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Autore: Fragolina84    04/08/2014    1 recensioni
Sequel di Un raggio di luce per l'umanità
Driven to tears, spinto alle lacrime.
Loki è tornato e vuole vendetta. Gli Avengers e soprattutto Tony saranno spinti alle lacrime dalla rabbia del semidio di Asgard che si abbatterà su ciò che hanno di più caro al mondo.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I love Avengers'
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Victoria si è intromessa nella vita
di sua sorella Violet e, seppur in buona fede,
ha provocato uno sconvolgimento nel team Avengers.
Ora tocca a Tony rimediare...


Tony camminava avanti e indietro e i pezzi delle vetrate infrante scricchiolavano sotto i suoi piedi come granelli di zucchero. Victoria non l’aveva mai visto così arrabbiato. Non con lei, almeno.
Victoria era rannicchiata sul divano. Nonostante l’estate fosse già iniziata, la donna si era avvolta in una coperta e stava soffiando via il vapore da una tazza di tè, bevanda che stava sorseggiando lentamente.
Appena tornato, Tony si era sincerato che stesse bene. Poi aveva mandato via Brian e Harriet, la donna delle pulizie che stava rassettando, e si era piazzato davanti a Victoria.
«Mi spieghi che senso ha che io mi dia da fare per proteggerti quando tu ti metti in pericolo da sola in questo modo?» aveva detto.
Sarebbe stata meno spaventata se l’avesse sentito urlare e inveire contro di lei: quel tono di voce calmo e tranquillo la metteva in soggezione.
«Mi dispiace, Tony» aveva replicato.
«Ah sì? Beh, potevi pensarci prima. Prima di dire a Hulk che ti sei intromessa nella sua vita privata. Mi dispiace adesso non basta».
Aveva ragione. Si era comportata da irresponsabile, peccando della stessa leggerezza di cui aveva accusato Violet: non si era preoccupata delle conseguenze che avrebbe potuto scatenare.
Gli Avengers erano eroi già entrati nella leggenda, persone straordinarie capaci di caricarsi in spalla un missile e dirottarlo nello spazio o di combattere fino allo stremo contro ogni previsione di vittoria per salvare tanto gli amici quanto l’umanità sconosciuta. E poi erano capacissimi di perdersi in un bicchiere d’acqua e di sbarellare per cose da poco. Tanto erano forti e invincibili in battaglia quanto erano fragili nella vita privata. Victoria e Jane lo sapevano bene perché erano loro a curare le ferite – fisiche e psichiche – dei loro uomini.
«Sai cosa sarebbe potuto succedere?» aveva chiesto Tony, il tono di voce reso duro e severo dalla preoccupazione e dallo spavento.
«Non è successo niente di grave» aveva obiettato e lui si era limitato a fissarla, girando poi lo sguardo sui resti delle finestre che affacciavano sull’oceano.
«Sì, questo è niente. Ma poteva andare molto peggio di così. Poteva ucciderti».
«Ma non l’ha fatto».
«Pensa per un secondo se l’avesse fatto» aveva replicato Tony. «Adesso io sarei un uomo distrutto, tua figlia sarebbe orfana di madre e Bruce passerebbe il resto della sua esistenza a sentirsi in colpa».
«Ho già detto che mi dispiace» aveva sbottato, irritata.
«E io ti ho già detto che non basta!» aveva gridato lui.
Da quel momento, nessuno dei due aveva più detto nulla e Tony aveva preso a passeggiare nervosamente per il salotto.
«Dobbiamo trovarlo, Tony» disse lei ad un certo punto, incapace di sopportare oltre quel muro di silenzio.
«Dobbiamo? Credo che tu abbia già fatto abbastanza per oggi».
«Senti, ho sbagliato, lo ammetto» sbottò lei, gettando via la coperta e alzandosi in piedi. «Ho sbagliato a mettermi tra loro e ho mancato di tatto quando ho parlato con Bruce». La donna aggirò il divano e si avvicinò al marito. «Ma lui si è fermato quando ho nominato Violet. Significa che non è completamente incontrollabile. Significa che quel che prova per lei è autentico».
«E quindi?» chiese lui. «Che cosa cerchi di dirmi?»
«Che forse quei due hanno diritto ad una possibilità».
«Ma se fino ad un’ora fa hai tentato di suicidarti per impedire che si frequentassero».
