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Autore: LarryTranslations    04/08/2014    4 recensioni
Come può l’amore parlare, quando uno dei due non riesce nemmeno a spiccicare la parola?
La vita di Louis era uno scherzo attraverso le sue parole argute.
La vita di Harry era uno scherzo attraverso la sua assenza di parole.
Louis era stato classificato come un ragazzo normale, mentalmente e fisicamente.
Harry era stato classificato come un ragazzo anormale, mentalmente e fisicamente.
Louis riusciva a parlare.
Harry non poteva.
Harry era affetto da mutismo progressivo.
Louis non lo era.
Genere: Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Nessuno dei personaggi reali citati mi appartiene, la storia non è in alcun moda intesa per offendere e/o danneggiare tali persone, i caratteri rappresentati non riflettono la realtà, la traduzione non è stata fatta a scopo di lucro.

Questa fanfiction, è una traduzione. Potete trovare l'originale a questo link.
Questo è il permesso dell'autrice.

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Capitolo 15 (parte 1)



Note del capitolo: questo è l'inizio della fine!

Sabato 16

Louis non era esageratamente energico, ma aveva una certa carica nel suo passo, mentre si faceva strada verso il suo appartamento all'università. Non vi era motivo di essere 'emozionato' , ma sentiva i suoi arti leggeri e sentiva le scintille luccicare nei suoi occhi, rendendoli un po' più luminosi, nonostante non vi fosse una ragione. Forse si era solo alzato dalla parte giusta del letto, e comunque, non doveva esserci un motivo perché fosse felice, poteva essere pieno di gioia se lo voleva.

Nonostante in quel periodo non fosse davvero il caso. Le ultime due settimane erano state difficili, dal momento in cui si svegliava a quando la mente si spegneva per la notte- e sarebbero continuate ad essere così finché non si fosse tirato fuori da quel casino. Era tutto a causa delle fastidiose parole che aveva detto, quando aveva parlato con i suoi tre migliori amici.
Si sentì come se non si meritasse di avere una tregua dalla 'tortura', che avrebbe dovuto essere triste tutto il tempo e pagare per le azioni spregevoli da lui commesse. Così, con quel pensiero, provando a fare almeno una cosa giusta- apparentemente nella sua mente essere giù di morale era l'unica cosa che riusciva a fare bene- preferiva essere uno stupido depresso, a meno che non fosse da solo.

A parte il fatto che non era mai davvero solo. Almeno, non secondo le condizioni di Louis. Si assorbiva nella danza. Quando danzava, non si sentiva solo; nemmeno quando a notte fonda si era infiltrato nella sala da ballo, nonostante quel posto fosse abbandonato per via dell'orario. Era con i suoi pensieri, sì, ma era con la danza. E quello era abbastanza per mantenerlo sano. Louis non sarebbe mai stato in grado di spiegare a qualcuno come la danza lo facesse sentire, era un inspiegabile, divino, prodotto della vita.

Non era insolito che Louis cadesse nell'abisso della danza, era già successo prima. Aveva avuto un sacco di momenti in cui si faceva prendere dalla sbarra e dalle pareti specchiate. Da quando aveva cominciato a ballare all'età di – quanto, otto anni?- sapeva che la danza fosse il suo sfogo.
Anche se inizialmente il suo problema più grande era essere infastidito dal suo compagno Christopher, in quarta elementare, per aver detto all'insegnante che aveva copiato al test di spelling, questo passatempo lo aiutava a calmare le sue preoccupazioni. Le persone più vicine a lui erano abituate, si rassegnavano e non trovavano niente di sospetto nel suo comportamento. Quindi non sospettavano che Louis stesse combattendo un terribile tumulto interno, lì nel suo petto.

Ma in qualche modo, quella mattina tutta la sua angustia si era dissipata in piccole gocce di sudore che sgocciolavano dal suo collo e venivano risucchiate dal colletto della maglietta striminzita. Magari era stata la chiamata che aveva ricevuto alle due del mattino, durante la quale gli era stato chiesto di andare nello studio di danza per vedere Harley e Jordan e praticamente accontentare le loro richieste. Erano un po' alticci e per qualche ragione volevano che Louis li aiutasse con il loro modo di danzare, che era orrendo, come confermato dalla storia di Jordan che era stato respinto da una ragazza qualche ora prima, mentre ballavano. Ma Louis eseguiva, perché tanto non riusciva a dormire e i due erano tra i ragazzi più simpatici intorno, quindi non avrebbe rinunciato a passare un po' di tempo con loro.


O magari era leggermente accaldato perché non vedeva l'ora di vedere il suo ragazzo.

Okay, forse Louis arrossiva un po' ogni volta che diceva "ragazzo" e forse ridacchiava come una ragazzina certe notti quando tornava a casa dopo aver visto Harry, solo forse. Non era mai stato così emozionato per il termine "ragazzo" prima ed era già stato utilizzato da lui un paio di volte, quindi gli fece strano quando improvvisamente sentì delle farfalle svolazzare nel suo stomaco, tutte intorno a quella parola. Per quanto Louis lo trovasse difficile da ammettere, probabilmente era solo un modo che il suo corpo usava, per dirgli di tenerselo stretto, che non era solo uno qualunque.

Ciò non significava che Harry fosse 'quello giusto' perché, beh, prima di tutto Louis ancora non amava Harry. Non si erano frequentati ancora abbastanza, quindi non sarebbe stato in grado di affermare una cosa del genere ancora per un po'. Ma lui era speciale, e Louis poteva accettarlo con tutto il suo cuore e non esserne spaventato nemmeno un po'.

Ma poi aveva mandato tutto a puttane, quindi forse non ne era così tanto affezionato come credeva.

Tornando al presente, Louis aveva un sorriso sulle labbra mentre passava davanti alla reception. Aveva lanciato un cenno di saluto a Brenda, mentre passava, infilandosi nello studio di ballo per la sua lezione, per la quale era sorprendentemente emozionato.


Il signor Harbour sicuramente non si era accorto del suo modo di comportarsi e si godé quel momento solo in parte, approfittandone per spingere Louis oltre i suoi limiti abituali. Louis si rassegnò del fatto che il giorno dopo le sue gambe avrebbero fatto un male cane, ma non sembrò importargli più di tanto. Non si stava concentrando su quello, stava pensando di vedere Harry seduto sul piccolo sgabello del pianoforte, non tanto lontano da dove si trovava lui in quel momento.

Come mai aveva tanta urgenza di vedere il ragazzo? Non è che non l'avesse visto per settimane intere. Infatti, lo aveva visto il sabato precedente e di nuovo due sere prima. E anche questo rese l'anticipazione leggermente più strana; si mandavano messaggi costantemente e non smettevano a meno che non dovessero. Dopo tutto, avevano ancora molte cose da imparare l'uno dell'altro.

Louis sperò che il casino creato non lo fermasse dall'imparare ogni piccolo dettaglio del ragazzo.

Louis era nei meandri del corridoio, cercando di mascherare il suo entusiasmo, ma comunque avviandosi verso il suo ragazzo un po' più velocemente del solito.

Sentì le sue labbra rilasciare un fremito di disprezzo, quando sentì una mano afferrargli l'avambraccio e fermare il suo percorso. Non voleva risultare maleducato, anche se la persona stava accorciando il suo tempo prezioso con Harry. Si girò con un'occhiataccia involontaria, ma la cancellò subito dal suo viso e la rimpiazzò con un'espressione più formale e cortese, quando vide il signor Harbour in piedi di fronte a lui.

“Mi sono dimenticato di chiederti. Mi è avanzato un biglietto per “Lo Schiaccianoci” , lo spettacolo a cui avevo parlato alla mia classe, mi chiedevo se volessi venire”

Louis deliberò la decisione nella sua testa. Lo schiaccianoci non era uno dei suoi spettacoli preferiti, ma avrebbe potuto stare a guardarlo senza pensare che fosse una perdita di tempo. Probabilmente non costava tanto, il signor Harbour aveva dei contatti con il teatro, quindi poteva sempre prendere biglietti scontati. Ma era con la sua classe, la classe da cui Louis era stato mandato via. Era sempre convinto che loro ne risentissero, che non amassero il fatto che lui aveva sempre avuto dei trattamenti speciali. Non dava la colpa a loro, probabilmente lui si sarebbe sentito allo stesso modo se si fosse trattato di, ad esempio, Stacey o Keeley, quindi la cosa non lo sorprendeva più di tanto. Perciò, non era troppo sicuro di voler passare tante ore, venendo isolato da quelle persone.

