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Autore: elyxyz    01/08/2014    31 recensioni
“Gaius! Aspettate! Cosa...?” esclamò il mago, squadrandolo come se fosse impazzito.
L’uomo ricambiò lo sguardo. “Perdonate l’ardire, ma... potrei sapere chi siete?”
“Sono
io!” sbottò allora, allargando le braccia “Gaius! Che scherzo è mai questo?!” domandò retorico, battendosi il petto. “Non mi ricono-” Merlin boccheggiò incredulo, accorgendosi di colpo del florido seno che stava toccando, e lanciò un gridolino terrorizzato. Fu per istinto che raccattò il lenzuolo e si coprì alla bell’e meglio.
Gaius se ne stava sull’uscio, sbigottito anche lui.
“Merlin?” bisbigliò alla fine, come se dirlo ad alta voce fosse davvero
troppo.
“Sì, sono io!” pigolò l’altro. “O almeno credo!”
“Che diamine ti ha fatto Ardof?!” l’interrogò l’archiatra.
(...) Merlin si coprì gli occhi con le mani, mugolando. “Come spiegherò questo ad Arthur?”
[Arthur x Merlin, of course!]
NB: nel cap. 80 è presente una TRASFORMAZIONE TEMPORANEA IN ANIMALE (Arthur!aquila) e può essere letto come one-shot nel caso in cui vi interessi questo genere di storie.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash | Personaggi: Merlino, Principe Artù | Coppie: Merlino/Artù
Note: What if? | Avvertimenti: Gender Bender | Contesto: Prima stagione, Contesto generale/vago
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Eccomi

Eccomi. Ho cacciato via i muratori e i pittori da casa, che sembra un cantiere. Non ho ancora finito di preparare la valigia e fra poco devo spegnere le mie candeline, ma eccomi.

Spero che possiate apprezzare l’impegno, perché francamente mi dispiace, ma prima di così non ho potuto farcela ad aggiornare. Inutile dire che muoio dalla curiosità di sapere cosa ne pensate di questo capitolo!

 

 

SPOILER FREE: Ricordo che questa storia NON contiene/conterrà volutamente alcuno spoiler della quinta stagione; eventuali coincidenze sono appunto casuali coincidenze (è già successo e succederà in capitoli che ho già pronti).

 

Linea temporale: Seguito diretto del capitolo precedente.

Terzo anno dall’arrivo di Linette a Camelot. Inizio novembre.

 

 

Riassunto generale: Merlin è abituato a salvare la vita all’Asino Reale senza che questi se ne accorga, ma stavolta non tutto va per il verso giusto. Colpito dall’incantesimo del malvagio Ardof, il nostro mago farà i conti con una sconvolgente novità: egli si risveglia trasformato in una donna.
Solo Gaius conosce il suo segreto e, finché non troverà il modo di tornare normale, dovrà inventarsi delle scuse plausibili e prendere il posto di se stesso al servizio del principe. Come riuscirà a conciliare questa ‘nuova situazione’? Come si evolverà il suo rapporto con Arthur?

 

Riassunto delle ultime puntate: Il malvagio stregone Ardof è morto, ma la sua maledizione non si è sciolta. Merlin, perciò, fa credere ad Arthur di essere partito alla ricerca del padre mai conosciuto. Al principe non resta che subire questa sua scelta, mentre il tempo passa inesorabile, e il suo legame con Linette va saldandosi sempre più… fino a quando, durante un agguato, lui non scopre che la sua serva è una strega e lei gli rivela che anche Merlin lo è: questa sconvolgente ammissione, ovviamente, cambia le carte in tavola e li porta ad un nuovo sodalizio in cui, finalmente, i due si confessano reciproco amore e cedono alla passione… Ma la gioia è breve, perché Merlin – contrariamente a quanto sperato – non è tornato in sé dopo essersi unito ad Arthur e quindi cede alla disperazione. La medaglia sembra spezzata, ma le due facce devono riunirsi per salvare Morgana da un tragico destino.

 

 

Dedico l’aggiornamento a chi ha recensito il precedente capitolo; mi dispiace che i commenti si siano dimezzati, perciò ringrazio chi ha speso tempo a lasciarmi un parere (che è sempre gradito).

A chibimayu, FlameOfLife, chibisaru81, Orchidea Rosa, Raven Cullen, ClaryRose94, Rosso_Pendragon, Burupya, mindyxx, melleth, saisai_girl, Draviran, DevinCarnes, Yuki Eiri Sensei, sejamerthurshipper, katia emrys, elfin emrys e Sheireen_Black 22.

Un pensiero anche a Sawa e a mrslightwood, per la gentilezza.

E a quanti commenteranno (SE vi va di recensire anche dei capitoli più indietro di questo, il vostro parere non andrà perduto!).
Ai vecchi e ai nuovi lettori.

Grazie.

