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Autore: Scintilla19    04/08/2014    1 recensioni
...Perché quando c'è di mezzo una convivenza, spesso neanche le migliori amicizie sopravvivono.
1- Sviste...
2- I lati scabrosi della simbiosi
3- Amicizia senza malizia...
4- Di botte, rimbrotti, e briciole di biscotti
5- Tra ciambelle e cappuccini non proporre mai pom****
6- Di intenti pretestuosi e incidenti deliziosi
Continua...
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=2827516&i=1
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: L, Light/Raito, Un po' tutti | Coppie: L/Light
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Questi personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Tsugumi Ohba e Takeshi Obata; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.

Questa raccolta è una collaborazione di Mirella__ e  Scintilla19




 
At First Fight

- Chi sarà il primo a colpire? -

 
 
 
 
Amicizia senza malizia...
 
Alla prima occhiata, era palese che Ryuzaki fosse un tipo fuori dalla norma. 
A ben guardarlo, poi, chiunque avrebbe insinuato che avesse più d'una rotella fuori posto.
Light Yagami, che aveva l'onore - e l'onere - di conoscerlo piuttosto bene, a tutto ciò poteva aggiungere che il detective era una creatura oltremodo irritante e fastidiosa.
Per prima cosa, non aveva educazione: faceva quel che voleva, come gli pareva e quando più lo aggradava, senza curarsi degli altrui bisogni.
In secondo luogo, si divertiva a mettere alla prova i suoi sottoposti, esasperandoli ben oltre i limiti dell'umana sopportazione per vedere fin dove poteva spingersi con le sue ridicole assurdità: era un bambino capriccioso e viziato senza freni inibitori.
La sua vittima prediletta era ovviamente il giovane Yagami, che da giorni, pazientemente, in silenzio, sopportava indicibili tormenti.
Il più grave problema di Ryuzaki era il fatto di non avere alcun rispetto per gli spazi vitali altrui, problema che più di ogni altro dava da penare al povero Yagami, costretto a vivere situazioni a dir poco imbarazzanti.
Ryuzaki, per esempio, non badava affatto a mantenere una certa distanza nel parlargli: ogni volta che gli andava, con naturalezza sussurrava al suo orecchio, artigliandogli le dita ossute nelle spalle ben tornite, e chinandosi su di lui tanto da sfiorarlo con i suoi ciuffi spettinati.
Non gli importava se Light avesse da fare: quando aveva bisogno di un suo parere, lo richiamava in mille e più modi, alla stregua di un docile cagnolino da compagnia. Poi lo prendeva sottobraccio e lo scarrozzava in giro per la stanza, facendogli infinite moine.
Light trovava tutto questo intollerabile: non poteva ribellarsi in alcun modo, giacché la sua condizione quale sospettato era fin troppo critica per permettersi di contrariarlo ulteriormente: non gli restava altro da fare che sopportare il tutto stoicamente.
Proprio mentre pensava a queste cose, si ritrovò, voltandosi, il viso del detective ad un palmo dal naso. 
Da quanto tempo lo stava fissando così??
«Controllo i tuoi occhi, Light-kun. Dagli occhi si può capire se qualcuno mente» addusse il detective come scusa per il suo stravagante atteggiamento. 
«Sai, ti invidio. I tuoi occhi sono belli, così brillanti, mentre i miei sono come spenti» aggiunse poi, scostando con un dito un ciuffo di capelli che gli copriva la visuale.
Light gli sorrise, imbarazzato.
«Ma cosa dici, sono occhi comunissimi, niente di speciale» rispose con modestia, mentre il detective abbassava lo sguardo sulla sua bocca.
«I denti di Light-kun sono splendenti. Non li avevo mai notati, forse perché sorride raramente.»
Il ragazzo si passò una mano tra i capelli. «Beh, anche i tuoi non sono male. Dovresti sorridere più spesso anche tu» disse, cercando di ricambiare il complimento.
«Non sono così perfetti, sono addirittura un po' storti» spiegò mestamente, «è incredibile quante siano tra noi le differenze.»
Il ragazzo si diede indietro con la sedia per allontanarsi; non sopportava tutta quella vicinanza: si sentiva quasi denudato da quello sguardo inquisitore.
Riprese a lavorare, dopo aver rivolto un sorriso frettoloso al compagno, che per nulla al mondo lo voleva lasciar stare.
Poco dopo, infatti, sentì una mano estranea passargli tra i capelli.
Light s'irrigidì. Questo gesto proprio non se l'aspettava: era del tutto fuori luogo da colui che aveva visto più volte e chiaramente lavarsi le mani in maniera compulsiva dopo aver toccato chicchessia -la sua igiene maniacale rasentava la psicosi-; eppure, ultimamente, sembrava provare un fisico piacere nel toccarlo con le scuse più svariate.
Gli rivolse uno sguardo truce, chiedendo silenziosamente spiegazioni.
«Sto solo constatando se i tuoi capelli sono morbidi come sembrano» disse il detective col suo innocente portamento.
«E dunque...?» lo incalzò Light a denti stretti.
«Lo sono. Dev'essere merito di quella speciale lozione che usi per lavarli, o magari del fatto che stai ore a spazzolarli. Hanno anche un buon profumo» aggiunse poi, infilando il naso tra le ciocche di Yagami e inspirando soddisfatto.
«Ryuzaki, forse è bene che tu la smetta. Ci stanno guardando tutti» gli fece notare Light con stizza, mentre gli agenti ridacchiavano sommessamente, cercando di non farsi vedere.