“Quando sarebbe?” chiese Louis, non volendo dire di no troppo in fretta.

“Martedì prossimo, un po' tardi per avvisare, lo so” rispose l'uomo con una smorfia.

Beh, quello era ciò che decideva allora. Louis si sentì sollevato. “Oh, dannazione, Lunedì parto, quindi non ci sarò. Mi spiace, ma grazie comunque per l'offerta, sarei venuto se fosse stata un'altra settimana.”

“Beh, posso cambiare la settimana dello spettacolo se vuo-”

“No, no. Non ce n'è bisogno. Vada pure con la classe e divertitevi” interruppe Louis. Era lo studente preferito del suo insegnante, cosa avrebbe potuto dire, l'uomo avrebbe fatto di tutto per ottenere qualcosa che poteva dare benefici al futuro di Louis.

Annuendo e congedandosi, Louis lasciò crescere il suo ardore fino al suo strato superiore di pelle e gonfiare i suoi pori. Camminò a grandi passi per il corridoio, non trovando alcun deterrente per fermarlo da quell'urgenza, aveva perso ogni tipo di imbarazzo, per il fatto che era qualche minuto in ritardo dal vedere Harry.

Con un sorriso luminoso sulle labbra, un saluto fin troppo fanatico e dal volume più alto del solito che usciva dalla sua bocca, Louis entrò carico nell'aula del piano. Stava per rilasciare il suo solito benvenuto, ma prima che le sillabe potessero formare le parole, la frase gli cadde dalle labbra, andandosene formando un mucchio di polvere sul pavimento.

Harry non c'era.

Louis non poteva vedere la figura che normalmente spuntava dalla sedia del piano. Non era da nessuna parte. Il ballerino cercò di non pensare al suo cuore che era caduto nella bocca del suo stomaco e cercò di ignorare il fatto che i suoi organi sembrarono essersi raggruppati tutti nella sua gola. Strisciò attorno al piano, cercando di scoprire il ragazzo, nel caso stesse giocando a nascondino. Il pensiero gli attraversò facile la mente: magari Harry gli stava solo facendo uno scherzo e in realtà era lì. Ahimè, Harry non era nascosto sotto il pianoforte e sicuramente non era nella stanza.

Uno sguardo corrucciato si formò sul viso di Louis. Non era da Harry arrivare in ritardo. Era sempre puntuale, come un orologio svizzero.

Se era Anne a tardare, era il suo compito mantenere la routine stabile che lo faceva essere in orario. Louis presumette che fosse quello il motivo, aveva visto Harry dover spedire Anne fuori dalla stanza del piano prima che potessero essere in ritardo per qualsiasi cosa dovessero fare o chiunque dovessero vedere.

Alzando le spalle per simulare nonchalance e smettere di sembrare così possessivo – perché Louis non era possessivo, no, non l'avrebbe mai ammesso-, seguì le tracce dei tasti con le dita, in modo da distrarsi e passare il tempo. Harry sarebbe venuto alla fine, non sarebbe mai stato così in ritardo, né avrebbe mai saltato un incontro, Louis ne era sicuro.

Harry non venne.

Louis era rimasto seduto ad aspettare nell'aula del piano per almeno un'ora, prima di arrivare alla conclusione che avrebbe dovuto fare qualcosa per il fatto che Harry non era ancora arrivato. Era snervante non averlo lì con lui nell'aula, cosa bizzarra perché non più di qualche mese prima era innervosito dal fatto che Harry fosse nell'aula. I tempi erano cambiati più di quanto si fosse aspettato, ma non vi si soffermò troppo a lungo.

Così Louis continuò a suonare il piano – che era diventato un po' meno divertente con un solo paio di mani a premere i tasti d'ebano e avorio- e pescò il suo telefono dalla tasca della felpa. Mormorò qualcosa sui 'dannati leggins che non hanno le tasche' mentre lo tirava fuori, volendo riempire il silenzio con i suoi distinti pensieri.

Mandò un veloce messaggio del tipo “Ehi tesoro, tutto bene? Mi stavo chiedendo dove fossi :) xxxx” Louis sperò di non sembrare troppo appiccicoso. Dopo tutto, se Harry era semplicemente in ritardo allora sarebbe risultata una reazione esagerata. Harry solitamente era abbastanza veloce nelle sue risposte, quindi Louis presumette che avrebbe ricevuto una risposta molto presto e mentre aspettò, si sedette sul pavimento, la schiena appoggiata alla parete fredda. Non voleva consumare il piano ancora prima che Harry arrivasse.

Louis rimase seduto, facendo girare il telefono tra le sue dita, pensieroso. La stanza era silenziosa, silenzio, tranne il lieve rumore di passi dietro i muri. Aveva sempre amato la stanza solamente per quello. Ogni cosa era più calma, molto più serena che in qualunque altra aula dell'edificio. Anche la sala da ballo non era altrettanto calma, cosa sorprendente, visto che la danza era il massimo della calma per il ventunenne. Louis si chiese se era diventato un tipo di consolazione, negli ultimi tempi. Non si era davvero mai concentrato su quel particolare, non aveva mai individuato le emozioni che sentiva quando era in quella stanza. Ma ora, che aveva un abitante in più, sembrò essere diventato più consapevole delle emozioni che scorrevano per la stanza e rimbalzavano sulle pareti fino ad attaccarsi ai suoi polpastrelli e stringersi sotto le sue unghie, finché non venivano lavate via dal mondo esterno.

Mentre rimaneva seduto, in attesa di una risposta, venti minuti dopo aver mandato il messaggio, e perciò venti minuti a catturare pensieri che erano fondamentalmente solo Harry, Louis realizzò che non aveva più avuto tempo di pensare. Ovvio che aveva avuto tempo di pensare alle cose semplici e varie sporadicamente, ma non aveva mai davvero pensato. Aveva pensato a quello che aveva fatto due settimane prima, ma non era quello ciò che intendeva. Tu puoi pensare, ma poi puoi pensare, per quanto suoni da pazzi.

Disse che avrebbe provato a prendersi tempo per pensare, sia che quei pensieri fossero stati su di Harry o no, quello non sarebbe mai stato definito.

Fu quando controllò il cellulare per qualcosa che sentì essere la miliardesima volta, che capì che avrebbe dovuto fare qualcosa un po' più estremo che mandare un semplice messaggio. Non sarebbe andato a casa di Harry pretendendo di vederlo, no, ma avrebbe preso il toro per le corna e provato a guardare dove diavolo si fosse cacciata quella canaglia.

Sgambettò fuori dalla stanza, nel corridoio con più ambizione che ferocia. I suoi occhi scannerizzarono l'atrio trafficato dove gli studenti confondevano il loro cervello in attività extrascolastiche e le madri cercavano di controllare i loro figli dallo scappare per guardare quella massa di capelli castano lucente passare. Louis non poté vedere il sorriso luminoso di Anne o la sua figura muoversi liberamente da nessuna parte, ma con una piccola deterrenza si diresse verso l'aula magna, alla sua ricerca.

Il concerto di beneficenza si sarebbe tenuto la sera, e tutto sembrava andare secondo il piano. Bouquet di fiori attorno al palco e un'infinita quantità di sedie giacevano pronte per essere piazzate per la sala. Da quello che aveva sentito, gli artisti dell'università, insieme con i bambini per cui era stato organizzato il concerto erano pronti per arrivare e per adesso non c'erano stati inconvenienti.

Il fatto che ci fosse stato il concerto quella sera, determinava la fine del lavoro di beneficenza di Anne. Voleva dire niente più visite del sabato mattina. Voleva dire niente più 'Ora di Harry e Louis' nell'aula del piano. Ora, se Harry avesse voluto continuare la tradizione, avrebbe dovuto chiedere a Anne di portarlo con la sola intenzione di vedere Louis, senza che fosse un fine secondario di Harry solo per essere coinvolto nell'attività di Anne, tanto per fare. Non che non si sarebbero più visti solo perché non sarebbe più venuto il sabato, né voleva dire che all'improvviso l'aula del piano sarebbe stata la sala d'incontro di qualcun altro, perché entrambe le affermazioni erano ampiamente false. Louis e Harry si sarebbero visti comunque nella settimana e avrebbero potuto continuare a vedersi nell'aula del pianoforte se avessero voluto.

