Questa
storia è di nuovo ambientata nel futuro. A differenza della precedente,
però, è decisamente comica e assolutamente non seria. Perdonate la
sciocchezza, ma mi è saltata fuori mio malgrado e vi sottopongo almeno l’inizio,
per vedere che ne pensate. Un commentino sarà ben gradito.
Non
l’ho classificata come OOC, perché nella sua insensatezza non mi
sembra lo sia più di tanto. Però, appunto, non ha senso.
Buona
lettura
suni
IL GIORNO
PIU’ BELLO
Prologo
Non
ci posso credere. Non ci posso assolutamente credere. Non può essere
vero che in questo momento io sia rintanata in un bagno con una scarpa –
rotta – in mano, la gonna del vestito a brandelli, una gran voglia di
vomitare e quattro centimetri di capelli andati a fuoco perché mio marito ha avuto la geniale idea di
mettersi a litigare con quel degno cretino del suo migliore amico,
nonché testimone, esattamente accanto al mio infiammabilissimo velo. Mi
ha dato fuoco ancora prima di essersi
avvicinato al talamo nuziale! Senza contare i rimasugli di ramen e torta
spiaccicati sul corpetto e questa disgustosa bava di rospo che non smette di
ungermi le mani nemmeno se la lavo con l’alcool da ospedale. Non ci posso
credere.
Non
posso, altrimenti spacco tutto a pugni. Teste del mio fortunato coniuge e di
Naruto comprese, anzi, con precedenza assoluta.
E
dire che avrebbe dovuto essere il giorno più bello della mia vita. Le
premesse c’erano: dopo drammatici esami andati storti, amori rifiutati,
fughe al seguito di psicopatici massacratori fissati coi serpenti, inseguimenti
rocamboleschi ai quattro angoli del mondo, tentati omicidi tra compagni di
squadra, fratricidi, tradimenti e voltafaccia, il colpo di stato di un
trisavolo immortale, una società di assassini decisi a scatenare la
guerra mondiale con tanto di guerriero in modalità divina, il fortunoso
scongiuramento della suddetta guerra en
passant per il risveglio del mostruoso, terribile demone della volpe a nove
code e uno scontro da segnalare negli annali di Konoha siglato Kyuubi versus
sharingan, dopo tutto questo, appunto, finalmente le cose si erano calmate.
E
non solo calmate: avevano preso proprio a girare nel modo migliore. Sasuke
è tornato a Konoha, Kakashi gli ha rivolto nuovamente la parola dopo sole tre settimane, perdonando il vile
abbandono subito da parte dell’allievo in favore di quel perverso sennin malato – sinceramente io gli avrei tolto il
saluto per almeno un altro mese, se fossi stata il sensei
– il team sette si è felicemente ricomposto, Naruto si è
dato pace ed è stato tutto veramente felice. Sul serio.
D’accordo,
Sasuke non sarà mai una persona esilarante. Ma è normale: certe
cose ti segnano a vita, l’ho sempre saputo e non pretendo che sia diverso.
Ha fatto grandi miglioramenti in poco tempo, comunque, anche perché
avere il fiato di Naruto sul collo per ventiquattro ore al giorno deve portare
a sviluppare una certa tolleranza: o quello oppure omicidio, nuovo tradimento
del villaggio, nuova fuga.
Il
fatto è che il nostro amico sembrava aver sviluppato il terrore –
da me condiviso, va detto – che Sasuke ci piantasse in asso di nascosto
un’altra volta e, parole sue, si
accertava che non accadesse tenendolo d’occhio. In pratica gli si
è appiccicato addosso come una ginocchiera da combattimento, e morire se
si schiodava. A un certo punto ho nutrito anche l’orrendo sospetto che lo
seguisse persino in bagno, ma per fortuna non era così. Meno male,
perché mi sarebbe dispiaciuto dover rompere la testa di Naruto a pugni,
con tutto quel che abbiamo passato insieme.
Dopo
oggi, comunque, lo farò.
Per
non parlare di quando, finalmente, il mio tenebroso genio si è
rassegnato al fatto che liberarsi di me sarebbe stato tassativamente
impossibile, a meno di ripetere il solito iter omicidio-fuga-e
via dicendo. Credo che ricorderò per tutta la vita il momento della sua
dichiarazione, non tanto perché effettivamente è stato
l’istante più felice della mia intera esistenza – credevo di
morire di gioia, sul serio – ma perché Sasuke, per la prima e
ultima volta che io sappia, era così imbarazzato che ha incatenato una
gaffe dietro l’altra, partendo dal Sakura-kun con cui ha iniziato a balbettare il discorso e arrivando a un
impensabile “mi tremano le ginocchia” mormorato a mezza voce dopo
avermi confessato come non avesse mai smesso di pensare a me. Era assolutamente
comico, e trattandosi di lui è tutto dire; non che sul momento me ne sia
resa conto, comunque: ero troppo impegnata a tentare di trattenere le lacrime
per evitare che il mio viso sembrasse un campo di battaglia proprio nel momento
in cui il ragazzo dei miei sogni mi dichiarava il suo amore, contrariamente a
ogni ragionevole pronostico.
Non
posso dire che Sasuke sia stato un fidanzato perfetto: non è affettuoso,
e dubito che lo sarà mai. La sua freddezza può raggiungere vette
di orripilante insensibilità. Rammenterò sempre il pomeriggio in
cui trepidante, poco tempo dopo il nostro annuncio di fidanzamento, mi sono
presentata alla sua porta sfoggiando con insicurezza un nuovo taglio di
capelli. “Scusa, sto liberando la stanza vecchia dei miei, passo da te
più tardi,” ha proclamato il mio principe azzurro sbrigativo, dopo
avermi scrutata da capo a piedi senza notare assolutamente nulla, subito prima
di chiudermi la porta in faccia.
