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Autore: Ottachan    02/08/2014    1 recensioni
Raccolta dei miei fill della quarta Notte Bianca organizzata dalla pagina 'No ma Free lo guardo per la trama, eh!'.
Il rating è vario, così come il genere (andrò più nel dettaglio per ogni one shot) e, salvo imprevisti, ogni capitolo uscirà ogni sabato.
Questa raccolta comprenderà:
1) Imprevedibili incidenti in cucina (verde, divertente, FutureFish!AU, Cuoco!Haru x Pompiere!Mako);
2) Il Cavaliere e il suo principe (arancione, angst-lime, Medieval!AU, Cavaliere!Rin x Principe!Mako);
3) A un palmo di distanza (verde/giallo, angst, MakoHaru);
4) The Final Cut (songfic, rosso, angst-lemon, MakoRin);
5) La filosofia delle lontre (verde, fluff, SouMomo);
6) Gli occhiali di Sousuke (la fantasia nel titolo...) (rosso, pwp, SouRin);
7) Titolo da definire, sorry (verde/giallo, divertente, shoujo-ai, Gou x MikoshibaSister).
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Shoujo-ai, Yaoi | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Le prime Notti Bianche'
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Secondo fill della Quarta Notte Bianca organizzata dalla pagina No ma Free lo guardo per la trama, eh con il prompt della Robs: MedievalAU! princeMako\knightRin (o viceversa, Mako cavaliere e Rin principe, e indifferente). Da brava divoratrice di rpg fantasy, da amante di giochi e libri con ambientazione medievale e da giocatrice di D&D incallita (qualcuno ha detto: 'Nerd' xD?) non ho potuto resistere u.u E quindi è venuta fuori una storia con un pò di shota (all'inizio) e un pò di lime, un pò angst e un pò Game of Thrones (NO OTTA, NON CI PROVARE!) e un pò mai 'na gioia.
Grazie in anticipo per la lettura >.<

 
Il cavaliere e il suo principe

RATING: arancione;
GENERE: angst;
PERSONAGGI: Cavaliere!Rin, Principe!Makoto;
COPPIE: yaoi MakoRin;
AVVERTIMENTI: Medieval!AU, lime