Ma stava arrivando la fine dell'anno universitario per Louis, e Harry aveva appena finito i suoi esami, quindi sarebbero iniziate le vacanze estive. Così, per una volta, non avrebbero usato la struttura e davvero, avevano bisogno di espandere i loro incontri fuori dalla stanza.

Era quasi come la fine di un'era, per quanto drammatico suonasse. Louis e Harry avrebbero lasciato il posto che aveva cambiato entrambe le loro vite, non avrebbero più avuto alcun bisogno di incontrasi nel posto dove si erano incontrati e dove avevano compiuto il salto da amicizia a relazione. Anche se avessero avuto intenzione di tornarci, la cosa era scoraggiante. Dopotutto, Harry non sarebbe durato più di qualche settimana senza le sue dita a graziare i tasti lisci. Ma ciò avrebbe determinato il fatto che le cose sarebbero state differenti, in modo positivo però, Louis ne era sicuro.

Louis non avrebbe mentito, era un po' amareggiante che Harry non fosse lì per passare il loro ultimo giorno insieme nell'aula piano. Anche se si fosse fatto vedere, sarebbe stato difficile recuperare il tempo perso e Louis non voleva rovinare l'atmosfera apatica della stanza, l'intero significato della stanza.

Quando Louis si alzò sulle punte e i suoi occhi scrutarono l'auditorium, finalmente individuò la donna che cercava. Si mosse freneticamente verso di lei, dove stava riordinando gli spartiti musicali, scivolando vicino a lei con un sorriso impercettibile sulle labbra. Prima di parlare i suoi occhi lanciarono un'occhiata per la stanza senza scopo, notando alcuni dei suoi vecchi compagni di danza che facevano stretching sulla sbarra che si erano arrangiati. Si ricordò del nome di un ragazzo chiamato Spencer, un ragazzo alto, slanciato con una massa di grandi ricci che rimbalzavano mentre saltava e danzava. Non era attraente, cioè Louis non lo trovava attraente. Louis aveva degli standard elevati, che poteva dire. Ma questo riccio piegarsi sulla sbarra, gli fece venire in mente l'immagine di Harry nel modo meno innocente possibile.

Dovette scuotere la testa e schiarirsi la gola per cancellare quei pensieri, non volendo causare problemi. Dopotutto stava indossando i leggins, lasciando a immaginare cosa sarebbe potuto accadere. Quel suo rinfrescarsi le idee, attirò l'attenzione di Anne, che si girò velocemente sui talloni per fronteggiare Louis.

“Ehi!” disse Louis con tono brillante, accertandosi che quei pensieri fossero spinti molto in fondo in modo da poter uscire in un momento un po' più sensibile che di fronte alla madre del ragazzo in questione.

Anne lo fissò inespressiva, una frazione di sorpresa che graziò i suoi occhi e poi quando vide la faccia di Louis un'emozione sconosciuta lampeggiò sul suo viso, cambiando in un'espressione simile a quella che il vecchio Harry avrebbe fatto. Imperterrito, Louis fece la domanda che aveva più importanza di un semplice 'come stai?': “Sai per caso, dove si trovi il tuo bellissimo figlio minore?” i suoi denti luccicarono sotto le luci del palco, mentre fece un ampio sorriso sfacciato a Anne.

Louis si aspettava una risposta sarcastica e spiritosa da Anne, magari una pacca scherzosa sulla spalla per abbinare il sorriso che avrebbe indossato, ma ciò non successe assolutamente. Tutto ciò che fece Anne fu contrarre le labbra e arricciare il naso, in quello che Louis avrebbe normalmente classificato come disgusto. Non disse niente e si girò, tornando agli spartiti.

Louis fu sbalordito dalla sua reazione e dall'evidente ignoranza. Tossì visibilmente a disagio e balbettò un interrogativo “Anne?”

Senza ricevere alcuna risposta a tutti i suoi tentativi che seguirono la seconda volta che le aveva parlato, Louis si allontanò da lei con un cipiglio tra le sue sopracciglia e un broncio tra le sue labbra. Non capì perché non gli avesse risposto, non è che fosse una risposta complicata. Pensò che magari una scusa fosse che era stressata, che non poteva sopportare di pensare a qualcos'altro che non fosse il concerto. Ma come aveva menzionato prima, era una risposta tanto semplice, quindi quanto sarebbe stato difficile dirglielo e basta?

Ritornò nell'aula del piano con la confusione fitta nella sua espressione accigliata e la preoccupazione accumulata nei suoi occhi azzurri. Non voleva pensare di aver fatto qualcosa di sbagliato, specialmente quando avrebbe causato ancora più angoscia se provava a capire che cosa avesse fatto. Non c'era niente, (a parte l'ovvio ma era impossibile) che avesse potuto fare per causare una reazione simile. Era sempre stato sé stesso quel giovedì, quando aveva visto la famiglia Styles, gentile e felice, un po' monello. Non c'era stato niente di sbagliato in quell'incontro, al meno lui pensò che non ci fosse.

Anne aveva proposto a Louis di andare da loro a cena quel giovedì e Harry aveva passato la parola con riluttanza. Disse che sua madre voleva cucinargli un piatto fatto in casa, così che avessero potuto discutere di certe cose. Ovviamente Harry aveva tratto le peggio conclusioni e pensò che volesse fare “Il Discorso” con i due prima che andassero in Italia, per questo non era molto propenso ad invitare Louis. Ma come gli aveva detto Harry una volta, Anne sapeva che niente di tutto ciò sarebbe accaduto e che comunque, era piuttosto sicuro che lei sapesse che Louis non era vergine quindi avrebbe saputo quello che stava facendo. In modo avveduto, Louis immaginò che volesse discutere della loro vacanza che, contando da quel mercoledì, sarebbe stata in cinque giorni.

Anne si era tenuta in contatto con Louis, spiegandogli ogni dettaglio, prima di finalizzarlo.

Onestamente, Louis era felice di avere qualcun altro che lo facesse. Generalmente era una persona caotica quindi se avesse dovuto organizzare lui, probabilmente avrebbero finito per restare senza camera d'albergo ma un milione di cose da fare nel corso della loro permanenza. Inoltre Anne sapeva cosa preferiva Harry e avrebbe potuto chiedere a suo figlio ancora prima di consultare Louis. Il fulcro della loro vacanza era Harry. Louis voleva che fosse perfetta per Harry, dopotutto non era mai stato via solo lui e un amico prima, quindi sarebbe stato un grande passo. Il fatto che si fidava di Louis tanto da lasciarsi portare da lui fuori dal paese era una cosa enorme, il che significava molto per entrambi, perciò Louis non voleva che fosse un fallimento.

Inizialmente quando i primi dettagli furono stabiliti, Louis aveva avuto un momento o due di preoccupazione. Stavano andando troppo veloce? Era troppo tutto ciò? Ma alla fine, aveva realizzato che no, non era così. Magari secondo qualcuno sarebbe stato un po' affrettato, ma per loro era okay e volevano, quindi non è che fossero costretti. Entrambe le parti erano pronte a fare quel salto e partire, entrambi sentivano il bisogno di un po' di privacy. Non avevano bisogno di privacy in quel senso, ma avevano bisogno di mostrare la loro indipendenza come coppia, per provare che potevano funzionare anche senza tutti quei servizi.

Era finito per farsi molto tardi ma la sua scusa fu che aveva rovesciato qualcosa sui pantaloni che doveva indossare e quindi aveva dovuto cambiarsi- non sapevano cosa avesse rovesciato. Ma Anne non si era fatta problemi e aveva aperto la porta, con una ciotola per mescolare in mano, riempita da un miscuglio, segno che il suo ritardo non aveva fatto posticipare il loro pasto troppo in là. Si era accomodato sul divano vicino a una Gemma che mandava messaggi, quando Harry era sceso dalle scale, i ricci che volavano da tutte le parti. Si bloccò soffermandosi sulla porta quando notò che Louis era lì e poi un sorriso dolce si formò sulle sua labbra gradualmente. Louis aveva risposto sorridendogli incoraggiante, dopo un secondo in cui aveva elaborato l'outfit del ragazzo.

Harry non stava indossando niente di speciale, ma comunque non si aspettavano niente di particolarmente elegante perché era a casa sua. Aveva addosso una maglietta marrone, leggermente sbottonata per mostrare la pelle chiara e liscia del suo petto. Louis dovette trattenersi dal saltargli addosso e chiudere la bocca attorno a quelle clavicole esposte per succhiare delle ovvie macchie scure. Le sue gambe erano evidenziate da dei jeans stretti neri, che facevano sembrare le sue gambe come se andassero avanti per sempre da quanto erano magre e da quanto fossero slanciate dai suoi fianchi non-prominenti.

