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Autore: Delirious Rose    02/08/2014    0 recensioni
Tredicesimo anno del regno di Denev XVII: Suuritnom Calliram, quarto in linea di succesione al trono di Vernolia dei Mille Fiumi, conquistò e annetté il vicino regno di Agrirani, attirato dalle sue ricchezze e dalle vie commerciali che l'attraversavano. Tuttavia, non aveva ancora fatto i conti con quel popolo forse barbaro, ma fiero e fatto di indomiti guerrieri: vent'anni più tardi nominò come viceré il suo braccio destro, il comandante Hraustrion Relda, con il compito di annientare definitivamente quei ribelli che sfidavano il suo potere.
Questa è la versione semiestesa in cui accorperò le varie one-shot scritte finora
Genere: Guerra, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Quando si svegliò, quella mattina, Heran credette che l’adozione fosse stata solo uno strano sogno frutto del mal di montagna o di un pessimo vino, ma una volta alzatosi, la realtà era stata come uno schiaffo. Non appena lo aveva sentito muoversi nella stanza, lo scudiero di Suuritnias Calliram entrò chiamandolo “Suuritnias Heran”: il titolo suonò innaturale alle sue orecchie, anche per l’eccessiva ossequiosità di quel nobile che non voleva mostrare il proprio disgusto a chiamare in quel modo il figlio di un semplice soldato. Una volta che si fu vestito ed ebbe mangiato quella colazione troppo abbondante e ricca, Heran si rese conto che non aveva alcuna idea di cosa dovesse fare o di quello che si aspettassero da lui e, più per abitudine, prese la sua scacchiera e vi dispose i pezzi d’acero e bosso. Poggiò un indice su un cavallo bianco, scolpito come un drago, facendolo dondolare appena: gli tornò in mente l’ultima partita che aveva giocato con suo nonno materno, la veglia del ritorno a Eimerado. Asier il Vecchio, nei suoi occhi di bambino, era stata l’immagine stessa della regalità, tanto che era rimasto deluso la prima volta che aveva visto re Denev XVII.

«Sulla scacchiera della vita, quale pezzo saresti,Consolazione

«Il cavallo!»

«Un pezzo leggero, importante soprattutto all’inizio della partita, il solo che possa saltare gli ostacoli… però un pedone può essere promosso, se riesce nell’impresa di raggiungere l’altra estremità della scacchiera.»

«Mentre un cavallo non può essere promosso a donna, né tantomeno a re,» mormorò piano, sentendosi quasi soffocare dal farsetto di velluto verde mirto. «Velluto, seta e merletti non sono adatti a un cavaliere,» aggiunse passandosi un dito nel colletto, pensando a quanto gli mancasse il pizzicore della tunica di lana che sua madre aveva cucito per lui. Fu distolto da quei pensieri dall’arrivo di Hraustrion e, forza dell’abitudine, lo salutò come aveva sempre fatto.

«Non ho più il diritto di essere chiamato padre da voi,» rispose Hraustrion con una formalità ancora innaturale, abbassando l’occhio vivo mentre quello morto restò fisso sul giovane, «le nostre posizioni si sono ribaltate: adesso sta a me obbedire e a voi comandare

Heran abbassò gli occhi, stringendo le labbra con rabbia. «Perché io? Perché non Bamni Audo che conosce bene la corte? Perché non il Generale Linet che sa meglio di me come condurre un esercito?»

Hraustrion sospirò e spostò il peso da un piede all’altro, quindi esordì: «Se, nella vostra magnanima mansuetudine, la Vostra Eccellentissima Altezza mi concede di parlare con franchezza…»

Le labbra di Heran s’incresparono in un sorriso: quella era la frase che suo padre aveva sempre usato con Suuritnias Calliram per annunciare il proprio dissenso. «Un padre dovrebbe esprimersi sempre con franchezza quando vuole consiglia-- »

Lo schiaffo fu soprattutto inatteso, tanto che Heran guardò basito il viso severo di Hraustrion.

«Torna in te, Heran, un soldato non deve lasciarsi cogliere alla sprovvista in questo modo. Io mi aspetto che tu faccia il tuo dovere come hai sempre fatto: anche a corte ci sono delle battaglie da combattere, ma se cadi in un’imboscata devi far finta di nulla e stare al gioco, al contrario di una guerra dove devi rispondere con altrettanta animosità se non vuoi perire.» Sospirò e chinò il capo. «Vi chiedo venia se sono stato troppo franco, Vostra Eccellentissima Altezza, tuttavia nella vostra situazione non potete permettervi certe debolezze: forse l’emblema dei Gabirai è uno sparviero, ma la loro corte è un nido di serpi.»

 

 

Poche ore dopo l’alba avevano ricevuto un’ambasciata del Principe, che proponeva tre giorni di tregua per seppellire i morti, e il consiglio di guerra di Suuritnias Calliram e i testimoni ufficiali dell’adozione ne avevano approfittato per riunirsi e stabilire le nuove priorità: Heran aveva ascoltato senza dire una parola, cercando di comprendere chi, fra loro, fosse un alleato potenziale. A priori non avrebbe dovuto avere problemi con i sacerdoti: aveva sempre rispettato il calendario dei riti e delle purificazioni, anche e soprattutto per i voti mancati di sua madre. Da quello che gli aveva raccontato Galas, sapeva che i rapporti fra la Gilda dei Mercanti e la Casa Reale non erano dei migliori: il modo più ovvio per averne il supporto era ristabilire la pace ad Agrirani e rendere di nuovo sicure le vie commerciali verso Dwerissi. L’esercito era una questione diversa: la maggior parte degli ufficiali erano i cadetti di famiglie nobili che lo avrebbero visto come un arrivista, soprattutto per le sue ormai certe nozze con Rouva Albirea.