 

The He in the She

 

(l’Essenza dentro l’Apparenza)

 

 

 

Capitolo LXXXVIII

 

 

La cerimonia si era svolta con maestosa solennità, così come il convivio che Uther aveva offerto a tutti gli invitati.

Merlin aveva servito ai commensali un’infinità di portate prelibate e fiumi di vino scorrevano fra le tavolate dell’aristocrazia accorsa.

Come preventivato dal principe, lo scarso preavviso aveva ridotto considerevolmente le presenze attese, ma la Sala dei Banchetti era ugualmente brulicante e festosa.

 

Mentre il valletto osservava estasiato le ghirlande colorare di agrifoglio e biancospino, che sostituivano i fiori – inevitabilmente fuori stagione –, doveva riconoscere che l’organizzazione di Geoffrey era stata impeccabile, considerando la nevrosi che lo aveva colto quando aveva saputo la fatidica data con così scarso preavviso.

 

“Non è meravigliosa?” aveva chiesto Gwen, retorica, annuendo alla volta della castellana che sorrideva gioiosa al suo novello sposo.

 

“Ha un vestito invidiabile…” rispose il mago, fingendosi serio.

 

“Linette!” lo rimproverò Guinevere, dandogli una gomitata come punizione.

 

“Sì, Gwen. Lady Morgana è semplicemente radiosa”, concordò con l’amica.

 

“E ogni donna del castello la sta invidiando”, rincarò l’ancella, sistemandosi un ricciolo che le era sfuggito dall’acconciatura. “Invece noi siamo solo contente per lei, no?”

 

Merlin incrociò lo sguardo di Arthur – che giusto in quel momento stava proponendo l’ennesimo brindisi in onore degli sposi – e si sorrisero, con complicità.

 

“Esatto. Perché Morgana merita di essere felice”.

 

 

***

 

 

All’indomani, di buonora, dopo averla salutata come si conveniva al suo ruolo, non appena la carovana si mise in movimento e Uther ebbe dato il permesso di rientrare dal piazzale, Arthur corse via – un passo celere, ma che non sembrasse una fuga.

Merlin gli lasciò il tempo di digerire da solo quel momento d’addio. Quando, però, ritenne che fosse giunto il tempo di aiutarlo, egli lo raggiunse. Perché sapeva esattamente dove trovarlo. Alla torre a Est, la più alta.

 

Il principe se ne stava testardamente con lo sguardo puntato verso il lungo serpente di carri che arrancava nel terreno, lento e pesante, e sembrava guadagnare a fatica ogni iarda.

Morgana era ormai solo un puntino lontano, in testa alla processione col suo novello sposo, mentre mezza Corte reale di Drumburgh la seguiva, scortandola nella sua nuova dimora.

 

Linette gli si affiancò in silenzio, e il nobile padrone la riconobbe d’istinto, senza bisogno di voltarsi.

Il mago gli accarezzò affettuosamente una spalla per confortarlo, scendendo piano lungo il braccio, fin quasi a toccare le sue dita, e fu allora che Arthur ricambiò, intrecciando le loro mani, per un lungo istante. Poi si girò, finalmente rompendo il contatto con la strada, e se lo tirò contro, abbracciandolo forte.

Era la prima volta che avevano nuovamente un contatto fisico vero e proprio, dopo quell’unica notte d’amore.

Merlin rimase un attimo meravigliato da quell’irruenza, ma si lasciò stringere, e mentre il respiro irregolare del suo signore si infrangeva contro il suo collo, ricambiò la presa.

 

“Non è davvero un addio…” provò a consolarlo.

 

“Fa lo stesso dannatamente male”, confessò il cavaliere, trattenendosi a stento. “Oggi finisce un’epoca”.

 

“Sì, ma prima o poi potrete riabbracciarvi”, motivò, ragionevole. “Coraggio! Basterà pazientare…”

 

“È difficile lasciare andare quella brutta strega…” ironizzò Arthur, sforzandosi di frenare le lacrime che minacciavano di tracimare.

 

“Ora sta a lei raggiungere la felicità. Siate orgoglioso del futuro che le avete dato”.

 

Lo stregone lo sentì annuire contro la sua pelle, eppure non uscì nessun suono dalla gola del principe.

Passò un’eternità, prima che il nobile si decidesse a rompere il loro contatto.

Con enorme disagio, Arthur si ridistanziò dalla sua valletta e, mentre il calore di lei si dissipava, un fremito di rimpianto lo fece rabbrividire.

 

“Io… mi dispiace, Lin-Lin… non avrei dovuto… perdonami. Non volevo crearti imbarazzo”.

 

Merlin scosse il capo, negando. Raramente aveva visto l’uomo che amava così vulnerabile.

In fondo, era più semplice essere sinceri quando non si era al culmine del livore.

