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Autore: Ammie    02/08/2014    1 recensioni
Mia madre non c'è più, detesto mio padre e non riesco a guardare negli occhi mia sorella. Letteralmente.
Nonostante l'oscurità che mi circonda riesco a vedere una piccola luce, che proviene dal sorriso del nuovo guardiano.
Un guardiano del buio, oltretutto.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro Personaggio, Hayato Gokudera
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il guardiano del buio.
 
Tutta colpa sua, se fossi diventato un pervertito come Squalo o Shamal.
 
"Allora... Il risultato di questa equazione?"
"X uguale a ventidue."
"E di questa?"
"Otto."
Vidi il professore assumere un'espressione irritata, per poi passare ad un altro ragazzo. "Tu." disse, indicando Yamamoto. "Alla lavagna. Vediamo se hai capito..."
E mentre lui faceva come il professore gli aveva chiesto, girai lentamente lo sguardo a sinistra, verso la finestra. O meglio, verso qualcuno seduto proprio accanto a essa.
Hayato era molto intelligente, ma non si curava per niente del suo comportamento durante le lezioni. A pensarci bene la cosa faceva un po' ridere, perché nonostante il suo caratteraccio gli insegnanti non osavano contraddirlo, tanto era alta la sua media dei voti. Come gli altri indossava la divisa della scuola superiore Nanimori, eppure a lui sembrava cucita su misura.
Sospirai. La scuola era iniziata già da una settimana e durante tutti questi giorni lui non mi aveva mai rivolto la parola, se non per urgenti questioni legate alla Famiglia.
Solo la voce rassegnata del professore riuscì a svegliarmi dai miei pensieri. "Facciamo così: vai al posto." sospirò.
"Ci ho provato." rispose il più giovane, egualmente sconsolato.
"Sawada Tsu-" scosse la testa. "No, lasciamo perdere."
Sentii alcune parole d’incoraggiamento da parte di Kyoko, seduta proprio accanto a lui. Mi girai appena per vedere la coppia pochi banchi dietro al mio, catturando al contempo con la coda dell'occhio un Hayato intento a fissarmi. Involontariamente le mie labbra s'incurvarono in un piccolo sorriso, come se fossi contenta che mi stesse guardando.
"Uh, ho corretto i vostri compiti di pochi giorni fa..." disse poi l'insegnante, tirando fuori dalla sua borsa un grande pacco di fogli e iniziando a distribuirli. "Molto, molto bene, Chiara-san. Complimenti. " continuò, appena arrivò al mio banco.
Sorrisi. L'unica cosa che potevo fare sotto lo sguardo di Hayato. Sì, percepivo i suoi occhi su di me, nonostante tra i nostri banchi ci fosse un altro studente, e la cosa che meno mi era chiara era il suo comportamento: a volte i nostri sguardi s' incrociavano, e quando capitava era sempre lui il primo a guardare altrove. Ora, invece, era tutto diverso. Ora i suoi occhi mi stavano accarezzando dolcemente, senza tralasciare nulla.
D'accordo l'attrazione fisica, ma perché dovevo essere così presa da lui?
 
