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Autore: tomlinsassy    02/08/2014    8 recensioni
Louis è un appassionato di musica con un piccolo segreto e il terrore del giudizio delle persone.
Harry è un pasticcere di Holmes Chapel che decide di strasferirsi a Doncaster che si accetta per quello che è.
Quando Harry piomberà a casa di Louis, la vita del ragazzo dagli occhi blu, verrà completamente stravolta in pochi mesi. Se in meglio o in peggio, sta a voi decidere.
DAL TESTO
"Sei Louis Tomlinson, tu, giusto?" Disse quello.
"Sì ma...tu chi..."
"Insegnami a cantare"
One Shot Larry.
[19.279 words]
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Insegnami a cantare
 
Louis William Tomlinson, nato a Manchester il 24 Dicembre 1991, aveva da sempre avuto una passione sfegatata per la musica. Musica rock, musica classica, musica pop, musica rap. Musica, in tutte le sue forme. Forse questo suo amore incondizionato per le note, era stato ereditato da suo nonno, George Tomlinson, artista di successo e conosciuto in quasi tutta l'isola britannica. Fin da quando era piccolo, George insegnava al nipote le arti del mestiere: come pizzicare le corde della chitarra nel modo corretto, come e quando era il momento di alzare o abbassare la voce per non coprire il suono degli strumenti, quanto fiato dare al flauto traverso per non stonare e creare sempre una melodia perfetta. Inutile dire che alla morte di George, Louis cadde in una profonda tristezza. Ogni giorno cercava negli strumenti musicali il modo di non dimenticare la voce, il volto, l'amore di suo nonno, ma con il tempo anche quelli sparirono dalla sua mente, lasciando nel giovane un vuoto incolmabile. All'età di 20 anni aveva lasciato il college per coronare il suo più grande sogno: diventare insegnante di musica. Insegnava a tempo pieno, ogni giorno e ad ogni ora e i suoi allievi adoravano il loro maestro. Chi più di lui amava la musica, chi più di lui riusciva a trasmettere loro quella passione smisurata?
Da un po' di tempo aveva anche iniziato ad insegnare in casa. Istruiva bambini e ragazzi di ogni età, lasciava loro la possibilità di scegliere uno strumento qualsiasi, quello che più li incuriosiva, e iniziava parlare della storia di questo mentre le sue dita si muovevano leggiadre lungo una tastiera, una chitarra, una batteria, o chi per essi. Tutti coloro che uscivano da casa Tomlinson, portavano con sé un pizzico della passione di Louis, un po' dell'amore che lui aveva loro trasmesso.
Benché la musica occupasse quasi ogni momento della vita di Louis, anche lui aveva una vita privata, strano ma vero. Aveva numerosi amici, che vedeva quasi esclusivamente la sera in qualche pub o discoteca. In realtà non amava molto quei posti, ma se c'era una cosa che gli piaceva, era la birra. Adorava quella bevanda frizzante e dolcemente amarognola. Lasciava nella sua bocca un gusto inconfondibile che rimaneva lì per ore. Andava matto per la birra e nei posti in cui poteva berne a quintali senza destare sospetti, essendo maggiorenne e bevendo meno rispetto a molti minorenni, ci andava volentieri in compagnia di qualche amico. Di solito si dava appuntamento con Stan, David e Michael davanti casa di quest'ultimo e poi si rifugiavano in qualche pub di Doncaster, cittadina nel quale si era trasferito all'età di 18 anni. Loro, in teroia, erano i migliori amici di Louis; in pratica non li sopportava più di tanto. Erano troppo esuberanti e curiosi. In un modo o nell'altro, anche a costo di farlo ubriacare, dovevano sapere la verità. Così erano venuti a sapere di un piccolo, anche se in realtà non era così piccolo, dettaglio della sua vita sentimentale: Louis era gay e nessuno oltre a loro sapeva di questo suo segreto. Louis si vergognava incredibilmente della sua natura e non appena si era accorto di ciò che aveva detto, aveva cercato ogni modo per negarlo, per dire che erano solo gli effetti della sbronza. Ma loro non gli avevano creduto, insomma, era così evidente! Aveva il terrore di essere giudicato, preso in giro, addirittura picchiato. Pensava che forse l'avrebbero licenziato dalla scuola o che nessuno sarebbe più venuto a casa sua per lezioni private. Nemmeno la sua famiglia lo sapeva, con la quale aveva perso i contatti da quando era scappato di casa, costretto dai suoi genitori a mettere da parte la sua passione più grande e iniziare a studiare veramente. Ma la verità era che Louis non era mai stato un asso nello studio. Semplicemente non gli piaceva e sicuramente i suoi genitori, con le maniere forti, non glielo facevano amare. Dopo essere stato costretto a trascorrere un anno al college, si era ritirato e si era rifugiato a Doncaster, dove aveva trovato un lavoro e un appartamento accogliente. Louis era felice così, aveva tutto ciò di cui aveva bisogno, tranne, forse, un amore. Il ragazzo dagli occhi blu, perché sì, Louis aveva, al posto degli occhi, due gemme di acquamarina, aveva sempre desiderato un amore vero, lungo e sincero. Purtroppo però, non era ancora arrivato il suo momento e lui continuava a vivere la sua vita, aspettando il suo principe azzurro, magari con una chitarra in mano.
Quel giorno era iniziato come tutti gli altri. Louis si era alzato, aveva fatto una veloce colazione, si era vestito e profumato e, dopo aver raccolto tutti i libri e gli spartiti sparsi per la casa, si era diretto alla Felicity Secondary School, la scuola di Doncaster. Come ogni martedì mattina, aveva avuto un'ora di lezione nella classe prima e un'altra alla terza ora, nella classe seconda. Adorava insegnare ai bambini della scuola secondaria. L'idea di essere una parte importante della crescita dei suoi alunni, gli faceva venire una voglia immensa di impegnarsi e di far capire loro la bellezza della musica. Perché per lui la musica era questo, qualcosa da ampliare, da condividere con tutti. La musica non si può nascondere, la musica va urlata, va fatta conoscere.
Quando anche quel giorno di scuola finì, Louis si ritirò in casa, desideroso di un po' di relax. Per quel giorno, non aveva lezioni in casa, perciò, dopo essersi fatto una doccia veloce, si distese sul divano per chiacchierare un po' con i suoi amici.
Stan: Questa sera alle 8.30 a casa mia per una pizza, poi andiamo al pub. Ci state?
Micheal: Ho gli allenamenti di calcio, arriverò per le 9, scusatemi.
Stan: Non preoccuparti, amico. Louis? David?
Louis: Ci sono
David: Anche io
E così, anche per quella sera, Louis non sarebbe stato solo. Il ragazzo, infatti, odiava stare solo. In casa sua lo stereo era sempre acceso proprio per questo. Aveva il costante bisogno di sentire qualcuno, di sapere di non essere solo.
La sua giornata passò piuttosto velocemente, tra compiti e esercizi da correggere, fino a quando Louis non si ritirò in camera sua per decidere cosa indossare. Quella era la parte più noiosa della vita di Louis. Non gli piaceva spendere troppo tempo a scegliere cosa mettersi, ma voleva sempre essere vestito bene, caso mai ci fosse stato qualche bel ragazzo. Ci teneva al suo aspetto, Louis, anche se lo annoiava abbinare jeans e maglie. Alla fine optò per un paio di jeans scuri e una maglietta a maniche corte bianche. Indossò una felpa azzurrina e il solito cappello di lana grigia che non lasciava mai a casa. Amava quel berretto. Glielo avevano regalato le sue sorelle per Natale, era caldo e morbido e non usciva mai senza indossarlo. Si spruzzò un po' di profumo e, dopo aver indossato le sue adorate vans azzurre, era pronto per uscire. "Non sono così male" Si disse, per convincersi che, in fondo, fosse abbastanza carino.
Prese le chiavi dal tavolo della cucina ma, quando stava per arrivare alla porta, qualcuno suonò al campanello. "Chi può essere?" Si chiese Louis, consapevole di non stare aspettando visite. Aprì la porta e si trovò di fronte un bellissimo ragazzo riccio. Le parole soffocarono in gola non appena incontrò i meravigliosi occhi verdi del ragazzo di fronte a lui.
"Sei Louis Tomlinson, tu, giusto?" Disse quello.
"Sì ma...tu chi..."
"Insegnami a cantare"
Prima di poter obiettare o fare qualsiasi altra cosa, Louis si ritrovò di nuovo in casa, in compagnia di un estraneo. Il riccio parve ambientarsi subito, invece, tanto che iniziò a gironzolare per quelle quattro mura, come se vi abitasse da sempre.
"Scusami, posso sapere chi sei e cosa vuoi?"
Chiese Louis con discrezione. Era sempre stato un ragazzo gentile e, anche in questo caso, non si sarebbe mai permesso di sembrare scorbutico, nonostante quello si fosse intrufolato in casa sua senza alcun permesso.
"Mi chiamo Harry e voglio che tu mi insegni a cantare"
"Avrei un impegno per questa sera. Possiamo rimandare a domani"
"Assolutamente no. Rimanda tu il tuo impegno. Voglio imparare a cantare e voglio farlo nel minor tempo possibile"
"E' tardi e io non ho cenato. Domani saremo entrambi più freschi e potrei aiutarti con più facilità"
"Ho detto di no. Neanche io ho cenato. Che problema c'è? Quando avremo finito ordinerò una pizza"
"Ma..."
Louis non riuscì a concludere la frase che Harry era già seduto sullo sgabello del pianoforte del maggiore.
"Con cosa cominciamo?"
Louis si risvegliò dallo stato di trance in cui era entrato da quando il riccio aveva iniziato a parlare. Avvertì velocemente i suoi amici, per poi sedersi a fianco del ragazzo.
"Sentiamo cosa sai fare..."
Secondo Louis, quell'Harry era davvero maleducato. Era entrato in casa sua senza essere stato invitato e aveva improvvisato una lezione che non doveva esserci, sconvolgendo tutti i suoi piani per quella sera. Non avevano iniziato bene, quei due, ma Louis doveva ammettere a se stesso che, per quanto fosse antipatico, era davvero un bel ragazzo. Era alto e snello, gambe lunghe e tatuaggi quasi ovunque. I suoi ricci castani scivolavano lungo le sue guance rosate dandogli un'aria molto più dolce di quanto in realtà non fosse. Louis, per un millesimo di secondo, pensò di far scivolare le sue dita lungo quei ricci. Dovevano essere molto soffici. Poi c'erano le labbra, rosee e a forma di cuore. Chissà come sarebbe stato morderle e poi curarle a forza di baci. Infine gli occhi. La parte più bella, secondo Louis. Due gemme di smeraldo che brillavano più di un cielo stellato. Probabilmente, Harry, era più piccolo di lui. Ma non di molto. Avrebbe potuto avere una ventina di anni. Non sarebbe stato uno scandalo avere una relazione con lui, pensò Louis. "Neanche sai se è gay e già pensi a stare insieme a lui. Qualche volta sei proprio stupido, Louis" Disse a se stesso con una smorfia.
Quando Harry iniziò a cantare, il cuore di Louis perse un battito. Stonò quasi sempre, è vero, ma per Louis, quella, era la voce più bella che avesse mai sentito. Stava cantando Happily, una delle sue canzoni preferite, scritta da un gruppo poco conosciuto: colpo basso per Louis. Quando arrivò il momento del ritornello, Louis lo zittì. Non poteva rovinare completamente quella canzone. Harry parve un po' infastidito da quel gesto, ma a Louis non importò molto. Quella era la sua canzone.
"Allora?"
"Allora non hai fatto altro che stonare, ma possiamo rimediare"
"Solo perché tu sei capace a cantare non mi sembra il modo di trattare qualcuno che ti chiede aiuto"
"Non mi è sembrato di essere sgarbato, perdonami se lo sono stato"
"Lo sei stato"
"Allora, scusa"
Continuarono a battibeccare per un po', fino a quando Louis, non iniziò la lezione vera a propria.
Gli fece ripetere per circa un'ora un semplice "Do", la nota più bassa che ci fosse. Pensò che Harry si sarebbe stancato di questo, ma non fu così. Ogni volta che ripeteva la nota, cercava di farlo nel modo migliore possibile. "Questa mi è venuta abbastanza bene, dai!" Diceva. Oppure "Oddio, questa era terribile" E ricominciava. Louis si divertiva a vederlo così interessato a ciò che stava facendo. Con il passare dei minuti, il maestro si accorse di quanto ad Harry venissero bene le note basse. Riusciva a trasformare una nota bassa in qualcosa di unico. Così, passarono al "Re" e anche quella fu un successo per il riccio.
Erano le 10.30 quando decisero di interrompere la lezione. Harry infatti, mugugnò un "Mi sta venendo fame" E Louis acconsentì a smettere.
"Dovresti allenarti ancora, a casa, su queste due note. Credo che il tuo problema siano le note alte, ma pian piano arriveremo a corregerlo" Gli aveva detto il ragazzo con gli occhi blu, cercando di essere il più gentile possibile.
"La pizza posso comunque ordinarla, no?"
"Uhm...sì"
Ma Louis non aveva capito che l'intenzione di Harry era di mangiarla in quel mini appartamento di Doncaster dove il maggiore viveva da ormai tre anni e, quando il ragazzo delle pizze suonò al campanello, Louis fu ben lieto di condividere la cena con quel ragazzo appena conosciuto.
"Scusa se mi sono autoinvitato questa sera ma mi hanno detto che sei un ottimo insegnate e io voglio imparare a cantare. Poi non mi piace stare solo in casa, quindi mi sono fermato qui a cenare. Spero che il tuo impegno non fosse troppo urgente. Mi scuso anche per la mia maleducazione, quando sono agitato lo divento senza che me ne accorga" Disse Harry tutto d'un fiato dopo aver mandato già un sorso di coca cola.
"E' tutto ok" Lo rassicurò Louis, mentre il suo stomaco faceva le capriole dalla felicità. "Allora non è poi così antipatico" Pensò il maggiore.
Passarono la sera a parlare, a conoscersi e a fare amicizia. Scoprì che Harry era di Holmes Chapel, una cittadina dell'Inghilterra centrale, e che si era trasferito a Doncaster da poche settimane perché desideroso di cambiare aria e amicizie. Scoprì anche che lavorava in una pasticceria, di fronte alla scuola in cui insegnava Louis e che, fin da piccolo, desiderava imparare a cantare bene. Harry, inoltre, suonava il pianoforte da quando aveva 15 anni e, quando Louis gli diede il permesso di usarlo, Harry iniziò a suonare una melodia meravigliosamente dolce che Louis, nonostante conoscesse moltissimi pezzi, non riconobbe.
"Di chi è?" Chiese infatti.
"Di Harry Styles, non lo conosci?" Scherzò il riccio.
"L'hai seriamente scritta tu?"
"Sì" Rise.
La risata di Harry era pura, cristallina e Louis, ogni volta che lui rideva, si sentiva bene, leggero. La adorava. Per non parlare di quelle fossette che si formavano ai lati della sua bocca. Per un momento Louis desiderò soltanto lasciare una scia di baci dalla fossetta sinistra al collo, lungo e sottile. Cacciò via quell'immagine dalla sua testa sentendo una vampata di calore inondargli le guance.
"E' bellissima" Sussurrò Louis quando il minore ebbe finito di suonare. "Possiamo scrivere qualcosa su questa base, hai mai scritto canzoni?"
"No, ma mi piacerebbe molto farlo"
"Allora lo faremo"
Passate le 11.30, Harry si decise ad andare via.
"Grazie per la bella serata, Lou. Domani posso venire alla stessa ora?"
A Louis mancò il respiro. Non solo l'aveva chiamato Lou, quel nomignolo con cui solo le persone più intime lo chiamavano, ma voleva anche rivederlo. "Solo perché devi insegnargli a cantare, stupido" Si disse. Eppure il suo cuore iniziò a saltare dalla gioia e Louis riuscì appena a pronunciare un "Sì".
Si salutarono con un po' di timidezza, non sapendo cosa fare. Dovevano stringersi la mano? Abbracciarsi? Entrambi pensarono che la cosa migliore da fare fosse un semplice "Ciao" e così, Harry, sparì dietro la porta di casa Tomlinson lasciando a Louis un desiderio soffocante di rivederlo.
 
