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Autore: scrivodiricordi    01/08/2014    7 recensioni
Dal primo capitolo
(…)“Io sono Luke Hemmings ed abito qui da più tempo di te”
“Nel volantino era scritto che la casa era disabitata” mi sentì pallida.
“Infatti era disabitata: nessun essere umano viveva qui” mi sorrise freddamente.
“Allora… cosa sei tu?” il sudore mi bagnava la nuca, mentre il terrore mi attanagliava lo stomaco.
“Un entità notturna. Alcuni pensano che non esistiamo altri invece credono che indossiamo dei lenzuoli bianchi sulla testa e che infestiamo le case altrui per maledirle”
Ho gli occhi spalancati per un attimo credetti che stessero per cadere sul pavimento, rise vedendo la mia reazione.
"Te lo dimostro" sparì dalla sedia e apparì in fondo alla stanza.
Indietreggiai fino a sbattere la testa contro la testiera del letto.
“Tu sei…” le parole mi morirono in gola.
“Un fantasma” terminò la frase con tono sarcastico, come se fosse ovvio.
Sussultai e mi strinsi le coperte al petto.
“Ovviamente ci deve essere una spiegazione razionale” dissi cercando di convincere più che lui me stessa.
Il ragazzo si materializzò sopra di me, intrappolandomi sotto il suo corpo.
"Davvero?" sussurrò a un palmo dal mio viso.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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White Hands




 


Ringrazio per il magnifico banner @trubel (http://animefuggenti.livejournal.com)






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Martina's space.
 

Bonjour meraviglie!
Spero di essere stata puntuale e di aver rispettato i tempi, senza farvi attendere troppo.
Non so se avete notato ma ho cambiato il nick da m_writer a scrivodiricordi (nick che ho anche su tumblr, non è pubblicità occulta e.e)
Questo quarto capitolo stranamente mi piace e presto scoprirete il perchè eheheeh.
Ho quasi urlato quando ho visto le sette recensioni del capitolo precedente. Voi siete degli amori aw.
La storia è arrivata a un totale di venti recensioni, solo con tre capitoli. Per non parlare di quante siete che seguite la mia storia ahhhhh.

Così ho pensato di farvi un regalino all'interno della storia, presto scoprirete di che si tratta.
Però devo rovinare il momento con un annuncio: non so precisamente quando, ma tra un pò di giorni dovrò partire e non potrò portare il mio amato computer con me, in poche parole sarò isolata dal mondo. Quindi aihmè, dovrò tenere la storia ferma per un pò.
Ma vi giuro che appena tornata non pubblicherò un solo capitolo, ma ben due capitoli.
Vi prego di perdonarmi se ho fatto eventuali errori, ma non ho ricontrollato.
Spoiler: Vedremo i nostri fantasmi nel flashback un pò diversi da come li conosciamo. E' un capitolo molto interessante uh uh, non vi spoilero più niente muahahahah vi toccherà leggerlo.
Voglio anche precisare che i poteri dei nostri fantasmi sono tutti inventati da me tranne la chiaroveggenza (che ci sarà in questo capitolo) e la psicocinesi.
Vi ricordo che aggiorno ogni venerdì, quindi può essere che un altro capitolo riesco a pubblicarlo.
Adieu^^


 



