Libri > Harry Potter
Ricorda la storia  |      
Autore: chibinekogirl    03/08/2014    1 recensioni
SECONDA CLASSIFICATA al contest " Lo scheletro nell'armadio" indetto da RosmaryEFP sul forum di EFP
*************************************************
Quel sorriso. Quella voce ammaliante. Quel ragazzo.
Tom.
Aveva fatto riemergere il suo lato peggiore, quello che aveva cercato di reprimere secoli addietro.
I suoi occhi ardevano mentre risaliva la Torre di sua madre.
Avrebbero pagato tutti.
Genere: Angst, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Corvonero, Helena Corvonero, Tom Riddle/Voldermort
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
                                      


Il buio aveva avvolto Hogwarts, nascondendola dietro una fitta pioggia incessante e battente.
Helena staccò le mani dal parapetto e scese piano dalla Torre di Corvonero; la sua casa, la sua prigione.
Fluttuò verso una parete, attraversandola indifferente e vagò per alcuni corridoi, fermandosi di tanto in tanto alla vista di lucide divise color smeraldo. Si fermava a osservare con più attenzione i lineamenti degli studenti di Salazar, per poi abbassare il capo, sconsolata.
Chi voleva prendere in giro? Sapeva benissimo chi stava cercando.
Quel sorriso. Quella voce ammaliante. Quel ragazzo.
Tom.
Intrecciò le mani sul ventre, nervosa e passò oltre.
Lui aveva promesso che sarebbe tornato da lei.
Perché lui era diverso, aveva detto, la comprendeva. Lui l’amava nella stessa misura in cui lo faceva lei.
Quel Riddle aveva cambiato il suo mondo fatto di melanconica solitudine e sospiri bisbigliati al buio.
Era bastato un fortuito incontro fuori nel parco, mentre lei era immobile a fissare un cielo lugubre e senza stelle. Le dolci e comprensive parole di quel Serpeverde avevano fatto breccia nel suo cuore defunto, malandato e inaridito.
L’animo di Helena si era riversato nelle braccia dell’avvenente ragazzo, alla ricerca disperata di qualcosa cui aggrapparsi.
Lei aveva schiuso tutti i suoi segreti per Tom, gli aveva perfino confidato dove aveva nascosto il diadema di sua madre.
Ma lui non stava tornando come aveva promesso.
Mille scuse affollavano la sua mente, schiacciandola.
Si fermò a osservare la Sala Grande, gremita di persone che festeggiavano Halloween. Il vociare allegro e rumoroso riempiva le sue orecchie, stordendola. Vedere tutti così spensierati e giocosi la faceva cadere in uno stato di profonda apprensione.
Intravide il Frate Grasso ridere con Hagrid e il professor Vitious e il Barone fissarla inquieto, facendole cenno di unirsi a loro.
Helena scosse la testa corvina in segno di diniego e socchiudendo gli occhi si mosse verso i sotterranei.
Tentennò un attimo e si volse indietro.
Forse stava sbagliando.
Era ancora in tempo. Poteva tornare alla Torre ed attendere che fosse lui a farsi vivo.
Ma lei doveva vederlo e parlarci! Non ci riusciva a toglierselo dalla testa.
Si morse ripetutamente il labbro inferiore, intimamente combattuta.
E infine decise.
Non voleva restare cosi.
 