 La mattina seguente Louis si svegliò di buon'ora e, dopo essersi preparato, uscì di casa con un sorriso sul volto e la mente proiettata a quella sera. Ricevette una chiamata da Stan, che, preoccupato, gli chiese sue notizie.
"Ehi Lou, cos'è successo?"
"Ho avuto un impegno improvviso, scusatemi." In effetti era la prima volta che saltava un incontro con i suoi amici.
"L'importante è che non sia successo nulla di grave. Allora ci vediamo questa sera?"
"Uhm...questa sera ho lezione"
"Ah, va bene. Ci sentiamo Lou"
"Ciao Stan, scusami"
Chiuse la chiamata, mettendo il telefono nella tasca della sua giacca di jeans.
 Era decisamente presto, ma Louis quella notte non era riuscito a dormire, troppo occupato a pensare al ragazzo dagli occhi verdi e desiderava soltanto che la sera arrivasse il prima possibile.
 Quando raggiunse la scuola, i cancelli erano ancora chiusi, ma un delizioso profumino di dolci appena sfornati, arrivò a Louis. Era entrato nella pasticceria di fronte all'istituto, solo poche volte, ma quella mattina, aveva, da quando si era alzato, una casuale voglia di cupcake.
Entrò nel negozietto, caldo e accogliente, facendo suonare un campanellino sopra la porta.
"Posso esserle utile?" Disse una giovane ragazza dai capelli lunghi e castani.
"Vorrei un cupcake" Rispose Louis con voce esageratamente alta. Sperava di farsi sentire da Harry, probabilmente in cucina.
"Certo, c'è un gusto che preferisce?"
"Alla fragola, grazie" Urlò ancora. Dalla cucina, però, non si mosse nessuno.
Louis uscì dalla pasticceria con un po' delusione, avrebbe davvero voluto vedere Harry. Il suo cupcake, però, era delizioso e almeno per un po', smise di pensare al ricciolino.
 
"Buongiorno professore" Salutarono i ragazzi di seconda quando Louis entrò in classe. Lui ricambiò il saluto, dando loro l'assenso di accomodarsi.
"Cosa facciamo oggi?" Chiese Annette, con gli occhi lucidi per la felicità. Lei, come d'altronde tutti i suoi compagni, adorava Louis e iniziare la scuola con una sua ora, era il miglior modo per iniziare la giornata.
"Oggi voglio fare qualcosa di diverso. Faremo un mini concerto. Voi - disse indicando l'ultima fila, i più bravi a cantare - canterete qualche 'La' seguendo il ritmo, mentre voi - continuò, indicando questa volta tutti gli altri - suonerete il pezzo che abbiamo scritto la scorsa settimana." Picchiettò la mano sulla cattedra per dare ritmo alla sua orchestra improvvisata, e quella iniziò. Dapprima, quello che venne fuori, fu qualcosa di disordinato e chiassoso, ma successivamente, da quel miscuglio di strumenti e voci diverse, nacque una bellissima armonia e Louis sorrideva come un ebete, contento come mai. "La mia classe! La mia classe!" Continuava a ripetersi muovendo le braccia con enfasi. Quando poi l'ultima fila iniziò a cantare le parole che loro stessi avevano scritto, quasi tutti gli insegnanti entrarono nella classe di Louis a complimentarsi con lui. Quando finirono, l'intera scuola iniziò ad applaudire. La preside si commosse persino e andò a stringere la mano a Louis. Non era mai stato così orgoglioso prima d'ora.
Quella giornata passò così velocemente, che Louis si accorse dell'ora che si era fatta, solo quando aveva finito di farsi la doccia. Si cambiò e si profumò, questa volta sapeva già chi aspettare.
 
Il campanello suonò alle 8.15 precise e Louis corse ad aprire.
"Ciao, Lou"
"Ciao, Harry, come va?"
Lo invitò ad entrare, accorgendosi solo dopo, di ciò che il riccio portava con sé: una borsa di carta con stampato sopra il logo della pasticceria.
"Immagino che tu non abbia mangiato"
"Già" Rise Louis, ricordandosi della sera precedente.
"Ti ho portato questi. Li ho fatti io e sono alla fragola, come piacciono a te" Disse, porgendogli la borsa.
Louis, all'inizio un po' stranito, prese la borsa. Dentro ci trovò due cupcakes confezionati.
Scoppiò a ridere mentre i suoi occhi iniziavano a brillare senza che lui se ne accorgesse.
Harry, vedendolo ridere, si sentì bene. Un bene strano, piacevole. Qualcosa, sentendo la sua risata, si mosse nel suo stomaco. Sorrise per quanto Louis era bello quando rideva.
"Grazie" Disse soltanto il ragazzo dagli occhi blu quando, l'unica cosa che avrebbe voluto fare, sarebbe stata saltargli al collo e abbracciarlo forte. "Come facevi a saperlo?"
"Ti ho sentito, questa mattina. Solo che non potevo uscire dalla cucina. Scusami"
Louis sorrise, Harry era così maledettamente dolce.
 Il maestro si mise al piano e Harry iniziò a mostrargli il suo miglioramento rispetto al giorno precedente. Louis rimase sorpreso dalla bravura del riccio e si impegnò molto al fine di fargli imparare anche la nota "Mi", decisamente più complicata delle altre.
"Cazzo Lou, questa non mi viene"
"Puoi farcela, tranquillo"
E quella sera andò avanti così, una, due, tre ore. Tra risate, sguardi, mani che tremavano. Perché sì, Louis non era il solo a cui tremavano le mani. Harry, infatti, da quando aveva visto quegli occhi blu, non riusciva a fare a meno di guardarlo, di nascosto, mentre magari Louis suonava. Guardarlo mentre gli spiegava come fare una nota più alta, guardarlo mentre Louis si alzava a prendere da bere, guardarlo mentre dava un morso al suo cupcake, guardarlo mentre batteva le ciglia, guardarlo mentre respirava. Harry adorava guardare Louis.
Fuori sfuriava un temporale, ma Louis ed Harry non si erano mai sentiti più al caldo di così. Si erano appena conosciuti ma il calore che emanava uno, non l'emanava nessun altro.
Quando anche quella lezione finì, lo stomaco di Harry avvertì di essere affamato.
"Io non so cucinare" Lo avvertì Louis, ridendo.
"Hai qualcosa in frigo?"
Harry si alzò, dirigendosi in cucina e aprendo i cassetti come se vivesse lì da sempre. A Louis non dava fastidio, Harry avrebbe potuto guardare ovunque.
"Mangi solo cose surgelate, tu?"
Louis annuì con leggero imbarazzo.
"Te l'ho detto, non so cucinare"
Il riccio prese dal freezer due pizze e, dopo aver acceso il forno, aspettò che questo si riscaldasse a sufficienza e le infilò dentro.
"Ma..per caso vuoi fermarti a cena?" Scoppiò a ridere Louis.
"Non vorrei farti mangiare da solo"
"Come sei premuroso"
Dopo aver cenato, Harry non parve molto convinto a tornare a casa.
"Hai la macchina?"
"Uhm...no. Sono a piedi"
"Con questo temporale non puoi andare a casa a piedi. Ti accompagnerei io ma...non ho la patente"
"Stai tranquillo, vado a piedi"
"Puoi fermarti qui, se vuoi"
Dove trovò il coraggio, Louis non seppe dirlo. Fatto sta che non avrebbe mai lasciato andare a casa Harry a piedi con quel diluvio universale che veniva giù e l'unica soluzione fu proprio invitarlo a fermarsi. Anche se però, a dirla tutta, il ragazzo dagli occhi blu si accorse solo in seguito di quello che aveva appena detto. Infatti aveva invitato in casa sua un perfetto sconosciuto, chiedendogli di fermarsi a dormire, quando avrebbe benissimo potuto farlo andare a casa a piedi. Louis arrossì violentemente subito dopo aver parlato. "Sei uno stupido" Pensò.
Harry, invece, parve risvegliarsi non appena Louis formulò quelle tre parole. Certo che voleva fermarsi da lui, come non volerlo. Per lui non era presto. Harry voleva dormire da Louis, Harry voleva dormire con Louis. Era rimasto affascinato da quel ragazzo nell'esatto istante in cui quello gli aveva aperto la porta. Come non esserlo? I suoi occhi blu erano così profondi e così belli che Harry ne era incantato. Per non parlare della sua voce, così strana ma nello stesso tempo dolce. La simpatia di Louis, poi, era qualcosa che Harry trovava incredibilmente sexy. C'era un'altra piccola, grande, cosa di Louis per cui Harry andava matto: il suo fondoschiena. Ogni volta che il maggiore si girava, Harry ne approfittava per dare una veloce occhiatina al sedere del suo amico, fasciato in un paio di jeans stretti.
C'era un altro problema. Grande, enorme. Dove avrebbe dormito Harry? Louis si immaginò nello stesso letto assieme al riccio e qualcosa iniziò a bruciare nel suo stomaco. Non sarebbe mai riuscito a dormire con lui.
Per questo, "Vado a cambiare le lenzuola in camera mia. Tu puoi dormire lì, io sto sul divano" Disse con la voce che tremava.
Harry rimase parecchio deluso. Avrebbe davvero voluto dormire con Louis, toccarlo di nascosto con la scusa dell'insonnia. Forse Louis era dell'altra sponda? Pensò Harry, ma si corresse subito. Era così chiaro che Louis fosse proprio come lui. E allora perché non aveva voluto dormire nello stesso letto? "E' ancora presto, forse è solo timido" Cercò di rassicurarsi Harry.
"Dormo io sul divano"
"No, non mi sembra il caso, è piuttosto scomodo"
"Come è scomodo per me, lo è anche per te"
"Io ci sono abituato, qualche volta mi addormento guardando la tv"
"Non c'è comunque bisogno che tu cambi le lenzuola"
Il riccio si arrese. Avrebbe davvero preferito dormire sul divano, piuttosto che solo in un letto matrimoniale, perché Louis aveva un letto matrimoniale, con il profumo del ragazzo di cui si era preso una cotta colossale, ovunque.
"Buonanotte Harry" Sorrise Louis.
"Notte Lou" Rispose indeciso il minore.
"Louis, senti..."
"Sì?"
"I..Uhm..N-niente, non importa"
"Oh, ok"
Louis aveva sperato che Harry gli chiedesse di dormire con lui. "Povero illuso", pensò.
 
Quella notte fu un incubo per entrambi.
Tutti e due con gli occhi spalancati verso il soffitto, pensavano a quanto fossero stati stupidi.
Louis, attorcigliato su se stesso per non cadere, si odiava per non aver fatto finta di niente ed essere andato a dormire con Harry.
Harry, nascosto sotto le lenzuola, si odiava per non aver chiesto a Louis stare con lui. Quella camera sapeva di Louis, e lui, senza di Louis, in quella camera non ci voleva stare.
Respirò forte, per inebriarsi di quel profumo da uomo che aveva sentito solo addosso a Louis e scene poco caste si librarono nella sua mente.
Intanto, "Sei proprio un coglione" si diceva Louis, con il vizio di parlare da solo. Quando capì che per quella sera di dormire proprio non ne aveva voglia, si mise seduto, avvolse una coperta sulle sue spalle, e accese la tv, mantenendo il volume più basso possibile per non svegliare il suo ospite.
Il riccio però era sveglio e, appena riconobbe la voce di Homer Simpson, si alzò di scatto e andò in salotto, dove ad accoglierlo c'era un adorabile Louis in pigiama.
"Ti ho svegliato?" Chiese allarmato il più grande.
"No, è che non riuscivo a dormire"
"Neanche io"
"Posso guardare un po' di tv con te?"
"Certo"
Louis aprì la coperta e ne distese metà sulle gambe incrociate di Harry che si era seduto al suo fianco.
Vicino, molto, molto vicino.
Di quella puntata, né uno, né l'altro, capirono molto, perché troppo impegnati a guardarsi o a sfiorarsi senza farsi vedere dall'altro.
 
Il risveglio di Louis fu piacevolmente strano. La prima cosa che sentì, quel mattino, fu un dolore lancinante alla schiena, poi, aprendo ancora un po' gli occhi, vide davanti a sé, con la testa appoggiata ad un cuscino del divano, il ricciolino.
Harry fu il suo primo sorriso della giornata.
Si erano addormentati tutti attorcigliati tra loro, come se, anche nel sonno, non volessero perdersi. Le gambe di Louis erano aggrovigliate a quelle di Harry mentre il capo del maggiore era posato sulla spalla del secondo. Una coperta li teneva al caldo mentre fuori, come già la sera precedente, si scatenava un temporale.
Harry, invece, era già sveglio da prima, ma quel giorno si diede il permesso di fare un po' ritardo al lavoro, ne valeva la pena. Appoggiato a lui, infatti, c'era un adorabile Louis addormentato, con le ciglia che gli accarezzavano le guance e la bocca semiaperta. Harry dovette resistere ad una forza più grande di lui per non accarezzargli i capelli o dargli il 'bacio del buongiorno'. Tanto per lui, quello, era già un buon giorno, con o senza bacio. Svegliarsi con Louis era il miglior buongiorno che potesse desiderare.
"Ciao"
"Ciao" Sbadigliò il più grande.
"Dormito bene?"
"Devo dire che la tua spalla è piuttosto comoda"
"Uh, grazie"
Louis, di mala voglia, si alzò, pentendosi subito dopo per il freddò che sentì. Fece un'imbarazzante corsa verso la cucina e riscaldò l'acqua per un tè.
"Saresti la moglie perfetta" Disse Harry notando come Louis iniziò subito a darsi da fare pulendo e aprendo le finestre per far entrare un po' d'aria fresca.
Fortunatamente il ragazzo dagli occhi blu era girato di spalle, cosicché Harry non si accorse del suo improvviso cambio di colore.
I due fecero colazione, finendo i resti del secondo cupcake che Harry aveva regalato a Louis.
"Sono deliziosi, te l'ho già detto?"
"Circa una decina di volte"
"Devi allenarti sulla nota MI" Cambiò discorso l'insegnante di musica.
"Questa sera te la farò benissimo"
"Ma ventiquattro ore sono troppo poche per imparare a cantare"
"Significa che questa sera non ci vedremo?"
Louis non rispose. Prese le tazze vuote e le lavò nel lavandino.
Un silenzio tombale calò nella stanza. Il primo da quando Harry era presente.
Il più grande sarebbe stato costantemente con Harry, giorno e notte, ma purtroppo aveva paura di mostrare troppo. Di fargli capire cose che lui non voleva che capisse. Louis aveva un segreto e non poteva spifferarlo ai quattro venti. Cos'avrebbero pensato le persone se avessero saputo delle sue preferenze al sesso maschile? Sarebbe stato discriminato e preso in giro da tutti. E avrebbe perso Harry. Perché Louis, in soli due giorni che lo conosceva, aveva imparato a tenere ad Harry. Ma Louis era probabilmente l'unico essere umano sulla terra a non accorgersi dell'omosessualità che era personificata in Harry Styles. Il riccio, infatti, non si vergognava di essere gay. Lui lo era, e basta. In ogni suo gesto e ogni sua parola, si capiva quanto Harry fosse gay. E non poteva essere nient'altro.
Così Louis pensò che sarebbe stato meglio stargli un po' più lontano, o almeno non dormire più con lui.
"Una settimana potrebbe bastare. Allenati molto, hai parecchie difficoltà con le note alte. In seguito inizieremo con qualche frase e qualche base" Soffiò tutto d'un fiato correndo in camera sua a cambiarsi.
Harry rimase a bocca aperta. Una settimana? Sette giorni erano troppo per il povero Styles che si era accorto di avere costantemente bisogno degli occhi di Louis nei suoi. In quei due giorni era stato benissimo. Si era sentito leggero, vivo. Non come succedeva ad Holmes Chapel. Là era un continuo giudicare, un continuo "Ehi, guardate chi c'è, Harry Styles il frocio". A Doncaster, invece, aveva trovato persone comprensive, che si interessavano a lui come persona, non alla sua vita sentimentale. A Doncaster aveva trovato il maestro di musica più sexy, dolce e simpatico che credeva potesse esistere. E per lui una settimana senza vedere il maestro, era troppo.
 