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Capitolo IV
 



 
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Birmingham, 1978
Michael Clifford si sentiva una nullità. O per lo meno, a scuola lo facevano sentire così. Lo chiamavano “frocio” oppure “femminuccia” solo perché amava tingersi i capelli. Il disco dei Velvet Underground -gruppo punk rock di quegli anni- suonava senza sosta, da almeno quarantacinque minuti.
Michael si sentiva come un animale selvatico tenuto in gabbia da troppo, troppo tempo;  lui aveva così bisogno di liberarsi da quella gabbia, che ormai gli stava troppo stretta.
Era la cosa giusta da fare? Forse. Non lo avrebbe mai saputo.
 Si lasciò cadere nel vuoto.
Si aspettava di morire dopo quell’impatto, non di risvegliarsi.
Al suo risveglio lo accolsero due ragazzi.
“V-voi chi siete?” balbettò guardandosi intorno. Si era lasciato cadere in giardino e ora si ritrovava nella sua stanza.
“Amanda e Calum” rispose la ragazza dai tratti delicati. Indossavano entrambi abiti molto datati. Il ragazzo aveva indosso una camicia, attorno al bavero vi era un laccetto, una giacca lunga fino alle caviglie e dei pantaloni blu notte. Mentre Amanda aveva indosso un abito color menta, molto ampio, che le lasciava scoperte le spalle, su cui ricadevano i capelli in onde.
“Bei capelli” disse lei, avvicinandosi per sfiorarli. Lui si ritrasse spaventato.
“Che ci fate in casa mia?” deglutì “Non dovrei essere morto? Mi sono lanciato dal tetto”
I due ragazzi risero “Come fai a non arrivarci?”
Lo prese da un braccio e lo portò alla finestra.
“Lo vedi?” indicò una sagoma nel prato.
Michael Clifford si accorse che quella sagoma era il suo corpo. Aveva la testa in una pozza di sangue, era atterrato di faccia.
“Se io sono qui e sono anche lì” aveva gli occhi sgranati “sono un fantasma”.
“Esatto” squittì la bionda eccitata.
Delle urla arrivarono dal piano di sotto.
“Questa è la parte terribile, sapevo sarebbe arrivata”. La madre di Michael gridava e piangeva, mentre teneva il corpo del figlio tra le braccia, mentre suo padre era in ginocchio nell’erba che imprecava e si malediva.
Si allontanò dalla finestra, e si sedette sul letto.
“Non sarà la fine del mondo” lo rassicurò Amanda accarezzandogli i capelli.
“Io sono un fantasma da più tempo di te” finalmente Calum Hood aveva aperto bocca.
Michael voleva chiedergli da quanto tempo erano dei fantasmi, e il perché non si fossero mai manifestati, ma la ragazza lo precedette.
“Dovresti guardare il lato positivo” continuò il ragazzo “Ognuno di noi ha delle doti”
“Per doti intendi poteri?”
Entrambi annuirono.
“Ma….” Lasciò la frase in sospeso.
“Niente “ma”, scopriremo anche le tue” lo prese per mano “andiamo”
 
 
 
 

 
*
 
 
 
 
 
