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Autore: Black Iris    05/08/2014    0 recensioni
Foto che rievocano magnifici ricordi.
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi siedo sulla sedia e accendo il computer. Come sempre. Mi sembra che la scrivania sia più piccola adesso che c’è la foto incorniciata di noi due insieme. Mi tolgo la giacca e la butto sul letto dietro di me, poca importanza ha se c’è disordine. Entro nella mia cartella, apro un documento word e mi metto a scrivere, come sempre. Sono molto abitudinaria io. Guardo ancora la nostra foto, siamo venute molto bene. È una foto scattata sul momento, non sapevamo neanche che la mamma ci stava puntando la macchina fotografica. Certo che sei bella tu. lo sei sempre stata, più di me di sicuro. Nella foto sei sull’altalena e io ti spingo, sarà stato circa cinque anni fa, in un giorno come tanti, nel parco vicino casa. Tu hai la mia maglietta, ti piace molto metterti i miei vestiti, pure se ti stanno grandi. Io invece ho la maglietta che porti che ti ho dato l’altra volta, perché non mi sta più. I nostri capelli sono al vento e sembra che debbano volare via. Siamo entrambe biondo cenere, ma tu hai dei boccoli, mentre io ho dei capelli mossi e basta, molto crespi.
Stiamo ridendo, forse perché a te piaceva andare sull’altalena e a me no, o forse è perché tu hai detto qualcosa di stupido e io ho riso e tu mi hai seguita. Si, sarà sicuramente così, succede spesso tra di noi.
Lascio stare quello che sto facendo, apro una cartella che ho fatto ieri. Ci sono dentro tutte le foto della macchina fotografica digitale e anche quelle che ho scannerizzato. Ce ne sono molte di me e te insieme, in una siamo vestite bene per un matrimonio, però come foto è vecchia. Tu indossi un abito che era mio, rosa antico, aderente, ricoperto totalmente in pizzo. Adoravo quell’abito, ma non mi stava più e così l’ho lasciato a te. Ricordo che abbiamo passato mezz’ora solo per chiudere la cerniera e appena tornate a casa te lo sei tolta di dosso perché non respiravi più. A me non stava così male, ero riuscita a tirare su la cerniera senza problemi.
Io ho un abito totalmente diverso invece. Ricordo che la mamma voleva farmi mettere qualcosa di diverso, ma io sono testarda e non ci stavo. Misi quell’abito porpora che oggi è nel tuo armadio, quello che mi arrivava alle caviglie e aveva uno scollo a cuore. Non so come facesse a piacermi, cioè, si era bello, ma quello che voleva farmi mettere la mamma era meglio. Era quell’abito color pesca che mi arrivava fino alle ginocchia e che aveva delle belle rose che separavano la gonna dal busto, davvero carino. Anche quello ora ce l’hai tu.
In un'altra foto ci siamo io e te prima di andare a scuola, siamo a casa, sedute sul letto che abbiamo finito di prepararci. Era il tuo primo giorno di scuola. Avevi il mio grembiulino, quello con le coccinelle al posto dei bottoni, mentre io avevo messo la prima cosa trovata in armadio. Avevi i capelli cortissimi che essendo ricci ti facevano un piccolo cespuglio biondo sulla testa. Tenerissima. Per non parlare del fatto che eri molto paffutella.
C’è anche quest’altra foto, dove siamo al  mare. Abbiamo finito di scavare una buca e tu ti ci sei fatta seppellire dentro, sporge solo la testa con i ricci tutti bagnati. Anche lì sei molto carina, devo dire.
Suonano il campanello alla porta, odio quel suono, ma devo andare ad aprire lo stesso.
Apro e chi mi ritrovo davanti? I testimoni di Geova. Gli dondola la collana buddista davanti agli occhi e chiudo sonoramente la porta, vengono tipo una volta a settimana e mi parlano di cose per cui non provo il minimo interesse, ho cominciato a sbattergli la porta in faccia da poco. Spero che la smettano di venire. Non ho niente contro di loro, solo che odio essere disturbata così, senza motivo, solo perché un altro vuole espormi le sue idee. Quando vorrò saperle, andrò a chiedergliele, ma fino ad allora, spero che capiscano che una porta in faccia significa che non devono tornare.
Pensandoci però, ne abbiamo fatte io e te di cose stupide ai testimoni di Geova, quando abitavamo ancora nella vecchia casa! Ricordo che venivano molto più frequentemente e io e te li ascoltavamo divertite. Non capivamo praticamente niente di tutto quello che dicevano, ma ci sembravano tanto i racconti per andar a dormire. Che poco rispetto. Li ascoltavamo al citofono e loro si chiedevano sempre perché ridevamo. In quel citofono non si capiva che eravamo bambine. Poi un giorno sei venuta a dirmi che c’era un mio amico al citofono e io sono andata a rispondere.
-chi è?- ho chiesto. Come sempre.
-sono Gino- risponde la voce.
-non conosco nessun Gino- gli rispondo io prima di riattaccare.
-aspetta, possiamo essere amici- mi dice lui, -anzi, ancora meglio: fratelli-.
Era un testimone di Geova, di nuovo. Ricordo che quella volta gli ho gridato al telefono di smetterla di chiamare in quell’appartamento e di trovarsi un lavoro, perché ci aveva rotto. Tu a poco ti rotolavi per terra dalle risate. In effetti era una scena esilarante. Ho risposto male tante altre volte, allora, ma non perché mi davano fastidio, ma tu ti divertivi così tanto a sentire che li mandavo via. Che poco rispetto.
Mi risiedo al computer a osservare le foto.
Ce n’è una a cui sono molto affezionata, devo stamparmela e metterla da parte, per poter incorniciare più tardi. Siamo noi due sopra l’ulivo. Quello era diventato il nostro posto preferito: l’ulivo di nonna. Siamo sedute su un ramo non molto alto, infondo non eravamo poi così grandi. Era un estate bellissima. Sole, spazi aperti, quell’ulivo e noi. Non mancava praticamente niente.
È dell’estate in cui ti hanno fatto quell’operazione alle tonsille e io ho dovuto restare a casa senza di te per dei giorni. Era noiosissimo. Poi, quando sei tornata parlavi poco, per colpa dell’operazione e non mangiavi neanche come prima, allora passavamo più tempo insieme, visto che tanto ti annoiavi moltissimo a stare a letto da sola. Nostra madre non voleva, diceva che potevi farti male, ma non mi interessava, io ti prendevo e insieme andavamo all’ulivo. Forse è stata l’estate migliore che abbia mai vissuto.
È passato un sacco di tempo, mi sono incantata a guardare le foto, meglio che lascio stare e torno a fare il mio lavoro.
Mi manchi moltissimo.
Vieni a trovarmi presto!
 
   
  
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