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Autore: ReavorKyrell    02/08/2014    2 recensioni
Reavor è un prigioniero, condannato a morte in una valle desolata dove il tempo muta continuamente e dove sopravvivere è quasi impossibile. Reavor è il protagonista di una storia che parla di complotti ,misteri e magia però questa non è solo la sua storia. Questa è la storia o per meglio dire, questo è l'insieme delle storie di molti uomini e molte donne, ognuno con un proprio destino da compiere. Saranno proprio i loro destini ad intrecciare i vari racconti, che insieme formeranno un enorme puzzle in cui la vera "protagonista" è Klimmeck, la città infinita.
Genere: Avventura, Erotico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Violenza
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 Ciao a tutti! Io sono Reavor, il vostro amabile "autore" di quartiere. Mi spiace importunarvi ma vi devo chiedere un favore: io non sono molto sicuro riguardo alle mie capacità di scrittura ora come ora ed essendo questa la mia "opera prima" vorrei ricevere dei consigli, complimenti o critiche (anche pesanti, se necessario) per poter migliorare ciò che scrivo. Premetto che questo è a tutti gli effetti il mio primo libro e che sono ancora abbastanza giovane, infatti mi sto ambientando solo adesso a questo "magico mondo" composto dal sangue degli "autori" come me. Fatta questa piccola premessa, che mi dovrebbe evitare papiri lunghissimi su quanto io sia incompetente in materia, vi chiedo i essere sinceri e spietati nei miei confronti. Vi auguro una buona lettura (sempre se ciò che ho scritto non è un pugno nello stomaco per tutti i lettori)





    
                                                                       Prologo
 
 La prima cosa che vide fu la neve. Cadeva lentamente attraverso le sbarre che conducevano all'esterno, trasformando quel luogo oscuro e umido in uno spettacolo magnifico. Reavor rimase a guardare i bianchi fiocchi a lungo prima di chiedersi dove fosse finito; iniziò a girarsi procurandosi fitte di dolore così insopportabili che dovette fermarsi a prendere fiato un paio di volte, riempiendo i polmoni che sembravano non riuscire a trattenere l’aria al proprio interno. Nel girarsi a pancia in giù l’uomo vide che il pavimento ricoperto dalla paglia terminava a poco più di due metri dal suo corpo dove si stagliavano quattro mura altissime, senza appigli e senza porte o finestre. Impossibile dire come avesse fatto a finire lì dentro, l’unica cosa che riusciva a vedere come possibile entrata erano le sbarre sul soffitto da cui cadeva la neve. Nel vano tentativo di chiedere aiuto cercò di urlare qualcosa ma le uniche cose che riuscì a far uscire dalla sua bocca furono dei versi raccapriccianti, fastidiosi e acuti; versi che nonostante tutto attirarono una guardia che si affacciò sulla grata ringhiando un insulto, per poi sparire di nuovo aldilà delle sbarre. Qualche minuto dopo al posto della guardia arrivarono una borraccia ricoperta di ghiaccio e una pagnotta piena di vermi, lanciati entrambi con noncuranza attraverso le sbarre. Dopo aver mangiato e bevuto, nonostante il ribrezzo per i vermi, Reavor si alzò con lentezza per evitare altre fitte e riprovò a parlare:
< guardia! Perché sono qui? Che cos’è questo posto? >
 < Secondo te? Questa è una prigione, lurido bastardo, e il perché non ti è dato saperlo > disse la guardia dopo essersi affacciata di nuovo, seguita da un secondo insulto.
Reavor avrebbe voluto aggiungere la domanda “ chi sono io?” ma non voleva sentire la risposta, doveva ancora abituarsi al non sapere nient’altro se non il proprio nome, e sarebbe stata una cosa dura da accettare. “ Come mai sono in una prigione? Che cosa ho fatto?” la mano destra di Reavor si avvicino alle tasche rovinate cercando un possibile indizio ma tutto ciò che trovò fu un anello di ferro grezzo, perfetto per il suo dito, e un paio di monete in rame; niente che potesse rivelargli la sua provenienza o il motivo per cui si trovava lì.
< Guardia! Sarò giustiziato? >
L’unica cosa che lo raggiunse fu una risata sommessa e le parole “… che senso ha rispondere a un morto che cammina?”. La risposta a quanto pare era “si”.