Louis aveva inclinato la testa per gesticolare a Harry di venire accanto a lui. Harry vagò verso di lui e si piazzò di fronte a Louis che si era trascinato leggermente verso il ragazzo, avvolgendo le braccia attorno ai fianchi del suo compagno. Quando lo fece, tuttavia, Harry si irrigidì visibilmente, nonostante fosse ovvio che tentasse di nasconderlo e il suo sorriso diventò una smorfia per qualche secondo. Louis sussultò desolato e fece cadere le braccia dalla vita del ragazzo.

Per alleggerire la tensione che si era creata, perché Harry non si sentisse a disagio - o in colpa- Louis si alzò in piedi nello spazio tra il divano e Harry e premette le labbra su quelle dell'altro. Non si aspettava una reazione particolare, non una veloce, visto che credeva di ritrarle subito, ma non fu il caso. Harry reagì subito e premette le sue labbra su quelle di Louis con la stessa forza, muovendole insieme con più facilità di prima. Fu una piacevole sorpresa e Louis certamente non si poteva lamentare. I loro occhi serrati non erano consapevoli di Gemma, che aveva alzato lo sguardo dal suo cellulare con un'espressione inspiegabile; se era disgustata perché quello era suo fratello o se era meravigliata perché quello era suo fratello, nessuno l'avrebbe saputo.
Si separarono con uno schiocco e un rossore sulle labbra di Harry e seguirono le chiamate di Anne che diceva che la cena era pronta.

Era stata piacevole la cena, piena di chiacchiere e risate. Louis si sentì completamente a suo agio con la famiglia, fu come se li avesse conosciuti da tutta la vita, non solo da qualche mese. Era stato adorabile vedere Harry venir coinvolto così liberamente dalla sua famiglia, soprattutto quando si aspettava che non sarebbe stato tanto facile. Harry non era stato totalmente a suo agio con sua madre quando lei e Louis si erano incontrati la prima volta, non avendo un'eccessiva connessione, quindi fu bello vedere un calore simile tra loro. Magari Harry era così a suo agio perché Gemma era presente, dopotutto lei era la sua migliore amica.

Dopo cena, Anne aveva tirato fuori tutti i fogli e le brochure e si era seduta al tavolo con Louis. Harry era rimasto per i primi cinque minuti, ma poi si era impazientito e cominciava ad annoiarsi, allora decise di guardare la TV con Gemma, Louis aveva sentito lontanamente le proteste della ragazza e una zuffa sul pavimento, probabilmente per il telecomando, a giudicare dalle parole di Gemma.

Anne iniziò con i punti base: quanto sarebbero rimasti -cinque giorni-, dove avrebbero alloggiato - Caorle-, come ci sarebbero arrivati -in aereo dall'aeroporto di Manchester-, quando sarebbero tornati -partenza lunedì, ritorno sabato mattina-, e altre carabattole sull'hotel e l'area in generale.

Dopo quasi tre quarti d'ora di discussione, Harry si era intrufolato nella stanza e aveva avvolto le braccia attorno al collo di Louis, il suo mento appoggiato sulle spalle. Respirò pesantemente, un leggero fischio soffiò nell'aria.

"Cosa c'è?" Chiese Louis, conservando ad Anne uno sguardo consapevole. Poté vederla scuotere la testa alle buffonate di Harry, ma quell'occhiata sfuggevole aveva qualcosa che Louis non poté cogliere-si rese conto più tardi che era qualcosa simile a stupore e meraviglia e una gran dose di felicità. Harry sospirò drammaticamente e buttò fuori il suo turbamento soffiando aria calda sul collo di Louis.

"Ehi, non so perché tu ti stia lamentando, tutto questo è a tuo vantaggio, signorino!" Lo rimproverò Louis giocosamente, scontrando l'avambraccio di Harry con la penna che pendeva libera tra le sue dita. Harry mormorò nel suo orecchio e premette un bacio sulla sua guancia, come per dirgli grazie. E onestamente, per Louis, quello era tutto il ringraziamento di cui aveva bisogno. Un semplice gesto d'affetto partito da Harry era più del necessario, anche se ai trattava del più piccolo tocco, sarebbe sempre stato ciò che bastava.

"Perché non vai a tenere Harry occupato? Finisco io di sistemare queste cose, che dici?" Suggerì Anne. Louis poteva sentire il sorriso di Harry formato sulle sue labbra e le fossette bucate le sue guance dopo la proposta di Anne e con quel pensiero, non poté rifiutare l'offerta.

Con un sospiro melodrammatico, Louis prese le braccia di Harry, staccandole dal suo collo e si alzò dalla sedia. Farfugliando un leggero "Andiamo, piccolo birbante" con un sorriso, Louis si girò e scarmigliò i capelli di Harry, causando uno squittio del ragazzo per reazione e zampettò via dalle dita solleticanti di Louis che lo avevano catturato.

La serata procedette con Louis e Harry nella camera da letto di Harry, a non fare niente di che. Avevano tirato fuori il laptop di Harry e passato le ore successive a guardarsi video su YouTube per puro divertimento. Ovviamente tra un video e l'altro - o a volte pure nel mezzo, che era sempre una sorpresa per l'altro, una sorpresa che comprendeva un'eruzione di clan di farfalle nello stomaco, a dirla tutta- c'era stato il solito bacio. Era strano, ma Louis notava già quanta sicurezza Harry acquisiva ogni volta, nel modo in cui muoveva le labbra con meno esitazione di prima. Non che prevalesse tutta l'esitazione, ancora ne aveva, ma non era quello il punto.
Era bello ricevere quei baci casuali che ritornavano come molle ed erano ricoperti di preoccupazione da parte di Harry, che temeva di star facendo qualcosa di sbagliato.

Anne aveva bussato delicatamente alla porta e aveva detto a Louis che si stava facendo tardi, ovviamente avevano perso la cognizione del tempo per cui aveva bisogno di essere avvertito dalla madre premurosa. Louis se n'era andato con un bacio dell'arrivederci prolungato, facendo scivolare le mani nei suoi ricci nel frattempo.

Per quanto ne sapesse Louis, non aveva fatto niente di sbagliato. Anne l'aveva pure lasciato con un caldo abbraccio prima che se ne andasse, quindi sicuramente non riguardava niente che era successo quel giovedì. Erano passati solo due giorni da quella sera, che cosa avrebbe potuto aver fatto di così male in quei due giorni?"

La risposta non si degnava di arrivare molto presto, così si definì ignorante.
Creò lo scenario in cui non traspariva alcuna emozione secondaria negli occhi di Anne e si comportava come una donna pazza e stressata, quindi quello era il motivo per cui non gli aveva risposto. Ciò riduceva il dolore della respinta in un semplice sentirsi punzecchiare.

Ma la domanda su dove fosse Harry ancora non aveva una risposta.
L'intero scopo di vedere Anne era di chiedere di Harry, ma era stato depistato da ciò che era successo e il tempo extra era finito, sempre senza traccia di Harry

Magari era malato? Louis pensò che fosse plausibile. Se Anne era stressata per il concerto di beneficenza, avere il figlio a casa malato nel letto avrebbe causato solo ulteriore frustrazione. Ma comunque Gemma era a casa dall'università, quindi avrebbe potuto ricoprire il ruolo della madre e portare via un po' di peso dalle spalle di Anne. Come risaputo a Harry non piacevano i cambiamenti di routine. I sabato che trascorrevano loro due erano qualcosa a cui si erano abituati ormai, era strano per loro se non lo passavano insieme. Perciò Harry non avrebbe mai interrotto la routine che lo manteneva sano per una ragione insignificante. E la malattia non era insignificante secondo il dizionario di Louis ed era sicuro che Anne la pensasse allo stesso modo.

Louis decise che Harry doveva essere malato. Harry non avrebbe detto comunque a Louis che era malato, quindi quello spiegava l'assenza di messaggi da parte sua. Era probabilmente drogato di antidolorifici o devastato sul divano. (Quando Louis immaginò la scena, visualizzo Harry con la bocca spalancata, mentre sbavava poco elegantemente sotto la forte stretta del sonno che lo dominava. Era un'immagine carina, nonostante la gente avesse trovato ripugnante qualcuno che sbava. Louis quasi avrebbe voluto fare da madre a Harry: tenergli indietro i ricci mentre vomitava, rimboccargli le coperte fin sotto il mento, spegnere la televisione quando era veramente troppo stanco per guardarla. La cosa divertente, era che Louis poteva immaginarsi di fare quelle cose negli anni a venire.)