Aveva appena finito di parlare quando entrambi avvertirono il pulsare ritmico di un elicottero.
«Nick sta arrivando» constatò Tony. Lo aveva avvisato mentre tornava a casa, raccontandogli che Hulk era fuggito chissà dove.
L’elicottero nero dello S.H.I.E.L.D. atterrò sulla pedana dell’eliporto e Nick, con l’immancabile pastrano nero, scese dal mezzo seguito dal capitano Rogers.
«Che hai combinato stavolta, Stark?» gli chiese Nick entrando in casa.
«Ah, no!» disse Tony, sollevando le braccia. «Io non c’entro nulla, stai parlando allo Stark sbagliato».
«Vedi di piantarla, Tony!» proruppe Victoria. Poi si girò verso Nick. «È stata colpa mia».
Spiegò brevemente ciò che era successo: sua sorella e Bruce che uscivano insieme e lei che rivelava a Violet che Bruce era Hulk.
«Non ti abbiamo dato un codice d’accesso perché tu possa divulgare informazioni riservate» la rimproverò Fury.
«È quello che le ho detto anche io» rincarò Tony.
Victoria era piuttosto stanca di essere continuamente ripresa da tutti per il suo errore. «Sentite, adesso basta. Ho fatto un errore di valutazione, sono felice che a voi non capiti mai. Ai comuni mortali, sì. Pagherò quel che devo pagare» esplose. Poi abbassò la voce: «Ad ogni modo, non è questo il punto: dobbiamo concentrarci su Bruce ora. Dobbiamo trovarlo».
Steve annuì. «Sappiamo già dov’è. Appena Tony ha dato l’allarme abbiamo attivato il GPS che gli abbiamo impiantato». Prima della battaglia di New York, Hulk aveva perso il controllo sull’Helicarrier dello S.H.I.E.L.D. precipitando a terra. Dopo quell’esperienza, l’organizzazione chiesto a Bruce se poteva impiantargli un piccolo transponder, in modo da poterlo localizzare in casi simili. Bruce aveva acconsentito, a patto che il microchip venisse attivato solo in caso di necessità. Appena ricevuta la segnalazione da Tony, Fury aveva dato ordine di attivarlo.  «Non è andato molto lontano» concluse. «È nella Death Valley».
«Posticino ameno e incantevole» borbottò Tony.
«È un posto in cui può stare solo, senza fare del male a qualcuno» rilevò Victoria.
«Andiamo a riprenderlo» esclamò Fury.
«Prepara l’armatura, Jay» ordinò Tony, mentre Rogers e Fury uscivano per raggiungere l’elicottero in attesa. Victoria li seguì.
«Ehi, dolcezza: dove credi di andare?» disse Tony, bloccandola.
«Io ho fatto il casino e io intendo rimediare» spiegò la donna.
«No, no! Tu te ne starai buona buona ad almeno quattrocento chilometri da Hulk. Il che significa che resti qui. Noi andiamo a riprenderlo».
Victoria aprì la bocca per replicare, ma Tony fece scivolare le mani lungo le sue braccia: «Lo so che vuoi solo dare una mano. Ma davvero non so in che condizioni lo troveremo. Quando saremo sicuri che è, come dire, stabile, lo riporteremo qui così potrete chiarirvi. Ok? Ti va bene come soluzione?»
La donna sospirò, ma Tony aveva ragione. «Va bene, vi aspetto qui».
«In realtà, dato che è probabile che i vestiti di Bruce siano ormai a brandelli, Tony non vuole che tu possa fare confronti».
Tony non si voltò nemmeno.
«Non mi ha mai spaventato alcun confronto, caro il mio Mister Ghiacciolo. Tu piuttosto: non puoi continuare ad andare in giro dicendo che è colpa del freddo, dato che ti hanno scongelato da ormai sei anni» replicò. Poi le sfiorò le labbra con un bacio leggerissimo e si rivolse a Fury: «Voi andate avanti, io metto l’armatura e vi raggiungo».
Victoria uscì e osservò l’elicottero involarsi sopra la casa e mettersi sulla rotta per la Death Valley. Pochi secondi più tardi Ironman emerse dal seminterrato, prese quota e seguì l’apparecchio nero dello S.H.I.E.L.D.
Quando rientrò in casa, avvertì subito uno strano rumore. Era una leggera vibrazione intermittente. Sembrava un cellulare ma non era il suo.
«Jarvis, da dove viene questo rumore?»