Passarono due giorni prima che Reavor vedesse di nuovo qualcuno e questa volta non era la guardia ma il boia, riconoscibile grazie al cappuccio nero sulla testa. Lentamente l’uomo ricoperto dal nero abito tolse la grata e calò nella prigione una piattaforma di legno attaccata ad un argano in legno. Reavor si alzò dal freddo terreno, facendo un po’ di fatica, per poi salire sulla piattaforma appena scesa. Con estrema lentezza Reavor salì fino all’esterno, aggrappandosi alle corde per evitare di cadere, per poi vedere finalmente dov’era finito. Era una pianura, un’immensa valle circondata in parte da paludi e infine da montagne, così grande che l’uomo dovette fare un grande sforzo per vedere le vette più lontane. La valle stessa era una prigione, un luogo che non lasciava alcuna speranza di fuga ai poveri prigionieri. La prima anomalia che il prigioniero riscontrò fu la totale assenza di abitazioni in tutta la valle, mentre la seconda fu la sola presenza del boia, nessun animale o umano erano nei paraggi.
Il boia tirò a se le mani del prigioniero e le aprì a forza per poi poggiarci un foglietto mezzo bruciato, caratterizzato da una frase praticamente incomprensibile in quanto sbiadita. Dopo aver mollato la presa sulle braccia di Reavor gli disse:
< Questo foglio rappresenta la tua vita; consumarlo o perderlo significa morire. Dovrai uscire da questa valle se vuoi sopravvivere e ti assicuro che più starai qui dentro e più velocemente morirai. Prova a seguirmi e il tuo foglietto si consumerà così in fretta che la morte ti raggiungerà dopo il terzo passo. Tutto ciò che ti è concesso avere, oltre alla tua vita, è un oggetto che ti ricordi chi sei e qualche moneta di rame nel caso in cui tu dovessi scappare. Da adesso per ordine del nuovo re, tu sei ufficialmente condannato a morte, se riuscirai a fuggire, proverai la tua innocenza e avrai in cambio la tua vita, al contrario il tuo freddo corpo sarà lasciato qui come tutti gli altri prima di te, domande?>
< Come farò a nutrirmi? L’ultima volta che ho mangiato è stata due giorni fa!> Gridò Reavor al boia, con la rabbia che velocemente prendeva il posto della paura.
< Dovrai sopravvivere di ciò che viene qui di notte: mangiare o essere mangiati, inoltre se sarai fortunato troverai qualche forma di vita nella valle, una volta che la neve sarà completamente sciolta, ma non posso dirti se può essere veramente una “fortuna”. Hai venti giorni di tempo massimo. Se sarai ancora in questa valle, al termine dei venti giorni, io ti troverò e ti ucciderò>
Dopo aver pronunciato quelle parole il boia si girò e iniziò a camminare finché non sparì dalla vista di Reavor. L’uomo iniziò a guardarsi attorno, per cercare un rifugio o qualche ramo con cui scaldarsi, ma in mezzo a tutta quella neve non vide niente, né alberi né arbusti, l’unica cosa che riusciva a vedere era un’immensa distesa di neve che finiva a diversi metri dalla base dei monti, più o meno dove iniziava una specie di palude ricoperta da vapore. Il prigioniero allora iniziò a camminare verso le montagne, ma tutta quella neve lo confondeva < Dove sono finito? Non c’è niente da queste parti, addirittura quei monti sembrano allontanarsi!> Reavor guardò in basso alla ricerca delle sue orme, nella speranza di riuscire a tornare verso la cella, ma non riuscì a vederle. Non era più vicino alla cella, questo era sicuro, ma per qualche strana ragione, ogni passo che faceva non lasciava la benché minima traccia sulla neve. “come se fosse possibile seguire quello stramaledetto boia!”. Facendo attenzione a non rompere ulteriormente le tasche, Reavor riprese l’anello e se lo mise al dito. < Questo è quello che sono?! Un misero anello di ferro grezzo? Di sicuro non devo aver avuto una vita ricca al di fuori di questa valle> Il prigioniero riprese a camminare per un tempo quasi infinito, seguendo il ritmo dei suoi passi lenti e stanchi che gli facevano spesso perdere l’equilibrio obbligandolo a fermarsi. Gli occhi grigi di Reavor osservavano le nuvole diramarsi, lasciando vedere l’azzurro cielo e il sole che lentamente iniziava a illuminare tutta la valle. I muscoli stanchi delle gambe non si fermarono finché l’uomo non vide il sole