 

Non serve affatto che vi scusiate… Sono già scesa a patti con questo, e vi resterò accanto e potrete sempre contare sul mio appoggio, per qualunque cosa. Anche se voi non ricambiate i miei sentimenti con uguale intensità, io continuerò a volervi bene, Arthur”.

 

“No, aspetta! Tu… cosa?” farfugliò il cavaliere, spalancando gli occhi azzurri.

 

“Anche se voi non mi amate come vi amo io, so distinguere un segno d’affetto da un gesto d’amore. Non occorre che vi giustifichia-

 

“Ma che diamine vai dicendo?!

 

Fu il turno di Merlin di inalberarsi.

“Oh, suvvia! Adesso non fate l’asino!” Egli arrossì, perché non si era aspettato di dover rivivere quell’imbarazzo così presto. “Dopo… beh… voi sapete cosa… avete detto che quella notte non aveva significato niente per voi, che dovevamo dimenticare tutto!”

 

Ma io l’ho fatto per te!”

 

“Per me?!” gli fece eco il mago. “Siete forse impazzito?!”

 

“Sei tu, quella che piangeva all’alba, dopo essersi pentita di ciò che avevamo condiviso!” le ricordò.

 

Merlin sussultò, impallidendo.

“Voi non-” boccheggiò.

 

“Sì, ero sveglio”, confermò il principe. “E ti ho sentita piangere…” ammise.

 

“Oh, mio Dio…”

 

“E tutto quello che ho fatto, l’ho fatto per te!”

 

“No, Arthur, no… no!

 

“Sei tu quella che si è pentita!”

 

“Io non mi sono affatto pentita! Non mi pentirei mai! Io ti amo più della mia stessa vita, stupido Asino idiota!” sfogò il mago abbandonando momentaneamente il tono formale, sostenendosi con forza alla casacca reale, mentre il nobile, a quella rivelazione, rimaneva sbigottito.

 

“Oh, dannazione!” ruggì il principe, stringendola contro di sé e aggrappandosi alle sue labbra con passione e disperazione – le stesse che l’avevano consumato lentamente in quei mesi.

Merlin ricambiò con uguale intensità, con la medesima veemenza.

 

Quando fu necessario separarsi, un identico sorriso si dipinse sui loro volti.

Arthur se lo riaccostò addosso, come se ne andasse della sua stessa vita e Merlin fece altrettanto.

 

“Siamo stati due idioti…”

 

“Due grandissimi idioti…” lo corresse il mago, con affetto. “Dannazione, quanto abbiamo sofferto inutilmente…

 

Quanto tempo sprecato. Quanto dolore!

E tutto per un dannato malinteso!

 

Shh… non importa, non importa…” bisbigliò il nobile, tempestandolo di baci sulle guance, sulle tempie, sul collo.

 

Merlin si lasciò vezzeggiare a lungo, rimandando un istante il tempo dei chiarimenti che sarebbero inevitabilmente venuti.

 

Ma allora… allora perché piangevi?” chiese Arthur, infatti, senza smettere di abbracciarlo.

 

“Perché…” Merlin fece un grande sospiro, per raccogliere il coraggio. “Ricordate il giorno in cui scopriste della mia magia? Di quell’unica cosa che non mi è concessa rivelare?

 

“Lo rammento, sì”, annuì il nobile.

 

“Su di me pende una maledizione, Arthur”, confessò il mago, fissando lo sguardo in quello dell’altro. “E speravo che la nostra unione avrebbe rotto quel maleficio, ma così non è stato… per questo, al pieno dello sconforto, mi avete udita piangere…”

 

“Mi dispiace di non essere riuscito a… beh, qualunque cosa fosse… ma questo non cambia il fatto che ti amo, Linette. Ti amo con tutto il cuore e non ho mai smesso di farlo”.

 

Merlin si morse le labbra per non scoppiare a piangere. Questo era molto più di quanto avrebbe mai sperato di udire dall’uomo che amava.

 

“Anch’io”, ammise semplicemente, perdendosi nel suo calore.

 

Alla fine, Morgana aveva fatto un dono anche a loro.

 

 

***

 

 

Dopo il chiarimento sulla torre, e un altro paio di scuse reciproche, Merlin non resistette dal chiedergli come mai Arthur avesse dato il permesso a Carl di frequentare Linette, cosa che non era mai avvenuta, con nessun altro giovane, da che lei era lì.

 

“Perché ti amo, ma credevo che non potessimo avere un futuro”, rispose il principe, semplicemente. “E quel garzone mi è parso un brav’uomo.

Volevo che tu fossi felice, anche se questo mi è costato incredibilmente- 

 

“Quindi avete soffocato i vostri sentimenti e avete pensato bene di rifilarmi al giovane che aveva ottenuto il vostro benestare…

 

“L’idea era quella…” ammise, grattandosi la nuca. “Devi credermi, non volevo umiliarti! Pensavo fosse il meglio per te!”

