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Autore: peciota    01/08/2014    1 recensioni
Se avete letto "Oltre la notte" questo potrebbe essere un seguito. Diciamo che siamo oltre la fine della 5 stagione e ho pensato a come far evolvere ciò che è successo tra Kensi e Deeks. Idealmente questa fanfiction è la seconda parte di una trilogia che iniziata con il ritorno di Kensi dall'Afghanistan farà affrontare ai due protagonisti i loro fantasmi o meglio gli aspetti non risolti della loro vita. In questa parte, a più capitoli, sarà Kensi che avrà a che fare con il suo passato e dovrà fare i conti che ciò che era e ciò che avrebbe voluto che fosse. In un altra parte, a cui sto lavorando in contemporanea, sarà invece la volta di Deeks. Poi non è detto che sarà tutto rose e fiori ma almeno saranno un po' più sereni. Qui dovrebbe esserci anche una parte di azione che però mi impaurisce leggermente: non sono capace di descrivere scene d'azione nè di inventarmi storie credibili, vediamo cosa ne uscirà fuori. GRAZIE a chiunque passi di qui
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kensi Blye, Marty Deeks, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il suono delle voci arrivava attutito dalle pareti foderate di legno scuro e dalle grande distanze tra i tavoli. Kensi era leggermente tesa ma, si accorse sorpresa, non per il suo compagno al di là del tavolo ma proprio per l’ambiente. Tutto lo faceva apparire un appuntamento galante e non le sembrava il caso. Aveva già vissuto un’esperienza del genere ma, allora, la situazione era molto diversa.

Mise le mani in grembo e aspettò, guardando l’uomo che aveva, inutilmente, teso una mano verso di lei.

“L’ultima volta che ci siamo visti non mi sembravi così sulle tue, Kensi”

“Era diverso e tu lo sai”

“Kensi…”

Lei prese un respiro profondo, si guardò un attimo in giro poi indirizzò al suo compagno uno sguardo molto più dolce e affettuoso di quello di prima.

“Sono contenta che tu stia bene, Jack…”

“Si, bene, sto bene. La mia vita è cambiata un’altra volta e adesso sono di nuovo qui”

“Cosa è successo? Cosa ti è successo veramente in questi anni? Perché sei andato via e adesso sei tornato?” non voleva ma due lacrime scesero lungo le guance e lei si affrettò ad asciugarle con un gesto veloce della mano.

“Ti giuro che l’ultima cosa che volevo era farti soffrire… quando ti ho rivista è come se gli anni non fossero passati e tutto era di nuovo come prima, io e te, di nuovo insieme” Jack sorrise, e quel sorriso che Kensi conosceva così bene, mai troppo aperto e sempre un po' triste, quel sorriso che le ricordava tanto suo padre, ebbe il potere di farle sentire di nuovo quel sentimento, misto tra malinconia e rimpianto, che conosceva così bene quando pensava a lui. Jack avvicinò di più la mano a Kensi e lei vinse la sua ritrosia e glie la strinse, sentendo un piccolo brivido lungo la schiena.

“Come mai sei tornato?” domandò ritirando la mano con una punta di imbarazzo “Non c’era un villaggio dove vivevi?”

“Si, il villaggio c’è ancora, lì ci sono tante persone a me care, molto care e sono qui per questo”

“In che senso? Non capisco…”

Jack rimase in silenzio per qualche secondo

“Ho lavorato per la CIA, Kensi, diciamo che sono sul loro libro paga. Sono americano, anche se mi sono convertito, ho addestramento militare e conosco la gente del luogo, sono un agente ideale per loro. In cambio hanno promesso che avrebbero protetto il mio villaggio. Io aiuto loro e loro aiutano me. Solo un equo scambio”

“Capisco, tipico della CIA, se ci pensi”

“Comunque per rispondere alla tua domanda sono tornato per due motivi: sono venuto a conoscenza di una cellula dormiente potenzialmente pericolosa qui a Los Angeles e sono stato incaricato di effettuare un’operazione congiunta con l’NCIS per trovarli e fermarli”

“Con l’NCIS? Con noi?”

“Si, lavoreremo insieme. Abbiamo fatto tante cose insieme ma lavorare mai… Sarò bello, vero Kensi?”

“Si” rispose lei con tono gentile ed emozionato “sarà bello…però…”

“Però?”