Il riccio non era uno che proclamava i suoi problemi e le sue avversità, gli piaceva tenerli dentro finché fosse stato necessario. Nonostante avevano già avuto una seria discussione su argomenti relativi alle emozioni, Harry aveva comunque mantenuto un controllo su ciò che rivelava. Presumibilmente Louis aveva abbastanza problemi per aggiungervi quelli 'patetici' di Harry in cima. Louis non pensava che fossero patetici, né che pensò che avesse tanti problemi, ma non mise il ragazzo sotto ulteriore pressione e seppe di dover chiudere la conversazione senza terminarla.

Così, evocando un'immagine fresca di un Harry malato nella sua mente, Louis tirò fuori il suo cellulare e mandò un messaggio al ragazzo in questione.

A: Harry

Ehi, immagino che tu non stia troppo bene, vero? È solo la tua fortuna che ha catturato quel germe che gira dal primo giorno delle vacanze estive! Beh, presumo che sia quel virus che hanno avuto tutti quelli che conosco a un certo punto. Se è quello che hai, allora sono piuttosto sicuro che ti passerà entro stasera, quindi resta idratato e prendi vantaggio della completa sovranità della TV, ok? Ad ogni modo, scrivimi per dirmi che sei vivo così non muoio di preoccupazione. Guarisci presto, piccolo xxxxxxx

Erano circa le sette meno cinque quando Louis era tornato all'università. Aveva lasciato l'aula del piano prima di come avrebbe fatto se fosse stato con Harry, pensando che magari avrebbe potuto fare uso del tempo avanzato per preparasi per il concerto. Non si sarebbe esibito in niente, no, quello era compito di quelli del primo anno. Ma doveva apparire presentabile, soprattutto se si sarebbe seduto accanto a Harry, che sarebbe stato senza dubbio spettacolare nella sua combinazione di jeans e maglietta che gli aveva fatto vedere per foto mentre li comprava. Apparentemente Harry non si fidava troppo del senso della moda della madre e aveva bisogno dell'aiuto di un occhio più esperto. Quindi le aveva mandate a Louis perché non sia mai che Louis non pensasse che l'outfit fosse alla moda, altrimenti non sarebbe uscito di casa con lui (Louis pensò che era assurdo il fatto che non gli fregava se Harry avesse indossato pallini e righe insieme- okay forse gli sarebbe importato un pochino.)

E così Louis aveva seguito la sua solita routine che faceva prima di uscire la sera per qualcosa di speciale: la doccia, l'idratazione, l'asciugatura dei capelli, il vestirsi, il dopobarba.

Avrebbe potuto essere una routine devastante per alcuni, ma era terapeutica per il ventunenne. Magari era un pochino intensiva e sopra le righe per un ragazzo, ma ehi, era gay; era sempre quella la sua scusa.

La sua vecchia macchina instabile lo portò fino all'università. Sarebbe potuto andare a piedi ma a parte il fatto che non gli importasse, sperò che sarebbe potuto andare da Harry dopo per passare più tempo con lui. Non c'era niente di speciale che voleva fare con lui. A Louis bastava solo essere con lui.

L'atrio era pieno di una serie di anziani, alcuni più vecchi, altri meno. Era ovviamente un evento di famiglia quindi i bambini urlanti che correvano per le sedie erano assolutamente standard. Trovò posto alla fine della fila, sperando che sarebbe stato in grado di notare Harry quando sarebbe venuto. Ovviamente Anne sarebbe stata già lì, ma presumette che sarebbe stato nel backstage a riordinare tutto così non avrebbe trovato il suo posto finché lo spettacolo non fosse cominciato. I un certo modo, la cosa era un po' demoralizzante, perché non sarebbe stato in grado di parlare a Harry come si deve e assicurarsi che stesse abbastanza bene da essere fuori dal letto, ma avrebbe potuto accoccolarsi sotto l suo braccio se l'avesse lasciato e anche quello sarebbe stato perfetto.

Così Louis si sedette e aspettò finché le luci non iniziarono lentamente a spegnersi e il pubblico si sistemò nelle sue sedie in anticipazione. C'era una specie di vibrazione nell'aria, che rese la stanza così calda e invitante. Erano tutti lì per aiutare i piccoli bambini bisognosi e quello era assolutamente ciò che predominava l'aura della sala. Era sollevante.

Ma poi lo spettacolo cominciò e Harry ancora non era arrivato. L'atmosfera lo trascinò, fino nei dieci minuti extra in cui Harry ancora non si era fatto vedere. E poi in aggiunta a quei dieci, altri dieci e poi altri dieci. Era passata già mezz'ora e Harry ancora non c'era. Allungò il collo alla ricerca del riccio, ma non trovò nessuno che assomigliò al suo ragazzo. Anne aspettava vicino al palco, un sorriso incoraggiante sulle sue labbra verso tutti i bambini e gli artisti che si esibivano. Ma Harry non era nemmeno lì. Non era vicino a lei, né vicino a Louis.

Discretamente- beh quanto discretamente tu possa riuscire in una stanza buia con una homepage tanto illuminata da poter accecare- Louis sfilò il suo telefono dalla tasca dei pantaloni e sbloccò la tastiera. Una foto del retro dei capelli di Harry era tutto ciò che comparve, niente piccola icona di notifica sulla casella nera, niente 'Harry' lampeggiante sullo schermo con piccole parole posizionate al di sotto. Louis cercò di ignorare l'annodarsi del suo stomaco, ma non era un compito facile. Aveva mandato al ragazzo dei messaggi extra tipo, 'Spero tu stia bene' e 'Sei ancora vivo, pulcino?' e 'A presto, Hazbear' durante le ore tra il primo messaggio e il concerto, così Harry doveva aver realizzato che aveva cercato di contattarlo.

Il suo istinto gli diceva che qualcosa non andava. Qualcosa era fuori posto, specialmente quando non aveva sentito niente di Harry da più di ventiquattr'ore. Non voleva sembrare ossessivo, ma era preoccupante visto che era solito parlare con Harry ogni giorno. I suoi pensieri sembrarono ripetitivi, ritornando a ciò che aveva pensato precedentemente. Ma il fatto era che Harry rispondeva sempre ai suoi messaggi, anche se si fosse trovato moribondo in un fosso avrebbe risposto. E sai cosa, pensò Louis, probabilmente farei lo stesso. Aveva imparato dai suoi errori e quello era diventata pura volontà di rispondere a Harry. Magari Harry non voleva più rispondere a Louis, magari era stufo di lui e i suoi modi di fare ostentatori.

Il pensiero fece agitare il suo stomaco.

Il ragazzo superò il concerto senza fare niente di drastico al suo cellulare per via della preoccupazione. Le sue dita erano sempre aggrappate strette al telefono, per essere sicuro di sentire ogni singola vibrazione e anche per trattenere le emozioni. Non voleva che la sua preoccupazione gli sfuggesse di mano, probabilmente non era niente di che, stava solo esagerando. Passò l'intervallo a cercare Harry tra il pubblico che si era raggruppato nell'entrata per rinfrescarsi. Senza aver avuto fortuna, aveva cercato Anne invece, senza ripensare al ricordo di essere stato evitato precedentemente. La individuò in mezzo alla folla di persone, ma mentre si infilò tra la gente per raggiungerla le perse di vista. La volta successiva che la vide, si trovava in piedi nell'entrata con un microfono in mano, avvertendo tutti che tra poco sarebbe cominciato il secondo e ultimo tempo del concerto. Attraverso uno spiraglio tra la folla, creò un contatto oculare con lei. Il suo respiro si bloccò nella gola quando successe, non per come i suoi occhi sembrarono inusualmente immersi nella situazione, ma per quanto fosse desideroso di parlarle. Fu inaspettato che i suoi guardi si incrociassero, ma Louis non voleva sprecare l'opportunità. Cominciò a urlare il suo nome e a farsi spazio tra le persone davanti a lui, sempre mantenendo gli occhi concentrati sui suoi. Ma quando fece così, diede immediatamente al suo sguardo abbattuto una forma diversa, trasformandolo in un'occhiata furiosa. Arricciando il naso, girò i tacchi e rientrò nella sala.