Che cazzo mi stava succedendo? Mi ritrovavo a pensare troppo spesso a lei, e la cosa iniziava a infastidirmi. Con la testa piena di pensieri spensi nervoso la sigaretta, frustrato e arrabbiato con me stesso. Oggi in classe non ho potuto fare a meno di osservare come l'uniforme dell'istituto le accarezzava il corpo. Quel corpo che non avevo il diritto di considerare peccaminoso, eppure che mi faceva vedere le stelle nei miei sogni.
Solo lo squillo del cellulare mi riportò al presente. "Sì?"
"Uhm, Gokudera-kun!"
"Decimo? Va tutto bene?"
Lo sentii ridere dall'altro capo della linea. "Sì, sì. Non preoccuparti. Chiamo solo per dirti una cosa."
Sospirai di sollievo nel sentire che non era successo nulla. Ultimamente mi agitavo più del solito, e persino per le questioni più stupide.
"L'allenamento di domani è saltato: Reborn deve tornare in Italia per qualche giorno."
Stupido Arcobaleno. "Uh... D'accordo."
"E adess- La smetta, Shamal!"
Mi rilassai sulla poltrona di casa mia, chiedendomi cosa ci faceva quel Dottore casa del Decimo.
È un dongiovanni. A casa del Decimo c'è anche Bianchi... Basta fare due più due.
"Gokudera-kun, qui c'è Shamal che ti vuole parlare... Ci vediamo!”
Grugnii di malumore, non avendo alcuna voglia di sentire la sua voce. “Che cazzo vuoi?”
“Sì, sto bene, grazie dell’interessamento.” rise. “Hai proprio una bella giornata, eh?”
Presi un’altra sigaretta e la accesi, sciogliendo poi il codino e passandomi una mano tra i capelli. “Mmh…”
“E a cosa è dovuta? Sentiamo.”
Chiara. Lei e la sua stupida uniforme. Anzi, no: l’uniforme non ha colpe. Il suo corpo, però, sì.
Perché non potevo averla? Anche solo per una notte… Mi sarei tolto lo sfizio e la mattina seguente l’avrei lasciata. Avrei dimostrato a me stesso che lei non era importante. Non poteva esserlo. Avevo troppo a cui pensare: la Famiglia, l’incolumità del Decimo e -sì, dovevo ammetterlo- di Kyoko, la sua ragazza. Non potevo assolutamente distrarmi, non ora che i nemici ci avevano finalmente lasciato un po’ di respiro. Tuttavia non potevo averla, nemmeno per una notte. Era contro le regole.
Non sarebbe mai stata mia. Anche se avrei voluto. “Argh! Maledizione…”
“Ehi, tutto bene?”
Sbuffai. Era tutta colpa di quella ragazza se i miei pensieri avevano iniziato a prendere una certa piega. Tutta colpa sua, se fossi diventato un pervertito come Squalo o Shamal. Si meriterebbe una sculacciata. “Merda…” mi diedi un morso all’interno della guancia, riconoscendo subito il gusto pungente del sangue. “Sì, bene. Cosa vuoi?”
“Arrivo subito!” urlò. “Ehm, sì… Volevo chiederti di passare un attimo da Chiara-chan… Ho trovato una sua chiamata sul cellulare, ma non ho potuto rispondere e-”
“No.”
“Non essere burbero, Hayato. Ascoltami e-”
“No.” Ripetei. Stavo cercando di non infrangere le regole, ma a quanto pare nessuno mi stava redendo facile la cosa. Se fossi andato da lei, probabilmente questa notte l’avrei sognata, per poi svegliarmi con una montagna tra le gambe. “Se ha chiamato te, non vedo cosa possa fare io.”
“Non posso andarci proprio ora! Bianchi-chan e la signora Sawada stanno per guardare un film strappalacrime, e voglio essere presente quando avranno bisogno di una spalla su cui piangere!”
Scossi la testa contrariato. Come diavolo aveva fatto a diventare un tutore? Proprio lui? “Non ci posso credere…”
“Lo so, non pensavo tua sorella guardasse certi-”
“Parlavo di te Shamal. Sono senza parole.”
Dall’altra parte del telefono, iniziò a ridere a gran voce. “Beh, quando inizierai a interessarti seriamente a qualcuna, ne riparliamo. Adesso muoviti, però.”
Mentre raggiungevo la mia camera al piano di sopra, sospirai pesantemente, tolsi la maglietta e infine mi buttai letteralmente sul letto. “Ti ho detto che-”
“Allora chiamerò qualcun altro per raggiungere Chiara. Che è a casa tutta sola. Che sta aspettando che qualcuno bussi alla sua porta.” ghignò. Poi, senza sentire una risposta da parte mia, riprese a parlare. “Umpf, va bene. Sai se dopo il ballo i Varia sono rimasti in Giappone? Potrei chiedere a loro…” Delle voci di sottofondo avevano iniziato a chiamarlo, quindi fu costretto a riattaccare, senza dire nient’altro.
Per dieci minuti abbondanti rimasi sul letto, cercando una soluzione. Shamal adorava fare questo tipo di giochetti, quindi probabilmente alla fine sarebbe andato a casa sua, invece di saperla sola e per di più in compagnia di qualcuno di cui non si fida. Chiusi gli occhi speranzoso di addormentarmi presto, ma dopo pochi secondi l’arrivo di un messaggio me li fece riaprire.
 