C’era una volta, nel villaggio di Iwatobi, un piccolo bambino dai capelli rossi con un ambizioso sogno: diventare il primo cavaliere del re. Si allenava ogni giorno nella nobile arte della scherma, brandendo una spada di legno dal manico leggermente scheggiato, e aveva imparato a montare sulla groppa del somaro di famiglia senza l’ausilio di una sella. La madre lavorava in una bancarella di ortaggi e spesso si faceva aiutare dalla figlia minore durante il giorno. Non chiedeva mai aiuto al piccolo Rin: era consapevole che il ragazzino si era intestardito nel voler seguire le orme del padre morto in guerra un paio di anni prima, e questo la riempiva sia di orgoglio e sia di paura. La vita del mercante era si poco eccitante, ma almeno quasi del tutto sicura. Il villaggio e il castello avrebbero sempre avuto bisogno di cibo, glielo diceva ogni sera ogni volta che vedeva il suo bambino rientrare nella loro piccola casa di pietra sporco, sudato e pieno di lividi. E lui, invece, sorrideva mentre guardava, fiero, le vesciche e i minuscoli calli che erano spuntati sulle sue piccole mani infantili. Le mani del padre avevano sempre attirato l’attenzione di Rin: così grandi, forti, ruvide; mani che riuscivano ad essere sia delicate per proteggere le persone che amava, sia ferme nell’impugnare una spada, una spada vera e propria, non una di legno, una di quelle forgiate in acciaio dai fabbri dopo notti insonni di faticoso lavoro con dentro il loro sudore e la loro anima. Non vedeva l’ora di impugnarne una anche lui.
E quel momento non tardò ad arrivare.
Il villaggio di Iwatobi era in festa: la regina aveva dato alla luce due gemellini sani e pieni di energia e le strade si erano fatte più caotiche del solito. C’era gente che portava doni al castello, bardi che suonavano allegre melodie e ovviamente molte più guardie di ronda in giro. Una di esse notò Rin durante uno dei suoi allenamenti solitari e rimase colpita dall’agilità del bambino.
Quella sera stessa il rosso si ritrovò a viaggiare sul cavallo della guardia, abbracciato alla sua fredda armatura, e non aveva mai desiderato come in quel momento che arrivasse presto il giorno successivo.
La mattina seguente, infatti, venne presentato al cospetto della famiglia reale per ricoprire il ruolo di scudiere, una sorta di praticantato per la sua futura carriera di cavaliere. Fu così che Rin fece la conoscenza con il principe ereditario del paese: il piccolo Makoto. Egli stava seduto su un trono dalle dimensioni minori rispetto a quello dei genitori ma grande abbastanza da farlo quasi sprofondare nei cuscini. Sorrise contento alla vista del nuovo arrivato: era raro che un bambino della sua stessa età avesse il permesso di stare nel castello.
Non ci volle molto che i due ragazzini facessero amicizia nonostante le loro radici differenti e i loro diversi caratteri: uno era cresciuto nel quartiere del mercato ed era scaltro e a volte ruffiano, l’altro era calmo e gentile, sempre pronto ad ascoltare gli altri come un piccolo monarca che ha a cuore la propria gente. Avevano anche iniziato ad allenarsi insieme nell’uso della spada. Anche in questo caso il loro modo di combattere rispecchiava la loro personalità: Makoto preferiva rimanere sulla difensiva e colpire l’avversario solo quando quest’ultimo lasciava una fatale apertura, Rin era molto più aggressivo e non lasciava respiro a chi si trovava contro di lui.
Grazie all’impegno, alla sua forza di volontà e al suo talento, il figlio della mercante non impiegò molto a distinguersi nella scherma e, il giorno del suo diciassettesimo compleanno, venne nominato cavaliere del re. Quello fu un periodo di novità anche per Makoto: la principessa del regno vicino, alla quale il futuro re era stato promesso fin dalla nascita, si era trasferita nel castello in attesa di compiere l’età necessaria per potersi unire a lui in matrimonio e questo comportò un totale abbandono, da parte del principe, degli allenamenti di scherma con il suo caro vecchio amico. Rin non riuscì a digerire quell’improvvisa assenza: era diventato lo spadaccino più forte di tutta la corte, solo Makoto era in grado di fargli sudare una meritata vittoria. E invece ora doveva limitarsi ad osservarlo da lontano mentre portava la sua dolce promessa sposa a visitare il bellissimo giardino reale e le sale più riccamente decorate del castello. Un uomo può definirsi tale solo quando impugna un’arma per proteggere il regno dimostrando la propria superiorità con la forza, questo pensava il neo cavaliere. E un vero re non dovrebbe limitarsi a parlare col popolo o a generare un erede maschio: un vero re è anche colui che riesce a dominare su di un campo di battaglia.
Ci vollero tre giorni di assenza di Makoto per far prendere a Rin la decisione di andare a parlare a quattrocchi con l’amico. Il principe si liberò del suo seguito solo a tarda sera, mentre si stava dirigendo nelle proprie stanze per andare a dormire.
‘Maestà’ Rin apparve da dietro un pilastro, lo sguardo serio e le labbra strette.
‘Rin! C’è qualche problema? È inusuale vedervi a quest’ora della notte!’
Il cavaliere si inginocchiò e continuò a parlare senza incrociare gli occhi verdi dell’altro.
‘Maestà, non avete più intenzione di riprendere le lezioni di scherma?’
‘Alzatevi’ rispose l’amico sorridendo e porgendo la propria mano per aiutare il rosso. Rin ignorò quel gesto e rimase fermo e immobile, la testa sempre rivolta verso il basso.
‘Se posso permettermi, non dovreste abbandonare gli allenamenti! La pace è un qualcosa di incerto e poco duraturo… Bisogna essere sempre pronti a prendere le armi, anche quando non ne sarebbe necessario…’