Louis rimase fermo immobile per Dio solo sapeva quanto. L'entrata era vuota, tutte tranne una. Louis Tomlinson stava in piedi nel centro, chiedendosi che diavolo fosse appena successo. Non aveva mai visto Anne comportarsi così scontrosamente, ne aveva mai visto i suoi occhi portare nient'altro che un caldo verde. Ma stasera le cose erano cambiate. Lui era già confuso come tutto e combinato con ciò che era successo prima, Louis era totalmente sconcertato. Non riusciva ad elaborare ciò che era appena successo, il suo istinto continuava a premere, continuava a immobilizzarlo per farsi notare e cercare di far capire a Louis quello che voleva dirgli. Ma Louis non voleva affrontarlo, pensò che non fosse possibile e non avrebbe mai creduto fosse possibile finché le parole relative non fossero state pronunciate. Che mistero pensò tra sé, mentre rifiutava di menzionare nella sua mente ciò che suggeriva il suo istinto riguardo la situazione. Quando Louis si intrufolò nella hall, frastornato, la sua mente continuò a ripensare allo sguardo perforante. Mentre i suoi occhi vagavano sull'esibizione delle tre ragazze che facevano street dance, senza davvero guardare, Louis non nascose alla sua mente che non aveva mai davvero preso in considerazione il significato di un'occhiataccia. Avrebbe potuto significare disgusto. Ne aveva ricevute un paio dai suoi ragazzi passati. Potevi lanciare un'occhiataccia a qualcuno o a qualcosa per esprimere il tuo disgusto per qualsiasi cosa. Tendeva a rendere il concetto pienamente, se accompagnato da un tiramento di labbra verso il basso e un arricciamento del naso.

Poi c'erano le occhiatacce giocose, quelle che facevi quando scherzavi con qualcuno. Quella era più simile a un'occhiata di umiliazione, quella che faresti in un momento di imbarazzo. Potresti essere imbarazzato, ma potresti non essere serio finendo per aggrottare le sopracciglia in un modo scherzoso.

E poteva voler dire disgusto. Louis non seppe dire di aver ricevuto tante di quelle occhiate, la maggior parte dopo che si era lasciato con qualcuno o quando aveva sbattuto in faccia ad altre persone la sua sessualità, come una sciarpa spinta dal vento che ti copre la faccia.

Louis pensò che Anne fosse un misto tra uno e l'altro, nessuno dei due troppo piacevole. Lo spettacolo finì con un lungo round di applausi e Louis sentì un senso di nostalgia poggiarsi sulla piega del suo collo, .. e punzecchiandogli le ossa. Si ricordò dello spettacolo di non molto tempo prima in cui aveva, in un certo senso, convinto Harry a esibirsi. L'applauso per Harry non era stato influenzato dal suo stato sociale, era stato semplicemente il suo piano che suonava, nient'altro. Aveva dimostrato quanto fosse davvero notevole il suo talento e nonostante fosse classificato come un emarginato, poteva comunque innalzare il tetto con un dono che nessuno poteva negare si trovasse sulle sue dita. Era stato così fiero di Harry quella sera, che probabilmente non sarebbe mai più stato in grado di esprimere un'emozione del genere. L'evento di beneficenza era simile a quella sera, visto che aiutava le persone e l'esibizione di Harry aveva aiutato lui stesso. Harry aveva maturato la sua sicurezza e anche se non lo mostrava, possedeva un seme di sicurezza all'interno di sé, pronto a sbocciare. Louis voleva essere colui che innaffiava quel seme e lo faceva fiorire in un bellissimo fiore, per quanto potesse suonare impertinente.

Le cose in quel periodo erano più facili. Louis avrebbe ammesso che stava facendo il suo lavoro, ma se doveva essere sincero, non sarebbe mai tornato indietro. Le cose sarebbero potute andare diversamente per il casino che aveva combinato con i suoi amici, ma ciò sarebbe potuto essere a sfavore della loro relazione se qualcosa fosse cambiato. Avrebbero potuto non mettersi mai insieme e quel pensiero era abbastanza mostruoso da abolire il desiderio di un minimo cambiamento. Il pubblico scorreva attraverso le porte, ma Louis era seduto, immerso nei ricordi, inconsapevole di ciò che accadeva attorno. La sua testa era buttata verso il basso istintivamente così magari avrebbero creduto si fosse addormentato, nonostante ciò sarebbe stato un po' irrispettoso. Se fosse stato abbastanza coraggioso da ammetterlo, avrebbe detto alle persone che gli angoli dei suoi occhi stavano bruciando e che i suoi condotti lacrimali erano punti da lacrime indesiderate e traditrici. Louis non era uno che si commuoveva spesso, magari quando aveva avuto un bicchiere di vino di troppo in una sera in cui erano solo lui e 'Le Pagine della Nostra Vita', ma non scoppiava per le cose più semplici. Aveva sempre dovuto nascondere le sue emozioni alle sue sorelle, aveva dovuto essere la forte figura paterna per loro e quell'idea gli si era installata dentro, fino al punto che era diventato difficile per lui commuoversi davanti ad altre persone.

Probabilmente era perché stava pensando a quanto avanti fosse arrivato, a quanto avanti Harry fosse arrivato, cosa che aveva stimolato le lacrime nei suoi occhi. Dio, ricomponiti, ragazzina. Si disse Louis con una risata ironica.

Alzò lo sguardo dal suo grembo, sbattendo veloce gli occhi per tentare di ridurre quel flusso d'acqua e si trovò attorno una sala quasi completamente vuota. Non era rimasto lì molto a lungo, forse qualche minuto in più degli altri, ma con le poche persone che circolavano, fu più semplice individuare la donna che aveva causato così tanti turbamenti nella sua mente. Aveva la borsa sotto il braccio, mentre si separava a un gruppo di donne con un sorriso stanco. Louis guizzò via dalla sua sedia in cima all'auditorium e chiamò il nome di Anne, sperando che la sua voce vacillante raggiungesse la madre.


I suoi piedi agili fecero dei passi svelti e leggeri giù per le scale, le sue piccole Converse bianche tamburellavano sui gradini luminosi. La testa di Anne si girò nella sua direzione, sentendo chiamare il suo nome, ma invece che fermarsi come aveva sperato Louis, velocizzò il suo passo, dirigendo l'attenzione al telefono, rinchiuso nella sua mano destra. La madre del suo ragazzo era già a una grande distanza, perciò nel momento in cui lui si era precipitato fuori dalla porta della sala, lei stava già uscendo in strada.



“Anne! Anne! Aspetta!” urlava Louis mentre correva piano- non sarebbe stato facile correre velocemente nei pantaloni che stava indossando, diciamo che nonostante fossero di materiale jeans erano tanto stretti quanto i leggins che aveva indossato quella mattina- attraversando la porta, diretto nel freddo pungente della notte. Per essere una notte di estate, faceva particolarmente freddo; il vento sussurrava nelle sue orecchie con una punta gelata e le foglie venivano trascinate dal vento tutte intorno, se come un fantasma di danza contemporanea le stesse mantenendo tra le loro dita bianche polverose. Come se un certo fantasma avesse bloccato anche la sua voce e non l'aveva fatta passare e arrivare all'orecchio di Anne mentre determinatamente non si era resa conto della presenza e persistenza di Louis. La donna castana stava scorrendo fino alla sua macchina parcheggiata.



“Signora Cox! Anne!” alzò la voce in un volume più alto per assicurarsi che Anne poteva sentirlo ed era sicuro che poteva comunque, nel modo in cui la sua testa si era girata di lato, ma resistette a ricambiare lo sguardo. “Perché mi ignora? Ho solo bisogno di chiederle una cosa!” La voce di Louis non era arrabbiata, ma più inquisiva e leggermente delicata , come in un'indagine. I suoi passi si stavano velocizzando, così Louis la imitò.