«C’è un cellulare sotto il divano, signora. È quello del dottor Banner».
Victoria si chinò e lo raccolse. Il cellulare doveva essergli scivolato dalla tasca quando si era trasformato e ora stava squillando, anche se in modalità silenziosa. Sul display c’era il nome di Violet e la donna si affrettò ad aprire la comunicazione, prima che riattaccasse.
«Violet, sono Victoria. Ti prego, non riagganciare».
Sua sorella rimase in silenzio, evidentemente spiazzata dal fatto che avesse risposto lei.
«Oh Vi, ero così preoccupata. Perché non rispondevi alle mie chiamate?» proseguì.
«Ero arrabbiata con te» rispose.
«Lo so» affermò Victoria, «e avevi tutti i motivi del mondo per esserlo. Ho commesso un errore e ti chiedo scusa. Non avrei dovuto intromettermi».
Violet tacque, poi trasse un lungo sospiro. «Grazie. Significa molto per me». Ci fu un altro lungo momento di silenzio. «Senti» esclamò poi la giovane, «io però ho chiamato Bruce. Perché rispondi tu?»
Victoria le raccontò ciò che era successo con Bruce. «Quando ha capito che ero stata io ad allontanarvi, Bruce si è trasformato. Era molto arrabbiato, ma quando ho fatto il tuo nome, si è fermato».
«Significa che stava per aggredirti?»
«Mi sono già presa la mia parte di rimproveri da Tony. Comunque non è successo niente, ma Bruce è fuggito. Tony e Cap sono andati a riprenderlo».
«Vic, a proposito di Bruce… io non so cosa mi stia succedendo» cominciò Violet con tono esitante, come se avesse paura lei per prima di ammettere certe cose di fronte a se stessa. «Sono tornata a New York per stare a distanza, per provare a vedere le cose da un’altra prospettiva. Ma lui mi manca, Vic. E non mi importa nulla se è Hulk. Voglio dire… non penso che sarà facile, ma devo almeno provarci».
Victoria sorrise. «Siamo sempre state complicate, noi Johnson» commentò.
«Hai ragione» replicò la sorella, e Victoria avvertì il sorriso anche sulle sue labbra. «Scusami un momento» disse poi.
Victoria la sentì parlare con qualcuno. «È libero? Bene, mi porti al 10880 di Malibu Point».
«Violet, ma dove sei?»
«All’aeroporto. No, a dire la verità sono appena salita su un taxi. Sto venendo lì».
Questo le dava la possibilità di provare a sistemare le cose. Hulk a parte, Bruce era una splendida persona e si meritava un po’ di serenità. Non avrebbe mai dimenticato il sorriso che aveva sul viso il giorno che li aveva sorpresi sulle scale: era come se finalmente avesse trovato un equilibrio, un punto fermo nella sua vita così imprevedibile.
Bruce si era autoimposto una solitudine necessaria a tenerlo lontano dai guai, ma nessuno era fatto per stare da solo. E forse Violet, nonostante gli anni di differenza, poteva essere il suo porto sicuro, così come Victoria lo era per Tony. In fondo, nessuno si sarebbe mai aspettato quel cambiamento da parte di Tony Stark: eppure il playboy da “dieci ragazze per me” era diventato un marito fedele e un padre straordinario.
Quando l’elicottero dello S.H.I.E.L.D. toccò terra di nuovo nei pressi della villa, trasportava un passeggero in più. Bruce indossava una tuta dell’organizzazione e seguì Fury fino alla porta di vetro della casa.
Ironman atterrò accanto a loro, sollevando la visiera. Non disse nulla, ma Bruce capì.
«Tranquillo, Tony. Sono calmo ora».
«Lo so» rispose l’altro, sottintendendo che non gli avrebbe permesso di avvicinarsi a Victoria con il sospetto che potesse perdere il controllo.
Entrarono in casa e Victoria andò loro incontro.
«Mi dispiace».
Lo dissero entrambi, all’unisono, guardandosi negli occhi. Ed entrambi sorrisero. Poi Bruce sollevò un braccio, la mano aperta tesa davanti a sé.
«Mi scuso per quello che è successo prima. Non avrei dovuto reagire in quel modo, è stato assolutamente deplorevole. Mi spiace se ti ho spaventata e…» gettò un’occhiata verso le vetrate distrutte, «mi rincresce aver combinato questo disastro».