Ha risposto quel Varia dai capelli lunghi. Anche se ero contrariato, era l’unico disponibile. Adesso è con Chiara. Spero tu sia contento.
 
Spalancai gli occhi appena finii di leggerlo. Ma che diavolo aveva combinato quel Dottore da strapazzo? Squalo a casa di Chiara? Un’improvvisa rabbia mi fece imprecare più volte, fino a costringermi ad alzarmi. Nonostante fossi ancora pieno di ripensamenti, mi rimisi la maglietta, presi una felpa e uscii di casa. Al massimo l’avrei sognata.
Sognare non è reato.
 
“Non farlo più. Davvero.” Sospirai, tornando in posizione verticale. E per fortuna che Shamal stava solo scherzando con la faccenda di Squalo. “I lavori meccanici… Lasciali perdere.”
Mise il broncio. Che carina. “Non pensavo che sistemare quelle tubature fosse così complicato.” Incrociò le braccia al petto, mettendo in evidenza ciò che quella striminzita canotta rendeva già evidente.
Spostai lo sguardo. Non dovevo arrossire, diamine! “Uhm, ti serve altro?”
“No, nulla… Grazie per essere passato, Hayato-kun.” Sorrise dolcemente, le guance leggermente arrossate.
“Mmh… Sì.” Sospirai pesantemente, prima di dirigermi verso la porta. Me ne stavo andando, stavo uscendo dalla porta di casa sua, realizzai. Non potevo andarmene senza aver fatto ciò che dovevo. Appena prima di aprire la porta mi girai, incerto delle parole che avrei dovuto usare. Sarebbero davvero servite, poi? “Io… Uhm, Chia-” mi bloccai. Non potevo farlo, non potevo davvero! Le regole erano molto chiare. Tuttavia… Una via di scampo c’era, ma per poterla prendere non era sufficiente giustificarsi con volevo togliermi lo sfizio. “No, niente…” borbottai.
Lei mi guardò straniata, per poi alzare un sopracciglio. “Hayato-kun, che cos’hai, stasera?”
Il punto era: il gioco vale la candela? “Devo solo provare una cosa…” dissi poi, trovando la mia risposta.
Socchiuse leggermente gli occhi, sospettosa. “Che vuoi fare?”
Sorrisi nel vederla così. Era assolutamente adorabile. “Zitta e fammi lavorare.”
In un attimo mi avvicinai a lei e posai le mani sui suoi fianchi, meravigliandomi dell’intensa e stupefacente reazione. Sentii il mio corpo andare a fuoco, il sangue scorrere più velocemente nelle vene. Mai mi sarei aspettato una sensazione simile per una donna, ma la accettai più che felice. Poi, vedendo che non protestava, la strinsi a me. Volevo baciarla, realizzai. Anzi, ora non era più un semplice desiderio, bensì una necessità. Dovevo baciarla, dovevo conoscere il suo sapore. Dovevo farlo per finalmente provare a me stesso che lei non significava niente. Dovevo convincermi che questa ragazza, questa bellissima ragazza -perché sì, lo era- che mi stava guardando con i suoi occhi gialli, non aveva smosso nulla dentro di me. E al diavolo le regole. Dovevo farlo, o sarei diventato pazzo. Chinai la testa, quel poco che bastava per lasciarle campo libero se avesse voluto allontanarsi. Ma, con mia grande gioia, non lo fece. Mi avvicinai ancora di qualche millimetro, perdendomi nel suo intenso profumo. Sapeva di pesca, probabilmente perché aveva fatto il bagno da poco. Era solo un gesto quotidiano, tuttavia quella semplice immagine scaturì nella mia mente una serie di pensieri impuri che prevedevano me, Chiara e una vasca piena di bollicine.