“Agente della CIA… è sempre un agente federale ma la CIA ha una brutta nomea. Non so, mi sa di subdolo, di troppo misterioso”

“Anche Hetty era nella CIA non dimenticarlo”

“E’ vero, touchè” Un lampo nel buio e una frase < Deeks, hai visto? Ho usato la parola “touchè” al momento giusto! > un pensiero che la sconvolse più di quanto poteva immaginare: era in un bel ristorante, con un uomo che aveva quasi sposato e amato con tutta sé stessa, che aveva rivisto in circostanze tragiche dopo quasi otto anni, che le aveva telefonato solo due ore prima perché era al Los Angeles e la voleva vedere e lei, lei pensava a Deeks. Gli parlava nella sua mente come se fosse lì. Si impose di concentrarsi sul presente ma si sentiva stranamente a disagio.

“Però converrai con me che la CIA usa dei metodi non sempre ortodossi…”

“Solo per ottenere informazioni importanti Kensi, solo per quello”

“Vuoi dirmi che tu… per ottenere informazioni che consideravi importanti hai fatto qualcosa di cui poi ti sei pentito?”

“Pentito no, ma sicuramente non ne sono orgoglioso. La tortura è uno strumento molto rischioso, facilmente diventa un modo per sfogare la propria rabbia ma in alcuni casi è l’unico modo”

Kensi non credeva alle sue orecchie, si irrigidì visibilmente sulla sedia

“Ma di cosa stai parlando?”

“Alle volte non hai altra scelta, Kensi, che usare certi metodi. Ma lo dovresti sapere anche tu”

“Come… cosa?”

“Come pensi che siamo stati liberati?”

“Per uno scambio, noi due per uno di loro”

“Non è stato così facile, ottenere quelle informazioni non è stato di sicuro un semplice interrogatorio. Chiedilo al tuo partner” rispose Jack con un tono improvvisamente duro, tagliente del quale Kensi si stupì

“Deeks? Ma cosa c’entra?”

“E’ stato lui a sapere con chi scambiarci, Kensi, e come pensi che lo abbia saputo? Lo ha chiesto con gentilezza o è ricorso a metodi più, diciamo, incisivi?”

“Lui non avrebbe mai potuto torturare nessuno… mai”

“No? Ne sei così convinta?” rispose l’uomo “Cosa ne sai di cosa passa per la mente di una persona quando la sua rabbia prende il sopravvento? Anche la sua mente è buia, come è stata la mia... quando me ne sono andato”

“Jack, tu e Deeks siete completamente diversi, credimi!” rispose Kensi con più impeto di quanto volesse

“Forse… ma abbiamo una cosa in comune”

“No, no, te lo assicuro, lo conosco bene”

“Oh si, invece… siamo entrambi innamorati di te” rispose Jack fissando Kensi intensamente negli occhi e lei deglutì visibilmente “E qui arriviamo al secondo motivo per cui sono qui: vorrei che tu venissi con me. Mi hanno incaricato di formare una squadra e tu sei perfetta. Hai una preparazione di prim’ordine, sei brava. Lavoreremo insieme, sul campo. Saremo di nuovo… insieme, partner. E poi possiamo ricominciare da capo, come una volta. Io e te”

Kensi fece un respiro profondo poi, piano piano, le parole che aveva appena sentito si fecero strada dentro di sé. Erano parole che avrebbe voluto sentire molto tempo prima, erano parole che aveva sognato per mesi, per anni forse. Ma adesso? Adesso cosa significavano per lei? Che significato avevano per lui? Si accorse che non era facile come nei suoi sogni, non era la stessa cosa, ora, averlo davanti agli occhi. Si accorse di essere diversa, sentirsi diversa e volere qualche cosa di diverso. E si accorse anche di provare una grande… rabbia. I momenti drammatici passati insieme prigionieri erano stati una parentesi, erano stati anche il modo per lei di salutarlo. Di dirgli addio. In mezzo a quel deserto, con il corpo dolorante e la mente in subbuglio, aveva finalmente salutato il suo uomo. Aveva chiuso una porta che era sempre rimasta dolorosamente aperta in tutti quei anni. Ed era una porta che doveva restare chiusa. Non era l'amore che aveva provato o il dolore straziante che aveva sentito. Era la conseguenza di ciò che era successo. Erano passati anni prima che riuscisse di nuovo a fidarsi di un uomo al punto di pensare a lui prima di dormire e pensarci con il sorriso sulle labbra. Semplicemente era cambiata e non poteva tornare indietro.