“Non scherzare su queste cose” mi rimbeccò Ashton scuro in volto.
“Cercavo solo di sdrammatizzare” feci spallucce “E poi, non so proprio chi potrebbe uccidermi, se appunto ci sono stati quattro omicidi e sono tutti morti”
Il biondo si avvicinò al mio orecchio e sussurrò “Per esempio dei fantasmi
Sgranai gli occhi. Lui ci era arrivato, pur non abitando nella mia stessa casa. Mi sentì in colpa per averlo sottovalutato.
“Ho fatto delle ricerche anche su questo argomento” si era ritratto, e cercava  qualcosa dentro il suo zaino. Estrasse alcuni fogli, e me li posò sulle mani.
“Si dice che la tua casa” tornò a sussurrare “sia uno dei luoghi in cui vi è una forte presenza del soprannaturale, in tutto il Paese”
Aprì la bocca per poi richiuderla. Dovevo raccontargli che avevo avuto la (s)fortuna di incontrarli? No, non potevo.
Non potevo per il semplice fatto che uno di quei fantasmi mi aveva minacciato di morte.
Così mi sforzai di ridere “Andiamo Ash, pensi davvero che esistano i fantasmi?”
Lui non rispose, ma strinse semplicemente la mascella.
“Io sì, comunque se non vuoi crederci non fa niente” gli porsi i fogli ma lui li rifiutò.
“Tienili, servono più a te che a me”
E ancora una volta Ashton Irwin aveva ragione.
“Okay” mormorai.
“Ti accompagno a casa?” mi chiese un po’ incerto.
“Si, grazie” gli sorrisi. Per tutto il tragitto lui non aprì bocca, lo stesso feci io.
Arrivammo davanti alla mia casa, ma Ashton rifiutò l’invito ad entrare con un “Scusa, sarà per un'altra volta”.
Ci avrei quasi creduto se nei suoi occhi non avessi letto paura.
Aprì la porta, e sentì delle voci provenire dal piano di sopra, precisamente dall’ufficio di mia madre.
Nuovi pazienti. Salì le scale, per poi rintanarmi nella mia stanza. A mia madre non piaceva che stessi in giro per la casa, quando aveva dei pazienti.
Iniziai a svolgere una relazione sulla Guerra di Indipendenza. Si prospetta un bel pomeriggio, pensai.
Alla seconda pagina fui interrotta da un cigolio. Qualcuno era alle mie spalle, e con il peso aveva fatto scricchiolare le assi del pavimento.
Posai la penna sul foglio, e con estrema calma mi voltai.
“Buongiorno signorina”. Un fantasma era a un palmo dal mio viso, e mi sorrideva amabilmente come se la situazione fosse normale.
“Le sono mancato?” prese una ciocca dei miei capelli e la arrotolò a un dito “Ultimamente non le ho potuto fare visita per vari problemi. Ma qualcuno ci ha pensato al posto mio”.
Era lui. Il fantasma che avevo reputato dannatamente sexy, senza alcun pudore. Era diverso però, non aveva più l’aria tormentata dell’ultima volta, era più sereno.
“Scommetto che sia stato lei a mandare qualcuno dei suoi “compagni”. La ringrazio, stavo per morire soffocata” mi ritrassi.
Ma da quando ci davamo del lei?
“No al contrario signorina Madison. Io l’ho semplicemente salvata.”
Era la sua voce che aveva fermato Amanda, pensai.
“Sì ero io”. Lo aveva fatto di nuovo. Mi aveva letto nel pensiero.
“Dovrebbe smetterla di leggere i pensieri altrui, è da maleducati”. In tutta risposta rise e con una mano, senza sfiorarmi mi sollevò dalla sedia. Mi fece volteggiare come una bambola, portandomi così in alto, da farmi sfiorare il tetto con la nuca.
Oh cielo, da un momento all’altro mi lancerà dalla finestra.
“Dovrebbe smetterla di essere così irriconoscente” continuava a farmi svolazzare senza il minimo sforzo.
Era perfettamente posato, come un nobile di altri tempi. La camicia perfettamente inamidata, raggiungeva quasi il colore della sua carnagione, così pallida da sembrare carta.
“Mi metta giù” sibilai, trattenendomi dall’urlare.
“Va bene”. Sghignazzò prima di lasciarmi cadere senza grazia al centro della stanza.
“Stronzo” bofonchiai, alzandomi e massaggiandomi le natiche.
“Lei chiama me stronzo dopo che sono stato così magnanimo da salvarle la vita?” continuò a sorridermi.
Sentì un formicolio all’altezza della fronte. L’infido demonio stava cercando di entrare di nuovo nella mia testa, per sapere cosa pensassi.
Chiusi gli occhi, concentrandomi. Cercai di alzare delle barriere per non farlo entrare nel filo di pensieri della mia mente, e quando lo sentì pronunciare “Dannazione” aprì gli occhi.
Ci ero riuscita. Gli avevo impedito di leggermi nel pensiero.
Sorrisi vittoriosa, mentre lo vedevo stringere le mani in pugno.
Sembrava che si stesse controllando dal non picchiarmi o peggio uccidermi.
“Visto che non mi vuole fare leggere i suoi pensieri” si materializzò di fronte a me “dovrà darmi qualcosa in cambio.”
“In cambio per cosa?”
“Per averle salvato la vita. Vediamo…” gli occhi cerulei del demone –sì mi piaceva chiamarlo demone- osservavano ogni centimetro del mio corpo. Avvicinò una mano alla mia guancia dandomi una carezza.
Non riuscivo a ritrarmi da quel tocco così freddo, ma dannatamente piacevole.
Chiuse gli occhi per poi riaprirli di scatto interrompendo il contatto della sua mano con il mio corpo accaldato.
“Ci sono. Lei mi deve un bacio”
 “C-cosa?” balbettai infuriata. Sentivo il sangue salirmi alle guancie. Ero oltraggiata. Come si permetteva questa viscida, ripugnante creatura chiedermi un bacio, dopo avermi fatta quasi uccidere e dopo avermi minacciata di morte?
“Un b-a-c-i-o” scandì bene le parole, e ogni sillaba era una pugnalata al petto.
“Mi rifiuto. Lei non dovrebbe pensare neanche una cosa del genere” non riuscì a cercare altri insulti da aggiungere alla mia sfuriata perché mi trovai il disegno delle sue labbra sulle mie.
Fu un contatto delicato, al quale fui tentata di cedere.
Forse era la morbidezza delle sue labbra, o il suo profumo che mi annebbiava la mente, oppure il suo tocco idilliaco, a rendermi così vulnerabile.
Aveva una mano posata sul mio fianco, e l’altra dietro la mia nuca, mentre io ero tesa come un pezzo di legno.
Cercò di schiudermi le labbra con i denti, ma non glielo permisi. Poggiai una mano sul suo petto.
Mossa sbagliata. Percepire la pelle fredda tendersi e gli addominali scolpiti sotto il palmo della mia mano mi destabilizzò ancora di più.
Madison torna in te, mi rimproverai.
Con il minimo delle forze riuscì a dargli una spinta, fu necessaria per allontanarlo.
 “Ha davvero esagerato” riuscì a dire.
“Lo so” sghignazzò “ma a me piace esagerare.”
Stavo cercando di assimilare che un fantasma aveva appena posato le sue labbra –da fantasma, per l’appunto- sulle mie.
“Luke, non ti sei perso in bagno vero?” la voce di mia madre riecheggiava al di fuori della porta.
“Devo andare. E’ stato un piacere baciarla signorina….” svanì portando con sé il suo profumo.
 