Oh, le avrei fatto perdere la testa.
Spostai lo sguardo verso il basso, fissando le sue labbra. Erano molto belle, carnose e sensuali, ed io fremevo dall’eccitazione nel volerle sentire contro le mie. “Vuoi che mi allontani?” chiesi, pregando però perché dicesse no. Fortunatamente la vidi scuotere la testa, avvicinandosi a me come io avevo fatto poco prima. Sentii la sua mano scorrere sulla mia guancia, ispida contro la sua pelle morbida e delicata. Mi avvicinai anche col bacino, premendo di conseguenza l’ultimamente famosa montagna tra le mie gambe contro il suo ventre. Sussultammo entrambi per quella dolce frizione, iniziando poi a sentire il cuore battere irregolare contro il petto. Seguendo l’impulso, abbassai la testa e le mordicchiai il collo. Lei trasalì violentemente, ma poi si strinse maggiormente a me. “Ti piace?” sorrisi, sentendola gemere di piacere. “Lo prenderò per un sì.” Continuai, sentendola nel frattempo emettere sospiri di pura estasi. Iniziai a baciarla per davvero, avvertendo le sue mani tra i miei capelli. Li tiravano, stringevano e muovevano senza pietà, mentre la mia lingua s’insinuò nella sua bocca, muovendosi con studiata abilità, volta a farla impazzire.
“Mmnn…”
Timida un cazzo. Lei era ardente, passionale. E il fatto che stesse rispondendo al bacio con uguale foga e con lo stesso desiderio ne era la prova. Avanzai portandola con le spalle al muro mentre le lingue si scontravano senza pietà, le sue mani erano ancora tra i miei capelli e le mie… Le mie stavano lentamente avanzando verso il suo fondoschiena. Lo avevo visto solo in foto grazie al messaggio di Dino -eh, sì: ero contemporaneamente incazzato e grato a quel Cavallone- e da allora era diventato quasi un chiodo fisso per me. Senza indugiare oltre lo strinsi con forza, rude e primitivo, senza inutili preamboli. La sentii gemere con forza nel bacio, per poi portare le sue mani sotto la mia maglia, iniziando una dolce tortura a miei danni. Non graffiava la mia pelle, né la accarezzava. Oh, no. Lei la stava solamente sfiorando con le dita, facendomi rabbrividire e mugugnare nel bacio. A un tratto realizzai: lei mi stava provocando. Stava cercando di farmi perdere la testa come io stavo facendo con lei, contro questo muro. In piedi, schiacciato contro di lei. Con il suo seno che premeva contro il mio petto. Con la montagna contro di lei.
Mi staccai dalla sua bocca solo di pochi millimetri, perdendo qualche attimo a osservarla. Labbra umide e rosse, guance rosse, respiro affannoso.
Cazzo.
Tornai a guardare i suoi occhi gialli, come quelli di una gatta. Mi strusciai su di lei, non riuscendo più a contenere il bisogno di contatto, gemendo e sentendola fare lo stesso. Leccai il contorno delle sue labbra, beandomi del suo sapore unico. Davvero, ero al mio limite. “Allora… Che vogliamo fare, adesso?”

 
Capitolo, capitolo, capitolo.
Ne approfitto per augurarvi buone vacanze estive. Lunedì parto, ma comunque scriverò a mano.
Scusate il mega ritardo. Davvero.
Ditemi che ne pensate, mi raccomando!
Ma Maddie.
  
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