Per Harry quella mattina era iniziata nel migliore dei modi, ma già alle 7.05, si stava dimostrando una grande fregatura.
"Ma in un giorno posso farcela davvero! Non è così complicata in fondo. Mentre sono al lavoro mi esercito un po' e ce la faccio"
"Non puoi, Harry. Non impareresti bene"
"Sì ma...è meglio arrivare al SI il prima possibile, così possiamo iniziare i testi, no?"
"No Harry, no. Devi imparare i suoni nel modo corretto, non è così semplice"
Il riccio, allora, era uscito dall'appartamento, arrabbiato e deluso nello stesso tempo senza nemmeno salutare Louis. Aveva iniziato a correre fino al negozio, infischiandosene della pioggia e del vento gelido. Una volta entrato, tutti i suoi colleghi si voltarono verso di lui, iniziando a guardarlo.
"Harry, non avevi un ombrello?" Chiese preoccupata Martha, porgendogli un asciugamano.
"Non lo trovavo. Grazie, comunque"
"Ehi Harry, la doccia non ti basta più?"
Harry amava i suoi colleghi pasticceri. Erano sempre così simpatici e disponibili. Nonostante la loro gentilezza, però, quel giorno il ragazzo proprio non ce la faceva ad essere spensierato e tranquillo come era di solito. Era stato così bene quella sera. Stava così bene con Louis.
Con la rabbia che ribolliva nelle sue vene, preparò due cupcakes alla fragola. Li mise con attenzione in una confezione e, dopo aver finito il suo turno, li portò all'indirizzo di Louis. Sperava che, con quel gesto, il maggiore capisse le sue intenzioni. Inutile dirlo, ad Harry Louis piaceva, eccome.
 
Quando il ragazzo dagli occhi blu tornò a casa, trovò una scatola rosa confetto che conosceva bene. Sorrise senza neanche accorgersene mentre la raccoglieva e la posava sul tavolo della cucina. Come previsto, quando l'aprì, vi trovò i suoi dolci preferiti e ne divorò subito uno. "Li ha fatti per te" Diceva il suo cuore saltando di gioia. E se solo avesse avuto il numero o l'indirizzo di casa di Harry, si sarebbe catapultato a casa sua ad abbracciarlo. Improvvisamente l'idea di quella mattina gli parve inutile, stupida. Voleva rivederlo. Il prima possibile.
Così, il mattino seguente, alle 7.00 era già fuori casa, diretto alla pasticceria Apple Pie, dove il ricciolino lavorava. Con il fiato corto, aprì la porta del negozietto, accompagnato da un campanellio, e si avvicinò alla commessa.
"Cercavo Harry" Disse, non ricordandosi il suo cognome.
"Harry Querry, Harry Solt, Harry Gran o Harry Styles?"
"Uhm...Harry...è riccio. Ha-ha g-gli occhi verdi e...ha l-le fossette...uhm..sì..."
"Oh, Harry Styles! Oggi è il suo giorno di risposo, mi dispiace"
"Ah...g-grazie"
Louis uscì dalla pasticceria con una smorfia dispiaciuta. Accidenti. Avrebbe davvero voluto vederlo. La forza però, gli era mancata non appena era entrato quindi non era più così sicuro che sarebbe riuscito ad incontrarlo.
 
Quella settimana passò in un modo così lento che ogni giorno parevano due. Tutte le mattine i due si alzavano, andavano al lavoro, tornavano, dormivano e ricominciava tutto da capo. Nonostante tutto dava a pensare che non sarebbe mai arrivato, Harry e Louis si svegliarono con l'agenda che segnava Giovedì 10 Settembre  2011. Entrambi con le gambe che tremavano raggiunsero le rispettive sedi di lavoro e si diedero da fare, cercando di sbrigare i loro compiti il più veloce possibile. Mancava poco e si sarebbero rivisti, finalmente gli occhi verdi avrebbero incontrato di nuovo quelli blu. Sembrava essere passato un anno, invece erano solo sette giorni.
 
Erano le 8.15 di sera e Louis camminava ansioso davanti alla porta del suo appartamento aspettando il riccio. Intanto, il pensiero che gli fluiva in testa dalla scorsa settimana, cominciava di nuovo a farsi sentire. Louis non avrebbe dovuto essere così agitato, volere così tanto l'arrivo di Harry. Perché Louis, agli occhi del minore, non sarebbe dovuto essere gay. Non avrebbe dovuto mostrare le sue attenzioni nei confronti del più piccolo. Doveva essere un semplice insegnante di musica. Come avrebbe potuto esserlo, però, se il solo pensiero di condividere la casa con lui, gli faceva venire le farfalle nello stomaco? Come esserlo, se prima di addormentarsi pensava alla sua voce, ai suoi occhi, alle sue fossette.
Ovviamente, anche quel giorno, Louis non aveva mangiato a cena. Preferiva sperare che Harry si auto invitasse a fermarsi.
Quando il campanello di casa Tomlinson suonò, il cuore di Louis iniziò a battere ad una velocità spropositata nel petto. "Sei proprio un coglione" Si disse, per convincersi che tutto quel caos nel suo corpo fosse inutile.
Non appena aprì la porta, fece appena in tempo a vedere chi fosse, che due braccia lo strinsero e un ammasso di ricci si insinuò nell'incavo del suo collo. Avrebbe dovuto staccarsi, assumere le vesti di un insegnate, ma come poteva farlo, se sognava quell'abbraccio da più di una settimana? Così, con le mani insicure e tremolanti, cinse la vita del più piccolo, inspirando il suo profumo da uomo di cui, senza volerlo, era diventato dipendente.
"Mi sei mancato" Sussurrò Harry senza mollare la presa.
Louis non rispose, in quel momento non sarebbe riuscito a dire nulla. Non avrebbe mai e poi mai voluto che quell'abbraccio si sciogliesse, ma la sua coscienza, gli fece capire che era meglio allontanare Harry da sé.
Si scrollò appena.
"Ciao"
"Devo assolutamente farti sentire ciò che ho imparato! Altro che una settimana, mi ci è voluto un giorno e mezzo"
In un'ora di lezione, Louis capì quanto Harry si era impegnato e si era esercitato per quella semplice nota.
"Il MI è la nota più stronza che io conosca" Gli aveva detto quando il maggiore si era complimentato con lui.
"Vorrei sentire di nuovo il primo pezzo di Happily, se non ti dispiace. Usa le note che hai imparato fino ad ora"
Louis si mise al piano e iniziò a creare alcuni accordi. Quando riconobbe quelli giusti, diede il permesso ad Harry di iniziare.
"You don’t understand, you don’t understand, what you do to me when you hold his hand. We were meant to be, but it’s just a fade, made it so we had to walk away. We’re on fire now, yeah, we’re on fire, we’re on fire, we’re on fire now"
A quel punto, anche Louis si unì, aiutandolo con le note più alte che non avevano ancora studiato.
"I don’t care what people say when we’re together. You know I wanna be the one who hold you when you sleep. I just want it to be you and I forever. I know you wanna leave so come on baby be with me so happily"
Louis sorrideva, perché finalmente i miglioramenti di Harry si facevano sentire.
"Siamo forti, insieme" Disse Harry, una volta finito anche il ritornello.
Sentendo quell' 'insieme', Louis perse un battito. Loro due, insieme? "Solo in campo musicale, coglione" Si disse. Divenne rosso come un peperone e iniziò a schiacciare tasti a caso sul pianoforte.
"Hai mangiato?"
"Uhm...no"
"Allora andiamo a prendere una pizza"
"Ho comprato il pollo"
"Surgelato anche quello?"
"No"
"Allora facciamo il pollo!"
E così, alle 9.30 di sera, i due si misero a cucinare il pollo. In realtà era Harry quello che cucinava, mentre Louis cercava di rendersi utile, apparecchiando la tavola o porgendogli il condimento di cui il riccio aveva bisogno.
"Beh dai, se vivessimo insieme non rischieremo di morire di fame" Rise Harry mentre assaggiava un pezzo di pollo bruciacchiato.
Louis per poco non si soffocò.
"Avanti, stavo scherzando! So che muori dalla voglia di vivere con me, ma non ci conosciamo da molto"
Il ragazzo dagli occhi blu fece finta di non sentire mentre, inconsapevolmente, si immaginava a vivere nella stessa casa del riccio.
"Ci sono i Simpson a quest'ora" Disse Louis mentre finiva di sparecchiare la tavola.
"Oh, io adoro quel cartone. Ti dispiace se lo guardo qui?"
"Ok"
I due si misero seduti sul divano, nella stessa posizione della settimana precedente, mentre Louis arrossiva senza nemmeno accorgersene.
"Mi piacciono i tuoi capelli" Aveva detto Harry mentre Louis accendeva la tv.
"A me piacciono i tuoi"
"Sono disordinati. Una massa informe di capelli"
"Non è vero, sono...teneri"
"Teneri?"
"Sì, sono teneri. Sembrano morbidi"
Harry prese la mano sinistra di Louis, a quel contatto la pelle del maggiore parve bruciare, e se la mise sulla testa. Iniziò a muovergli il polso su e giù, ridendo come un matto.
"Credi ancora che siano morbidi?"
"Eccome!"
E tutti e due scoppiarono a ridere, più forte di prima.
"Louis?"
"M-mh?"
"Posso fermarmi qui?"
"Perché?"
"Non mi piace stare solo in casa, ma qui sto bene"
"Stai bene, da me?"
"Sì, sto bene con te"
"Puoi fermarti"
Questo era troppo per un semplice insegnante di musica. Come aveva potuto, Harry, dirgli ciò? Non aveva nemmeno per un momento pensato alla tachicardia che aveva causato al ragazzo dagli occhi blu? "Egoista che non è altro!" Si era detto Louis sorridendo.
"Si può sapere perché devi dormire per forza con me? Ti lascio il letto libero!"
"Ho freddo"
"E le coperte, non esistono più?"
"Tu sei più caldo"
"Ma io sto scomodo"
"Allora vieni qui"
Harry aveva aperto le braccia e aveva accolto Louis accanto a sé, su un divano troppo piccolo per due persone. Il maggiore, allora, nonostante una parte di sé gli urlasse contro di stare al suo posto, si rannicchiò a fianco del più piccolo. Quest'ultimo lo circondò con un braccio nascondendosi nell'incavo del suo collo. Così di certo non avrebbe avuto freddo. Louis emanava un calore speciale. Come quando sei in montagna e hai tanto freddo ed entri in un bar dove c'è una stufa a legna e bevi una tazza di cioccolata calda. Oppure quando entri in casa completamente bagnato da un temporale e trovi la persona che ami che ti abbraccia riscaldandoti. Louis era questo tipo di calore. Un calore tremendamente piacevole.
E anche Louis stava bene così, vicino al ragazzo che sicuramente gli interessava, e non poco. Aveva solo paura. Paura di essere giudicato, di essere preso di mira. Paura di perdere i suoi amici. Paura di perdere Harry. Però per quella sera, Louis non pensò a questo, non si preoccupò di ciò che sarebbe successo, preferì godersi quel momento, sicuro che non sarebbe mai più successo, e si addormentò tra le braccia del ragazzo che gli faceva venire le farfalle nello stomaco.
 
Il risveglio della mattina seguente, fu persino più bello di quello della settimana prima. Stretti uno all'altro i due aprirono gli occhi, dandosi il buongiorno contemporaneamente. Entrambi, però, non sembravano affatto intenzionati ad alzarsi.
"Hai avuto freddo?"
"Assolutamente no. Tu?"
"Come avrei potuto avere freddo se mi stavi più attaccato di una cozza?"
"Avresti potuto staccarti" Sbuffò Harry.
"Eri più comodo del previsto" Rise.
Quando la sveglia del telefono di Louis iniziò a suonare, questo decise di alzarsi, seppur di malavoglia.
"Ti sono piaciuti i cupcakes?"
"Molto, grazie"
Esattamente: Louis, da una settimana, ogni volta che tornava a casa, si trovava una confezione rosa confetto contenente due cupcakes alla fragola.
"Speravo mi invitassi a mangiarne uno"
"Non potevo condividerli con nessuno, scusami. Sono così buoni!" Disse Louis, anche se l'idea di invitare Harry, gli veniva ogni volta che vedeva quella busta rosa. Poi però, si accorgeva di non avere né il numero di telefono, né quello dell'indirizzo della casa di Harry e quindi finiva per mangiarseli lui.
"Di' la verità, vuoi mettermi all'ingrasso"
"Non sarebbe una cattiva idea. Sei uno stecchino"
Continuarono a ridere e a scherzare durante tutta la colazione, fino a quando uscirono insieme per andare ai rispettivi lavori.
"Ho la macchina, se vuoi ti accompagno io. La scuola è lì davanti"
"Non vorrei disturbare"
"Avanti, mi autoinvito sempre da te. Cosa vuoi che sia un passaggio in macchina?"
Louis, allora, aveva accettato e si era fatto accompagnare fino a scuola. In realtà, non aveva paura di disturbare, il suo vero problema nel farsi accompagnare da Harry, era di farsi vedere da qualcuno con lui, un ragazzo. Cosa avrebbero detto i suoi colleghi? Già se li immaginava, lui. "Louis il frocio si è trovato il fidanzato". Quindi, quando arrivarono alla pasticceria, nonostante Harry insistette per accompagnarlo fino all'entrata dell'istituto, lui preferì scendere lì.
"Grazie, faccio due passi"
Ed Harry aveva accettato. Non voleva essere troppo insistente. Harry sapeva che Louis aveva paura di qualcosa. Lo vedeva come, ogni volta che si trovavano insieme, lui si guardava attorno sperando che non ci fosse nessuno. Aveva paura, ma il riccio non riusciva a capire quale fosse il motivo.
"Ci vediamo questa sera"
"Uhm...sì...ok"
Si erano abbracciati, Harry l'aveva abbracciato, e successivamente i due si erano separati.
Il ragazzo dagli occhi verdi, mentre preparava la pasta per una torta, pensava a Louis. In realtà pensava sempre a Louis. Mentre era sotto la doccia, mentre cucinava, mentre serviva i clienti, mentre glassava qualche dolcetto. Però quel giorno pensava a Louis in un modo diverso. Perché non l'aveva neanche abbracciato? Perché non gli diceva mai qualche parola dolce? Lui lo faceva sempre. In un modo o nell'altro cercava sempre un contatto, uno sguardo, anche solo una piccola parola. Non era la prima volta che Harry pensava che si fosse sbagliato. Forse a Louis non facevano piacere tutte quelle attenzioni da parte sua, perché semplicemente non era gay. Scoppiò a ridere da solo. Non era possibile. Louis era gay fino al midollo. Harry sapeva riconoscere 'i suoi simili', come diceva sua sorella. Si ripromise che quella sera glielo avrebbe chiesto. Voleva semplicemente sapere la verità. Non poteva continuare a correre dietro ad un etero, se mai lo fosse stato.
E nonostante la sua mente continuasse a pensare al ragazzo dagli occhi blu, Harry per quel giorno si sforzò di prestare attenzione solo ed esclusivamente a muffin e pasticcini.
 
Stan: Si può sapere dov'è finito Louis? Non risponde neanche più ai messaggi!
Micheal: Evidentemente ha numerose lezioni private.
David: La sera non fa lezione...il nostro Loulou ci ha scaricati
Stan: Potrebbe comunque rispondere
Micheal: Ora forse è a scuola
Stan: Non me ne frega un cazzo
Micheal: Calmati, amico
Louis: Ehi ragazzi. Vi chiedo scusa. C'è un ragazzo che può venire da me solo alla sera e non posso fare altrimenti...
Stan: Louis, chat privata.
Micheal: Grazie della considerazione eh :P Ci si vede;)
 
Stan: Un ragazzo?
Louis: Un mio amico
Stan: State insieme?
Louis: No, ma va. E' mio allievo
Stan: E' gay?
Louis: Stan, non lo so! Devo andare in classe tra poco
Stan: Cosa vuole da te?
Louis: Vuole che gli insegni a cantare, mi pare ovvio
Stan: Preferisci stare con uno sconosciuto piuttosto che con me. 'Fanculo Louis
Louis: Dai Stan, sai che non è così
Stan: (Ultimo accesso alle 7.26 a.m.)
 
