinandosi a lei di un passo.

"Alessia mi ha detto che vuole il divorzio" disse in un soffio. "Credo che punti a strapparmi la custodia di Emma in modo definitivo. Vuole seguire il suo amante che se ne va all'estero a vivere e quindi ha intenzione di trascinare con sé anche Emma. Vuole andarsene a vivere in Germania con Giacomo. E me la porterà via. Mi porterà via mia figlia."

Lidia ascoltò la sua frase con un'espressione grave e composta negli occhi. Ivan si stava trattenendo, ma la rabbia e il terrore che provava in quel momento trasparivano dalla tensione dei suoi tratti somatici e dall'incurvatura accentuata della linea delle spalle, la quale sottolineava la sua stanchezza psicologica. La castana mosse un passo in avanti e gli posò per un momento una mano sulle braccia incrociate sul petto muscoloso, poi lo cinse con entrambe le braccia, posando la testolina nell'incavo del suo collo teso. Avvertì chiaramente il suono del suo respiro inquieto e il battito accelerato del suo cuore. Poi due braccia possenti la avvolsero e lei sentì la figura imponente di Ivan aderire alla sua.

L'uomo posò il mento sul capo di lei, inspirando profondamente il profumo di lavanda dei capelli mossi e serici della castana.

"Mi dispiace, Ivan. Queste non sono situazioni facili" fu la breve risposta della giovane.

Le era odioso ripetere frasi fatte, ma non sapeva proprio che dire per risollevargli un po' il morale.

"L'unico modo per ottenere la custodia esclusiva di Emma, per me, sarà quello di comportarmi da padre modello e dedito esclusivamente alla famiglia. Mi duole dirtelo, ma ci sarà molto difficile vederci, da quel momento in poi..." continuò il moro, aumentando la tensione delle braccia e stringendo più fortemente a sé la figura snella di Lidia.

La ragazza scostò la testa da sotto il volto dell'uomo, levando le luminosi iridi azzurre, simili a frammenti di cielo estivo, su di lui. In esse si riflettevano determinazione, ostinazione, voglia di sfidare il destino. Quello sguardo era così diretto e penetrante che Ivan ne rimase impressionato.

"E quindi faremo in modo di vederci di nascosto, un po' meno spesso. Ma i nostri incontri dovranno essere indimenticabili, in tutti i sensi. Promesso?" decise la ragazza ponendo all'uomo una questione precisa.

"Va bene, te lo prometto" dichiarò Ivan, sporgendo poi il volto per posare un tenero bacio sulle labbra morbide della creatura che stringeva fra le braccia.

Lidia reagì con entusiasmo e ardore a quel gesto, avvinghiandosi a lui e alzandosi in punta di pedi per eliminare quei centimetri di altezza che le rendevano tanto scomodo baciare Ivan in quel modo. Le loro lingue si lambirono dolcemente in una danza sensuale, mentre le loro labbra non finivano mai di cercarsi, di sfiorarsi, di assaporarsi.

Dopo qualche istante di staccarono, riprendendo il fiato e guardandosi negli occhi con un sorriso appena accennato. Poi Ivan si ricordò del rischio che correvano se avessero svegliato i bambini. Prendendole la mano, la trascinò con sé fuori della cameretta, richiudendo piano la porta alle loro spalle.

"Ora dobbiamo andare, altrimenti mio padre potrebbe pensare male" considerò Lidia con un filo di dispiacere nella voce.

"Domenico? Cosa mai potrebbe sospettare?" chiese l'infermiere mentre i due si dirigevano verso l'uscio della casa, uscendo poi da esso per tornare direttamente alla pizzeria.

Si presero per mano, camminando fianco a fianco per i viottoli del villaggio alpino.

Lidia sospirò pesantemente, posando la testa sulla spalla del suo accompagnatore.

"Prima ho notato che ti guardava in cagnesco ogni volta che ti avvicinavi a me... potrebbe anche sospettare qualcosa. Per cui, almeno davanti a lui, limitiamo i contatti e le conversazioni."

Ivan non sembrava per nulla d'accordo, tuttavia abbassò il capo con rassegnazione, accennando a un mesto assenso.

"Ok" mormorò semplicemente come risposta.

I due sciolsero la loro stretta e si affiancarono l'un l'altra camminando tranquillamente non appena svoltarono l'angolo prima della pizzeria, nascondendo per l'ennesima volta al mondo la loro relazione, mentre l'occhio critico e indagatore di Domenico, il quale li attendeva fuori del locale, si soffermava su di loro con insistenza e scrupolosa attenzione.
 

***


 

N.d.A.
Salve a tutti! :D
Eccomi qui con il nuovo capitolo! Non succede molto neanche qui, ma nel prossimo... Mah, non aggiungo nulla, se non che la storia andrà avanti ancora per tanto tempo e che non ho intenzione di abbandonarla perciò sono decisa a completarla e lo farò.
Ho solo da aggiungere che mi dispiace non poter rispondere subito alle vostre recensioni, ma in questi giorni ho un lavoretto estivo e un'orda di amici in un via vai continuo che mi tiene occupata per gran parte della giornata e tante idee che mi frullano per la testa e che sviluppo appena posso, anche se tuttavia raramente. Perciò non risponderò subito, ma le ho lette e mi sono commossa T^T E mi farò viva domani sera, credo, perché dovrei essere libera. Stasera sono molto stanca, per cui mi dileguo subito.
Grazie a chi ha recensito, ossia hi_guys, sabrinacaione, Daisy90 e Tanny <3 e grazie anche a chi ha letto il capitolo o la storia. ^^
Bon, ora mi dileguo davvero, a momenti mi addormento sulla tastiera.
Grazie ancora a tutti e spero che il capitolo vi sia piaciuto.
Buona notte :*


Flame
  
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