Serie TV > Agents of S.H.I.E.L.D.
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Autore: kibachan    02/08/2014    3 recensioni
lo S.H.I.E.L.D. è caduto, Ward ha tradito, Fitz è in coma. È da qui che Coulson deve partire per rimettere insieme i pezzi della sua amata organizzazione. Insieme agli agenti superstiti dovrà trovare la forza per far tornare lo shield ad essere lo scudo che protegge l'umanità, e affrontare nuove e vecchie minacce.
Genere: Commedia, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Jemma Simmons, Leo Fitz, Melinda May, Phil Coulson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Base segreta di Fury, ufficio di Coulson

 

Natasha Romanoff si ravvivò i riccioli rosso fuoco mentre raggiungeva la porta dell’ufficio. La tuta in latex la fasciava come una seconda pelle come al solito, e lei aveva dovuto fare un grosso sforzo per non ridere davanti alla faccia inequivocabile dell’agente Koenig quando era arrivata.

Bussò brevemente ed entrò senza attendere risposta, incapace lei stessa di resistere all’urgenza di verificare quanto quell’agente grassottello le aveva detto una volta reintegrata.

Natasha rimase per un istante immobile a fissare il caldo sorriso che aveva trovato dietro la porta.

“allora è vero” disse non facendo trapelare neanche una sfumatura di eccitazione dalla sua voce “Phil Coulson è tornato dal regno dei morti.”

 

Coulson si schiarì la gola cercando di celare l’imbarazzo che quella popolarità ancora gli portava

“agente Romanoff” la salutò “sono davvero contento di vederti… e che tu sia dei nostri, ancora di più” aggiunse allungandosi per stringerle la mano.

 

Natasha lo fissò ancora per un momento trattenendogli la mano, come a volersi sincerare che fosse proprio vero, Coulson per un attimo credette che l’avrebbe afferrato e ispezionato tastandolo con le mani da cima a fondo come si fa alla dogana di frontiera, ma lei non fece nulla e ritirò il braccio.

“ti ho visto” disse invece “ti ho visto morto con i miei occhi, ne sono sicura” rincarò come a dire che lei di morti aveva una certa esperienza.

Coulson sorrise

“è così infatti… sono morto davvero… per 15 giorni… ma poi…. Sono tornato” aveva detto tutto ciò fissando un punto imprecisato della parete alla sua destra, quindi si arrischiò a gettarle un’occhiata, quella donna gli aveva sempre fatto paura

“è una lunga storia, un giorno te la racconterò” tagliò corto sorridendole, e Natasha capì subito che non era il caso di fare altre domande per il momento, avrebbe indagato a modo suo più avanti.

 

“come stanno gli altri avengers? Hai qualche notizia? Vedi qualcuno di loro?” le stava dicendo Coulson in quel momento. La ragazza lo superò e andò ad appoggiarsi alla scrivania con la base della schiena

“suvvia Phil, lo sai benissimo che non sono il tipo che esce a cena con gli amici!” lo canzonò, ma l’occhiata che l’uomo le rivolse lasciava intendere di non tentare di prendere lui per stupido invece. Sapeva che lei era quella addetta da Fury a tenerli d’occhio, e sapeva anche che Black Widow non era tipo da lasciar perdere un ordine di Fury solo perché qualcuno aveva messo in giro la voce che era passato a miglior vita.

La ragazza roteò gli occhi e iniziò a parlare: “Il dottor Banner si è trasferito alla Stark Tower come ricercatore, credo che Tony gli abbia offerto protezione dai militari. Anche se io preferirei di gran lunga rintanarmi in un buco tutte le sere con l’esercito alle calcagna piuttosto che vivere ogni giorno della mia vita con Tony Stark tra i piedi” commentò senza riuscire a trattenersi, e Coulson trattenne una risatina

“il vecchio genio playboy filantropo dal canto suo” continuò Natasha facendo le virgolette agli appellativi di Tony “sta lavorando a qualcosa di grosso, lo sai, il suo cervello non ama il riposo, credo stia progettando una nuova armatura in grado di combattere da sola, o roba del genere. Il capitano Rogers è stato inviato a tentare di recuperare alcuni centri nevralgici dello S.H.I.E.L.D. come l’HUB, ma immagino che questo tu lo sappia già” commentò alzando un sopracciglio come a dire che sapeva che ce l’aveva spedito lui “e infine Thor… bhe per quanto le mie capacità siano indiscusse non ho idea di cosa stia succedendo ad Asgard mi spiace” concluse, e tacque.