 

“Oh!”, lo abbracciò d’istinto. “Stupido Asino! Volevi fare l’eroe!”

 

“Altro che eroe!” Arthur rise di se stesso. “In realtà, avrei voluto tirargli il collo!”

“Quindi eri geloso?!

 

“Io? Geloso? Ma-ufhm”, la bugia venne tacitata dal bacio che il mago gli strappò e che il principe fu ben lieto di concedergli.

 

“Potresti smetterla definitivamente con quel tono formale, almeno finché siamo solo tra noi?” le appuntò, gioendo inaspettatamente della confidenza che la sua valletta si era presa, visto che questa – lo sapeva – sarebbe diventata un’aggravante piacevole della sua impertinenza.

 

“Ai tuoi ordini, Mio Signore”, lo canzonò Merlin, senza riuscire a trattenersi dall’accarezzarlo una volta ancora.

 

Forse era davvero giunto il tempo della gioia anche per loro.

 

 

***

 

 

Quelli erano stati tutti giorni frenetici, sia immediatamente prima delle nozze sia nei seguenti, poiché Uther aveva considerato per suo figlio un buon banco di prova il sapersi destreggiare con tutti gli invitati – i nobili alleati – che avevano deciso di allungare il proprio soggiorno a Camelot di qualche dì.

Ovviamente, i Pendragon non potevano apparire scortesi e all’erede al trono era stato dato il compito di intrattenere parte degli illustri ospiti, mentre il re coltivava le loro alleanze.

 

Ma in ogni occasione strappata al proprio dovere, Arthur correva dalla sua ancella, per condividere un momento insieme, un briciolo di pace, una carezza o un bacio; a volte, semplicemente godendo della rispettiva vicinanza.

 

Considerato il disastroso epilogo del primo tentativo, l’accordo implicito di non affrettare i tempi fu chiaro per entrambi, fin da subito.

Riscoprendo una complicità antica e neonata, assaporarono ambedue il gusto dei piccoli gesti, delle coccole e delle premure vicendevoli.

Il sorriso perenne albergava sui loro volti, persino nella quotidianità dei loro battibecchi, che costituiva la consueta, piacevole abitudine. A questa, però, si era riaggiunta la familiarità sopita dei gesti nati nei mesi addietro.

 

Ogni volta che poteva, Merlin amava accarezzare la pelle calda del principe, i suoi muscoli tesi, adorava tracciare sentieri lungo l’arco dei tendini.

Allo stesso modo, desiderava pungolarlo dove sapeva che l’altro era particolarmente suscettibile.

 

“Sei ingrassato!” gli bisbigliava all’orecchio, mentre lo vestiva e fingeva che gli abiti gli fossero divenuti stretti.

 

“Io non sono grasso, impertinente!” s’imbronciava il nobile Babbeo.

 

E guerre di solletico finivano in armistizi fatti di baci.

 

Arthur, invece, aveva una segreta ossessione per i capelli lunghi che Merlin non aveva mai tagliato dalla sua trasformazione in Linette – le aveva ingiunto di non osare farlo e aveva scherzosamente minacciato di punirla, se lei non avesse ubbidito.

Quando, la sera, nessuno ragionevolmente sarebbe più venuto a disturbarli, a volte restavano semplicemente accoccolati sul tappeto davanti al fuoco, e Arthur amava sciogliere quelle lunghe, morbide trecce e pettinare con le dita i suoi capelli sciolti e, col pretesto, poi, che così era impresentabile “Che dirà, Gaius?”, si offriva sempre di rifare l’acconciatura – “Sei un completo disastro, Amor Mio, anche con la magia!” – e Merlin cedeva sempre arrendevole, sotto al suo tocco suadente.

 

 

***

 

 

Arthur maledisse Lord Lars, i suoi compari e la loro invidiabile resistenza all’alcol, che lo avevano costretto ad infiniti avvicendamenti di boccali di birra prima di riuscire a congedarsi da loro; quindi richiuse con cauta attenzione il portone dietro di sé, ma gli usurati cardini cigolarono ugualmente.

Egli imprecò mentalmente, lanciando un’occhiata ansiosa nella penombra, verso il letto dove il vecchio Gaius russava rumorosamente.

Il principe sospirò, grato che l’anziano archiatra non si fosse destato; poi, con passo felpato, si diresse verso la porticina in cui risiedeva la sua valletta.

Non avrebbe dovuto essere lì, lo sapeva. Ma non aveva resistito.

 

Si era detto che avrebbe solamente controllato. Per scrupolo. Per togliersi il dubbio.

Non intendeva disturbare il suo sonno e se effettivamente Linette fosse già andata a dormire – e vista l’ora tarda, era cosa più che plausibile – lui si sarebbe messo il cuore in pace.

 

Invece, con sua somma gioia, da sotto la porta della stanzetta filtrava ancora una debole luce, segno che la sua occupante non si era ancora coricata.