Louis, quel giorno, non stava molto bene. Aveva litigato con Stan, che tra tutti considerava il più simpatico e in pù aveva appena consegnato i compiti in IIC ed erano stati un disastro.
"Marcus! Credevo sapessi almeno quante corde ha una chitarra!"
"I-io credevo che ne a-avesse 3"
"Molti dei tuoi compagni suonano la chitarra. Ne hanno 6, non te ne sei mai accorto?"
"N-no"
"Non ho potuto darti di più, mi dispiace" Concluse l'insegnate, porgendo al suo allievo il compito con una C scritta sopra. Quello era tornato a posto con la testa china e il foglio in mano.
Il resto del giorno era andato avanti così, tra insufficienze e nuovi brani da copiare, fino a quando, alle 3.30, era suonata l'ultima campana della giornata.
"Ehi Lou! Louis!" Qualcuno lo chiamava, una voce che lui aveva imparato a conoscere piuttosto bene. Harry. Il riccio, infatti, lo stava aspettando appoggiato ad un muretto con le braccia conserte.
Louis sorrise di gioia nel vederlo. L'aveva seriamente aspettato? Il suo cuore si aprì per la contentezza. Possibile che Harry tenesse così tanto a lui? Ci aveva già pensato quella sera, quando Harry l'aveva ospitato tra le sue braccia, o quando mentre dormiva strofinava il naso contro il suo collo, cercando calore. O quando l'aveva stretto sempre più forte, come se non volesse farlo scappare. Louis sperava davvero che qualcuno come Harry, potesse essere interessato a lui. Aveva paura, però, a confessargli la sua attrazione. Non voleva rovinare tutto come suo solito.
"Ciao Harry, uhm..andiamo" Disse Louis, prendendo Harry per un gomito e tirandolo verso la pasticceria.
"Si può sapere perché non vuoi farti vedere con me?" Questa volta Harry era leggermente infastidito.
"Io..no! Non è come credi... semplicemente...è che..."
"E' che ti vergogni di stare vicino ad un maschio"
"No, dico davvero! Non è così"
"Allora torniamo indietro"
"Non posso..."
"Perché no?"
"Non...non capiresti"
Con un nodo alla gola Louis si mise a correre e raggiunse velocemente casa sua. Sperò che Harry lo seguisse ma non fu così. Il riccio lo lasciò scappare, con le lacrime agli occhi e una voglia matta di fermarlo e dargli un bacio.
 
"S-Stan vieni?" Disse singhiozzando Louis.
"Lou, stai piangendo?"
"Vieni in fretta, per favore"
Il amico si catapultò a casa sua e in meno di dieci minuti stava già stringendo Louis, lasciandolo libero di piangere sulla sua spalla.
"Ehi Lou, è tutto ok. Dimmi che è successo"
"Io h-ho paura ok? Harry mi piace, mi piace un sacco ma come faccio a dirgli che sono gay? Mi odierà a morte, smetterà di avere lezioni da me, comincerà a prendermi in giro e..."
Stan era indeciso. Sapeva che Louis era terrorizzato dal giudizio delle persone, ma non avrebbe mai pensato che sarebbe arrivato a tanto. Rinunciare ad un ragazzo, che a quanto diceva era davvero carino, perché aveva paura di essere giudicato.
Si avvicinò a Louis, gli accarezzò una guancia e piano piano, si sporse verso di lui. Gli posò un bacio sulle labbra che sapeva delle sue lacrime. Louis chiuse gli occhi, sperò di sognare. Lo stava davvero baciando?
Stan si avvicinò ancora di più a Louis, mentre una mano scivolava lungo il suo collo. Chiese di approfondire il bacio e Louis, completamente sconvolto, gli diede il permesso. "Lo sta facendo solo perché ti vede triste, staccati!" E Louis si sarebbe volentieri staccato, se solo non avesse avuto così tanto bisogno di amore, di affetto. Perché Louis era stato fidanzato una sola volta, un certo Nick, di cui si era innamorato. E non era un'esagerazione. Louis era stato completamente pazzo di Nick. Erano stati insieme due mesi, i mesi più belli per Louis, anche se aveva dovuto tenere la loro relazione nascosta a tutti. Poi, ovviamente, Nick si era stancato e l'aveva lasciato. Tutti sapevano dell'orientamento di Nick, ma nessuno di quello di Louis e lui non era affatto intenzionato a farlo sapere. Lui, però, voleva di nuovo un amore vero, più forte che quello con Nick.
Stan si stese senza troppi complimenti sul corpo esile di Louis continuando a baciarlo.
"Non sai da quanto aspettavo questo momento" Sospirò infilando una mano sotto la maglietta del ragazzo dagli occhi blu.
Louis rimase immobile, solo le sue labbra si muovevano, cercando il ritmo di Stan che però sembrava non capire. Eppure Louis, di ritmi, se ne intendeva. Quello di Stan, però, non gli piaceva. Troppo aggressivo, troppo vorace.
"S-Stan" Sussurrò appena. Le mani dell'amico ovunque sul suo corpo. "Stan" Provò ancora, ma quello pareva non sentire.
"Stan staccati" Urlò Louis con voce insicura. Non appena le due labbra si separarono, Louis balzò in piedi.
"Perché?" Chiese. Gli occhi ancora lucidi.
"Louis, tu mi piaci da quando ci conosciamo, porca puttana"
"E dirmelo un po' prima?"
"Non trovavo il coraggio. Io non sono gay"
"Scusa Stan ma-ma io non posso ok? Sei mio amico e basta. S-Scusa. Vattene ora, per favore. Vai via"
Stan cercò di dire qualcosa, ma nessun suono uscì dalla sua bocca che sapeva ancora di Louis. Si alzò e uscì da casa Tomlinson con un nodo al petto.
 
Harry stava salendo le scale del piccolo condominio in cui abitava Louis, quando vide Stan la prima volta. Si guardarono, il primo con una borsa rosa in mano, il secondo con gli occhi arrossati. Harry ci mise un po' prima di capire che l'appartamento dal quale il ragazzo era uscito, era proprio quello di Louis.
Si catapultò dentro, la porta era stata lasciata aperta per sbaglio dall'ultimo ospite.
"Lou, che è suc..." Si bloccò, quando vide il suo maestro di canto rannicchiato sul divano. Le gambe strette al petto, la testa nascosta tra le ginocchia dalla quale provenivano dei singhiozzi irregolari.
Harry si avvicinò a Louis e lo abbracciò. Nonostante questo si trovasse in una posizione strana, Harry lo teneva stretto a sé e finalmente, quando Louis ne riconobbe il profumo, strinse a sua volta il più piccolo. Quell'abbraccio parve durare secoli, ma nello stesso tempo fu troppo breve. Harry riusciva perfettamente a sentire il battito del cuore di Louis che si calmava e prendeva a battere un rimo più regolare. Non lo mollò neanche quando il ragazzo dagli occhi blu gli strinse forte le costole, quasi a fargli male. Anzi, lo abbracciò ancora più forte.
Al contrario di Stan, Harry non chiese nulla di ciò che era successo, si preoccupò soltanto di far star bene Louis. Tirò fuori dalla porta un dolcetto e glielo porse. Louis sorrise genuinamente. Se c'era una cosa che aveva imparato di Harry, era che con le parole non era molto bravo. I suoi gesti, però, valevano molto di più. Prese dalle mani il tortino alla marmellata e gli diede un morso.
"E' tutto ok adesso" Disse Harry, sorridendogli e asciugandogli una lacrima che minacciava di rigare il suo meraviglioso volto.
Rimasero per tutta la sera stretti l'uno all'altro. Nessuno dei due parlò, in casa Tomlinson risuonavano solo le battute di Bart Simpson, ma Louis non si era mai sentito più felice di così. Per quel giorno non ci fu nessuna lezione di canto ma nessuno dei due parve tanto dispiaciuto. Sia per Harry che per Louis, stare nelle braccia dell'altro era più bello di qualsiasi armonia.
 
Il giorno seguente, era un sabato e né Harry né Louis avrebbero lavorato. Quel mattino, quindi, dormirono fino a tardi, ancora abbracciati, sotto una coperta di pile rossa. Fuori, come d'altronde succedeva da più di una settimana, si scatenava un temporale.
Harry, nonostante il giorno di vacanza, si svegliò prima rispetto a Louis e si soffermò un po' a guardarlo dormire. Era così bello. Il suo capo era appoggiato alla sua spalla e i capelli disordinati, gli solleticavano il naso. Le ciglia scure di Louis gli accarezzavano le guance, perennemente rosate mentre un flebile respiro usciva dalla sua bocca semi aperta. Harry avrebbe dato qualsiasi cosa pur di fermare il tempo. Vivere per sempre quell'attimo, con il capo di Louis sulla spalla e il rumore della pioggia che batteva contro i vetri. Strinse il maggiore a sé, strofinando il naso sul suo collo. Louis aveva storto il naso, facendosi ancora più piccolo di quello che era e rannicchiandosi contro il petto di Harry. Quest'ultimo sorrise incantandosi nel guardarlo e assaporando il suo profumo ancora così forte e buono.
"Buongiorno, piccolo" Gli era uscito spontaneo, quando Louis si era svegliato. Solo dopo si accorse di ciò che aveva appena detto, ma non se ne pentì. In fondo, nonostante fosse più grande di lui, era piccolo davvero.
"Ehi" Disse Louis, mentre il suo cuore iniziava a battere forte a quel nomignolo.
"Tutto bene?"
"Sto da Dio" Rise Louis infilando i suoi piedi gelidi tra le gambe calde di Harry.
"Stronzo"
"Louis, devo chiederti una cosa" Disse Harry intenzionato più che mai a sapere la verità da Louis.
"Devo preoccuparmi?"
"No, se mi dici la verità"
"Dai, spara"
"Sei gay?"
La domanda improvvisa di Harry, spiazzò Louis che si trovò rosso in viso. Cosa avrebbe dovuto dirgli? La verità o una bugia? Aveva il terrore di perderlo perché con Harry stava davvero bene. Con Harry era se stesso.Con Harry era felice. Non poteva rovinare tutto adesso, non poteva. Se mai gli avesse detto la verità, Harry se ne sarebbe andato, schifato.
Così, cercando di sembrare il più convincente possibile, scoppiò a ridere, mentre il suo cuore si spezzava un'altra volta per le troppe bugie.
"Ma ti pare? Io? Gay? Oddio Harry, ma da dove ti esce? Che stronzata" E rise ancora, questa volta più forte di prima per non scoppiare a piangere.
Il riccio sorrise, il sorriso più finto che mai, e, con un nodo alla gola, disse:
"Non ne ho la minima idea, scusa"
Improvvisamente entrambi caddero in un silenzio strano, come di quelli che sanno tutto ma qualcosa li blocca dal parlare. Harry li aveva visti, gli occhi di Louis, ed era convinto che stesse mentendo. Qualcosa però gli diceva che non era così. Che davvero fosse etero.
"Ora forse è meglio che io vada, si è fatto tardi"
"Non ti fermi a pranzo?"
"No, ti ringrazio. Oggi no"
Detto ciò, si alzò, prese la sua giacca e uscì da casa Tomlinson con un buco nel petto.
 
La casa di Harry era molto grande. I suoi genitori gliel'avevano regalata quando avevano saputo della sua decisione di trasferirsi. In realtà Harry non era mai stato uno di quelli che alla minima difficoltà, chiede aiuto a mamma e a papà. Lui neanche la voleva quella casa. I suoi, però, avevano insistito nel dargliela, e così lui aveva accettato. Purtroppo però, era davvero troppo grande per una persona sola. Era costantemente fredda e ancora vuota. Ad Harry neanche piaceva molto quella casa. Ci stava il meno possibile, solo il minimo indispensabile. Per questo stava volentieri da Louis. Non solo amava la sua compagnia, ma quell'appartamento era ciò che a lui veniva in mente quando pensava alla parola casa. Harry stava davvero bene quando era con Louis, anche se lo conosceva da pochissimo tempo. Non aveva mai avuto un amico come lui. Ed Harry di amici ne aveva molti. Però con loro non era mai completamente se stesso. Sempre troppo preoccupato di esporsi troppo, di fare qualche gesto sbagliato. Sempre spaventato all'idea che lo fraintendessero. Con Louis invece no. Lo abbracciava spesso, ogni volta che ne sentiva il bisogno. Conosceva il suo battito cardiaco, ed era il suo suono preferito. Da quando conosceva Louis, inoltre, aveva anche imparato a cantare. Cosa poteva volere di più?
Si mise seduto al pianoforte, un altro regalo dei suoi genitori, e iniziò a suonare la sua canzone. Quella che a Louis era piaciuta fin da subito, quella sulla quale avrebbero scritto un testo.
Iniziò a suonare e a cantare, iniziò a piangere e ad urlare.
"Porca puttana!" Urlò arrabbiato. Aveva davvero creduto che Louis potesse essere interessato a lui, che potesse esserci qualcosa tra loro. Poco dopo, gli arrivò un messaggio.
 Lou: Ehi Harry, è tutto ok?
Era Louis. Il giorno prima si erano scambiati i numeri.
Harry: Sìsì, grazie. Come mai me lo chiedi?
Lou: Mi sei sembrato strano, prima..
Harry: E' davvero tutto ok:)
Louis non aveva più risposto ed Harry era contento così. Incredibile come un semplice smile sorridente faccia pensare agli altri che vada tutto a meraviglia. Non aveva voglia di parlare.
 