 

Coulson aveva ascoltato tutto il resoconto con attenzione e si sorprese di non sentirle nominare proprio la persona per la quale l’aveva convocata

“e l’agente Barton?” proruppe senza sapersi contenere “che ne è stato di Clint non vive con te a Brooklyn?”

 

Il viso dalla ragazza venne attraversato per un istante da una smorfia di stupore

“non lo sai? Non te l’ha detto il caro Fury prima di scaricarti questa patata bollente per le mani?” gli disse, e Coulson si sentì di colpo la bocca secca al pensiero che poteva essere morto e lui neanche l’aveva saputo. Sarebbe stato proprio da Fury tenerglielo nascosto per non farlo distrarre dai suoi impegni del momento. Natasha riprese a parlare un attimo prima che venisse travolto dalla rabbia

“ha mollato Phil. È stato giudicato psichicamente instabile dopo aver subito il controllo mentale di Loki a New York” (e dopo aver saputo che ti aveva ammazzato mentre lui era legato a un letto con gli occhi spiritati) aggiunse mentalmente.

Natasha vide Coulson incupirsi a quella rivelazione, non prima però di avergli notato un baleno di sollievo nel viso che destò la sua curiosità.

L’uomo lasciò andare un respiro e la raggiunse alla scrivania sedendosi accanto a lei

“tu che dici? È instabile secondo te? Qual è il tuo parere? Lo conosci come le tue tasche” la incalzò immediatamente.

 

Natasha parve rifletterci per un secondo, rivedendo le immagini della vita degradante che il ragazzo aveva condotto fino a quel momento da quando aveva mollato lo S.H.I.E.L.D.

“no, credo sia perfettamente in grado di riprendere il suo posto, perché?”

“perché ho bisogno che tu vada da lui e lo costringa a tornare” disse Coulson senza mezzi termini

“non te ne faccio un mistero Natasha, siamo messi male. Koenig deve ancora vagliare qualche centinaio di agenti di livello 1 ma in soldoni non siamo più di 150 agenti” la donna sgranò per un istante gli occhi senza commentare

“abbiamo bisogno di tutta la forza possibile, soprattutto di una forza di qualità come la sua. Agente Romanoff vai da Clint Barton, vedi di fargli alzare il culo e portalo qui, è un ordine” concluse.

 

Stavolta Natasha sorrise, e annuì prima di lasciare l’ufficio.

 

Brooklyn, 12 Fulton street, appartamento di destra del piano rialzato

 

Natasha lasciò andare un sospiro dopo la terza volta che bussava e si tuffò nella borsa alla ricerca delle chiavi, mentre con i denti tratteneva una busta di plastica che sarà pesata almeno 10 kg. Passare a fare la spesa prima di tornare a casa era stata una pessima idea. Ormai doveva saperlo, in quel periodo, che contare che Clint venisse ad aprire era pura follia. Certo, normalmente faceva rifornimento in degli squallidissimi combini* notturni, era raro rincasasse ad un orario adeguato ad usare negozi normali. Quel giorno, dato che la sua missione era proprio tornare a casa, si era concessa di passare al colorato e pulitissimo supermercato della sua zona, dove le cassiere erano sorridenti e con le camicie stirate, non delle tossiche col viso ingiallito e il rossetto sui denti.

Era entrata alle 10.30 e alle 12.15 ne stava uscendo con tre buste belle piene, il sole era alto e splendente nel cielo e si sentiva persino qualche uccellino. Forse era stata questa atmosfera a farla illudere che a quell’ora avrebbe trovato Clint sveglio… e sobrio.

 

Irruppe nell’ingresso barcollando, lasciando cadere la busta che ancora tratteneva tra i denti (tanto conteneva quasi esclusivamente detersivi) e si ricompose, per un attimo felice che non ci fosse nessuno a vederla. Nella casa regnava il silenzio, le tapparelle erano quasi del tutto abbassate e le finestre chiuse avevano trattenuto una “soave” aria stantia.