 

Il nobile oltrepassò il giaciglio del guaritore reale offrendogli mentalmente le proprie scuse per quell’incursione inopportuna, ma questo non lo fermò dall’inerpicarsi sui gradini che lo separavano dalla sua agognata meta.

Egli batté un paio di colpi leggeri sullo stipite, con le nocche, pregando che non fosse la persona sbagliata ad accorgersi di lui.

 

Dopo un breve tramestio, Linette fece capolino sulla soglia, stretta in uno scialle avvolto sulle spalle e con la treccia mezza sfatta.

“Arthur?” esclamò sottovoce, condensando nel suo nome tutto il proprio stupore.

 

“Ehi…” la salutò lui, con uno di quei sorrisi che facevano sempre tremare le ginocchia a Merlin.

 

C-che succede?” sussurrò il mago.

Ma prima che potesse dire altro, si ritrovò sotto al naso una piccola, profumata violetta rubata chissà dove – da uno dei vasi che avevano ornato il Banchetto o il corrimano del corridoio, probabilmente.

 

“Avevo…” bisogno “voglia di vederti…” confessò il principe, puntando ostinatamente lo sguardo verso la piccola candela che illuminava lo stanzino.

 

Merlin colse il suo imbarazzo e, sorridendo timidamente, gli afferrò una mano abbandonata lungo il fianco, trascinandoselo dietro. “Vieni!” lo invitò, lasciando Gaius al suo riposo.

 

“Forse… non dovrei essere qui…” mugugnò il nobile, sprofondando nello scomodo letto della sua ancella. “Ma è da ieri che non ti vedo…”

 

Merlin si lasciò sfuggire una risatina divertita. “Decisamente sì, concordo. È stata una pessima idea venire qui”, lo rimproverò, prima di avvicinarsi a lui e di sedersi a cavalcioni sulle sue ginocchia. “Anche tu mi sei mancato”, sussurrò direttamente contro le sue labbra, prima di baciarle con trasporto.

 

Arthur ricambiò con uguale intensità, stringendosi contro quel corpo che amava.

Dopo che si furono saziati, si accoccolarono entrambi nella stretta brandina, bastando a loro stessi,  incuranti della scomodità.

 

“Stamattina, stavo per venire a chiamarti, quando Gaius mi ha trascinato con sé per un’emergenza. Siamo rimasti nella città bassa fino al tramonto…” gli raccontò il mago, disegnando con l’indice pigri cerchi sul nobile torace, sopra alla casacca del principe. “E stasera ti ho portato la cena, ma tu non c’eri… Ho aspettato un bel pezzo, e poi ho incrociato Leon, e mi ha detto che stavi in riunione con tuo padre… E successivamente che eri atteso per una virile bevuta fra nobiluomini e che, probabilmente, sarebbe andata per le lunghe”.

 

“Già…” confermò l’erede al trono, con una smorfia. “Quel Lars è senza fondo! Stavo per affogarlo nel suo boccale per disperazione!

 

L’ancella gli espresse la sua solidarietà.

“Ho provato a incontrarti altre due volte; ma, poi, mi si sono accumulate altre commissioni da sbrigare e ho dovuto desistere…” ammise, dispiaciuta, per completare il resoconto.

 

Arthur sbuffò, accarezzandole dolcemente la schiena celata dalla camicia da notte.

“Se ti consola, io sono venuto qui in cinque momenti e non ti ho mai trovata!”

 

“È possibile che le nostre vite siano così indaffarate?” domandò lo scudiero, retorico.

 

Ma il suo signore rispose ugualmente.

“A volte sì”.

 

Mh…” mugolò Merlin, lasciandosi scappare uno sbadiglio, nato dalla stanchezza e dal languore che quell’abbraccio caldo e le coccole soporifere del principe offrivano.

 

“È tempo che me ne vada…” sospirò Arthur, a malincuore.

 

“No, resta!” lo pregò il servo, stringendo la presa su di lui.

 

Cosa direbbe, Gaius, trovandomi qui domattina?”

 

“Te ne potresti andare prima dell’alba… ti desterò io…

 

Era un piano rischioso, lo sapevano. Ma tanto era il bisogno di stare insieme, che non discussero neppure.

 

“Me ne andrò prima del canto del gallo…” concordò il nobile, accomodandosi meglio e stringendo lo stregone a sé. Merlin, in cambio, mormorò un incanto e le coperte si rimboccarono magicamente tutt’attorno a loro, mentre un piacevole tepore combatteva il gelo dell’inverno imminente.

 

 

***

 

 

“Sveglia, Merrr- uh!” Gaius si immobilizzò sull’uscio della stanzetta, con occhi e bocca spalancata. -coledì. È m-mercoledì!” balbettò, correggendo il tiro a proprio unico beneficio, perché né il suo pupillo né il giovane Pendragon s’erano destati dal suo acuto richiamo. Anzi, come infastiditi dal rumore molesto, mugugnarono entrambi rafforzando la stretta che li univa, continuando a dormire beatamente.