Passò un mese e arrivò ottobre. Nell'arco di settembre, Louis ed Harry continuarono a vedersi quasi ogni giorno ma qualcosa tra loro si era incrinato dopo quella bugia, inutile a dirsi. Harry era diventato un po' più distaccato e Louis era davvero disperato. Gli piacevano quelle attenzioni che solo Harry gli dava, quelle coccole e quegli abbracci caldi che solo lui poteva dargli. Con Stan non aveva più parlato. Dopo quel bacio non si erano più visti e a Louis andava bene così.
Quello era stato un giorno un po' particolare. Louis si era alzato e, come ogni mattina, era andato a scuola. Alle 5.00 era uscito ed era tornato a casa. Quella sera voleva uscire. Voleva andare in un pub, scolarsi qualche birra e cercare qualche bel ragazzo. Voleva smettere di pensare ad Harry. Il ragazzo riccio, infatti, era al centro dei pensieri di Louis ad ogni ora del giorno e della notte. Qualche volta lo sognava anche. Sognava di baciare le sue labbra, di accarezzargli i capelli di sprofondare nelle sue braccia. Louis non si dava pace. Si sentiva un adolescente alle prime armi con una cotta. Quel giorno però, si sarebbe dimenticato di Harry, a qualunque costo.
Una volta a casa si era fatto una lunga doccia calda. Era uscito, si era vestito con gli abiti più alla moda che avesse. Quando si guardò allo specchio, non si vide poi così diverso dal solito, ma si sentiva contento lo stesso. Indossava un paio di jeans azzurri con un piccolo risvoltino sulle caviglie che lasciava intravedere il triangolo nero che aveva tatuato sopra, una canotta bianca e una camicia blu a maniche corte che decise di lasciare aperta. Si lavò i denti più e più volte e si riempì di profumo. Indossò le sue vans azzurre e prese sotto braccio la giacca di jeans. Per quella sera, Louis si sentì bello, forse per la prima volta in vita sua. Uscì di casa saltellando e fischiettando allegramente.
Quando raggiunse Drover's Street, la musica era ormai alta e le sue gambe fremevano dalla voglia di entrare. Aveva bisogno di ubriacarsi, di divertirsi, di fare nuove amicizie.
Entrò e si inebriò dell'odore di fumo e di alcol. Gli era mancato così tanto. Si catapultò al bancone e ordinò qualcosa di forte per iniziare bene la serata.
"Un Jack Daniel's per favore"
Il barista gli porse un bicchierino di liquido arancione e Louis lo trangugiò assaporandone il gusto. "Mmh. Ancora"
Se ne fece versare un altro e un altro ancora.
"Cazzo, sì" Urlò di euforia, cercando invano di sovrastare il suono della musica. Si alzò ed entrò in pista dove ragazzi di ogni età si stavano scatenando in danze con movimenti decisamente poco casti. Louis, che aveva la mente già un po' annebbiata, si mise a ballare con qualche ragazzo che, a prima vista, gli era parso carino. Tornò poi al bancone ordinando, questa volta, della vodka liscia. Tre bicchieri, per la precisione. Dopo il terzo bicchiere, Louis iniziò a barcollare un po', ma la mente era ancora lucida. Sapeva tenere abbastanza l'alcol.
Con passi non più molto stabili, raggiunse il centro della pista dove iniziò a ballare su una musica che non gli piaceva per niente. Quella sera però, si doveva divertire e nulla glielo avrebbe impedito. Poi, ad un certo punto, i suoi occhi misero a fuoco una figura che aveva un non so ché di familiare e che si sbracciava dalla sua parte. Quando questa si accorse di essere stata vista, sorrise e intimò a Louis di avvicinarsi. Quest'ultimo avanzò appena, accorgendosi solo ora di quanto già fosse ubriaco. Quasi non si riusciva più a camminare e la testa gli girava come se fosse su una giostra. La figura sembrava allontanarsi e avvicinarsi come una molla. "Che cazzo, sta' ferma!" Borbottò Louis, riuscendo finalmente ad appoggiarsi ad un muro.
"Lou!" Disse una voce, quella voce. "Non mi sembravi un tipo da discoteca"
"Ciao Harry" Biascicò il maggiore mentre davanti a lui vedeva tre Harry.
"Beviamo qualcosa?" A quella parola lo stomaco di Louis si ritrasse e questo si portò una mano alla bocca come gesto spontaneo.
"Ok, forse è meglio di no" Rise Harry. "Posso offrirti questo ballo?"
Nonostante l'atmosfera poco romantica, per Harry, Louis ubriaco era lo spettacolo più bello del mondo e invitarlo a ballare, un sogno che diventava realtà. Gli prese la mano e il più grande, forse per l'effetto dell'alcol, gliela strinse, e iniziarono a ballare sorridendo come solo due innamorati posso fare. La testa di Louis scoppiava ma per niente al mondo avrebbe rinunciato a ballare con Harry.
"Si può sapere quanto hai bevuto?"
"Parecchio"
"Non stai più in piedi. Andiamo, ti porto da me"
"Ma guarda che sto bene"
"Louis, quante sono queste?" Harry mostrò due dita a Louis.
"Uhm...quattro"
"..."
"Non vale!"
Il più piccolo, come una mamma preoccupata per il figlio, cinse i fianchi a Louis e lo accompagnò alla macchina. Decise che l'avrebbe portato a casa sua perché non ci era mai stato e non voleva sembrare maleducato, approfittando sempre della disponibilità di Louis e fermandosi da lui quasi ogni notte. Harry, nonostante si fosse ripromesso di non pensare e non flirtare con Louis, non riusciva a fare a meno di stargli accanto, di sperare che ci fosse un interesse reciproco. "Non può non essere gay" Si diceva praticamente ogni volta che lo vedeva, per auto convincersi che in realtà Louis stesse solo nascondendo la sua omosessualità, per un motivo ancora oscuro al riccio. Quella sera, Harry, aveva una voglia matta di baciarlo, di sentire se le labbra di Louis erano effettivamente come si immaginava prima di addormentarsi. Avrebbe approfittato della sua precaria lucidità da ubriaco oppure avrebbe aspettato il momento in cui entrambi lo desideravano? Questa la domanda che tormentò Harry durante tutto il viaggio verso casa. Louis, intanto, ronfava sul suo sedile, mentre l'aria fresca della notte gli scompigliava i capelli. Era così bello...
Arrivati all'abitazione di Harry, quest'ultimo svegliò l'amico il più delicatamente possibile, invitandolo ad entrare, il braccio del riccio sempre ben piantato sui fianchi magri dell'altro.
"Vuoi una tisana?" Chiese il padrone di casa al suo ospite.
Louis non rispose, si avvicinò pericolosamente ad Harry, schiacciandolo contro la cucina.
"L-Louis, che s-stai facendo?" Il ragazzo dagli occhi blu, incorniciò il volto dell'amico con le mani, senza smettere di guardarlo negli occhi, in quelle sue due splendide gemme verdi.
"E tu, invece? Tu sei gay?" Riprese la conversazione di circa un mese fa, che nessuno dei due aveva più osato ricordare, come se in realtà non fosse passato tutto quel tempo.
"Perché me lo chiedi?"
"Curiosità"
Harry non sapeva cosa rispondere. Sarebbe stato debole come lo era stato Louis, nascondendogli la verità, o avrebbe parlato, senza vergognarsi della sua natura?
"Sì, sono gay"
Gli occhi di Louis si accesero di malizia, l'alcol che scivolava nel suo corpo e l'adrenalina a riempirgli le vene. Si fiondò sulle labbra del riccio assaporandone il gusto. Harry spalancò gli occhi, non si sarebbe aspettato una conclusione di giornata simile. Non appena si accorse di non star sognando, aprì leggermente l'arco dentale permettendo a Louis di appropriarsi completamente della sua bocca. Il suo stomaco si contorceva e faceva le capriole dalla felicità mentre nella sua testa rimbombavano due sole parole: "Sì, cazzo!"
Louis sapeva di vodka, sapeva di alcol. Sapeva di quello che divenne automaticamente il suo gusto preferito.
Harry, invece, sapeva di fragola, sapeva di cocco.
Quando il più grande si staccò, Harry realizzò che le labbra di Louis erano molto meglio di quanto si fosse mai immaginato.
"Buonanotte, Harreh" Lo salutò il ragazzo dagli occhi blu, voltandosi e andando in camera da letto, come se non fosse successo nulla. Harry non staccò nemmeno per un momento gli occhi dal suo fondoschiena. "Quello non è un culo, è un mappamondo" Rise, seguendolo.
 