Anne si rifiutava di fare qualsiasi tipo di contatto con lui, nemmeno un'occhiata alla sagoma di Louis. Se Louis non fosse stato concentrato a catturare la sua fugace attenzione, avrebbe probabilmente sentito un misto tra frustrazione e dolore arricciarsi nel suo stomaco. Ma Louis voleva parlarle, voleva sapere il vero motivo per cui lo stava ignorando e soprattutto, dove fosse Harry. La donna frugò caoticamente nella sua borsa, probabilmente alla ricerca delle chiavi, giusto mentre Louis la stava finalmente raggiungendo. Non era distante di più di qualche metro, quando finalmente lei alzò lo sguardo verso di lui. La portiera della macchina era aperta e la sua mano era poggiata su di essa. Louis si fermò sul posto, immobile, sospirando alla vista della sua espressione vuota.
"Mi dica solo dov'è, Anne" Disse Louis delicatamente. Sussurrò un "per favore" proprio mentre lei scosse la testa raccapricciata e salì in macchina. Il motore partì e lei passò accanto a Louis senza nemmeno lanciargli uno sguardo, senza notare la sua espressione sconfitta e avvilita. "Ho solo bisogno di sapere che sta bene" mugolò, nella notte fredda. La guardò andare via, i fari a dissolversi nel buio. Le sue emozioni si trasformarono da distrutte a forti, quando un senso di bisogno lo avvolse. Aveva bisogno di sapere cosa non andava, aveva bisogno di vedere che Harry stava bene. Non aveva intenzione di tornare a casa finché non avesse avuto qualsiasi tipo di spiegazione, per quanto potesse sembrare indigente.


Così, avendo scoperto qualcosa che Louis ancora non capiva, si trascinò dall'altra parte della strada, verso la sua macchina. Con un ruggito del motore, finendo con il fermare la macchina, Louis si disse di calmarsi e iniziò il suo viaggio, cercando di non pensare a tutto ciò che sarebbe potuto andare storto in quelle ore. Era una gara contro il tempo, in un certo senso. Louis sapeva che Anne sapeva che l'avrebbe seguita verso la loro piccola casa, era inevitabile. Chiunque conoscesse Louis sapeva che era persistente e avresti potuto definirlo anche testardo. L'unica cosa che lei non poteva sapere, era che Louis si sentiva leggermente ferito dalla situazione. Stava venendo ampiamente ignorato e lo feriva. Era peggio venir ignorato dal suo ragazzo però, Louis poteva assicurarlo. Non stava facendo lo spericolato alla guida e bruciando i semafori rossi come se stesse facendo una gara, ma non era nemmeno il massimo della prudenza. Sì, magari in qualche occasione era andato di 20 km/h sopra il limite e sì, forse era colpa sua quando si prendeva la precedenza, nonostante non ce l'avesse assolutamente, ma era per un'importante causa. Poté vedere la macchina argentata in lontananza e voleva raggiungerla prima che Anne avesse l'opportunità di chiuderlo fuori, mettendo interamente fine alla serata.

Successe però, che un trattore decise di fermarsi, proprio di fronte a lui, mentre cercava di fermarla. Mandò fuori un lamento di frustrazione e colpì con un pugno il volante, maledicendo chiunque guidasse il veicolo così lento. In un certo senso il trattore fastidiosamente lento fu un regalo dal cielo. Diede a Louis il tempo di pensare a come approcciarsi alla situazione. Non poteva pretendere di entrare come se fosse il padrone di casa, ovviamente. La famiglia aveva dovuto avere un valido motivo per ignorarlo per cui avrebbe dovuto accettarlo e avvicinarsi con cautela. Louis sperò di essere in grado di farlo, non perché era qualcuno che perdeva spesso il controllo della situazione, ma quando si trattava di Harry, era piuttosto serio ed il fatto che fosse così preso dal ragazzo rendeva le sue azioni troppo poco prudenti a volte. Quando si fermò davanti alla residenza degli Styles notò che la casa aveva un velo di tenebre attorno a sé. Le stanze al piano superiore erano nascoste dall'oscurità, solo una piccola e lieve luce che arrivava dall'angolo della finestra nella camera di Harry. Il soggiorno aveva le tende chiuse completamente, una riga di luce che spuntava dove l'estremità del materiale si raggruppava. Era come se la casa cercasse di sembrare inabitata.


Il cuore di Louis batteva drammaticamente nel suo petto, pompando sangue alle sue orecchie in onde spesse. Il rumore del motore della sua macchina si era spento in un rombo addolorato e il silenzio lo sostituì. Era un silenzio angoscioso. Dentro di sé teneva una grande tensione e il suo stomaco si contraeva dallo stress. Louis sapeva che qualcosa non andava, difficile negarlo.

Dopo essere sceso dalla macchina ed essersi scosso un po', cercando di sciogliere i nervi, Louis avanzò lentamente verso la porta che era diventata ormai famigliare negli ultimi mesi. Normalmente era un simbolo di protezione per lui, donandogli quel calore e quella ospitalità che gli mancavano di casa sua. Era come se avesse una terza casa: la sua casa a Doncaster, il suo appartamento a Manchester e la casa di Harry. Gli faceva sempre pensare al pane fatto in casa, ai tortini dolci appena sfornati e alle sere davanti al caminetto. Non gli aveva mai ricordato 'il crollo' o 'l'incontro ravvicinato' o 'il confronto'.

Magari Louis stava esagerando, dopo tutto spesso era una 'drama queen'. In un certo senso, Louis sperò di stare esagerando e che fosse tutto soltanto uno stupido malinteso. Ma con quel pensiero venne il fatto che nient'altro attorno a lui fosse cambiato. Niente si era illuminato, nessun contatto era stato fatto, tutto era esattamente come un minuto prima. Se fosse stata un'esagerazione, probabilmente avrebbe avuto una rivelazione di quanto fosse stato stupido e Louis non l'aveva avuta.


Respirando una grossa massa di aria dal naso, Louis chiuse gli occhi per qualche secondo, preparandosi spiritualmente con un gran respiro, per poi bussare alla porta: uno, due, tre. Fece un passo indietro sul marciapiede, torcendosi le mani nervosamente – e combattendo un senso di déjà vu che non lo avrebbe aiutato nella situazione, ricordare non era una cosa per lui in questi momenti- e battendo il piede irrequieto. Sperando che nessuno nella casa avesse sentito, bussò nuovamente con le nocche per fare un rumore più forte.


Niente. Dopo aver aspettato ancora, non aveva ancora risposto nessuno. Una cosa del loro piano di fingere che la casa fosse vuota che non aveva funzionato, era la macchina che Louis aveva seguito fino alla casa. Era parcheggiata nel vialetto, per nulla nascosta ed era stata parcheggiata frettolosamente, per via delle sue ruote girate.


Bussando altre cinque volte, Louis decise che ovviamente quello non era il modo migliore per guadagnarsi accesso alla casa. Dio, sembra chissà che gioco d'avventura, penso Louis sarcasticamente. Non era minimamente paragonabile a un gioco per lui. E la cosa in sé era spaventosa, le cose non erano più un gioco ormai. (Non che prima lo fossero, ma era con i loro cuori che stava giocando ora.)

Gli occhi celesti di Louis vagarono per la porta alla ricerca di ispirazione per attirare l'attenzione della famiglia. I suoi occhi passarono per la buca delle lettere un paio di volte prima di pensare al suo prossimo tentativo. Si accovacciò, in modo da essere sulla stessa linea e sperò con tutto il cuore che gli Styles fossero tanto aggiornati da avere una buca di quelle con la spugnetta all'interno, più facili da aprire da fuori.


Per fortuna, una cosa quella notte era dalla sua parte e mentre alzava leggermente lo sportello con cautela, poté vedere dritto attraverso, nonostante si sentì leggermente invadente e inquietante a fare così. Le luci nell'entrata erano accese e poté intravedere la luce della cucina risplendere da dietro a una porta aperta per metà. Non vi erano alcuni segni- per quanto sembrasse drastico- di vita, a parte le scarpe raggruppate lasciate davanti alla porta. Poté individuare le converse di Harry alla fine della pila, si chiese quabd'era stata l'ultima volta che Harry era uscito di casa.

Con molta nonchalance Louis chiamò attraverso la buca delle lettere nonappena vide un'ombra muoversi da dietro la porta della cucina. "Ehi! Sono Louis, potete aprire la porta?" Non ci fu nessuna risposta. "Uhm.. Sono solo io, lo so che è tardi, ma giuro che non sono un assassino o niente di simile!" A quanto pare nemmeno battute avrebbero funzionato. "Sentite, non so perché non rispondete alla porta, ma lo so che ci siete." Louis sospirò. "Potete almeno dirmi cosa ho sbagliato?"