 

Il cerusico si prese un istante di tempo per calmare il suo vecchio cuore che batteva agitato.

E non per averli scoperti in intimità, ma perché non avrebbe mai voluto essere lui la causa di un tradimento involontario sul segreto di Merlin.

 

Egli richiuse la porticina dietro le proprie spalle e sospirò stancamente, ragionando in fretta sul da farsi.

Coprendo con uno strofinaccio la colazione pronta per il suo figlioccio, gli scrisse un veloce appunto, adducendo un urgente impegno, per cui (come aveva fatto altre volte) aveva preferito non svegliarlo.

 

In tal modo, avrebbe evitato a tutti uno spiacevole imbarazzo.

Poi, afferrando una pagnotta, rinunciò alla propria colazione e, con spirito di sacrificio, afferrò la sacca da medico, per portare avanti la sua farsa.

Ma per la felicità del suo pupillo, avrebbe fatto questo e altro, si disse, avviandosi all’uscio.

 

Per un istante, egli aveva anche ponderato di predisporre una colazione un po’ più sostanziosa, di modo che Arthur, se avesse voluto, avrebbe potuto mangiare lì, assieme con Merlin.

Poi, però, aveva desistito, anzitutto perché sarebbe stato sospettoso offrire una gentilezza così – e lui voleva far credere di non averli visti insieme –, e successivamente perché, tutto sommato, sfrattare un povero vecchio da casa sua, alle prime luci dell’alba, poteva anche bastare come pensiero premuroso.

 

 

***

 

 

Arthur si destò sotto le carezze sottili di un nasino delicato e infreddolito, che si strusciava contro la pelle sensibile della sua gola, in un andirivieni tra l’incavo del collo e la sua nobile spalla.

 

Perso nel dormiveglia, non s’accorse subito che la fanciulla, con quel gesto, lo stava anche annusando.

E proprio quando stava per dirle che era sveglio, Linette interruppe il movimento, fiutandolo in modo quasi comico. Il respiro di lei gli fece il solletico e il principe sbuffò una piccola risata roca.

 

“È un modo gentile per dirmi che devo farmi un bagno?” scherzò, strofinandosi la faccia per scacciare il sonno.

 

Merlin sbatté le palpebre, preso alla sprovvista.

“No. È che mi piace il tuo odore. Lo riconoscerei fra mille”, confessò, arrossendo, nascondendo il viso nello stesso incavo che aveva appena perlustrato. “E comunque buongiorno”, mormorò, le labbra contro la pelle ispida di barba.

 

“Buongiorno a te”, sorrise Arthur, cercando un bacio che suggellasse davvero il buondì.

E ovviamente lo stregone non glielo negò.

 

Il nobile mugolò soddisfatto, ma poi si rannuvolò, anticipando l’inevitabile, infelice separazione.

“È tempo che vada…”

 

“È presto. Il gallo non ha ancora cantato”.

 

“Perché non mi hai svegliato?”

 

“Mi piaceva vederti dormire”.

 

Quella confessione così spontanea fece arrossire più il principe del servo, anche se Arthur doveva riconoscere che Linette non aveva mai avuto peli sulla lingua e questo non avrebbe dovuto sconvolgerlo più di tanto.

 

“E poi hai russato tutta la notte, avevo bisogno di un po’ di meritato silenzio”, ritrattò il mago, vergognandosi di aver ceduto a troppa sincerità.

 

“Oh! Perché, tu no?!” sbottò allora l’Asino Reale.

 

“Io non russo!” s’indignò l’ancella, puntando un dito ossuto fra le nobili costole.

 

Il principe sollevò gli occhi al cielo.

“Certo, come no?” concesse, con tono di palese condiscendenza.

 

E così Merlin si allungò su di lui, per punirlo col solletico.

Quasi non s’accorse della posizione equivoca, non fino a quando Arthur, smettendo di ridacchiare e di lagnarsi, si rifece serio e, con sguardo grave, non si prese il tempo di riannodare i lacci della sua camicia da notte, quelli che, sciolti, offrivano una generosa visuale della sua scollatura.

 

Il mago, chinato il capo e seguendo con lo sguardo il suo gesto, si rese all’improvviso conto del suo seno, senza fasce né corsetto, che s’intravvedeva inequivocabilmente.

 

“Ehm…” tossicchiò il principe, mettendoci un sacco di attenzione, affinché il nodo fosse bello saldo, indissolubile e indivisibile. Probabilmente Merlin avrebbe dovuto tagliarlo con le cesoie, perché disfarlo sarebbe stato impossibile. “Ehm…”

 

“Arthur? Che diamine fai?” domandò, forse stupidamente.