Natasha alzò gli occhi al cielo quando urtò col piede una lattina di birra.

“Barton!” chiamò “Barton sono io, sono Natasha” nessuna risposta “e se fossero dei malintenzionati ti avrebbero già fatto a pezzettini” continuò la ragazza, stavolta a volume appena udibile.

Lasciò il resto della spesa per terra e si fece strada in casa a passo deciso.

 

Non appena varcò la porta del soggiorno e lo vide si puntellò le mani sui fianchi in segno di disapprovazione. L’agente di livello 7 Clint Barton, membro di spicco degli Avengers che avevano salvato il culo a mezza umanità, giaceva sbracato sul divano a pancia in giù, con una gamba e un braccio penzolanti e la faccia completamente premuta contro il cuscino. Indossava un paio di jeans attillati e un’improbabile t-shirt giallo canarino a righine arancioni che lo faceva sembrare terribilmente un liceale sfigato. Intorno al grosso divano di pelle, neanche fosse stato un fossato medievale, faceva bella mostra un anello di almeno una cinquantina di lattine di birra. La ragazza pensò che se non era in come etilico doveva esserci andato vicino.

“Barton!” lo chiamò ad alta voce avvicinandosi a passo di carica, lui alzò di scatto la testa per la sorpresa e poi si portò subito una mano alla fronte, tentando di stemperare la botta di emicrania che di sicuro gli era esplosa nel cervello.

 

“Nat sei tu..” biascicò riconoscendola e rilassandosi di nuovo sdraiato “mi hai quasi fatto prendere un colpo” borbottò

“un altro?” ironizzò lei andandosi a sedere accanto alle sue gambe e poi aggiunse “Barton, è mezzogiorno, ti sei devastato al punto da non riuscire neanche a raggiungere il letto ieri notte?” Clint sprofondò la testa ancora di più nell’imbottitura e portò le braccia a fare da cuscino

“macchè… mi sono alzato poco dopo di te stamattina, e sono perfino uscito!” replicò con la bocca impastata

“vuoi dire che tutte queste le hai bevute da stamattina!!!?” proruppe Natasha scattando in piedi dall’orrore “mio dio Barton guardati! Sono appena passate le dodici e sei già ubriaco fradicio!” il ragazzo voltò la testa dall’altra parte per non sentirla

“non farmi la predica Nat…non sei mica mia madre”

“bhè devo farlo oggi… perché sono venuta a casa così presto proprio per parlare con te” replicò lei tentando di addolcire più che poteva il tono della voce. Conosceva abbastanza bene Barton da sapere che era più facile ottenere la sua attenzione se pensava non gli stessi dando degli ordini. Lui tuttavia non si mosse.

“sono stata allo S.H.I.E.L.D. stamattina, ieri mi hanno reintegrata e…”

“buon per te”

“fammi finire…mi hanno mandato a prenderti Barton, vogliono che torni ad essere dei nostri” buttò lì rimanendo volutamente sul vago su chi avesse dato l’ordine, sapeva che per Clint era meglio venire a conoscenza pian piano degli ultimi sviluppi della vita del suo redivivo AS.

Il ragazzo per un attimo non disse nulla ed era talmente immobile che per un istante Natasha credette che avesse perso conoscenza tanto era ubriaco

“non se ne parla per niente” disse secco a un certo punto facendola quasi sobbalzare, si era seduta di nuovo accanto a lui e stava quasi per sfiorargli la spalla. “ne ora ne mai. Ho chiuso con lo S.H.I.E.L.D.” rincarò.

 

La ragazza non si aspettava fosse così categorico, che non chiedesse nemmeno il perché della sua chiamata

“ma… Barton…” tentò cominciando ad irritarsi per il fatto che non la guardava in faccia “sono passati quasi due anni da New York, non credi che dovresti”

“lasciami stare, ho bisogno di dormire” la interruppe lui, anche se nella voce non sembrava proprio avesse più di un briciolo di sonno in corpo

“Barton” tentò ancora lei, ma a quel punto il ragazzo prese a simulare palesemente il rumore di un forte russare.