Strinse gli occhi che diventarono due fessure con una luce fredda

“Tu sei impazzito”

“Cosa? ma Kens… cosa dici?” rispose allarmato Jack quando vide che Kensi si era alzata di scatto dal tavolo e si era incamminata verso l’uscita. “Aspetta!” la inseguì fuori ma lei era veloce e sembrava una furia, la prese per una spalla “Fermati ti prego”.

“No, cioè…” Kensi si voltò di scatto “tu... sparisci per anni, scompari dalla mia vita e adesso te ne vieni bel bello a dirmi < ritorniamo insieme Kensi, giochiamo insieme agli agenti della CIA > ma ti pare?”

“Ti prego ascoltami”

“No, ascoltami tu” gridò quasi Kensi mentre le lacrime le scendevano copiose e lei non aveva neppure voglia di asciugarle “Io ti ho amato in un modo che non riesco quasi neppure a descrivere. Tu non puoi farmi questo, non puoi farlo ancora. Ho cercato di essere abbastanza per te ma evidentemente non è stato sufficiente e adesso dovrei riprovarci? ”

“Non è stata colpa tua. Ero io, io. Non avevo più speranza, capisci? Ma l’ho ritrovata, adesso, ho di nuovo speranza”

“Ma non grazie a me. Non… grazie a me” e queste parole furono quasi dei sassi usciti dalla bocca di Kensi, furono dei macigni che rotolarono sull’asfalto e le fecero capire quando era stato senza senso il suo aspettare, il suo sentirsi sola e inutile.

“Ti sto offrendo una nuova vita, il calore di una grande famiglia, perché la mia famiglia ti accoglierà Kensi, stai sicura. Pensaci, ti prego”

Ma dopo qualche secondo di silenzio e con un tono asciutto che non prevedeva repliche lei rispose “La mia vita è qui, Jack” poi proseguì con un tono più dolce, portandosi le mani al petto “Io sono contenta, veramente, dal più profondo del cuore, che tu stia bene ma la mia vita è qui, forse non sarà una vita da favola ma è la mia. Me la sono costruita con fatica ed è ciò che voglio” lo fissò per qualche secondo e completò “Io sono già in una squadra e non ho intenzione di cambiarla. E ho già un partner, Jack. Non ho bisogno di altro.”

“Non si può rimanere soli tutta la vita, Kensi”

“Io non sono sola” e forse per la prima volta lo ammise a sé stessa, non era sola perché ogni giorno poteva sentire una presenza vicino a lei. Anche nel deserto, anche nei momenti più bui. Una presenza che le dava speranza. “Ti auguro ogni bene, Jack, per tutte le cose belle che ci sono state tra di noi. Ma la mia risposta è una sola ed è questa” disse e si girò di nuovo camminando veloce verso la sua macchina.

 

Le tremavano le mani mentre metteva in moto, girandosi per controllare che non arrivasse nessuno vide Jack in piedi dove lo aveva lasciato e un’ondata di tristezza la investì, come una macchina in corsa. Le lacrime le bagnavano le mani che stringevano il volante, non si accorse di singhiozzare fino a quando non riuscì neppure a respirare e dovette accostare e fermarsi. Ma non erano solo lacrime di dolore quelle che sentiva, era come se, strato dopo strato, venisse via la sua vecchia pelle, come il bozzolo di una farfalla o delle bende attorno ad una ferita ormai rimarginata. Sotto, lo strato nuovo, roseo, era delicato e sensibile, ma sano, integro. Lacrima dopo lacrima l’anello che aveva intorno a cuore aveva iniziato a spezzarsi e quelle catene che la ancoravamo a terra a rompersi. Il suo castello di regina dei ghiacci si stava disgregando in mille pezzi. 

 

*************

Il titolo della storia fa riferimento a quel fenomeno atmosferico che qui a Milano compare sopratutto in inverno mentre a LA è tipico di maggio/giugno e cioè la nebbia mattutina. I fantasmi nel passato di Kensi sono come quella nebbia che gli abitanti di LA odiano tanto, ma è una nebbia che si dissolve velocemente con il calore del sole.
  
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