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Autore: Luna Spenta    03/08/2014    0 recensioni
Brittany ha solo 17 anni quando la sua vita cambia radicalmente: trovarsi all'improvviso catapultati in una nuova città, dovendo cancellare tutto il proprio passato pur di proteggere le persone che si amano, può essere un'esperienza scioccante ma allo stesso tempo ricca di sorprese. Una nuova vita, una nuova storia, un nuovo amore. Ma il passato tende a ripresentarsi in tutta la sua irruenza... Si può davvero costruire il domani cancellando tutto quello che si è vissuto ieri?
DAL TRENTESIMO CAPITOLO:
In quella doccia c'era il suo profumo, il profumo di tutte le volte che mi aveva insaponato la schiena, che mi aveva sfiorata, toccata, baciata, morsa in quella stessa cabina.
Quante volte avevamo fatto l'amore lì? Quando sarebbe successo di nuovo? E soprattutto... sarebbe successo o no?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Eravamo stati messi in una stanza piccola, io e mio fratello, mentre mamma parlava con alcuni agenti. Bill giocava con la sua Nintendo e io non la smettevo di mordermi le unghie.
Ero stata, un tempo, una di quelle ragazze con le mani perennemente curate: avevo avuto mensole piene di smalti colorati e cassetti in cui conservavo gelosamente lime, adesive, spugnette e altri cosmetici vari che promettevano di rendere le mie unghie brillanti e resistenti.
Ad Adam piaceva parecchio sentirsi graffiare la pelle, soprattutto sull'addome, poco sotto l'ombelico. Guardai le mie dita rovinate dall'agitazione e ripensai alla sensazione fantastica di poter sentire sotto i polpastrelli i suoi muscoli definiti.
Mi mancava già infinitamente, ma mi sforzavo con tutta me stessa di non pensarci, così ricacciai nella mente il ricordo dell'ultima volta che avevamo fatto l'amore, ridendo amaramente del fatto che fossero passati solo pochi giorni che in quel momento mi pesavano quanto interi decenni.
La porta si aprì e ne vidi entrare mia madre. Sembrava molto più rilassata da quando eravamo atterrati e aveva assunto di nuovo le sembianze di un genitore: vestiti decenti che coprivano tutto quello che da una certa età in poi andrebbe sempre coperto, e trucco leggero per nascondere i segni dell'età ma sottolineare quanto ancora era bella.
-Brit, vogliono parlare con te- mi disse mentre andava a sedersi accanto a Bill.
Lui alzò la testa con aria interrogativa. -Chi vuole parlare con Brit?-
Era la prima volta da quando avevamo lasciato Las Vegas che Bill faceva una domanda.
Era, per essere solo un bambino, molto protettivo nei miei confronti e vedermi lasciare quella stanza l'aveva riscosso da una specie di sonno.
Credo che mamma capì solo in quel momento di dovere, in qualche modo, una spiegazione anche a lui.
Del resto era piccolo, ma non così piccolo da non capire.
Mentre uscivo dalla stanza sentii mia madre dire a Bill che voleva fargli conoscere una persona, e che sarebbe arrivata a breve. 
Io intanto venni scortata da due agenti in un ufficio grande, molto più accogliente di quelli che si vedono nei film. Troppi polizieschi mi avevano convinta che mi sarei trovata in una saletta buia con una lampada al neon puntata dritta negli occhi.
Di fronte a me invece non c'era nessuna lampada, ma qualcosa mi abbagliò comunque: due intensi occhi verde bottiglia messi in risalto da capelli di un nero corvino. Due labbra piene e scure completavano quel volto perfetto che mi stava davanti. 
Fino a quel momento avevo visto in quel commissariato solo poliziotti anziani, con pance enormi e pochissimi capelli. Quello che avevo di fronte era invece un uomo giovane, atletico, abbronzato, con larghe spalle che sembravano voler scoppiare attraverso l'uniforme.
Se mi avessero chiesto di disegnare una persona adatta a difendere il mondo dal crimine, a inseguire delinquenti, pestarli e metterli dietro le spalle, avrei di sicuro immaginato un corpo come il suo. Per il viso, però, probabilmente neanche la mia immaginazione avrebbe saputo lavorare così bene.
Mi tese la mano sfoggiando un rassicurante sorriso.
-Io sono l'ispettore Di Stefano. Tu sei Brittany giusto?-
Annuii senza riuscire ad emettere alcun suono, mentre gli strinsi la mano.
-Sembri nervosa Brittany, e lo capisco. Tu e la tua famiglia state affrontando un momento duro, ma ti garantisco che i primi passi sono i più difficili... fatti quelli, le cose fileranno per il meglio. Mi preoccuperò personalmente della vostra sicurezza quindi ti invito a fidarti ciecamente di me. D'accordo?-
Annuii di nuovo. Di solito non ero così timida, ma quegli occhi mi mettevano in soggezione. Non sapevo quanti anni avesse di preciso l'ispettore, ma una decina più di me c'era tutta, e poi era così imponente, così sicuro di sé, ed emanava una calma che aveva il potere di agitarmi ancora più di quanto non lo fossi già.