Victoria scosse la testa. «È stata colpa mia» disse semplicemente, stringendosi nelle spalle e stava per aggiungere qualcosa quando Tony la fermò.
«Vi prego, ora basta. Se qualcuno dirà ancora “è colpa mia” o “mi dispiace”, lo ucciderò con le mie mani. Fortunatamente non è successo nulla, Vicky sta bene, Bruce l’abbiamo recuperato e vivremo tutti felici e contenti». Si volse per metà, osservando i vetri infranti. «Tutti felici e contenti meno le mie vetrate!»
Victoria si avvicinò a Bruce, tendendogli il cellulare. «Dev’esserti caduto dalla tasca» disse, rendendoglielo.
«Grazie».
«Ti ha cercato qualcuno, prima».
«Chi?» chiese lui.
«Io» disse una voce, e Bruce alzò lo sguardo. Violet era rimasta nascosta dietro la parete, sicché nessuno l’aveva vista. Ora si fece avanti e Victoria notò il volto di Bruce: c’erano gioia, ansia, perplessità e un altro considerevole campionario di espressioni.
«Scusa se non ho risposto alle tue chiamate» disse Violet, avvicinandosi a lui. «Ero un po’ fuori di testa. Ma per quanto cercassi di toglierti dalla mente, riapparivi sempre. Così mi sono decisa a tornare».
Fece un altro passo verso di lui che si ritrasse. Lei si bloccò: pareva che avessero dimenticato di non essere soli ed era come se esistessero soltanto loro due.
Violet sorrise. «Non mi importa chi sei, Bruce. Hulk non sarà un problema, perché per me tu sei Bruce Banner».
«Tu non sai… non voglio farti del male».
La ragazza sorrise di nuovo. Poi corse da lui e gli gettò le braccia al collo. «Non mi farai mai del male, io lo so» disse.
Lui le posò le mani sui fianchi, quasi timoroso che andasse in pezzi. Poi la baciò.
Tutti distolsero immediatamente lo sguardo. Victoria si avvicinò a Tony e gli posò le mani sul petto coperto dall’armatura: «Sei ancora arrabbiato con me?»
«Non riesco mai ad essere arrabbiato con te, lo sai» replicò. «Mi fai ammattire, ma sei tutta la mia vita» mormorò, baciandola.
Quando alzò gli occhi, Bruce e Violet se ne stavano ancora completamente persi in se stessi e Tony sogghignò. «Potete baciarvi anche voi due, se vi fa piacere» disse, rivolto a Steve e Nick che se ne stavano impalati presso la porta.
La faccia di Nick di fronte a quella battuta fu assolutamente impareggiabile.
«Penso che possiamo anche togliere il disturbo» esclamò Rogers.
«Sì, solo un momento» rispose Fury. Poi si avvicinò a Violet che se ne stava accanto a Bruce tenendogli la mano. «Signorina Johnson, non serve che le dica che tutto ciò che riguarda gli Avengers deve restare sotto il massimo riserbo». Lanciò una rapita occhiata a Victoria prima di proseguire: «Ciò che sua sorella le ha mostrato non doveva essere divulgato, così come qualsiasi notizia su di loro. Lo S.H.I.E.L.D. è un’organizzazione segreta e avremmo piacere che rimanesse tale ancora per un po’».
«Falla finita, Nick» sbottò bonariamente Tony.
«Se leggerò un solo accenno a questa storia sulla sua pagina Facebook» proseguì il direttore, «ne risponderà a me personalmente».
«Ho capito, direttore» disse semplicemente la ragazza, alzando il mento quasi a volerlo sfidare.
Fury rimase a fissarla per qualche istante. Poi annuì come se fosse contento di ciò che aveva visto e girò sui tacchi.
«Andiamo, Steve».
Steve salutò e uscì, seguendo Fury a bordo dell’elicottero le cui pale presero a roteare lentamente acquistando progressivamente velocità e facendoli alzare nella morbida luce del crepuscolo.
Tony sospirò mentre li osservava volare incontro al tramonto. «Vado a togliermi l’armatura. Tesoro, ti spiace avvisare la cuoca che stasera abbiamo ospiti?»
Si avviò per scendere nel seminterrato e, quando fu vicino a Bruce, gli circondò le spalle con un braccio e lo trascinò con sé: «Vieni giù, cognatino, che ti spiego un paio di cosette sulle sorelle Johnson».
  
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