«E perché mai dovrei, c'è forse qualcosa di male nei gesti affettuosi tra amici?» chiese Ryuzaki, allontanandosi un po' offeso.
Light sgranò gli occhi dalla sorpresa: non era la prima volta che tirava in ballo l'argomento. Era di certo l’ennesimo, meschino colpo basso.
«No, Ryuzaki, ti stai sbagliando» spiegò Light aspramente, «due amici non fanno queste cose, non stanno sempre attaccati, i gesti affettuosi non vanno oltre una stretta di mano o una pacca sulla spalla. Secondo me stai esagerando, e mi metti anche in imbarazzo.»
Il detective si accucciò al suo posto, come un gufo sul suo trespolo, e piegando la testa da un lato osservò acutamente: «quindi per essere veri amici non dovremmo essere così fisicamente disinvolti, dico bene?»
Light annuì, contento che il compagno avesse compreso il suo disagio.
«Allora, Yagami, puoi spiegarmi in cosa si distinguono due amici da semplici colleghi o conoscenti?» 
Il ragazzo alzò stizzito gli occhi al cielo, tentando di riordinare le idee per convincere Ryuzaki della sua teoria.
«Beh, tra due amici c'è reciproco rispetto...» iniziò a dire Yagami, mentre il detective lo ascoltava attentamente. «Poi, due amici devono avere qualche interesse in comune... mutua comprensione... una certa sintonia...» diceva contando sulle dita.
«Vai avanti» lo incitò Ryuzaki, annuendo interessato.
«Beh... Due amici devono volersi bene...» sussurrò, schiarendosi la voce, «ed infine, tra due amici dev'esserci fiducia.»
Ryuzaki sfoggiò un sorrisetto soddisfatto.
«Vedi, Yagami, il punto è proprio questo: io, di te, non mi fido affatto» disse schiettamente, fulminandolo con lo sguardo.
Light lo guardò accigliato.
«Mi addolora ciò che dici, ma d'altronde non posso biasimarti in alcun modo; tuttavia, capisci che così proprio non possiamo definirci amici.»
«Ma, Yagami, tu ti contraddici» intervenne il detective, «assodato che non siamo amici, perché non possiamo essere più disinvolti nei nostri atteggiamenti fisici?»
Light lo guardò esterrefatto: possibile che lo volesse a tutti i costi molestare? Eppure era stato chiaro nel dire che simili effusioni erano da evitare, cos'altro ancora doveva fare?
«Ryuzaki, sarebbe alquanto inopportuno se un giorno dovessi ottenere la tua fiducia e mi dovessi considerare un amico. Insomma, la gente non la smetterebbe di mormorare...»
«Fino ad allora» rispose Ryuzaki, «ci sarà molto da aspettare. Perciò non essere così ritroso, lasciati annusare» aggiunse sporgendosi verso il compagno.
«Ryuzaki, per favore, penseranno male!»
«Ma se non siamo amici possiamo fare quel che ci pare...» protestò il detective, convinto delle sue motivazioni.
«No che non possiamo! E ora, per favore, alzati. Dovrei andare in bagno.»
I due si avviarono sbuffando verso le toilette degli uffici. 
Light aveva la fronte imperlata di sudore e desiderava sciacquarsi al più presto il viso: Ryuzaki sapeva fin troppo bene come esasperarlo! Persino adesso, mentre camminavano, riusciva a metterlo alle strette: sentiva alle sue spalle quello sguardo insistente e inquisitore analizzarlo dalla testa ai piedi.
«Hai un bel fisico, Yagami, complimenti» disse infatti puntualmente, «le tue spalle sono larghe, e anche il portamento è assai elegante...»
«Faccio sport da quando ero bambino» spiegò Light sinteticamente.
«Già, anche io, ma non ho di certo il tuo aspetto attraente.»
«Costituzione, Ryuzaki. Ma non crucciarti, sei anche tu un valido sportiv..»
Light si bloccò all'improvviso, raggelato: non se l'era immaginato, quella mano che tastava il suo sedere con insistenza apparteneva indubbiamente a quel detective depravato! 
Questo era davvero troppo, non poteva tollerare una simile invadenza, la sua pazienza era giunta al limite. Quale scusa avrebbe accampato questa volta? No, non c'era giustificazione che tenesse: il concetto andava esposto chiaramente.
Con la dovuta calma gli avrebbe detto che doveva tenere a posto le sue luride manacce, e che il suo didietro era zona ad accesso strettamente limitato al personale autorizzato, ergo a lui del tutto vietato.
«Ryuzaki, ma dico, sei impazzito?» disse, voltandosi di scatto, la voce di due ottave al di sopra del normale.
«Chiedo venia, Light-kun, ma il portafogli ti stava scivolando fuori dalla tasca...» spiegò il detective con dolcezza, alzando le mani e mostrando i palmi immacolati.
Chiunque nel vederlo così remissivo si sarebbe rammollito e di cuore lo avrebbe ringraziato per la cortese gentilezza, ma Yagami no di certo: non solo perché ci teneva al suo culetto, ma soprattutto perché quella era una sciocchezza! Una scusa senza senso per importunarlo come sempre: il portafogli era di sopra, al sicuro dal detective impudente. Al contrario delle sue ben più preziose chiappe, esposte indifese ai quattro venti.
«Ryuzaki...» disse, trattenendo a stento un insulto assai offensivo.
«Mmh?»
L'immancabile pugno in pieno viso fu quel che seguì, al diavolo la calma e le buone maniere: il didietro, per Yagami, non era faccenda da prender tanto alla leggera.
Così insegnò al detective impiccione a tener lontane le mani dal suo posteriore.








 
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