L’espressione di Makoto si rabbuiò per un momento ma il cavaliere, ovviamente non lo notò. Il futuro sovrano parlò con voce calma: ‘Le vostre sono preoccupazioni inutili. Con il mio matrimonio sugellerò un trattato di pace e alleanza con il castello vicino, è tutto già deciso. Fino a quando mio padre ed io regneremo, non ci saranno problemi di alcun tipo. Alzatevi, voi siete un mio amico! Non voglio da voi queste esagerate dimostrazioni di devozione perché io rispetto voi e vi considero come mio pari’. Nonostante le parole gentili del principe, Rin non si mosse da quella posizione. Fu Makoto, preoccupato, a piegarsi sulle ginocchia e a scostare dalla fronte dell’altro i capelli che andavano a coprirgli gli occhi.
Accadde tutto improvvisamente. A quel contatto delicato il ragazzo dalla chioma rossa perse la cognizione di se stesso, del proprio ruolo e delle proprie azioni, e si avventò con foga sulle labbra dell’altro. Eppure percepì chiaramente il principe ricambiare quel bacio così brusco. La mano di Makoto si posò delicata sulla mandibola di Rin e quest’ultimo sistemò la sua sopra di essa. Ne seguì lentamente il profilo indugiando sulle nocche sporgenti e sulle falangi lunghe e robuste. Le dita del futuro re erano grandi come quelle del proprio padre, decisamente meno rovinate grazie ai guanti usati durante gli allenamenti ma altrettanto nodose. Si staccò da quel morbido contatto per posare le sue labbra sul polso di Makoto, poi salì su verso il centro del palmo e si fermò in quel punto, come se volesse che il proprio respiro fosse catturato dall’altro. Rin finalmente si decise a guardare l’amico negli occhi. L’espressione languida del principe era piuttosto eloquente. Nonostante quello che stava per accadere, quest’ultimo socchiuse gli occhi sorridendo in maniera gentile e, sempre tenendo la mano di Rin tra la propria, si alzò in piedi facendo sollevare anche il cavaliere. I due non si parlarono più quella sera, furono le loro mani ad esprimersi come mai avevano fatto in tutta la loro vita. I loro movimenti ricordavano quasi quelli degli allenamenti di scherma: Rin era avido,  si muoveva usando tutto il corpo e impiegando tutte le proprie energie, Makoto, invece, sembrava capire dove doveva toccare, quanta forza impiegare e che tempismo seguire. Raggiunsero il culmine del piacere quasi in contemporanea; l’orgasmo era arrivato forte e improvviso come un’imboscata nemica, solo che, ovviamente e decisamente, più piacevole. Il principe si addormentò di sasso, la mano ancora stretta in quella del suo cavaliere. Rin, invece non riuscì a prendere sonno; cercò di divincolarsi, senza svegliare l’amico, da quella calda stretta e cercò di infilarsi l’armatura al buio nella speranza di non produrre alcun rumore. Dopo aver sudato il doppio solo per riottenere un aspetto degno di un soldato della guardia reale, finalmente il rosso abbandonò le stanze del principe per far ritorno alla propria.
Oramai i due amici si erano resi conto l’uno della presenza dell’altro e avevano capito che oramai non sarebbero più riusciti a far finta di niente. Certe volte era Rin a presentarsi al capezzale del futuro sovrano, sprezzante del pericolo, incurante di essere visto. Altre volte, invece, era Makoto a cercarlo, a cingere l’altro con le sue forti braccia, a bloccargli le mani con le proprie. Purtroppo non dovettero aspettare molto tempo per essere scoperti. Da un sospetto nacque un pettegolezzo, il pettegolezzo si diffuse a corte e arrivò alle orecchie della giovane futura regina. E la promessa sposa non era solita perdonare un tradimento. Il tutto si concluse con l’annullamento del matrimonio e una dichiarazione di guerra.
Rin venne subito convocato nell’accampamento militare situato a metà strada tra i due regni. Makoto fu costretto a rimanere al castello, solo il re sarebbe sceso in campo.
Le prime battaglie si conclusero con un nulla di fatto. Poche perdite sia da un lato che dall’altro. Che i due schieramenti si stessero ancora semplicemente studiando in attesa di trovare una strategia vincente? I guerrieri delle due diverse fazioni non avevano trovato una risposta nemmeno superata la seconda settimana di combattimenti. In entrambi gli accampamenti si respirava un’aria di malcontento e stanchezza. Rin era sfinito. Si sentiva a pezzi nel corpo e nell’anima. Seduto al di fuori della propria tenda, il giovane dai capelli rossi si ritrovò ad osservare la propria mano: non era grande come quella di Makoto e nemmeno forte come quella del padre. Strinse le dita nel palmo fino a farsi male; quanto ancora sarebbe durata quella battaglia? Voleva tornare al castello, voleva rivedere Makoto e aggrapparsi alle sue spalle. Quelle spalle che avrebbero dovuto sostenere un regno, lui le voleva tutte per sé. Sapeva di essere egoista ma non poteva farci nulla, non riusciva più ad anteporre a sé la felicità della propria gente, oramai sarebbe stato in grado di proteggere solo una persona, Makoto. Il principe Makoto. Forse si era andato a ficcare in una situazione senza uscita. Sollevò lentamente la testa verso l’alto, la mano ancora stretta in un pugno, e quello che vide in quell’istante lo lasciò a bocca aperta. La materializzazione dei suoi sogni più profondi: Makoto era lì davanti a lui, sopra un cavallo da guerra, bello come non mai, con gli occhi fissi su di lui, proprio su di lui, come era avvenuto durante quella loro prima notte d’amore. Il principe sorrise dolcemente come al solito; era proprio il suo Makoto, il suo desiderio egoistico, e gli porgeva la mano, voleva lui.
‘Alzatevi’ disse con tono autoritario ma gentile e Rin ripercorse con la memoria i gesti e gli avvenimenti di quella fatidica sera. La mano del principe era simile a quella del padre del cavaliere, possedeva sicuramente meno calli e cicatrici ma era comunque ferma e affidabile. Non ci pensò due volte e la afferrò saldamente con entrambe le mani.


 
   
 
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