Secondi, forse minuti, passarono e Louis ancora non aveva ricevuto una risposta. Con un gran sospiro, lasciò che lo sportello delle lettere si chiudesse con un colpo esagerato e si sedette sui gradini, le sue braccia appoggiate sulle ginocchia e le mani a penzoloni. Non aveva altre idee, non sapeva cosa fare. Era ovvio che lo stessero ignorando e ancora più chiaro che non fosse solo Anne ad essere astiosa nei suoi confronti. "Ditemi solo cosa ho sbagliato" mormorò tra sé e sé, lasciando che la su testa si appoggiò alla porta. La situazione stava iniziando a logorargli il cuore, cominciando a sentire un peso nella bocca del suo stomaco. Il pensiero di Harry arrabbiato con lui era straziante e difficile da mandare giù, era come se fosse ricoperto di pungiglioni che venivano infilati nella sua gola ogni volta che cercava di deglutire e mandare giù i pensieri e che cercava di coprire con cumuli di ingenua ignoranza. L'ignoranza era una cosa positiva, no?

Rimase un bel po' di tempo seduto sui gradini finché si ricordò di essere ancora lì. Non sapeva quanto tempo fosse passato perché si era perso in pensieri di ogni tipo, così quando sentì la sicura della porta dietro la sua schiena, fu uno shock. Scattò in piedi dalla sua posizione e la porta si aprì leggermente, pronta a mostrare chiunque vi fosse dietro. Il viso di Anne apparì lentamente dalla fessura che aveva appena aperto, ma non appena vide Louis lì, con un'espressione piena di speranza, spinse velocemente per richiudere immediatamente la porta. Probabilmente aveva pensato che se ne fosse andato e stava controllando, tuttavia quello non era il caso. Louis avrebbe aspettato Harry per sempre, non lo sapeva?

Reagendo velocemente, le braccia di Louis balzarono per bloccare la porta, impedendo che venisse chiusa di nuovo. "Anne, per favore, mi parli." Pregò Louis, fregandosene se la sua voce sembrava disperata. Anne sembrò esitare e smettere di spingere la porta sul braccio di Louis, così Louis lo prese come se lei avesse intenzione di parlare con lui. Tuttavia non era così. Forse era leggermente presuntuoso, ma quando mosse il braccio, si aspettava che aprisse la porta, non che gliela chiudesse in faccia.

“Cosa?!” disse Louis ad alta voce con fastidio e perplessità. “Non capisco cosa ho fatto! Perché mi state ignorando tutti?”


Ancora senza risposta, Louis continuò a sbraitare “Ditemi solamente cosa ho fatto, per l'amor di Dio! Sto impazzendo per cercare di capire cosa ho fatto e non dicendomelo non siete di aiuto!”


Il pugno di Louis colpì la porta e lasciò andare un grugnito di frustrazione, sfogando la sua rabbia attraverso uno sbuffo. “Dovrà pur parlarmi a un certo punto! Voglio dire, tra due ca-volo di giorni dobbiamo partire, quindi dovete per forza parlarmi! Non può non parlare al ragazzo di suo figlio che lo porterà in un'altro dannatissimo paese! Non capisco-”

Louis incespicò in avanti quando la porta si aprì con uno strattone di fronte a lui. Barcollò in avanti verso la soglia per via della forza di retrazione e dovette tenersi in equilibrio appoggiandosi al muro. “Cos-”

Non porterai mio figlio in un altro paese.” Disse Anne severamente, le sue labbra premute insieme.

Gli occhi di Louis si spalancarono drammaticamente sia per il tono che per le parole, entrambi suonarono dure a dir poco. “Cos- perché no?!”


Anne arricciò il naso e alzò il mento come se avesse voluto guardare Louis dall'alto in basso. Ma quella ancora non era una risposta, non riusciva ancora a portare Louis alla comprensione di ciò che aveva sbagliato. Okay, dimostrava che qualsiasi cosa avesse fato era enorme perché non avrebbe avuto più il permesso di partire con Harry e Anne non gliel' avrebbe negato per qualcosa di insignificante. Harry era esageratamente estatico all'idea di partire, Louis sapeva che Anne non avrebbe voluto portare ciò via da lui a meno che non fosse la loro ultima risorsa.


“Non può semplicemente dirmi che non ho il permesso di partire con lui senza dirmi il motivo! Non funziona così!” Louis cercò di mantenere la voce sotto controllo e non alzare troppo il volume, ma era difficile da fare con milioni di pensieri che correvano nella sua testa, che borbottavano, coprendo le sue orecchie di parole e con le vene che trasportavano la disperazione sotto la sua pelle.


“Beh tu non puoi semplicemente spezzare il cuore a qualcuno e aspettarti che faccia finta che sia tutto normale! Non funziona nemmeno così!”


Louis si immobilizzò, gli occhi impiantati sulla porta dietro Anne, la paura pungeva la schiena e un peso enorme spingeva nel suo stomaco per piantarsi in gola. Aveva ripreso fiato non appena le parole erano state pronunciate e le sue labbra improvvisamente sembrarono più spesse e pesanti del normale. Solitamente, Louis si sarebbe chiesto come mai ciò accadeva sempre a lui, ma questa volta fu come se il suo cervello si fosse congelato e tutti i pensieri fossero rimasti incastrati in qualsiasi canale si trovassero. Poté quasi sentire il sangue scaricarsi, sentendo la sua fronte sempre più leggera e leggera e i suoi occhi venire oscurati.

“D-di cosa sta parlando?” Soffocò Louis per via del groppo in gola che fermava il suo normale discorso. La sua voce era spessa, ma debole, profonda ma tremolante.

“Penso sia ora che tu te ne vada”, ordinò Anne duramente. Si girò tornando verso la porta, ma la mano di Louis automaticamente la raggiunse e la afferrò per le spalle. Lei la guardò come se fosse sporca e stesse rovinando la sua maglietta nuova, scuotendola via con un'espressione di disgusto.


“Di cosa sta parlando, Anne?”, chiese Louis debolmente. La sua voce decresceva in forza ogni volta che le parole di Anne cominciavano a circolare nella sua mente.


“Lo sai di cosa sto parlando, non cercare di fare il finto tonto con me” sputò Anne. I suoi occhi erano bagnati in odio e repulsione quando lanciò un'occhiata al ragazzo. Stava irradiando odio per Louis.


“I-io non ho idea, Anne...”, mormorò debolmente. Anne non rispose, continuò a fissare Louis con uno sguardo che gli faceva venire voglia di raggomitolarsi e nascondersi. “Posso vederlo?”, chiese tranquillo e speranzoso.

Anne rise sonoramente per prenderlo in giro. “Ti aspetti che ti lasci vederlo? Dopo quello che gli hai fatto? Stai scherzando!”


Louis sospirò profondamente e la sua voce diventò più stabile quando parlò. “Come posso sapere cosa ho fatto se non posso nemmeno vederlo?”


Lo sguardo di Anne si mantenne saldo e non uscirono parole dalla sua bocca. Rimase in silenzio, indifferente.


“Per favore mi lasci solo vederlo, Anne.”


“Il fatto che me lo stia tenendo lontano non aiuterà nessuno. Ho bisogno di parlargli.”


“Ho bisogno di spiegargli qualsiasi cosa abbia fatto di male, cosa che ancora non so.”


“Non mi lasci lontano dal mio ragazzo, merito di sapere cosa l'ha ferito tanto.”

“Non me ne andrò finché non so cos'è successo.”

“Ho bisogno di aiutarlo, sono-”

“D'accordo”, interruppe Anne con voce riluttante. “Ma solo perché così Harry può ottenere una spiegazione, non me ne frega niente di te.


Louis non si soffermò troppo a lungo a pensare alla sua ultima frase e si concentrò semplicemente sul fatto che poteva andare a parlare con Harry. Il pensiero era scoraggiante, spaventoso, intimidatorio e terribile allo stesso tempo.


Mentre camminava su per le scale lentamente e cautamente, tutto ciò a cui Louis riusciva a pensare, oltre al suo battito del cuore forte e pieno di dolore, era il pensiero che qualsiasi cosa avesse fatto, aveva ferito Harry. Solo quel pensiero da solo bastava a voler scappare a casa e soffocare la sua tristezza in una bottiglia d'alcol.


Ma no, Louis avrebbe affrontato qualsiasi cosa avesse fatto, non importava quanto lo lacerasse dentro. Qualsiasi cosa avesse ferito Harry lo avrebbe ucciso internamente, ma doveva sapere cosa lo avesse causato e aveva bisogno di sistemarlo.

Doveva sapere cosa aveva fatto per ferire il suo Harry, ma da qualche parte, nel profondo, sapeva cos'era successo, solamente non ci avrebbe creduto finché non sarebbe stato scritto su un pezzo di carta.

Note: Qui trovate il nostro blog, con altre traduzioni! Alla prossima!

Meg
   
 
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