Chiuse gli occhi, isolandosi dallo strepito che regnava nello studio, rievocando ogni volta che aveva incontrato Rouva Albirea: Heran aveva pensato che ciò che la ragazza provasse per lui non era altro che l’infatuazione di una bambina o il capriccio di una principessina viziata, ma si era visto costretto a riconsiderare quella sua opinione quando Rouva Albirea si era opposta alle nozze con Bamni Leusio o si era quasi compromessa per lui. Forse, la scelta più saggia era quella di cercare di rivolgere a lei quel sentimento che Perinni aveva fatto nascere per la prima volta nel suo cuore. Poi, gli tornò in mente quello che Rouva Albirea gli aveva detto la veglia dell’ordalia, il modo con cui l’aveva provocato e insultato il giorno dell’ordalia: Heran si chiese se la gelosia di una donna innamorata potesse giustificare un tale cambiamento. All’improvviso Rouva Albirea non gli sembrò più una ragazzina alle prese con il primo amore, bensì una giovane donna che sapeva quello che desiderava e, soprattutto, come ottenerlo: forse Rouva Albirea aveva sempre saputo quali fossero le intenzioni di Suuritnias Calliram, forse proprio per questo motivo aveva cercato di avvicinarsi a lui, di attirare la sua attenzione, di sedurlo, tanto che si chiese se lei lo avesse mai visto come un uomo o solo un mezzo per realizzare le proprie ambizioni.

«No, suppongo di no.»

Forse adesso Heran poteva capire l’amarezza delle ultime parole che Perinni gli aveva detto. Perinni che non lo aveva ingannato nonostante ne avesse il potere, Perinni che non lo aveva ucciso nonostante ne avesse avuta l’occasione, Perinni che non gli si era negata nonostante sapesse che dopo non ci sarebbe stato altro che disperazione. Perinni che lui non riusciva a rinnegare nonostante ormai la conoscesse. Non gli era mai veramente importato del passato di Perinni e degli uomini che poteva aver conosciuto prima di lui, perché allora doveva importargli del fatto che fosse un’Innominabile? Non era mai facile capire quali fossero le sue emozioni ma non simulava come Rouva Albirea, semplicemente si nascondeva. E adesso che Heran aveva forse capito, la sua amarezza cresceva perché non era più un semplice soldato, bensì Sua Eccellentissima Altezza Suuritnias Heran e come tale non era più libero di scegliere come propria sposa e compagna la donna che voleva: ora, anche se avesse voluto, non avrebbe potuto ripetere le parole che disse a Perinni la notte dei Bivacchi.

La sua attenzione tornò al consiglio non appena sentì pronunciare il nome di sua sorella.

«Harilika?» sibilò Hraustrion Relda, fissando il mercante con sospetto. «Che cosa ha a che fare mia figlia in tutto questo?»

«Il Consiglio dei Dieci aveva suggerito a Suuritnias Calliram di combinare un matrimonio fra Rouva Albirea e il Principe e quindi nominarlo viceré di Agrirani: inutile dire che abbia rifiutato la proposta. Adesso, i costumi suggeriscono che Rouva Albirea sposi Sua Eccellentissima Altezza per rendere definitiva la sua adozione: concorderete che, se si deciderà di concludere la pace con un matrimonio politico, la scelta migliore sia la sorella di carne e di sangue di Suuritnias Heran.»

Sentendosi per la prima volta chiamato in causa, Heran si schiarì la voce. «Dimenticate, signore, che Agrirani non è Vernolia, inoltre mia sorella non è ancora fertile. Mettere nel talamo una vergine è come mettere una spada in mano a un fanciullo e gettarlo nella mischia sono soliti dire gli agriranensi: desiderate davvero che un barbaro ci accusi di abominio?» mormorò, cercando di avere lo stesso tono tagliente di suo padre.

Per un attimo il silenzio calò nello studio, poi Bamni Audo gli scoccò un sorriso ambiguo. «La Vostra Eccellentissima Altezza sembra conoscere i costumi di questi barbari.»

«Di certo li conosco meglio di voi, che siete ad Agrirani per la prima volta. Il Principe potrebbe tollerare la verginità di Harilika, non la sua età: contrariamente a quel che si crede, per loro è un abominio giacere con una ragazza prima del suo diciassettesimo inverno,» rispose Heran, fiero di se stesso per essere riuscito a non imporre anche questo a sua sorella, fiero di vedere con la coda dell’occhio suo padre annuire appena come se volesse complimentarsi con lui.

Piccati, alcuni sostennero che, in fondo, nulla vietava loro di proporre un matrimonio politico e di lasciare libero il Principe di consumarlo quando ritenesse più opportuno. Altri, invece, ribatterono che avrebbero dovuto attendere quattro anni prima che le nozze potessero essere considerate effettive, e che nessuno sapeva che cosa potesse accadere in quel periodo. Qualcuno, forse più per scherzo e per accattivarsi Heran lodandone l’abilità, propose di risolvere il conflitto con una partita a scacchi.

«E perché no? Non ci sarebbe alcuno spargimento di sangue e ci è giunta voce che il Principe desideri evitare tutte morti inutili,» rise uno dei mercanti, quindi riprese con un tono più serio: «Ma forse un singolar tenzone fra i rispettivi campioni sarebbe più consono. È una proposta da valutare.»

   
 
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