“oh insomma Clint fammi parlare!” urlò Natasha stizzita mollandogli un sonoro schiaffo sul sedere.

Lui si voltò di pancia con un colpo di reni insospettabile per uno in quelle condizioni e la guardò accigliato, quando Natasha iniziava a chiamarlo per nome significava o che si voleva abbandonare a un momento di tenerezza (raro.. moooolto raro) o che era incazzata nera. Si trattava certo della seconda ipotesi

“ahi..” commentò fissandola da sotto in su.

La ragazza lasciò andare un sospiro vedendolo mettersi seduto mantenendosi la testa, aveva finalmente ottenuto la sua attenzione

“Barton ascolta..” ricominciò di nuovo con voce dolce “tu non sei questo” disse accennando con le braccia alle lattine di birra e allo stato della casa “è vero, Loki ti ha soggiogato ma può capitare a tutti di fare un errore, non sei mica un dio! Anzi..” aggiunse smorzando un sorriso “ne abbiamo conosciuti un paio di recente che usano errore come secondo nome praticamente! Devi reagire!”

Lui la fissò intensamente con gli occhi blu, cerchiati dalla spossatezza, senza dire una parola. Allungò una mano e le sfiorò la guancia con due dita e lei non poté impedirsi di irrigidire davanti a quel gesto. Pur con tutto quello che di appassionato e forte c’era stato tra loro continuavano a metterla a disagio la tenerezza e l’intimità, così lui ritrasse la mano

“ho la testa che scoppia” mugolò premendosi pollice e medio della mancina sulle tempie.

Natasha si alzò in piedi afferrandogli l’altra mano

“su, ti preparo un termos di caffè, poi ti spiego bene cosa mi hanno detto” disse iniziando a trascinarlo. Clint vedeva doppio ma si lasciò tirare in piedi docilmente e guidare in cucina, per la mano, come un bambino.

 

Natasha alzò la serranda con un colpo secco. La cucina, illuminata così dal sole di mezzogiorno, e ingentilita dalla figura della ragazza di spalle in jeans e maglietta bianca che armeggiava con gli scaffali, sembrava un posto davvero accogliente nonostante l’arredamento più che essenziale. Nat non era certo tipa da barattoli di conserva sulle mensole eppure Clint notò che la concentrazione che metteva nel pigiare la polvere di caffè nella moka, con il viso incorniciato dai bei riccioli color fragola, la rendeva davvero adorabile. Peccato non riuscisse a godere a pieno della situazione dato che la luce solare stava puntando a farlo diventare occhio di talpa più che occhio di falco. La testa poi, gli faceva un male cane (non devo mai più bere così tanto, a prescindere) si ripeté mentalmente come faceva dopo ogni sbronza. Con una smorfia di dolore si avvicinò al piano da lavoro di fronte ai fornelli ai quali armeggiava la ragazza e, ignorando bellamente le 4 sedie in finto legno attorno al tavolo, si issò a sedere sul bancone, le gambe penzolanti.

Natasha fece un breve sorriso occhieggiando alle sue spalle, Clint aveva sempre disdegnato le postazioni convenzionali, amava invece appollaiarsi su qualche punto più in alto del normale, le aveva sempre ricordato un grosso gatto.

La somiglianza aumentò quando si avvicinò porgendogli la tazza colma di caffè nero e lui, afferrandola, andò a poggiargli la fronte e il naso nell’incavo del collo emettendo un verso che sembravano proprio fusa

“dobbiamo dire al proprietario che sul contratto non era previsto che la casa girasse in questa maniera su se stessa” borbottò solleticandole la pelle del collo

“avanti bevi” commentò lei dandogli delicati colpetti sulla nuca per incoraggiarlo. Lui sollevò la testa e ubbidì buttando giù una grossa sorsata.