Il mattino seguente, si svegliarono quasi contemporaneamente. In realtà, il primo ad aprire gli occhi, fu Louis che si ritrovò in una camera sconosciuta e stretto da un braccio che non sapeva a chi appartenesse, mentre un leggero respiro riscaldava il suo collo. Si voltò piano, per non svegliare il suo coinquilino notturno e, quando vide accanto a sé Harry a torso nudo con solo un paio di boxer addosso, il suo respiro di bloccò in gola. In meno di un secondo ricordò tutto ciò che era successo la sera precedente, o perlomeno le cose principali. Ricordò la rivelazione di Harry, i suoi occhi, il bacio, il sapore di cocco. Mentre le farfalle iniziavano a svolazzare nel suo stomaco, il riccio aprì gli occhi.
"Ehi"
"Ciao" Louis era tornato quello insicuro e dolce di sempre, che arrossiva ogni due per tre. La sera precedente Harry aveva pensato di averlo perso, anche se quel Louis schietto ed aggressivo non gli dispiaceva per niente.
Il più piccolo avvicinò il volto a quello di Louis, facendo sfiorare i loro nasi.
"E' la prima volta che dormiamo nello stesso letto"
"Uhm...già"
Harry si morse un labbro, cercando di essere il più sensuale possibile. E ci riuscì in pieno, in quanto gli occhi di Louis ritornarono ad avere quella brillantezza della sera precedente. Il riccio, approfittando di quel momento, si avvicinò ancora un po', fino a far combaciare le loro labbra. Louis, intanto, era immobile, desideroso soltanto di assaporarle di nuovo, ma troppo timido per fare il primo passo. Quando ormai sperava che Harry l'avrebbe baciato, quello parlò sulle sue labbra.
"Te lo chiedo ancora una volta. Sei gay?"
Louis pensò per un po' a quello che avrebbe voluto dire, ma la sua bocca parlò senza avere il consenso del cervello e lui si ritrovò a dire un: "Sì cazzo, sì e mi piaci da morire!" Forse la sbronza della sera prima non era completamente passata, ma almeno Louis poté di nuovo gustare le meravigliose labbra a cuore del più piccolo e avere la certezza che non sarebbe stata l'ultima volta.
Harry incrociò le gambe con quelle di Louis, permettendo ai suoi piedi di riscaldarsi, mentre le loro labbra scivolavano le une sulle altre. Per quel giorno, Louis, si diede il permesso di fare un po' di ritardo a scuola.
Il ragazzo dagli occhi blu strinse la sua mano tra i ricci, gemendo di piacere non appena quello gli morse il labbro inferiore. Si alzò appena, senza smettere di baciarlo, mentre si sistemava sul suo bacino con le gambe ai lati dei fianchi. Anche Harry si sollevò, portando le sue mani attorno al fondoschiena di Louis e iniziando a palparlo senza troppi complimenti. Le mani del più grande si muovevano con insicurezza lungo il torso nudo di Harry, rimarcando con le dita la forma dei suoi addominali. Aveva così tanti tatuaggi che la pelle si vedeva con difficoltà. Sul petto c'era una farfalla enorme. Avrebbe davvero voluto chiedergli che significato avesse per lui, non in quel momento però: aveva decisamente di meglio da fare. Louis raggiunse il suo collo senza smettere di baciarlo. Morse appena la sua pelle che divenne immediatamente più rossa. Una scarica di brividi percorse la schiena di Harry che tirò indietro il capo e mugugnò qualcosa di incomprensibile. Louis, incoraggiato da quella vista, strinse un po' di più la presa, lasciando un'evidente succhiotto sulla pelle sensibile del giovane.
"Si vedrà un sacco"
"Meglio, no?"
Harry rise.
"Sei così bello, maestro"
Louis arrossì, sembrava cambiare identità da un momento all'altro. Harry, davanti a lui, pareva un dio greco tanto era bello. Gli occhi arrossati, le labbra gonfie per i troppi baci, i capelli in uno strano groviglio, il fisico così scolpito ed elegante. Il più grande ebbe paura di svegliarsi da un momento all'altro e accorgersi che era tutto un sogno. Sperò con tutto se stesso che non fosse così, non sarebbe riuscito a guardare ancora Harry senza desiderare di baciarlo.
Poi, con la stessa velocità con cui gli aveva dato il primo bacio, si accorse dell'enorme errore che stava facendo. Spalancò gli occhi spostandosi dal corpo di Harry.
"Cazzo, cazzo no!" Urlò spaventato.
Il più piccolo, che non aveva la minima idea di cosa stesse succedendo, cercò ancora un contatto con il ragazzo dagli occhi blu, che però parve fulminarlo con lo sguardo.
"Che succede, Lou?"
"Tu a-adesso mi odierai - si alzò cominciando a prendere le sue cose e ad indossarle il più velocemente possibile - perché io sono un frocio di merda e-e non verrai più da me. E lo dirai a t-tutti, e mi p-picchierai e mi licenzieranno e-e..."
"Hai finito?"
"Cosa?"
Harry si alzò, andando vicino a Louis e prendendolo per mano, facendolo nuovamente sedere sul letto sfatto.
"Che stai dicendo? Io sono esattamente come te, perché dovrei fare una cosa simile?"
"S-significa che anche tu s-sei..."
"Secondo te mi sarei lasciato baciare se non mi fosse piaciuto? Avrei insistito a portarti qui? Ti abbraccerei ogni singolo istante?"
"Io non so..."
"Di cos'hai paura?"
Il cuore di Louis perse un battito. Non tanto per essere finalmente sicuro dell'omosessualità del ragazzo che gli piaceva, perché ciò che gli aveva detto il giorno prima non era sicuro fosse la verità o fosse solo uno scherzo della sbronza da poco passata, quanto più per l'ultima domanda, quell'ultima semplice domanda.
Di cosa aveva paura, Louis William Tomlinson? Prima di tutto aveva paura dei ragni, quegli animaletti pelosi che si nascondevano ovunque. Poi aveva paura delle montagne russe, la sensazione di stare a testa in giù con il vuoto sotto gli dava alla testa. Ma se c'era una cosa di cui aveva davvero, davvero paura, era il giudizio delle persone. Forse perché abituato fin da piccolo ai media, a causa della celebrità di suo nonno, aveva sempre subito, anche se non in prima persona, commenti verso la sua famiglia. I suoi genitori, anch'essi paranoici, volevano la perfezione per loro figlio. Doveva essere magro, alto, muscoloso, bello e intelligente. L'unica qualità che però Louis aveva, erano i suoi occhi color ghiaccio, per il resto era un comunissimo ragazzo di quell'età. Quando si era accorto di provare interesse per il suo stesso sesso, lo sconforto e la paura presero il sopravvento su di lui per molti mesi. Ovunque andava sentiva gli occhi delle persone addosso, come se tutti sapessero di quel suo segreto, che in realtà lui solo custodiva. Aveva timore ad andare a divertirsi con i suoi amici perché molte ragazze della sua età erano interessate e lui. Cosa avrebbe detto loro, caso mai si fossero dichiarate? "Scusate, sono gay" Per Louis era una frase troppo difficile. Aveva paura di essere preso di mira, di essere picchiato magari. La vita di Louis, quindi, non era poi così semplice.
Un imbarazzante silenzio scese nella camera del padrone di casa, alle 10.30 di un normalissimo venerdì di ottobre.
Harry pizzicò il mento di Louis tra le dita, portando gli occhi di uno agli occhi dell'altro.
Verde e blu. Terra e cielo. Uno dirimpetto all'altro, sempre. Destinati a incrociarsi perché senza l'uno non esisterebbe l'altro. Stretti in un legame che non può sciogliersi.
"Lou, io sono qui, con te, per te"
"Ho paura delle persone, Harry. Paura delle loro parole, delle loro lingue avvelenate. Paura dei loro gesti e della loro capacità di ferire. Ho paura perché mi vergogno di essere chi sono. Avrei voluto essere un ragazzo normale che può crearsi una famiglia, avere dei figli. Invece no. Mi sento anormale, capisci?"
Harry non capiva, però. Non aveva mai pensato a questo genere di cose, lui semplicemente viveva la sua vita, consapevole di provare interesse per i ragazzi e non se ne faceva un dramma. Lui era così e non poteva essere nient'altro. Le parole di Louis, quindi, gli fecero battere forte il cuore. Quel ragazzo si sentiva sbagliato solo perché le ragazze non gli piacevano.
"Ehi, ehi no. Non devi dire così. Tu devi essere orgoglioso del ragazzo che sei! Sei simpatico, altruista, sensibile, intelligente. Ci sono un sacco di ragazzi gay oggi, ed è sempre difficile dichiararsi, ma se lo fanno, lo fanno perché si vogliono bene, perché sanno che continuando a nascondersi, si fanno del male da soli. Anche tu, Lou, devi avere il coraggio di uscire allo scoperto, di far conoscere a tutti il vero Louis. Le persone che ti vogliono davvero bene resteranno, gli altri se ne andranno ma ti assicuro che è meglio così. Non puoi vergognarti di essere te stesso" Si mise una mano tra i capelli, indeciso su cosa dire. Non era mai stato bravo con le parole. "Guarda - disse mostrando a Louis il suo polso tatuato - qui c'è scritto I CAN'T CHANGE, lo vedi? Io non posso cambiare. E' quel che è, che ci posso fare?" Sorrise, vedendo finalmente sul volto del più grande, un'espressione sollevata.
"E io sarò con te quando deciderai di smettere di nasconderti, è una promessa"
Accarezzò dolcemente la guancia di Louis, posandogli poi un delicatissimo e dolcissimo bacio sulle labbra.
"Grazie, Harry" Rispose il più grande con la gratitudine che gli scoppiò nel cuore. Quella, forse banale, parola fu l'unica che in quel momento gli venne in mente per ringraziare il ricciolino.
Quel giorno, a scuola, Louis si distrasse parecchie volte. Come non capirlo, d'altronde: aveva appena confessato la sua attrazione al ragazzo di cui, forse e molto probabilmente, si era innamorato, aveva dormito con lui, l'aveva baciato e poche ore li separavano dal vedersi di nuovo. I suoi alunni notarono la disattenzione del loro professore e ne approfittarono per fare baccano.
"Si può sapere perché oggi siete così rumorosi?"
“Professore, si può sapere perché è passata mezz'ora e non abbiamo neanche ancora preso gli strumenti?" Disse Luke, il più simpatico della classe.
Louis, che si accorse solo ora che non aveva fatto nient'altro oltre a compilare il registro, si mise a ridere chiedendo scusa ai suoi alunni.
"Oggi sono un po' distratto, scusatemi" Poi ci pensò un po' su. Quel giorno neanche la musica l'avrebbe calmato. Ebbe un'idea.
"Ragazzi, secondo voi, cos'è l'amore?" Chiese, mordicchiando la punta della sua penna preferita. Si sentiva un po' un insegnante di filosofia, però la sua domanda, in un modo o nell'altro c'entrava con la musica. In fondo, cos'è la musica, se non amore? Amore per le note, per il proprio strumento, amore per voci diverse che si uniscono formando un'unica dolce melodia.
Charlotte alzò la mano. "Secondo me amore sono gli animali. Ad esempio i cani, no?" La classe scoppiò a ridere e la bambina divenne tutta rossa. Louis la guardò con dolcezza, incitandola a proseguire. "Beh io ho un cane, si chiama Marley e tutte le volte che mi vede mi corre incontro. Sembra voglia abbracciarmi"
"Magari è perché ti vede come mezzo-che-fornisce-cibo" La prese in giro Jeremy.
"Sentiamo, e per te invece cos'è?" Quello si ammutolì subito. Parve pensarci un po' su, poi disse "Non so"
"Quando pensi alla parola amore, che immagine ti viene in mente?"
"La mia play station nuova" Tutti risero ancora.
"Beh sì, un amore un po' improbabile ma pur sempre amore"
"E lei, professore? Cosa le fa pensare la parola amore?" Chiese la piccola Rose, incuriosita.
Louis sorrise e automaticamente nella sua testa apparve l'immagine di un Harry sorridente. Il suo cuore prese a battere più velocemente.
"Io penso all'esserci. La parola amore, secondo me, potrebbe essere un sinonimo di 'esserci'. Non siete d'accordo? Quando volete bene a qualcuno, ci siete per questo qualcuno, no? Ad esempio, Elizabeth, la tua migliore amica è Charlotte, vero?" Quella annuì. "Quando lei sta male tu le stai vicino, giusto?" Annuì di nuovo. "Ecco, questo secondo me è amore. Se tu non volessi bene a Charlotte, non l'aiuteresti, la lasceresti sola quando ha bisogno. E' per questo motivo che non trovo strana la risposta di Jeremy. Evidentemente quando è triste, gioca alla play. Anche se credo che la playstation non sia il suo unico amore" Tutti iniziarono a sghignazzare divertiti guardando prima lui poi Megan, nell'ultima fila. "Per la prossima settimana, vorrei che ognuno di voi mi scrivesse alcune righe su ciò che considera amore. Poi li raccoglierò e insieme, basandoci su ciò che avete scritto, comporremo un testo. Io mi occuperò della base che farò suonare a voi allo spettacolo di Natale. Ci state?" La classe scoppiò in urla e acclamazioni. Louis era in assoluto il loro professore preferito.
Anche Harry non fu brillante come suo solito, al lavoro. Più volte confuse il sale con lo zucchero, ma niente quel giorno avrebbe potuto renderlo triste. Decise che quella sera avrebbe di nuovo portato Louis a casa sua; si immaginava già tra le sue braccia, sommerso dai suoi baci, magari sotto una coperta e con un the caldo in mano. Quando pensava a Louis non faceva altro che sorridere, il suo cuore iniziava a battere forte e le sue mani a tremare. Gli faceva uno strano effetto, questo Tomlinson, ma Harry non si era mai sentito meglio di così. Contò con insistenza ogni minuto che passava desiderando soltanto di baciare ancora quelle labbra morbide e sottili.
Finalmente scoccarono le cinque del pomeriggio ed Harry si catapultò fuori dal negozio. Anche Louis sarebbe uscito alle 5.00 e quindi decise di aspettarlo fuori dalla scuola. L'ultima volta che l'aveva fatto, il suo piano non era andata buon fine e Louis era scappato senza di lui. Quel giorno però non sarebbe stato così. Harry si nascose dietro un muretto e aspettò il ragazzo dagli occhi blu con il cuore che batteva. Quando lo vide arrivare, con alcuni libri stretti al petto, i jeans aderenti a fasciargli le gambe e una felpa grossa il doppio di lui, Harry non resistette e uscì dal suo nascondiglio pizzicandogli i fianchi.
“Ma che...”
“Ehi”
“Oh, sei tu. Mi so...” Harry lo zittì con un bacio, facendolo appoggiare allo sportello della macchina. Louis incrociò le mani attorno al suo collo, alzandosi appena sulle punte dei piedi per poter approfondire il bacio. Il più piccolo, anche se più alto, lo teneva stretto a sé, accarezzandogli la schiena.
"Mi sei mancato, Loulou" Sussurrò appena sulle labbra dell'altro.
"Anche tu"
Louis era ormai completamente rosso in viso, mentre una voglia incontenibile di Harry si faceva sentire lungo la sua schiena, dove il riccio stava facendo scorrere le sue mani, provocandogli brividi a non finire.
"Andiamo a casa, ti prego" Mugugnò eccitato. Harry, con gli occhi che brillavano di malizia, lo accontentò subito, salendo in macchina e sfrecciando lungo la stradina colma di bambini.
Quando arrivarono all'abitazione di Harry, in meno di un secondo erano già dentro mentre, labbra contro labbra, si avviavano verso la camera da letto. Avevano entrambi una voglia che andava oltre al pensabile dell'altro. Louis si gettò sul letto ed Harry lo seguì, posizionandosi tra le sue gambe senza smettere di baciarlo. Gli sfilò contemporaneamente la felpa e la maglia facendolo rimanere a petto nudo. Si fece uscire un'imprecazione a causa della bellezza smisurata del ragazzo. In realtà Louis non era troppo muscoloso, ma il suo corpo semi nudo era per Harry più bello di qualsiasi altra cosa. Scese immediatamente lungo il collo del più grande, lasciando una scia di baci e di morsi. Con quei segni rossi sul corpo, Harry era più sicuro. Louis sarebbe stato suo e di nessun'altro. Quando il ragazzo dagli occhi blu si risvegliò dallo stato di trance in cui era caduto non appena aveva sentito le mani di Harry addosso, tolse la maglia al più piccolo, mentre quello già trafficava con la cintura dei suoi pantaloni. Una volta che anche lui fu a petto nudo, scivolò lungo il corpo minuto di Louis, togliendogli i jeans e notando con piacere una grossa curva sotto i suoi boxer blu. Fece un sorriso malizioso, levandogli anche quell'ultimo capo troppo ingombrante. Il corpo nudo di Louis era qualcosa che Harry non si sarebbe mai neanche immaginato. Era bellissimo. Ogni muscolo era posizionato nel punto giusto, non era né troppo magro, né troppo grasso.
"Perché mi guardi?" Chiese Louis leggermente intimorito dallo sguardo del più piccolo.
"E' che sei così piccolo e bello"
Dopo quel breve dialogo, Harry tornò ad interessarsi completamente di Louis, dando sfogo alla sua eccitazione. Il ragazzo dagli occhi blu era ormai completamente invaso dal piacere. Le sue mani stringevano forte i ricci del più piccolo, aiutandolo con leggeri movimenti del bacino. Quando Harry affondò un'ultima volta, di sorpresa, Louis non riuscì ad avvisarlo e venne nella sua bocca. Harry, però, non parve molto dispiaciuto.
"S-scusa, d-dovevo avvisarti" Disse mortificato il più grande.
"E' stato un piacere" Scoppiò a ridere Harry dandogli un bacio poco casto che sapeva ancora di lui.
"Sei un Dio" Furono le uniche parole che vennero in mente a Louis per fargli capire quanto fosse bravo.
"Ora tocca a me" Biascicò, con l'eccitazione che ancora scorreva nelle sue vene.
Quando anche Harry venne, gli mancò il respiro per dire qualsiasi cosa che non fosse un "Cazzo", perché davvero, erano stati i minuti più belli di tutta la sua vita. Louis scivolò sul petto ancora sporco di Harry, lasciando le loro intimità toccarsi.
"Girati, ti prego" Sussurrò Louis, al limite delle forze, dandosi piacere da solo per essere pronto. Voleva avere Harry in tutti i modi possibili. Quello l'accontentò voltandosi e allargando le sue natiche per dar spazio a Louis che entrò in lui poco dopo e senza troppe difficoltà. Nonostante Harry fosse un po' piccolo, il più grande riuscì a muoversi piuttosto bene e, mentre baciava la sua schiena muscolosa, si aiutava con la testiera del letto per entrare completamente in lui.
Erano ora una cosa sola e così, insieme, non si erano mai sentiti più completi. Improvvisamente sia Louis che Harry si sentirono pieni, avevano tutto ciò di cui avevano bisogno. Anzi, a dire il vero non c'era neanche più un Harry o un Louis. C'erano loro, insieme e mentre il più grande usciva da lui sporcandogli la schiena per la seconda volta, si promisero in silenzio che il loro sarebbe stato un per sempre.
Rimasero tutta la sera abbracciati, nel letto grande di Harry, a coccolarsi, a chiacchierare, e scambiarsi dolci baci. Louis, con il volto completamente sommerso tra le braccia del più grande, gli baciava il petto inebriandosi dei loro profumi che si erano mischiati.
In quel momento si accorse di essere innamorato di Harry. Non tanto perché l'avevano fatto, quando il loro primo bacio era stato soltanto il giorno prima, quanto più perché era con lui, non pensava a nient'altro. In un momento svanivano tutti i problemi, le paure, le paranoie. C'erano soltanto Louis ed Harry, Harry e Louis. Si maledisse mentalmente il giorno in cui gli aveva riso in faccia alla domanda se fosse gay. Quel pomeriggio era stato il giorno più bello per Louis. Il loro non era stato banale sesso, Louis lo sapeva. Quello era stato amore, non poteva definirlo in altri modi; fatto di carezze, baci, coccole. Si preoccupavano l'uno dell'altro. Avevano bisogno di sapere che entrambi stessero bene, che entrambi fossero felici, insieme.
"Perché hai così tanti tatuaggi?"
"Mi piacciono. Hanno tutti un significato importante per me"
"Perché la farfalla?"
"Avrei dovuto farla più piccola, me ne sono accorto quando oramai ce l'avevo. Per me significa libertà"
"Avevi bisogno di una farfalla indelebile per ricordarti di essere libero?"
Harry rise. "No, semplicemente la farfalla mi ispira libertà"
"Sei pazzo"
"Perché?"
"Non mi sarei mai tatuato una farfalla, io"
"Tu hai solo un triangolo, vero?"
"Come hai fatto a vederlo?"
"Ti devo ricordare che ora sei nudo?"
"Giusto. Comunque sì, non mi piacciono molto i tatuaggi"
Continuarono a chiacchierare, stretti uno nelle braccia dell'altro, mentre fuori il dolce battito delle gocce sui vetri, funzionava da romantico sottofondo.
Quando decisero di alzarsi, fu solo perché il loro stomaco stava iniziando a protestare dalla fame.
Harry si mise ai fornelli, preparando due semplici uova all'occhio di bue e due wurstel. Mangiarono insieme, accompagnati da Big Bang Theory.
"Lou, io tra poco devo andare al lavoro. Oggi mi tocca il turno di notte"
"Puoi riaccompagnarmi a casa?"
"Fermati qui! Torno domani alle nove"
"Ma non credo che..."
"Per favore - lo guardò con gli occhi che sprizzavano dolcezza da tutti i pori - non voglio tornare a casa e stare solo"
"Uhm...ok"
"Grazie"
Gli stampò un bacio sulle labbra, per poi circondarlo con le braccia.
"Non credevo che sarebbe andata a finire così, sai?"
"Così come?"
"Io e te, insieme"
A Louis mancò il respiro. Stavano insieme? Si conoscevano da più di un mese oramai, erano sempre insieme e l'avevano già fatto. 'Ok - si disse - forse stiamo davvero insieme'
Poi però, penso alla storia con Nick. Louis era stato davvero bene con lui e credeva che il ragazzo ricambiasse, poi era successo: Louis voleva nascondere la sua omosessualità, Nick voleva essere libero di tenergli la mano in pubblico, e così si erano lasciati.
Harry notò che lo sguardo del ragazzo dagli occhi blu si fece più cupo, quasi triste. Gli sollevò appena il mento, incastrando i loro sguardi. Piccole perle trasparenti minacciavano di scivolare lungo le gote del più grande.
"Ehi, che succede?"
Louis non riuscì a parlare. Aveva soltanto paura di perdere anche Harry. In fondo era già successa, la stessa identica cosa. Lui, innamorato perso, già s'immaginava a camminare vestito di tutto punto, per raggiungere quello che sarebbe stato suo marito davanti all'altare, quello, però, si stancava di essere nascosto e puf, tutti i sogni e i desideri di Louis finivano in un cassetto la cui chiave era andata persa. Come poteva riuscire a non aver paura del mondo esterno? Quanti articoli di giornale aveva letto, in cui si parlava di giovani ragazzi gay che si uccidevano perché continuamente insultati? Louis non voleva fare quella fine. Preferiva considerarle stronzate, mentre il suo cuore si frantumava per le troppe bugie.
"Basta avere paura, Loulou. Ci sono io qui con te" Harry strinse Louis a sé, mentre quest'ultimo scoppiava finalmente in un pianto liberatorio. 'Credo davvero di esserne innamorato' pensò, mentre il più piccolo gli asciugava le lacrime riempiendolo di baci.

"Harry, che succede?" Chiese Lilly, vedendo il suo collega arrivare fischiettando e con uno strano sorriso sulle labbra.
"Nulla" Harry si infilò il grembiule senza smettere di sorridere. Il suo cuore batteva all'impazzata. Aveva fatto l'amore con Louis. Ci era riuscito. Finalmente quel nanetto tutto ossa era suo. Non si era mai sentito più felice, più eccitato di così. Sentiva il profumo di Louis ovunque: nelle torte al cioccolato che sfornava, nei cupcakes che decorava.
"Sei sicuro? Di solito quando hai il turno di notte sei...insopportabile"
"Sono solo felice"
"Cos'è successo?"
"Uhm...diciamo che credo di essermi fidanzato, niente di ufficiale ancora"
"Con quel Loris, Louis?"
"Louis, esatto"
Lilly si sporse verso Harry e lo strinse in un abbraccio.
"Sono così felice per te!"
In realtà, alla ragazza dai capelli viola, Harry era piaciuto fin da quando aveva messo piede nella pasticceria il primo giorno. Mai avrebbe detto che fosse gay, ma quando quello gliel'aveva confidato, lei si era sentita comunque felice. Adorava Harry, era sempre così dolce e gentile. Non gli interessavano molto i suoi gusti, per lei sarebbe rimasto comunque un bel ragazzo.
"Pensi di chiederglielo presto?"
"Vorrei. Credo di esserne davvero innamorato. Quando sono con lui, ogni problema passa in secondo piano. Cioè, non so se capisci. E' come se ci fossimo solo lui e io, no?" Era la prima volta che parlava con qualcuno di ciò che provava e se di solito non era molto bravo con le parole, in queste situazione era ancora più timido e impacciato.
"Capisco" Rise Lilly. "Prometti che me lo farai conoscere"
"Giuro!"
Sorrise, sporcandole il naso di farina. Ed Harry pensò che se non fosse stato gay, Lilly sarebbe stata la sua ragazza ideale.
Erano le nove quando uscì dal piccolo negozio per tornare a casa. Quel giorno aveva lavorato di giorno e poi di notte, non ne poteva più. Voleva solo stendersi nel suo letto e dormire fino alle otto di sera. Poi pensò che quando sarebbe tornato a casa, avrebbe trovato Louis, nel suo letto. La dolcezza di quell'immagine gli fece venire i brividi.
Guidò veloce lungo la stradina raggiungendo finalmente la sua abitazione. Prese dal sedile posteriore la scatola rosa contenente i cupcakes e aprì la serratura, facendo il più piano possibile per non svegliarlo. Come previsto, Louis dormiva ancora. Si spogliò in salotto e camminò in punta di piedi aprendo la porta semi chiusa.
Rimase come incantato sulla soglia della porta nel guardare il ragazzo tutto accoccolato a se stesso mentre stringeva il cuscino di Harry. Un respiro flebile e rilassato usciva dalla sua bocca e il suo petto si alzava e si abbassava regolarmente. Il più piccolo, a quella vista, quasi si commosse. Il suo cuore s'intenerì come mai prima d'ora. Quando si sdraiò al suo fianco, quello neanche si mosse.
"Il mio bell'addormentato" Sussurrò Harry, posando un leggero bacio sul naso all'insù di Louis.
 