E
no, non m’interessa che smantellare le cose dei suoi familiari trucidati
lo stesse probabilmente scombussolando. Va bene, forse in questo momento sono
leggermente inacidita nei suoi confronti: il che dovrebbe dirla lunga, visto
che di solito gli striscio ai piedi, ci siamo appena sposati, lo amo più
della mia stessa vita e dovrei quindi essere semplicemente estasiata. Ma i miei
capelli puzzano ancora di bruciato e no, non sono felice.
In
effetti è cominciato tutto proprio dai capelli. Avrei dovuto rasarli a zero
ieri sera, prima di andare a dormire. È successo stamattina. La
tradizione vuole che le amiche e le parenti della sposa la aiutino a prepararsi
per l’evento. Io, nel mio delirio del matrimonio perfetto – povera,
abissale imbecille – non ho assolutamente voluto sottrarmi a
quest’usanza. Così alle otto in punto un’orda di fanciulle,
ovvero Ino, Hinata, TenTen e Temari, sotto la
supervisione di mia madre, mi si sono affaccendate intorno per fare di me la
sposa ideale – tradotto in fatti, ne sono consapevole, per far sì
che non sfigurassi troppo accanto a quel gran tocco di ragazzo che la fortuna
mi ha dato in marito.
Premetto
che il mio vestito da sposa è, o meglio era, a questo punto,
assolutamente magnifico. Ho impiegato settimane a sceglierlo, perché fosse
spettacoloso senza cadere nell’eccesso, elaborato ma non eccessivo,
elegante e raffinato, insomma, ancora una volta, perfetto. E, ovviamente,
bianco. Era davvero importante che fosse bianco, perché la sposa
provetta è in bianco. E io, per Sasuke, volevo essere la sposa provetta.
Mancavano
solo gli ultimi ritocchi e mi osservavo allo specchio, soddisfatta e piena di
belle speranze. Aspettavo questo giorno da sempre, ed ero sicura che sarebbe
stato il matrimonio perfetto, come l’avevo sempre sognato: io con un
vaporoso abito virginale, lui – ecco, lui avrebbe fatto bella figura
anche vestito di stracci, per la verità – affascinante come un
principe, invitati raggianti, un sontuoso banchetto, fiori profumati e musica
allegra. Dopo tanta fatica e tanta sofferenza me lo meritavo, e avevo
programmato ogni cosa, ma ovviamente no. Perché se non ci fossero stati
di mezzo psicopatici distruttori del mondo, rospi giganti, un branco di amici
come cavernicoli e almeno un paio di esplosioni, non sarei stata Sakura Haruno.
Anzi, Sakura Haruno in Uchiha, e mi sa che me la sono cercata: si sa che
è un cognome che porta male.
È
stato un disastro dall’inizio alla fine.
Infatti,
in quell’esatto istante è cominciata la catastrofe. Volevo che le
ragazze mi appuntassero i il velo per finire l’opera, così mi sono
avviata nella stanza adiacente per provvedere. Ho intravisto Temari e TenTen dalla porta
socchiusa, ho fatto per aprirla e, accidentalmente, le ho sentite parlare.
“E’
proprio bella Sakura, no?” commentava Temari, e
io già mi stavo sciogliendo, ripromettendomi di dire a Shikamaru che la
sua ragazza è un vero tesoro.
“Sì,
è stupenda,” ha commentato Ten con un sorriso, sistemandosi la
gonna. “Peccato solo per il colore del vestito. Con quel rosa dei capelli
il bianco non si adatta troppo.”
Giuro,
volevo morire.
“Hai
ragione,” ha confermato Temari, dandomi la
batosta finale. “Sarebbe stato meglio un bel panna, o un crema.”
Ora,
so che può non sembrare fondamentale e che avevano appena detto che
comunque ero stupenda, ma io sognavo da anni, da sempre, quel vestito bianco. E
ora le mie amiche stavano dicendo che quello stesso, vagheggiato vestito bianco non mi stava bene.
È
stato orribile. Mi è venuta voglia di strapparmelo via di dosso, dargli
fuoco e mettermi a urlare, ma in quel momento la porta contro cui mi stavo
accasciando ha cigolato.
“Sakura!”
ha esclamato Ten raggiante, ignara del fatto che le avessi sentite.
“Vieni, che ti mettiamo il velo.”
Temari
già lo stava sollevando dalla scatola, soddisfatta.
“Sarai
una fata,” commentava maliziosa. “Sasuke ti cadrà ai
piedi.”
Ma
io avrei voluto mangiarmelo, quel velo – ignoravo che Sasuke avrebbe
provveduto a liberarsene personalmente poche ore dopo: forse il bianco non
piace nemmeno a lui.
Ecco,
è stato allora che gli eventi hanno iniziato a precipitare. Avrei dovuto
subodorare qualcosa, togliermi quel vestito maledetto di dosso e barricarmi a
letto per un mese o due, e addio matrimonio. Invece, caparbia, ho perseverato
nell’avvilirmi. Ho messo insieme un sorriso in qualche modo e ho lasciato
che finissero di acconciarmi, trattenendo le lacrime e dicendomi che una volta
arrivata davanti a Sasuke sarebbe andato tutto meglio.
Invece
le cose non hanno fatto che peggiorare inesorabilmente, e così continua
a essere da sette ore.