 

“Sono un uomo, perdìo!” sbottò, allora, il giovane Pendragon. “E tu non devi lasciarmi sbirciare queste cose e poi… poi… insomma!” sfogò, cercando di stabilire una maggiore distanza fra loro, pur non volendo separarsi da lei. “Ho anch’io dei limiti e dei desideri! Dei bisogni!” calcò. “E tu non puoi immaginare quanto ti voglio, perché-”

 

“Oh!, credimi, anche se ho un corpo femminile, ti capisco benissimo”, lo interruppe Merlin, deciso a vuotare il sacco. “Non passa veglia che io non senta l’irresistibile desiderio di vederti, o di toccarti. Ogni volta che devo spogliarti o rivestirti è un supplizio”, confessò, portando i propri occhi ad una spanna da quelli azzurri dell’altro, incatenandoli a sé. “Vorrei sentire le tue mani su di me, in me. E immagino ancora la tua bocca ovunque. E non vedo l’ora che tu mi dia sollievo, perché questa brama, che mi brucia dentro, mi consuma e-  

 

Arthur deglutì rumorosamente, con le iridi sgranate e la gola secca.

D-d’accordo”, balbettò. “Hai reso bene l’idea…” ammise. “E prima che… che i nostri buoni propositi sfumino, è meglio che me ne vada”.

 

Fu allora che il mago si accorse dell’erezione che gli premeva contro la coscia.

“Oh. Oh!” squittì, realizzando lo stato d’eccitazione del principe.

 

Per un istante, si sentì gloriosamente lusingato di esserne la causa.

“Ho capito, l’Orgoglio Mattutino si è svegliato!” asserì, sornione.

 

“Linette!” arrossì il nobile Babbeo.

 

Merlin rise. “Ti amo, stupido Asino!” gli disse, con affetto. “Perché ti vergogni a dimostrare che ci tieni a me?”

 

“Questa conversazione non sta avvenendo. Non. Sta. Avvenendo”, scandì il principe, sconcertato. “Dimmi che sto ancora dormendo…”

 

“Temo proprio di non poterlo fare…” lo deluse il servo, fingendosi dispiaciuto. “Ma posso aiutarti con quello…” offrì, spingendo la coscia contro il rigonfiamento dei pantaloni, smentendo quel gesto provocatorio con un velo di rossore sulle gote. “Vuoi?”

 

“Oh, no. Dio, no!” ansimò l’erede al trono, diventando Rosso Pendragon. “O-o megliovorrei, ma no! Non ora, non così”, farfugliò, con foga. “Davvero, lo vorrei, ma…”

 

“D’accordo”, la tensione si sciolse con Merlin che rideva, stampandogli un bacio sul naso. “Ho capito”.

 

Arthur rilasciò un sospiro tremulo, coprendosi con una mano gli occhi.

 

“Mentre ti ricomponi, vado a vedere se Gaius sta ancora dormendo e poi ti lascio fuggire da quest’antro di perdizione”, lo prese in giro lo stregone, bonariamente.

 

Intanto che sentiva la porticina cigolare, il principe pregò fervidamente ogni divinità disponibile ad ascoltarlo che non solo il guaritore dormisse della grossa, ma così anche tutto il castello, perché sinceramente non sapeva come sarebbe riuscito a tornare padrone di sé in un tempo dignitoso.

 

Forse la sua buona stella lo aveva benedetto, perché vide rientrare la sua valletta con un’espressione radiosa e una ciotola di cibo per la colazione.

 

“Ho una notizia buona e una meno buona”, principiò, decidendo autonomamente di ridistendersi al suo fianco nel lettuccio.

 

Arthur sollevò un aristocratico sopracciglio.

“La peggiore?” scelse, per togliersi il pensiero.

 

Dev’essere un po’ più tardi di quello che credevamo…” disse il servo, accoccolandosi contro di lui. “Non è che il gallo non abbia ancora cantato… ha cantato da un pezzo, solo che non l’abbiamo sentito!” ammise. “Quindi siamo in ritardo sulla nostra giornata”.

 

“E la notizia buona?” domandò quindi.

 

“Gaius se n’è andato via per una questione urgente e quindi non saprà mai che sei stato qui…” Linette annuì, ammiccando. “Mi ha lasciato un messaggio di là”.

 

“Oh, Dio. Ti ringrazio!” si lasciò sfuggire il nobile cavaliere, sentendo le membra distendersi per il sollievo.

 

“Com’è che hai così tanta paura di un povero vecchio?” lo pungolò il mago. “Temi forse un princicidio per mano sua?” scherzò.

 

“Uhm…”

 

“Lo sai anche tu che Gaius ci approva, e si fida di te...

 

È proprio questo, il punto. Lui è un uomo all’antica e-”

 

“Ed è consapevole che noi due non potremmo vivere il nostro legame alla luce del sole…” terminò lo stregone, interrompendolo.