Era ormai tardi, quando Louis si svegliò. In realtà avrebbe voluto dormire ancora un po', ma quando aveva letto sullo schermo del cellulare  '1.27' si era stupito di se stesso e aveva deciso di alzarsi. Non aveva mai dormito così tanto in vita sua. Quella mattina, o meglio, primo pomeriggio, aveva una strana voglia di cucinare. Andò in bagno e si fece una doccia veloce, si lavò la faccia e i denti e raggiunse la cucina con indosso una felpa che aveva preso in prestito ad Harry e dei pantaloncini da calcio.
Aprì il frigo e vi trovò di tutto. Il riccio adorava cucinare e dalla varietà di cibi che conteneva il frigorifero, non ci sarebbero potuti essere dubbi. Trovò del pollo e, ricordandosi la prima volta in cui l'aveva cucinato con Harry, lo mise in padella assieme ad un filo d'olio e un rametto di rosmarino. Prima, però, avvolse il pollo con del prosciutto cotto, tanto per far sembrare quel piatto un po' più particolare e impegnativo. In un sacco sul balcone, trovò poi delle patate. Iniziò a sbucciarle, ferendosi distrattamente il dito con il coltello. Nonostante il piccolo inconveniente, non si perse d'animo e dopo aver messo un cerotto, continuò con la sua operazione. Successivamente le sciacquò e le tagliò a pezzetti. Prese una padella, la riempì d'olio e vi versò le patate a pugnetti. Intanto il pollo si stava cuocendo per bene. Apparecchiò la tavola per due e andò a chiamare Harry. Era stato indeciso fino all'ultimo se chiamarlo o meno, in fondo erano già le 2.15 passate e lui aveva lavorato tutta la notte, ma volle avere un parere sulla sua prima esperienza culinaria.
Entrò, così, nella camera che l'aveva ospitato la sera precedente e si avvicinò ad Harry gattonando sul materasso troppo duro. Gli posò un bacio sulla guancia, poi gli solleticò il naso con i capelli.
"Ehiii" Sussurrò al suo orecchio per svegliarlo. Quello protestò qualcosa per poi nascondere la testa sotto il cuscino.
"Avanti, Harry! Ho cucinato per te" Harry sentì il suo cuore iniziare a battere più velocemente. L'aveva davvero fatto? Non aveva detto che detestava cucinare?
"Vado a mangiare quello che ho preparato, allora. Tu fai cosa vuoi"
Louis si alzò sbuffando e tornò in cucina, versando nel suo piatto il pollo e alcune patatine fritte.
Harry, intanto, si era alzato e, nonostante non avesse appetito e fosse ancora stanco, raggiunse il nanetto, come lo chiamava lui.
"Credevo stessi scherzando" Appena sveglio, la voce di Harry era più roca e più sensuale del solito. A Louis tremarono le mani.
"Alla fine ti sei alzato"
"Avevo paura che mi avessi bruciato la cucina"
Louis spalancò la bocca e corrugò la fronte.
"Sei proprio uno stronzo, Styles"
Harry scoppiò a ridere per poi sedersi e iniziare a mangiare.
"Di' la verità, te lo sei fatto fare dalla vicina"
"Ma la smetti? L'ho fatto io"
"Oddio Lou, ma è buonissimo. Come hai fatto? C'è della cipolla, vero?"
Louis scosse la testa. "Vai a chiederlo alla vicina" Sogghignò divertito.
 
Passò un altro mese: novembre fu un mese importante per la neo coppia. Per prima cosa, il 18, Harry chiese a Louis che diventasse qualcosa di ufficiale. L'aveva portato in un ristorante fuori città e, incoraggiato dalla dolcezza del momento, gli aveva porto la fatidica domanda, che in realtà era stata più un'affermazione. "Io vorrei qualcosa di serio con te " Louis non aveva risposto subito. L'aveva semplicemente guardato, poi aveva sorriso e, nonostante il ristorante fosse gremito di persone, gli aveva preso le guance e l'aveva baciato come se volesse imprimere le sue labbra su quelle del più piccolo. "Lo voglio anche io, Harry" Gli aveva detto dopo. Finirono di mangiare alla velocità della luce e, corsero in macchina, dove fecero l'amore perché troppo felici per contenere quella voglia l'uno dell'altro fino ad arrivare a casa. Quel giorno capirono che l'uno senza l'altro non si sentiva completo, che per stare bene, avevano bisogno di stare insieme.
Verso la fine di novembre, poi, Harry aveva portato Louis ad Holmes Chapel, dove aveva vissuto da piccolo e dove vivevano sua mamma e sua sorella. Inizialmente Louis era stato un po' imbarazzato, ma poi la gentilezza di Anne, la spontaneità della giovane Gemma e la simpatia di Dan  lo fecero subito sentir meglio. Anne, sua madre, rimase assolutamente colpita dall'educazione e dalla simpatia di Louis. Lo adorò dall'esatto istante in cui mise piede in quella casa. Inoltre Harry gli fece sentire i suoi miglioramenti nel canto. I due ragazzi cantarono insieme Midnight Memories, una canzone piuttosto famosa di un gruppo australiano e sia Anne che Gemma si commossero a tal punto da scoppiare in lacrime. Dan, invece, strinse la mano a Louis dicendogli "Ti ringrazio per quello che hai fatto. Era straziante sentire Harry sotto la doccia, dico davvero" Si erano fatti tutti una grossa risata, tranne il diretto interessato che divenne tutto rosso, guardando suo padre con sguardo assassino.  Quando l'aveva presentato alla su famiglia, aveva detto "Lui è Louis, il mio ragazzo" E se non fosse stato per la porta, Louis sarebbe svenuto all'istante. Quelle due parole, pronunciate dal ragazzo che amava, gli fecero battere forte il cuore. Finalmente il suo cuore apparteneva a qualcuno, ma se quel qualcuno era Harry, non aveva paura. Sapeva che lui sarebbe stato prudente e lo avrebbe custodito con cura. Anche Louis avrebbe tanto voluto presentare Harry alla sua famiglia. Chissà cos'avrebbe detto suo nonno George, sicuramente l'avrebbe appoggiato. "L'amore è amore. Nessuno può permettersi di giudicarlo" Diceva sempre, quando parlava dell'amore che lo legava alla moglie, nonna di Louis, Margareth. George era un uomo ricco e benestante, quando l'aveva conosciuta, mentre Margareth era una povera contadinella che viveva in una casa minuscola e faceva da mamma ai suoi sei fratelli. Il suo era stato un colpo di fulmine e nonostante tutte le difficoltà e tutti i divieti che la sua famiglia gli aveva imposto, era riuscito a sposare la donna che amava, che si era conquistata la fama della donna più invidiata di tutta l'Inghilterra in quegli anni.
Cos'avrebbero detto i genitori di Louis, se l'avessero visto tornare a casa, tre anni dopo, con un ragazzo che diceva di essere il suo fidanzato? Probabilmente non l'avrebbero neanche guardato in faccia. Per questo, quel giorno, Louis si prese tutti i complimenti e i gesti di affetto che solo una mamma può dare. Adorava la bontà di Anne. Pranzarono lì e poi tornarono a Doncaster chiacchierando amabilmente della giornata trascorsa.
Una volta a casa, poi, erano arrivati alla camera da letto di casa Styles senza smettere di baciarsi. Si erano spogliati a vicenda e Louis aveva portato nuovamente Harry all'apice del piacere. Poi, quando anche Harry ebbe fatto lo stesso trattamento a Louis, quest'ultimo entrò in lui con una ferocia non comune fino a quando il ricciolino chiese pietà. Il più grande venne dentro di lui e continuarono a baciarsi e a scambiarsi dolci coccole fino a quando non arrivò il momento per Louis di tornare a casa. Harry gli chiese più volte di fermarsi a dormire, e Louis avrebbe anche accettato se non fosse stato per i numerosi compiti che aveva ancora da correggere e la canzone che aveva promesso di comporre per la sua classe.
Quella fu la prima sera in cui dormirono separati da quando si scambiarono il primo bacio.
Harry: Loulou, sei a casa?
Lou: Sì, sono arrivato sano e salvo haha. Sto scrivendo, sai?
Harry: Cosa?
Lou: Lo spartito per una canzone che devo comporre per la mia classe:)
Harry: Me la canterai?
Lou: Sarai tu a cantarla a me, se vorrai;)
Harry: Ovvio che voglio, scemo. Quand'è il tuo compleanno?
Lou: 24 dicembre, perché? E il tuo?
Harry: Il mio il 1° Febbraio. Voglio farti un regalo speciale per quel giorno. Ho già un'idea fantastica
Lou: Non ti chiedo cosa sia, so che non me lo diresti :(
Harry: Non fare quel faccino, manca poco
Lou: Certo, solo più di un mese
Harry: Pff, abbi pazienza. Ti lascio scrivere, ok?
Lou: Come vuoi:)
 Harry: Buonanotte piccolo, sei importante.
Lou: Buonanotte sdolcinato, anche tu;)
Harry: Sei uno stronzo, e io che cerco di essere dolce
Lou: Ecco l'Harry che conosco <3<3<3
Harry: Lecchino
Lou: Ma magari
Harry: Sono scioccato
Lou: Buonanotte amore mio della mia vita <3
 
Harry non aveva risposto, ma Louis avrebbe giurato che fosse scoppiato a ridere, leggendo quel messaggio. Ormai conosceva a memoria ogni suo gesto, ogni sua abitudine.
Mise il cellulare sotto carica e per il resto della sera, fino a notte tarda, si occupò esclusivamente della sua amata musica, sempre più convinto di essere follemente innamorato di Harry.
Anche il più piccolo, sempre più euforico per la splendida idea che aveva avuto, si mise al pianoforte che gli era stato regalato dai genitori e, accompagnato da un foglio di carta e una penna, iniziò a suonare e a scrivere, pensando a tutto ciò che Louis gli faceva provare.
 
"Ragazzi, finalmente ce l'ho fatta. Qui ci sono le copie degli spartiti per la canzone di Natale. Distribuirò ad ognuno di voi quello del proprio strumento e quello con le note della chitarra ai cantanti. Voglio che tutti voi iniziate ad esercitarvi anche a casa. Manca poco più di un mese a Natale, abbiamo tutto il tempo per fare un bellissimo spettacolo. So che potete farcela perché siete davvero bravi" La classe esultò euforica non desiderando altro che avere quei fogli tra le mani.
"Will, prova tu. Prendi la chitarra e prova a fare un paio di quegli accordi. Noterete subito che i singoli spartiti non sono molto complicati. Quando però tutti gli strumenti sono insieme, vi assicuro che sarà una bella cosa"
Il ragazzino prese la sua chitarra e, dopo aver pizzicato il plettro tra le dita, iniziò a seguire le note scritte sullo spartito. Tutta la classe si mise ad ascoltare entusiasta mentre Charlotte canticchiava sottovoce qualche parola.
"Alza la voce, Charlotte" Quella allora, esortata dal professore, cantò con voce più alta le parole che avevano scritto insieme nelle settimane precedenti. La canzone era bella e allegra, ognuno aveva espresso la sua idea sull'amore ed era nata quella canzone. Alcuni credevano che l'amore fosse come essere drogati, come quando senti il tuo nome pronunciato dalla persona che ami e la testa ti gira, e allora:
What you are gonna say
I am a sucker when she pulls her game
What you are gonna do
I am a junk when she calls my name
Altri sapevano, forse per esperienza che il cuore, quando sei vicino a quella persona, inizia a battere così forte che quasi può esplodere, e di conseguenza:
Check my pulse
Somebody call this stupid
Wake me up or lose me
I messed it up messed it up
Turn me upside down
This girl
Turn me inside out
A quel punto seguirono la batteria e il basso. Il ritmo non era costante, in quanto era solo la prima volta che provavano, ma quando la canzone finì, Louis, con gli occhi lucidi, applaudì emozionato.
"Bravi, bravi davvero. Sarà bellissimo"
 
Era il 23 Dicembre, quando Louis provò con la sua classe per l'ultima volta. Quella sera ci sarebbe stato lo spettacolo di Natale e tutta la scuola era euforica. Per quell'occasione speciale aveva inviato Harry, nonostante fosse leggermente spaventato all'idea che insieme avrebbero potuto destare sospetti. Louis però si fidava di Harry e sapeva che non avrebbe mai fatto qualcosa che l'avrebbe fatto star male.
"Cosa diavolo posso mettermi?" Disse il ragazzo dagli occhi blu aprendo le ante dell'armadio.
"Io ho una camicia piuttosto carina, se vuoi te la impresto"
Harry aveva un posticino nell'armadio di Louis in cui c'erano i suoi vestiti: oramai vivevano praticamente insieme.
"Fammi vedere..." Il più piccolo si avvicinò a Louis posandogli un bacino sulla guancia e sussurrandogli un dolce "Stai tranquillo Lou, andrà benissimo" E gli porse la camicia bianca con il colletto nero.
Si infilò la camicia, i jeans blu e un paio di  vans dello stesso colore.
"Stai da Dio" Miagolò Harry mordicchiandosi il labbro inferiore. Louis neanche lo considerò, tanto era agitato. "Sbrigati, Harry. E' tardi" Corse in bagno sistemandosi i capelli disordinati e spruzzandosi addosso il suo profumo preferito.
Anche Harry, allora si cambiò e raggiunse il suo fidanzato.
"Possiamo andare?"
"Possiamo andare" Tirò un sospiro cercando di calmarsi. Si voltò verso Harry e gli stampò un bacio sulle labbra. "Fai il bravo, Styles" Gli sorrise.
Quando arrivarono alla Felicity, la palestra era gremita di genitori. Al fondo della sala, tutti i ragazzi di Louis erano intenti a ripassare le parole o le note della canzone, mentre gli altri recitavano le scenette che avevano preparato con gli altri insegnanti. Louis lasciò Harry a chiacchierare con alcuni genitori che l'avevano riconosciuto come 'quello della pasticceria' e si avviò verso i suoi alunni. Non appena questi videro il loro professore, sorrisero di gioia. Helene gli si avvicinò e, rossa in volto sussurrò un "Professore, io ho paura". Louis l'abbracciò forte per poi dire "Andrà tutto bene Helene, non devi aver paura. Qui ci sono i tuoi amici, la tua famiglia, i tuoi insegnanti. Nessuno ti giudicherà se farai un errore, anche perché in pochi qui dentro hanno la voce che hai tu. Sorridi e fai vedere ciò di cui sei capace!" La ragazzine annuì incoraggiata dalle parole del professore e andò a posizionarsi al suo posto.
Il loro, sarebbe stata la conclusione dello spettacolo e perciò per tutta l'ora e mezza che li separava dall'esibizione, i musicisti si occuparono di accordare gli strumenti, i cantanti andarono avanti a gorgheggi per trovare l'intonazione giusta.
Quando finalmente arrivarono le 10.30, le luci si abbassarono. Solo quattro lampadine colorate si accesero sopra la classe emozionata di Louis e, mentre quest'ultimo stava ancora realizzando di essere finalmente riuscito a realizzare il suo sogno e creare un mini concerto, delle voci giovani e cristalline iniziarono  a cantare. Fu indescrivibile l'emozione che provò Louis nel vedere i suoi ragazzi esibirsi. In un attimo mille immagini gli si proiettarono davanti: quando aveva loro porto la domanda, quando avevano iniziato a comporre, quando si era rotta la chitarra di Will. Aveva anche pensato al primo giorno in cui li aveva incontrati, ancora così piccoli e timidi. "Io sono Louis Tomlinson, il vostro professore di musica" Aveva detto, presentandosi. Il suo cuore batteva all'impazzata per l'emozione, ogni singolo ragazzo guardava il proprio professore, anch'essi con la gioia negli occhi.
Harry si avvicinò a Louis e, approfittando della luce bassa gli strinse forte la mano. Louis non si preoccupò di quel gesto, anzi, fu lieto ad Harry di essere arrivato. Lo guardò per un millesimo di secondo con gli occhi lucidi e un sorriso ebete stampato in faccia.
Yeah I am in love
Quando la canzone finì, la palestra tremò per gli applausi che la classe ricevette. Mamme in lacrime che urlavano il nome di loro figlio, padri che fischiavano e facevano foto. Tutto era così perfetto che per un momento credette di star sognando. Era possibile che fosse tutto un sogno? Se fosse stato così, decise di concludere la serata al meglio. Si voltò verso di Harry e urlò con tutta l'aria che aveva nei polmoni.
"Ti amo!"
Poi scoppiò a ridere per l'espressione che fece Harry. Spalancò la bocca e gli occhi e urlò a sua volta, non riuscendo però a sovrastare il baccano dei genitori.
"Ti amo anche io!" Harry non si sarebbe mai aspettato di ricevere un 'ti amo' in una situazione simile e soprattutto credeva che Louis non si sarebbe mai deciso a dirglielo. Era stato così improvviso che per Harry era stato straziante non poter saltargli al collo e abbracciarlo.
Gli occhi di entrambi brillarono di felicità, erano finalmente riusciti a confessare il proprio amore l'uno all'altro.
"S-scusate" Il chiacchiericcio si interruppe non appena la voce di Charlotte risuonò nel microfono. Tutti gli occhi rivolti verso di lei.
"G-grazie. Parlo a nome di tutta la mia classe anche se credo, di tutta la scuola. Volevamo ringraziarvi per essere venuti qui sta sera e speriamo che vi siate divertiti. Domani è il compleanno di un nostro professore, al quale tutti alla Felicity Secondary School teniamo particolarmente. Il nostro è un professore fuori dagli schemi: è divertente, simpatico, giocherellone. E' molto altruista e in questi tre anni ci ha trasmesso la sua passione per la musica. Se 'I'm In love' -così si intitola la canzone che abbiamo cantato prima - vi è piaciuta, dovete ringraziare il Professor Tomlinson. Tanti auguri!"
La palestra tremò di nuovo. Louis per poco non scoppiò a piangere mentre i suoi ragazzi lo chiamavano a salire sul palco. Con le gambe che tremavano li accontentò e si sistemò tra loro, senza smettere di sorridere. A quel punto, come se per il povero Louis non fosse abbastanza, Will attaccò con la sua chitarra e fu subito seguito da Nick ed Elizabeth.
"Happy Birthday to you, happy Birthday to you..."
Il pubblico seguì la classe.
"Happy birthday Mister Tomlinson, happy birthday to you"
Louis non riuscì a resistere e scoppiò in lacrime di gioia, senza smettere di complimentarsi con i suoi alunni e ringraziandoli almeno un centinaio di volte per le loro belle parole.
Seguì un buffet al quale tutti parteciparono e un unico grande abbraccio tra Louis e i suoi ragazzi che si auguravano buone vacanze natalizie.
A fine serata, Louis tornò a casa assieme ad Harry e si addormentarono l'uno nelle braccia dell'altro, mentre nella stanza risuonavano soltanto due brevi paroline che non erano mai state più sincere di così: ti amo.
 
