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Autore: Emily Kingston    01/08/2014    1 recensioni
Arya e Josh.
“Salve.”
Arya sobbalzò, ritrovandosi faccia a faccia con un addetto alla sicurezza del museo. Indossava la divisa blu, corredata di bordini bianchi, e un walkie talkie attaccato alla cintura che gracchiava senza sosta.
Per un istante, temette di stare infrangendo qualche regola.
“Sa-salve,” biascicò.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Love is love '
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E preferisco guardar te che tutti i ritratti del mondo
 
 
E la mostra di ritratti sembra non avere neanche una faccia, solo pittura
Che improvvisamente ti chiedi perché qualcuno al mondo li abbia mai fatti
Guardo te
E preferisco guardar te che tutti i ritratti del mondo
 
 
La National Gallery di Londra.
Arya spalancò le labbra, tirando fuori dalla borsa a tracolla il blocchetto e i carboncini.
Fin da quando era bambina, aveva desiderato visitare quella galleria d’arte, per provare a riprodurre i dipinti più belli del mondo, come il ‘Campo di Grano’ di Van Gogh.
Sentendo i propri passi echeggiare nel silenzio, si avventurò tra le sale, rimanendo estasiata alla vista di tutti quei dipinti. Alla fine, si sedette su una delle poltroncine e si mise a disegnare, cercando di riprodurre un ritratto.
Sembrava quasi un robot.
Il suo sguardo correva al dipinto e poi la sua mano scorreva sul foglio. Lo faceva in modo quasi automatico, con una sincronia perfetta.
Lentamente, sul foglio bianco iniziò a prendere forma il viso di un giovane uomo, con la divisa da soldato e la barba incolta che gli copriva le guance e il mento. Furono gli occhi azzurri a colpirla, però, ma non quelli del quadro.
“Salve.”
Arya sobbalzò, ritrovandosi faccia a faccia con un addetto alla sicurezza del museo. Indossava la divisa blu, corredata di bordini bianchi, e un walkie talkie attaccato alla cintura che gracchiava senza sosta.
Per un istante, temette di stare infrangendo qualche regola.
“Sa-salve,” biascicò, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
La guardia sorrise. Era un ragazzo giovane, poco più grande di lei, con un paio di chiari occhi azzurri e una manciata di capelli neri, che gli cadevano disordinati sulla fronte.
“Ti ho spaventata?” chiese, guardandola con le sopracciglia aggrottate. “Perdonami.”
Arya scosse il capo, facendo ondeggiare la treccia di capelli rossi.
“Non si preoccupi,” rispose, mantenendo il distacco dato dal ‘lei’. “C’è… qualcosa che non va?”
Il ragazzo la rassicurò con un sorriso, prima di sedersi acconto a lei sul divanetto.
“Assolutamente,” le disse. “È che mi hai incuriosito. Eri tutta presa dal quel tuo disegno e, diamine, è stupendo!” esclamò.
Arya si sentì arrossire ed ebbe la sensazione che le lentiggini che aveva sul volto stessero diventando più evidenti.
“Ehm, grazie.”
“Sei una studentessa?”
Arya annuì, chiedendosi come mai stesse rispondendo alle domande di quello sconosciuto.
“Sto per laurearmi in belle arti,” rispose. “È la prima volta che vengo qui, questo posto è bellissimo.”
Il ragazzo annuì, alzando per un attimo lo sguardo sui quadri appesi alle pareti.
“Posso chiederti come ti chiami?”
Arya rimase colpita da quella richiesta. Di solito i ragazzi chiedono il tuo nome e basta, senza preoccuparsi del fatto che, magari, tu non vuoi dirglielo. Lo danno per dovuto, ecco.
“Arya,” rispose lentamente.
Il ragazzo sbatté le palpebre e strinse le labbra, come se stesse assaporando fisicamente il suono del suo nome.
“Io sono Josh,” disse poi. “Hai un nome bellissimo.”
“Ti ringrazio, Josh.”
I due si sorrisero. Poi, dopo qualche istante di silenzio, Arya tornò a disegnare e Josh rimase a guardarla.
Lentamente, attorno a loro, le persone giravano da una sala all’altra, fermandosi con stupore di fronte a un’opera piuttosto che a un’altra, uscendo ed entrando. Prima che Arya e Josh se ne rendessero conto, la sala in cui si trovavano si svuotò, fatta eccezione per Sally e Brian, due colleghi di Josh che stavano fermi sulla porta.
“Guarda,” ridacchiò Brian, dando di gomito a Sally. “Qualcuno si è imbambolato.”
Indicò Josh e Arya con il dito, mostrando alla collega come il ragazzo osservasse Arya con la bocca semidischiusa e gli occhi attenti.
Sally sorrise.
Ho chiuso con le donne,” scimmiottò Brian, imitando la voce di Josh. “Danno solo problemi. Farò lo scapolo a vita. La mia nuova regola sarà: niente storie serie.
“Oh, Brian,” lo rimbrottò Sally. “Chi di noi una volta nella vita non ha pensato di chiudere con l’amore!”
“Io,” si difese l’uomo, gonfiando il petto con fierezza.
Sally scosse il capo, sorridendo con rassegnazione. Brian era un caso disperato.
“Lascia che il ragazzo faccia le sue esperienze,” disse poi. “Scoprirà a sue spese che dall’amore non si può scappare.”
 