                                                                                                                         *
 
La Sala Comune dei Serpeverde era bassa e lunga, fastosamente bardata.
Ovunque Helena posasse lo sguardo, il lusso e l’eleganza spadroneggiavano smisurati in quel luogo cosi misterioso per lei.
Soffici divani di velluto erano posti al centro della stanza, intervallati da tavolini di mogano intarsiati con rettili sinuosi e grappoli d’uva.
Le grandi candele dei candelieri avevano diffuso il loro ultimo respiro, costringendo la Sala in una profonda oscurità, rischiarata solo da due grandi camini di marmo che occupavano le pareti più strette, scoppiettando sottovoce.
La donna ispezionò ancora, affascinata.
Era dai tempi della scuola che aveva desiderato vedere quella Sala; ma la presenza del Barone, prima durante i suoi studi e adesso da fantasma, l’aveva sempre frenata.
“ Tom?” mormorò piano.
La sua voce cristallina risuonò chiara e ferma, rimbalzando smorzata sui muri.
Il silenzio rispose, acquattato nella penombra.
Helena si mosse lentamente, circospetta. Si spostò cauta verso le piccole finestre, torcendosi le dita e stropicciando il broccato del suo abito.
“ Tom! Per favore, Tom. Dove sei?”
Poi li sentì. Dei passi cadenzati e pigri che si dirigevano nella sua direzione. Una figura alta e longilinea stava avvicinandosi a lei.
Il boato del tuono la fece trasalire e subito dopo un lampo illuminò a giorno la Sala rendendo visibile l’ospite.
Il fantasma sorrise gioioso riconoscendo quei tratti cosi famigliari, quei capelli lucidi e neri come l’inchiostro, quella pelle perfetta. Quel battito del suo cuore imparato a memoria.
Si avvicinarono entrambi, a pochi centimetri l’uno dall’altro.
Poi fu il Serpeverde a rompere il silenzio. La fissò negli occhi, altezzoso, e si appoggiò alla colonna di alabastro.
“ Ciao, Helena.”
“ Tom, sei sparito! Ti ho aspettato cosi tanto… pensavo ti fossi dimenticato di me!” bisbigliò la Corvonero.
Parlava in fretta adesso, come se avesse paura.
Il ragazzo dinoccolato continuava a non abbandonare il suo sguardo e stava in silenzio, storcendo la bocca invitante.
“ Helena, cara e dolce amica mia. Devi scusarmi sai? Sono stato cosi negligente con te. Imperdonabile. Preso com’ero dai miei grandi progetti, ho sempre dimenticato di dirti una cosa.”
Battè le mani, portandole vicino le labbra. Iniziò a girarle intorno, come un aspide pronto a colpire.
“Eri… sei la figlia di Priscilla Corvonero! La grande strega Fondatrice, la donna forse più intelligente su questo mondo.”
“ E con questo? Io, io non capisco!”
Invece stava capendo, ma non lo accettava.
Il giovane rise forte, visibilmente divertito.
“Come potevi pensare che io ti amassi? Come hai potuto minimamente pensare che io potessi interessarmi ad una come te! Volevo solo che mi dicessi dove avevi nascosto il diadema di tua madre. Di te non me n’è mai importato nulla, Helena. Sei solo un fantasma che esiste seguendo degli stupidi e sciocchi ideali romantici. Eri così patetica mentre pendevi dalle mia labbra.”
Helena sgranò gli occhi, sconvolta. Urlò e nascose il viso affilato nelle mani.
Era stata una stilettata al petto e si era sentita morire di nuovo. Ma questa volta il dolore era più grande.
Non era forse avvezza alla sofferenza? Perché allora questa volta faceva ancora più male?
Questa volta non poteva mettere fine a niente. Helena non avrebbe potuto dimenticare.
La cicatrice che si era impressa in lei sarebbe rimasta per sempre, dilaniandola.
Si prostrò in ginocchio, accartocciandosi su se stessa come una foglia avvizzita e bruciata.
Lamentandosi, prese i setosi e lunghi capelli tra le mani e li tirò ossessivamente.
Come aveva potuto sperare che quel piccolo barlume di gioia potesse durare in eterno?
Come aveva potuto fidarsi di Lui? Le aveva promesso di essere suo e poi l’aveva gettata via come si fa come un cane rabbioso o un giocattolo rotto, mettendola in un angolo, da parte.
L'aveva illusa, ferita, rifiutata.
Ogni parola pronunciata da Tom si stava facendo strada nel profondo, ustionandole l’anima, smarrendosi nell’eco dei suoi pensieri.
Doveva andarsene.
Alzò il viso strasfigurato dal dolore e lo vide seduto su un bracciolo del divano, intendo ad osservare ghignante il siparietto della donna.
Rabbia e disgusto pervasero Helena. Tremante si alzò in piedi portando le braccia al cielo.
Urlò ancora e torse i polsi, facendo esplodere i vetri e i cristalli.
Tom sussultò e sceso velocemente, arretrò fino alle porte dei dormitori.
Helena era una furia, come una fiera selvaggia e violenta.
Quel sorriso. Quella voce ammaliante. Quel ragazzo.
Tom.
Aveva fatto riemergere il suo lato peggiore, quello che aveva cercato di reprimere secoli addietro. Quello che l’aveva indotta a rubare il diadema, a scappare in Albania, ad uccidersi.
Scappò via dai sotterranei, meditando vendetta.
Avrebbe iniziato perseguitare gli studenti della propria e della sua Casa.
Gliel’avrebbe fatta vedere.
Avrebbero pagato tutti. L’avrebbero temuta tutti. Per l’eternità.
I suoi occhi ardevano mentre risaliva la Torre di sua madre.
Chi era sempre stata lei?
La bella, gentile, ubbidiente e sottomessa Helena Corvonero.
Era stata quello agli occhi di sua madre, del Barone, di tutti.
Era rimasta in quei panni stretti e forzati troppo a lungo, malvolentieri.
Perchè lei non era la ragazza o la figlia modello.
Il rancore e la rabbia avevano occluso Helena come rampicanti spinosi e irti, stringendola stretta.
Lasciandola boccheggiante.
Una fitta dolorosa le arpionò il petto traslucido, nascosto da pesante broccato ormai argenteo.
E chi sarebbe stata d’ora in poi?
Helena non c’era più.
Lei era la Dama Grigia, colei che inavvicinabile si aggirava nel maniero, come una presenza muta e lugubre.

 
  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: chibinekogirl