Il mattino seguente, Louis, si svegliò accompagnato da una dolce melodia. Conosceva questa musica, l'aveva già sentita una volta...
Si alzò, infilò una maglia trovata su una poltrona, e raggiunse il salotto dove c'era Harry seduto al piano con una tazza di the fumante vicino. Quando questo vide arrivare Louis, ricominciò da capo l'ordine degli accordi, e iniziò a suonare.
My hands, your hands
Tight up like two ships
drifting Weightless,
waves try to break it
I’d do anything to save it
Why is it so hard to say it?
Louis spalancò la bocca. Questa era la base che gli aveva fatto sentire Harry il primo giorno in cui si erano incontrati, quella su cui avevano detto che avrebbero scritto una canzone! Non poteva crederci.
My heart, your heart
Sit tight like book ends
Pages between us
Written with no end
So many words we’re not saying
Don’t wanna wait till it’s gone
You make me strong
Non aveva mai visto spettacolo più bello di Harry mentre suonava. Le sue braccia muscolose si muovevano sinuose sulla tastiera, come se fossero la cosa più leggiadra al mondo. I suoi capelli gli scivolavano lungo la fronte e lui, con uno sbuffo, li faceva tornare al loro posto.
I’m sorry if I say, I need you
But I don’t care, I’m not scared of love
‘Cause when I’m not with you I’m weaker
Is that so wrong?
Is it so wrong?
That you make me strong
La sua voce era diventata così bella, così roca e graffiata. Louis aveva sempre saputo che Harry sarebbe potuto diventare davvero un bravo cantante e questa canzone sembrava essere stata scritta apposta per il suo timbro di voce. Sapeva che quelle erano parole scritte da Harry, aveva trovato dei fogli sparsi, circa un mese prima, a casa sua con scritte quelle frasi ora forse leggermente modificate.
Think of how much love that’s been wasted
People always trying to escape it
Move on to stop their heart breaking
But there’s nothing I’m running from
You make me strong
Lo sapeva Louis, lo sapeva a cosa si riferiva Harry con le prime due frasi della quarta strofa. Era lui ad aver paura di amare, solo perché viveva nel terrore di soffrire, di essere preso in giro. Fu proprio questa strofa a fargli rendere conto di ciò che rischiava di perdere se non si fosse deciso a parlare, ad essere se stesso.
So baby hold on to my heart
Need you to keep me from falling apart
I’ll always hold on
‘Cause you make me strong

I’m sorry if I say, I need you
But I don’t care, I’m not scared of love
‘Cause when I’m not with you I’m weaker
Is that so wrong? Is it so wrong?
That you make me strong
Fu inevitabile, per Louis, non scoppiare a piangere quando Harry premette l'ultimo tasto e si voltò verso di lui, con un sorriso smagliante sul volto dicendo "Buon compleanno, amore". Il più grande, come una furia, gli si catapultò addosso abbracciandolo e baciandolo contemporaneamente, trascinato da una voglia matta di lui. "E' il compleanno migliore del mondo" Disse trovando spazio negli appassionati baci che si scambiavano. Trascinò Harry fino alla camera da letto e dopo aver spento il cellulare, che continuava a suonare per i numerosi messaggi e chiamate di buon compleanno che stava ricevendo, si buttò sopra di lui togliendogli quel pochi indumenti che lo coprivano. Scivolò lungo il corpo perfetto di Harry riempiendolo di baci dove erano presenti lividi delle notti scorse e mordendolo ovunque. Gli lasciò una scia di baci nell'interno coscia fino ad arrivare al suo sesso. Anche qui, non smise di baciare e leccare aiutandosi con le mani e portando Harry al piacere massimo in breve tempo. Strinse i suoi fianchi morbidi e si mise a cavalcioni sul suo bacino lasciando le due intimità toccarsi. Harry,che ancora non si era ripreso del tutto da quel precedente momento di puro piacere, si aggrappò al collo di Louis lasciando un evidente succhiotto lungo la mandibola. La situazione si capovolse in meno di un secondo: Harry, tra le gambe di Louis respirava a fatica godendo di lui il più possibile mentre il festeggiato lanciava piacevoli urletti tirando i ricci del più piccolo, che non sembrava affatto dispiaciuto. "Mi farai impazzire" Boccheggiò Louis con il petto che si alzava e abbassava ad una velocità poco normale. Harry sorrise onorato da quella confessione e diede il meglio di sé finché Louis non gli riempì la bocca con il suo piacere.
Fecero l'amore per un tempo che fu troppo lungo ma nel contempo troppo breve fino a quando qualcuno suonò alla porta. Non erano riusciti nemmeno a scambiarsi le quotidiane 'coccole del buongiorno', forse per questo Louis era già così arrabbiato quando andò ad aprire.
Tre ragazzi entrarono in casa Tomlinson senza nessun permesso, accompagnati da un signore e una signora con un'aria a lui sfortunatamente familiare.
“Louis, credevamo fossi morto!” Disse Michael abbracciandolo.
“Esistiamo ancora, Loueh” Continuò David.
“Indovina chi ti abbiamo portato” Seguì Stan sorridendolo perfido. Non appena Louis riconobbe i suoi genitori, capì che quello era stato una ripicca per Stan. Lui sapeva perfettamente quanto il rapporto tra loro fosse complicato e, deluso dal sapere di non essere ricambiato nei sentimenti, aveva cercato un modo per fargliela pagare.
“Sei uno stronzo” Ringhiò a Stan, del tutto consapevole che non fosse colpa di Michael o Dave, che tra i due non sapeva chi fosse più tonto.
“Louis, tesoro!” Urlò sua madre gettandosi al collo ancora marchiato dai segni di Harry. “Mi eri mancato così tanto” Gli posò due baci sulle guance, guardandolo orgogliosa. “Tanti auguri, Louis”
Anche il padre di Louis strinse il figlio in un abbraccio molto più rigido e composto rispetto a quello della madre. Louis aveva sempre detestato la freddezza di suo padre. Mai una carezza, una parola dolce, una giornata padre e figlio. Louis era cresciuto da solo, imparando la cattiveria della vita giorno dopo giorno, senza potersi confidare con nessuno. E ora, nel giorno del suo ventitreesimo compleanno, loro piombavano a casa sua come se non fosse mai successo nulla, come se non fosse mai scappato di casa esausto dall'oppressione dei suoi genitori.
Harry, intanto, che dalla camera da letto sentiva delle voci, decise di alzarsi, infilarsi una maglia e un pantaloncino e andare da Louis.
“Ehi Lou, che succede?” Chiese, stiracchiandosi ed entrando in salotto.
Tutti i presenti si voltarono verso Harry, guardandolo interrogativi. Louis divenne tutto rosso e boccheggiò qualcosa di incomprensibile. Il più piccolo si zittì e si fermò a guardare i presenti ad uno ad uno. Una faccia gli parve familiare...sì! Aveva già visto quel ragazzo, forse a settembre. Si ricordò ogni attimo di quel giorno e rivide la stessa faccia uscire dall'appartamento di Louis in cui quest'ultimo stava piangendo rannicchiato sul divano. Lo guardò con rabbia e anche quello parve ricordarsi perché ricambiò lo sguardo con la stessa cattiveria.
“Louis, credo che i tuoi genitori vogliano sapere chi sia questo ragazzo” Sogghignò Stan ancora con quel perfido ghignò in volto.
“S-scusate u-un a-attimo” Disse camminando a passi lunghi fino al bagno, seguito a ruota da Harry, dove si chiuse dentro.
“Cazzo cazzo cazzo” Disse disperato il giovane.
“Louis, è tutto ok, non devi per forza dirglielo” Anche se Harry desiderava con tutto se stesso che anche i genitori di Louis venissero a conoscenza della sua omosessualità.
“I-io...io voglio farlo ma ma ho paura!” Harry perse un battito.
“Lo vuoi davvero?”
“Prima...nella canzone...hai parlato di coloro che hanno paura di amare per paura di soffrire, io non ho paura di dire che ti amo, Harry. Sono stanco di nascondermi. Se non fosse stato per quella strofa ora non so cos'avrei fatto. Stan è uno stronzo, lo odio con tutto me stesso. Però voglio dirlo ai miei genitori, e non mi interessa, ok?”
“Io, come promesso, sarò vicino a te”
“Ti amo Harry, grazie davvero”
“Ti amo anche io, Loulou”
Tornò, ora più sollevato, verso il salotto, raggiungendo i suoi genitori e i suoi 'amici'.
"Volete sapere chi è lui, è così?"
Sua mamma annuì confusa, mentre Stan già sorrideva perché sapeva quanto i suoi genitori fossero omofobi.
"Bene, lui è Harry ed è il ragazzo più dolce, simpatico, gentile e altruista che io conosca. Ed è il mio ragazzo, che voi lo vogliate o no io lo amo"
Guardò Harry, sorridendo e gli tese la mano che Harry strinse forte.
Anthony, suo padre, spalancò bocca e occhi facendo una smorfia disgustata. Sua madre si portò una mano alle labbra pronunciando uno spiacevole 'O mio Dio'.
"Mamma, a me piacciono i ragazzi da quando ho 16 anni" Rise divertito.
"Louis, non sai cosa stai dicendo" Suo padre era scioccato.
"Oh sì che lo so. Sono sicuro dei miei sentimenti. Amo Harry e voi non potete impedirmelo. Ora, caro Stan, ti prego di andartene. Non voglio vedere mai più la tua faccia, rischierei di prenderti a pugni. Mamma, papà, se vi faccio schifo il doppio di quanto già non vi facessi quando ho lasciato la scuola, potete seguire Stan e voi, Mike e David, anche" Tirò un sospiro di sollievo, estremamente felice per essere finalmente riuscito a dire la verità. Aprì la porta, invitando i suoi ospiti ad uscire. "E' il miglior compleanno della mia vita" Pensava.
Quando tutti furono usciti scoppiò a ridere. Una risata di sollievo, una di quelle che significava 'Finalmente ce l'ho fatta'. Harry lo seguì appoggiandosi al divano e respirando a fatica. "Sei stato un grande, Lou"
"Modestamente" E rise ancora, fino a non avere più fiato. "Ora non sei più il mio segreto, Harry. Grazie davvero, senza di te non ci sarei mai riuscito"
Harry posò un bacio sul naso a Louis sussurrando un dolce "Dov'eravamo rimasti?"
 
Passarono cinque anni. Cinque anni in cui Harry e Louis si occuparono di realizzare un grande sogno. Continuarono a stare insieme, affrontando le difficoltà  che la loro relazione leggermente diversa non poteva evitare senza smettere mai, nemmeno per un secondo, di amarsi. Oramai l'uno viveva per l'altro, era come se fosse nata in loro la consapevolezza che fossero nati per stare insieme. Nessuno dei due poteva stare più di un giorno senza vedere l'altro. Le parole della canzone che aveva scritto Harry, erano ora incorniciate in casa Styles Tomlinson, una villetta a Doncaster, la loro città. Louis, ormai, era un terzo figlio per Anne, che li invitava spesso a casa sua. Harry aveva trovato lavoro in una pasticceria più grande e più importante di Apple Pie e ne era diventato gestore. Louis, intanto, stava coronando finalmente il suo sogno. Era quello, infatti, il giorno in cui avrebbero aperto la George Tomlinson High School, una scuola superiore dedicata alla musica. E quale nome spettava a quella scuola, se non quella del nonno di Louis?
"Adoro quando ti metti la cravatta"
"Io sto bene con tutto"
"Dovevo aspettarmi una risposta simile"
Un lungo nastro rosso tagliava l'ingresso della scuola a metà e Louis già riusciva a sentire il chiacchiericcio degli adolescenti e la campanella suonare. Avrebbe assunto i migliori insegnati di tutta l'Inghilterra, voleva il meglio per i suoi studenti. Gli sembrava una pazzia che non avessero mai aperto una scuola di musica, probabilmente se ci fosse stata, Louis ora sarebbe laureato.
Louis, accompagnato dagli applausi di tutta Doncaster, tagliò il nastro rosso e il suo cuore scoppiò nel petto dalla felicità.
'Sarà una scuola meravigliosa, Professor Tomlinson. Una scuola meravigliosa per un professore meraviglioso"
"La amo tanto, Signor Styles"
 
"Insegnami a cantare, io ti insegnerò ad amare"
 
 
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Buonasera a tutti!
Non so con quale coraggio voi siate arrivati qui, ma ce l'avete fatta e già per questo vi ringrazio infinitamente. Effettivamente è una OS un po' lunga, ma non avevo voglia di prendermi un impegno con una FF a più capitoli e avevo questa idea che gironzolava nella mia testa già da un po'. In realtà lì era una gran figata, non so se sono riuscita a renderla tale anche qui, speriamo c: Diciamo che amo tanto i Larry e volevo fare una os tutta dedicata a loro. Per quanto riguarda la canzone di Harry a Lou, all'inizio avevo pensato a They Don't Know About Us, una tra le mie preferite, ma poi stavo ascoltando Strong e ditemi se non ci sta da Dio omg. Invece, la canzone di Lou è I'm in Love di Ola. Ok, forse potevo fare di meglio, ma è una canzone allegra aw Spero che non vi abbia annoiato questa os.
Io vi aspetto qui sotto, lo vedete lo spazio bianco? Ecco, aggiungete una recensione se volete, mi fareste davvero strafelice. Ci tengo un sacco a questa os, ne sono orgogliosa c: altrimenti potete scrivere su Twitter l'ashtag #insegnamiacantare sarò lieta di parlare con voi e di sapere cosa pensate:)
Beh, allora alla prossima.
Love you all e grazie per essere arrivati fin qui,

-EhiJova

  
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