Vedendo il mio silenzio, riprese a parlare dopo essersi schiarito la voce.
- Se siamo d'accordo, direi di venire a noi a questo punto.-
Annuii di nuovo, sentendomi una perfetta imbecille.
-Come ben sai, da oggi tu e la tua famiglia dovrete cambiare vita. Questo significa nuova città, nuova casa, e nuovo nome. Tu sarai Nicole Larson.- 
Aprì davanti un me un documento di identità con la mia foto e il mio nuovo nome. 
-Nata e vissuta a Greenville fino a quando tua madre, Katherine Smeeth, non ha perso il lavoro di segretaria in uno studio medico. Vi siete trasferiti qui a Milano per seguire un caro amico di famiglia che le ha offerto un lavoro come cameriera nel ristorante che sta per aprire. Tutto chiaro?-
-Quindi resteremo qui?- chiesi intontita come se mi fossi appena svegliata.
Lui si alzò e fece un giro intorno alla scrivania. Vederlo nella sua interezza mi mise ancora più in soggezione, ma la sua voce era tranquilla, stava chiaramente cercando di mettermi a mio agio.
-Pensavo che questo fosse ovvio, Brittany. Non potete tornare negli Stati Uniti-
-Lo so questo, ma qui in Italia? Stiamo scappando da un italiano e veniamo a nasconderci in Italia? Non ha senso-
-Sai da chi state scappando?- mi chiese inarcando un sopracciglio. -Tua madre mi aveva detto di non averti raccontato nulla.
Cercai di trattenere un sorriso amaro prima di rispondere.
-Infatti, ma non sono stupida-
-Ovvio che no, ma sei giovane Brittany-
-E con questo?- il mio trattenuto sorriso amaro divenne un vero e proprio ghigno sprezzante. 
-Con questo, ci sono delle cose che non puoi capire. Non biasimare tua madre per aver scelto di non raccontartele. Lo fa per proteggere te e tuo fratello.-
Sentii la rabbia che avevo trattenuto per tutto il viaggio, venire improvvisamente su come vomito.
-E' da lei che andremmo protetti! Non so in che casino si sia messa ma poteva di sicuro evitarlo! Ci ha portati dall'altro capo del mondo, ci ha chiesto di cambiare nome e lei viene a dirmi che se non mi viene spiegato neppure il motivo è solo per proteggermi? E poi ho sempre odiato il nome Nicole!-
Vidi l'imponente uomo di fronte a me trattenere a stento una risata.
Si sedette sul bordo della scrivania.
-Tua madre mi ha detto che odi anche il tuo di nome. Ti fai chiamare Brit, vero?-
Annuii senza guardarlo in faccia. Io non odiavo il mio nome, ma non permettevo a nessuno da tanto tempo di utilizzarlo. Allontanai i ricordi.
-Possiamo abbreviare anche Nicole se preferisci. Niky può andare?-
Sospirai per calmarmi.
-Va bene... Cosa racconterete a Bill?-
-C'è una psicologa per l'infanzia di là ad occuparsene. Bill ora si chiama Andrew.-
Annuii di nuovo. Non era più colpa dell'imbarazzo davanti alla bellezza dell'ispettore, ma il punto era che cominciavo a sentirmi stanca di quella situazione assurda e a chiedermi se l'avrei retta. 
L'uomo allungò un biglietto da visita verso di me.
-Ci sono i miei numeri, se dovessi avere qualunque dubbio o richiesta. Se volessi anche solo parlare, non esitare a chiamarmi. Va bene... Niky?-
Enfatizzò il nuovo nome come per farmelo stampare bene in testa.
-Ho una richiesta- dissi sottovoce mentre lui tornava a sedersi dall'altro lato della scrivania.
Fece spallucce come a dirmi che era lì apposta, ed io ne approfittai.
-Ci sono delle persone... a Las Vegas. Persone a cui tengo e che... saranno preoccupate-
Lo vidi scuotere la testa, ma provai a continuare, con tono implorante.
-Non chiedo di poter parlare con loro. Voglio solo che sappiano che sto bene, e che... ho dovuto lasciarli ma non volevo.-
Senza accorgermene le lacrime iniziarono a bagnarmi le guance. Le asciugai col dorso della mano, mentre ascoltavo la risposta che purtroppo avevo già previsto.
-Non possiamo mettere in pericolo altre persone. Se tieni ai tuoi amici, per il loro bene, devi dimenticarli.-
Lo guardai indignata per quella frase, ma in cuor mio sapevo che aveva ragione. 
Dovevo dimenticare il passato e forse ce la potevo fare davvero. Potevo lasciarmi alle spalle tutto, tutti... ma non Adam, di questo ero estremamente sicura.
  
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