 

Natasha attese di vedere il suo sguardo farsi lievemente più lucido man mano che si risvegliava e la caffeina entrava in circolo. Per un po’ la cucina fu piena solo del rumore delle tazze e dei respiri. Poi parlò

“Barton ascoltami ora… non mi sono mai opposta alla tua decisione, anche se trovavo lo stile di vita che avevi assunto… discutibile” disse cercando una parola che non risultasse troppo offensiva

“ma credo davvero sia ora di smettere. Ti è stata data questa possibilità, io non sprecherei un talento come il tuo” Clint fece una smorfia

“e come mai il caro Fury (si lo so benissimo che non ha tirato davvero le cuoia) si è mosso a cotanta compassione? Non mi aveva definito… che parola aveva usato? Ah già.. compromesso!”

Natasha roteò gli occhi

“sai benissimo che questo non c’entra, è stata una tua decisione andartene, non di Fury” disse glissando magnificamente sul fatto che non fosse stato Fury a dare l’ordine

“Barton, dopo la faccenda dell’HYDRA siamo rimasti in pochi, non sappiamo più di chi fidarci, abbiamo bisogno che torni, io… ho bisogno che torni” si arrischiò a dire. Clint fece scattare gli occhi su di lei e la fissò per un lungo momento fino a farla quasi sentire a disagio. Poi poggiò la tazza accanto a lui e scese di scatto dal bancone arrivandole a un soffio

“Nat…” sussurrò poggiandole una mano accanto al viso. A nessuno mai avrebbe permesso di chiamarla così, né tanto meno di toccarla così, ma da lui non si ritrasse “io ho tentato di ucciderti” continuò lui con tono grave “mai, mai nella vita ho pensato di farlo… neanche quando mi era stato ordinato e tu eri quanto di peggio potesse capitare al mondo” poi lasciò scivolare via la mano “ma quell’uomo, quel… mostro, è stato capace di farmelo fare.” Una piccola ruga di comprensione increspò il bel volto inespressivo di Natasha. “Io non posso più permettere che succeda” concluse lui voltandole le spalle e allontanandosi da lei di qualche passo. Aveva di nuovo voglia di bere. In quei due anni averla sempre sotto gli occhi, una delle poche persone a cui aveva scoperto di tenere, e sapere di aver provato a ucciderla, lo avvolgeva in un senso di colpa che solo la confusione ovattata dell’alcool riusciva a mitigare.

 

“non riuscirai mai ad uccidermi Barton” affermò lei dopo qualche istante di silenzio “sono troppo forte per te, non rischierai mai di provare un senso di colpa simile” lui si voltò a guardarla con un sorriso sornione sul volto stanco

“non ti starai sopravvalutando un po’?” scherzò lui

“affatto” rispose lei fin troppo seria, poi fece due passi verso di lui

“Barton, torna… ti prego” aggiunse. Lui spalancò gli occhi a sentirla pregarlo

“come hai detto?”

“sappi che non lo ripeterò una seconda volta” Clint sospirò pesantemente

“ammesso che accetti di provare, e non ho detto che lo farò” aggiunse non appena lei stava per lasciarsi andare in un espressione vittoriosa “dov’è che Fury vuole incontrami?”

A queste parole Natasha si irrigidì, era arrivato il momento di dirlo

“ecco, c’è una cosa che devi sapere. Fury non è più il capo dello S.H.I.E.L.D. ha lasciato tutto a un suo fidato agente di livello 8” Clint strabuzzò gli occhi afferrando di nuovo la tazza di caffè

“Fury? Lasciare? O porca vacca! E chi è lo sfortunato erede?”

“Clint… ascolta”

-di nuovo il mio nome, butta così male? Non sarà mica Rogers! Potrei vomitare**- pensò lui

Natasha sospirò e disse tutto d’un fiato “si tratta dell’agente Phil Coulson, è ancora vivo. La sua guarigione è stata secretata.”

 

Attimo di silenzio

 

“Clint! Clint maledizione aspettami!” Urlò Natasha. Clint Barton si era appena fiondato fuori di casa usando la scala antincendio.



note:
* combini: abbreviazione orientale che sta per convenient store. Negozi notturni di dubbia affidabilità che vendono un pò di tutto.
** Ho letto su Wikipedia che Occhio di Falco dei fumetti non sopporta Captain America, soprattutto il prendere ordini da lui. L'ho trovato divertente, e chissà che non ne farò uso per qualche scena XD

  
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