 

“Ti giuro che non sarà sempre così. Le cose cambieranno, quando sarò re. Cambieranno per te, e per la magia. Per Albion”.

 

Merlin aveva gli occhi lucidi per l’emozione e Arthur preferì rubargli un bacio, piuttosto che parlare oltre.

Poi, divisero equamente la ciotola di frutta secca come colazione, imboccandosi a vicenda, come due comuni, folli innamorati.

 

“Se non fossimo in novembre, ti rapirei con la scusa di andare a caccia e ci saremmo solo io, te e una coperta con dei cuscini e un cesto di cose deliziose da mangiare.

E passeremo il tempo ad oziare, in santa pace, da adesso fino al tramonto. E al diavolo i doveri del regno!”

 

“Stai solo sognando ad occhi aperti…” lo rimproverò Merlin, con un sorriso indulgente. “E so che non resisteresti a poltrire, oziando, e con una scusa qualunque mi trascineresti a caccia per davvero e la nostra scampagnata finirebbe così: con me che ti arranco dietro nei boschi!”

 

“Donna di poca fede!” borbottò l’Asino Reale, impostando un tono oltraggiato. Ma, poiché Linette lo conosceva anche troppo bene, probabilmente doveva riconoscere che lei aveva ragione.

 

Comunque, prima di alimentare altri battibecchi, furono costretti ad accantonare quella piacevole parentesi e ad avviarsi verso i rispettivi doveri per quella giornata.

 

 

Continua...

 

 

 

Disclaimer: I personaggi di Merlin, citati in questo racconto, non sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

Ringraziamenti: Un abbraccio alla mia kohai e a Laura, che subiscono le mie paranoie. X°D

 

Note: Il princicidio è un omaggio alla mia kohai: la prima volta che l’ha usato riferendosi ad Arthur mi ha fatta morire! XD

 

La parte iniziale del capitolo fa il verso alla puntata 1x05 “Lancillotto”, quando Merlin e Gwen scherzano durante il banchetto.

 

In passato, agrifoglio e biancospino, essendo piante invernali, venivano usati per abbellire le cerimonie e le ricorrenze di festa (come detto nel capitolo).

 

Una curiosità: nel Castello di Pierrefonds, dove è girato il telefilm di Merlin, si possono ammirare otto torri difensive, ciascuna ornata dalla statua di un prode: Artù, Alessandro, Goffredo, Giosuè, Ettore, Giuda Maccabeo, Carlo Magno e Cesare.

Il fatto che Arthur sia affezionato alla Torre a Est è un mio vezzo (tra l’altro, ricorrente nelle mie storie XD); purtroppo non sono riuscita a sapere quale, fra le torri di Pierrefonds, fosse quella intitolata a lui. Ç_ç

 

Forse è superfluo dirlo, ma sappiamo che Arthur non è un piagnucolone. Nelle mie intenzioni, la separazione da Morgana lo ha segnato per davvero, e credo che questa sua umana debolezza dica, ancora una volta, quanto lui ami sinceramente la sua sorellastra.

Voi concordate con me, o la pensate diversamente?

 

Il salto dalvoi’ al ‘tu’ è ovviamente voluto. ^^

 

Nel caso vi siano rimasti dubbi, chiedete pure! ^^

 

 

Precisazioni al capitolo precedente e domande varie: (a random)

- Non ho molto da dire, perché ho già risposto sotto ai commenti.

- Gli addii fanno sempre male, ma Morgana non è uscita di scena per sempre, anzi! Se seguirete “Linette 2: la raccolta”, troverete piacevoli novità! ^^

- Sono contenta che abbiate apprezzato il tempo che ho dedicato a Morgana, mi sembrava corretto non lasciare le cose a metà e ora anche Gwen, come promesso, si toglierà dalle scatole sarà felice.

- Se Lancelot avesse rotto l’incanto, io avrei dovuto emigrare in Alaska! XD

- A domande specifiche, ho risposto direttamente sotto la recensione.

 

 

Anticipazioni del prossimo: ero molto incerta se metterne o no, perché siamo alla fine.

Poi sono giunta ad un compromesso. È un’unica, fondamentale frase, che potete leggero qui sotto evidenziando il testo tra le virgolette. Se invece non volete rovinarvi la sorpresa, potete saltarla tranquillamente.  

 

Ti riporterò indietro, Merlin”.

 

 

 

Avviso di servizio (per chi segue le altre mie storie):

 

  • Postata la shot modern!AU merthurEstetico trascendentale (con)gelato”.
  • Aggiornata la long-ficWaiting for you” cap. 10.

 

 

Ringrazio i nuovi followers!

I 284 utenti che hanno messo questa fic fra i ‘preferiti’, i 43 ‘da ricordare’ e i 436 ‘seguiti’.

Grazie della fiducia e di ogni parere che mi darete.

 

 

 

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elyxyz

 

   
 
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