 
 
 
 
*
chiaroveggenza* : capacità di leggere nel pensiero
 
 
 
 
 
“Calum tienimi ti prego o io uccido quella racchia”
Calum accorse in soccorso della bionda, bloccandola per le spalle.
“Quindi hai baciato una non morta?” chiese Michael senza troppo entusiasmo.
“Si” mormorò Luke continuando a disegnare “non mi ha permesso di usare la chiaroveggenza*, dovevo pur fare qualcosa”
“E com’è baciare una non morta? Io non me lo ricordo più” domandò Calum eccitato. Amanda lanciò un’insultò non tanto carino su di lui e lo schiantò contro il muro.
“E’ caldo” sussurrò.
“Caldo? Era chiaro che una mocciosa non riuscisse neanche a baciare un ragazzo.” La tensione si poteva tagliare con un coltello.
Amanda era impazzita, accecata dalla gelosia.
“Oh avanti Amanda, lei ha risvegliato in me quello che tu con mille baci non sei mai riuscita a svegliare” ovviamente Luke voleva offenderla con quel sottile doppio senso.
E ottenne il risultato da lui aspettato. Lei si voltò stizzita e uscì dalla stanza.
“Sai che non era questo l’obbiettivo, vero?” Michael si era espresso non con cattiveria ma con tenerezza.
“Lo so” sospirò Luke.
“Cerca di non dimenticare lo scopo la prossima volta” il ragazzo annuì incerto.
“Luke devo chiederti una cosa importante” Calum Hood si era ripreso dallo stordimento “sei riuscito almeno toccarle il culo?”
  
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