 
Il museo stava per chiudere e Josh ebbe la sensazione che il tempo fosse passato velocemente quanto un battito di ciglia.
“Ehi, giovanotto,” sentì la voce di Brian alle sue spalle. “Dovresti invitare la signorina a uscire, la baracca sta per chiudere.”
Josh si riscosse, sbattendo le palpebre.
“Oh.” Si voltò verso Arya che, immersa nel suo disegno, sembrava non aver sentito la conversazione tra lui e il suo collega. “Ehm, Arya.”
La ragazza alzò lo sguardo e Brian si allontanò, raggiungendo Sally nella sala attigua.
“Il museo sta chiudendo,” la informò, tuffandosi per un attimo nei suoi profondi occhi verdemare.
“Oh,” sussurrò lei, rimettendo il blocco e i carboncini nella borsa a tracolla appoggiata accanto ai suoi piedi. “Che sbadata… Il tempo è proprio volato!” esclamò, alzandosi.
Josh la imitò, ritrovandosi in piedi di fronte a lei. Erano così vicini.
Dopo che la sua ultima ragazza, Victoria, l’aveva lasciato dopo quattro anni di relazione per un suo compagno di corso – di cui lui non aveva neanche voluto sapere il nome, così da non rischiare di cedere alla tentazione di cercarlo per spaccargli la faccia -, Josh aveva deciso che era arrivato per lui il momento di rinunciare all’amore e di divertirsi. Meno ci tieni, meno hai da perdere.
In quel momento, si sarebbe volentieri abbassato a baciare le labbra rosee di Arya, giusto per sentire che sapore avevano. Normalmente l’avrebbe fatto, ma c’era qualcosa che lo tratteneva: non voleva che lei se ne andasse lasciandosi alle spalle solo un sonoro schiaffone e nulla più.
“Grazie della compagnia, Josh,” disse la ragazza, distogliendolo dai suoi pensieri. Gli sorrise e Josh sentì le proprie labbra ricambiare il gesto.
Senza aggiungere altro, Arya gli dette le spalle e si avviò verso l’uscita, la borsa a tracolla che le pendeva dalla spalla, sbattendole contro le gambe.
La osservò andare via, rimpiangendo di non averle almeno chiesto di uscire.
 
 
 
Arya uscì nell’aria umida di Londra, posando lo sguardo sull’obelisco di Trafalgar Square e i quattro leoni di bronzo ai suoi piedi.
Si strinse leggermente nel cappotto, affondando il mento nella sciarpa pesante. Gli inverni londinesi erano pungenti e dispettosi e Arya non ci aveva ancora fatto l’abitudine.
Dette un’occhiata al cielo: qualche nuvola scura puntellava il manto blu chiaro, ma non accennava a piovere.
Lasciando l’ombrellino nella borsa, Arya s’incamminò verso la scalinata, pronta a raggiungere la stazione della metro che l’avrebbe portata a casa, a Margaret Street, una traversa del quartiere di Soho.
Intorno a lei, i passi della gente riecheggiavano tra i rumori del traffico e delle voci.
“EHI!” sentì una voce esclamare alle sue spalle, ma non si voltò, pensando che parlassero con qualcun altro. “Arya!”
Arya sobbalzò, stupita che qualcuno la stesse cercando.
Quando si voltò, il ragazzo del museo aveva gli occhi spalancati e il fiatone.
“Ciao,” disse lei, fermandosi.
Josh riprese fiato, rivolgendole un sorriso storto.
“Ciao.” Le parole gli uscirono dalla bocca in una nuvoletta di vapore.
“Ho dimenticato qualcosa?” chiese Arya, senza stupirsi troppo della sua sbadataggine. Ma Josh scosse il capo.
“Mi chiedevo,” iniziò, grattandosi la testa con un pizzico d’imbarazzo, cosa strana per lui. “Mi chiedevo se ti andasse di prendere un caffè insieme.”
Arya sgranò gli occhi. “Adesso?”
“Adesso. Domani. Quando vuoi tu.”
La risposta tardò ad arrivare, anche se Arya l’aveva sentita salirle sulla punta della lingua ancora prima che Josh finisse di formulare la domanda.
“Sì,” disse. “Mi va di prendere un caffè insieme.”
Josh sorrise, un po’ intontito, come se non si aspettasse una risposta affermativa da parte della ragazza.
“Be’, è davvero una fortuna.”
Arya ridacchiò, portandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio e arrossendo leggermente.
Di solito non concedeva appuntamenti agli sconosciuti, ma quella volta, credeva, ne sarebbe valsa la pena.







L'estratto a inizio pagina appartiene alla poesia Bere una coca con te di Frank O'Hara. 
Questa storia mi è venuta in mente proprio pensando a quella poesia e, anche se forse non ha molto senso, ha lottato per essere scritta. Quindi, spero che ne sia valsa la pena. 
Grazie a tutti, 
Emily ^^ 
   
 
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