calare lungo i monti. “ è in questo esatto momento che tutti gli altri devono essere morti. Mangiare o essere mangiati? Sarò io a mangiare, qualunque cosa esca fuori dalle tenebre.” L’oscurità iniziò a calare sulla candida valle e fu allora che le bestie iniziarono ad uscire allo scoperto. Dalla neve fuoriuscì una mano disumana e inconsistente, un’ombra. “che diavolo è quella roba?” pensò Reavor con crescente paura mentre lentamente usciva il braccio della creatura, fatto di scaglie e ricoperto da un’armatura nera, ridotta brandelli dal tempo. In quel momento Reavor capì che invece di stare a guardare, sarebbe dovuto scappare per mettersi in salvo ma mentre si girava,pronto  a correre nella direzione opposta rispetto alla creatura, da sotto la neve arrivò un’altra mano che lo afferrò saldamente alla caviglia, facendolo cadere sui palmi aperti. Un teschio mostruosamente grande con denti affilati come rasoi uscì infine dalla neve “Mangiare o essere mangiati. Adesso capisco che cazzo intendeva! Mangiare o essere mangiati, mangiare”
< O essere mangiati!> dopo aver gridato con disperazione l’uomo si girò mettendo la schiena sul terreno per poi tirare un calcio alla testa  del mostro con la gamba libera, staccandogliela di netto. Il teschio lentamente rotolò sulla neve per poi sprofondare solo una volta fermo, sciogliendo il candido manto attorno a se. Reavor si alzò in piedi, visibilmente scosso dall'accaduto, fermandosi qualche secondo per respirare; la paura della morte era sempre più viva e lentamente gli avvolgeva il cuore. Con fatica recuperò il pezzo d’armatura dal braccio della cosa, dopo aver riacquistato un minimo di tranquillità, per poi sistemarlo sul braccio destro, completamente scoperto dalla tunica lacerata e solo dopo aver recuperato il suo bottino si rese conto di quello che stava succedendo intorno a lui; centinaia di scheletri uscivano dalla neve, le loro ombre e le loro ossa ricoperte con delle strane scaglie; i corpi martoriati e in decomposizione terminavano con una lunga coda ossuta e appuntita, trasformando lo stesso corpo della creatura in un’arma. l’uomo iniziò a muovere i primi lenti passi causati dal terrore appena provato per poi essere seguiti da una lunga e interminabile corsa.
  Reavor corse a perdifiato nella neve con il respiro affannato che creava nuvole di vapore davanti ai suoi occhi finché, dopo quelli che parvero secondi, non cadde a terra stremato. “È già finita. Che cosa ho fatto di male prima di arrivare qua per meritarmi tutto questo?”pensò l’uomo mentre si girava lentamente in modo da provare ad alzarsi. Solo dopo essersi messo a pancia in su il prigioniero notò l’ enorme scheletro che stava arrivando dalle montagne; questo scheletro però non aveva né scaglie né armatura ma al loro posto aveva carne, distrutta e in putrefazione mentre sulla schiena comparivano due strane ali di cui rimanevano solo le nere ossa. Il teschio aveva una testa ornata da due lunghe corna mentre il viso ossuto assomigliava ad un teschio umano differenziandosi però con l’enorme mascella, protetta da una placca d’osso che ricopriva i denti affilati e appuntiti come lance. Il mostro lentamente aprì le fauci per poi lanciare un grido, anzi centinaia di grida di uomini, bambini e donne.  “Perché emette così tante urla?” si chiese Reavor, terrorizzato dalla possibile risposta.  Lo scheletro iniziò a venirgli incontro, scendendo per le pendici delle montagne che in parte rotolavano verso valle insieme a lui. Qualunque creatura che gli bloccava il passaggio veniva fatta a pezzi o mangiata. Reavor si costrinse a rimettersi in piedi per allontanarsi da quel mostro. Corse finché le gambe lo sostenevano e alla fine, quando la creatura stava per raggiungerlo, si girò per guardare la morte in faccia. Poco prima di essere travolto la creatura si fermò girandosi verso la cima delle montagne come se qualcosa avesse colto la sua attenzione, emettendo un ringhio basso quasi spaventato, per poi allontanarsi a grandi passi verso le montagne stesse. Solo dopo aver raggiunto di nuovo il pendio da cui era arrivato, spuntò il sole, mostrando una bellissima alba.
   
 
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