Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
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Autore: Chasey    05/08/2014    2 recensioni
Dal testo:
"Si girò leggermente per sbirciare l'espressione assunta da Abberline, le venne quasi da ridere. Le sembrava di vedere un'opera grottesca, con quegli occhi spalancati e la bocca aperta al massimo.
Perché era così atterrito? Quanto orrore poteva fare un morto? Lei sapeva bene che i vivi potevano essere ben più terrificanti."
Dunque, questa è la mia prima fan fiction in assoluto. Ho preso i personaggi di Kuroshitsuji e li ho portati nei giorni nostri, ho aggiunto un nuovo personaggio, misteri e un po' di umorismo. Molto probabilmente alcuni di loro saranno OOC, visto che cambierò un po' i ruoli. ^^
Genere: Comico, Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciel Phantomhive, Fred Aberline, Nuovo personaggio, Sebastian Michaelis, Un po' tutti
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno
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I suoi occhi viola risplendevano leggermente nella notte, questo a causa dei raggi lunari che si posavano dolcemente su di lei. Non erano di quel colore perché la natura era stata gentile con lei, anzi, erano il risultato di un difetto nella sua pupilla. Non c'era abbastanza pigmento per coprire i vasi sanguigni che quindi si mischiavano al suo altrimenti cobalto trasformandolo in un viola. Il problema era che, a causa di questo, i suoi occhi erano più sensibili di altri alla luce.
La sua folta capigliatura ondeggiava lievemente, accarezzata dal flebile vento. Un corto caschetto color cioccolato, con riflessi ramati e qualche malcapitata ciocca azzurra che spuntava qua e là. Quelli erano i residui della sua ultima fuga. Se qualcuno avesse parlato con lei solamente tre giorni prima si sarebbe trovato di fronte a una ragazza con lunghe trecce turchesi, occhiali dalla pesante montatura verde bordata di nero, un brillante diamantino incastonato al lato del naso e occhi smeraldo. Ora di quella figura non rimaneva quasi nulla e lei sperava di poter finalmente smettere di cambiare.
Non so neanche più come sono io veramente riflettè.


“Finiscila” disse a Sebastian, silenziosamente accovacciato accanto a lei, in un sussurro di qualche tono più alto del normale.
“Uh?”
“Di fare quello, di fissarmi.”
Un rumore di passi riecheggiò sotto di loro, che dal tetto di un edificio spiavano la zona circostante.
Lei si allarmò subito, scattando in piedi e aguzzando la vista nel buio. L'ombra che era causa di quel rumore si allontanò dal loro campo visivo. Diamine.
Sebastian si alzò anch'esso, si piegò leggermente e prese la rincorsa. Il suo snello profilo atterrò delicato sul tetto di un palazzo vicino, quando le sue scarpe urtarono con il suolo non si sentì alcun rumore. Si voltò poi, tendendole una mano con fare rassicurante.
Lei dal canto suo eseguì il salto in maniera altrettanto leggiadra, rifiutando la sua mano e sfiorando il pavimento con le esili dita nell'atterraggio.
“So badare a me stessa” latrò poi, sistemandosi la sacca che portava a tracolla e che si era leggermente spostata a causa del movimento.
“Posso farle una domanda?”
“No, non parlarmi.”
Con quella frase, Katlyn troncò ogni possibile discorso.
Restarono lì ancora per qualche minuto, alla fine non successe nulla di rilevante, per cui si decisero a rientrare.
Tornando alla centrale di polizia non trovarono Abberlaine, bensì un suo biglietto scritto con una grafia alquanto bambinesca e tremolante.
In parole povere li avvertiva che il suo capo aveva predisposto i loro alloggi in uno dei palazzi adibiti solitamente alla protezione testimoni. Questo voleva dire stare a contatto con quei due rompiscatole per più del tempo necessario. Inutili dire come reagì la povera Katlyn a quella notizia, strabuzzando gli occhi e stringendo spasmodicamente il foglio con le dita, stava già per andare a dirne quattro a quel dannato poliziotto. Poi però le venne in mente che stando nello stesso loro appartamento avrebbe potuto controllarli meglio.
Ma cosa più importante pensò mentre entrava nella stanza che sarebbe stata “sua” potrò tenerli lontani da Julian.
Chiuse a chiave la porta, controllò l'armadio e la finestra, infine estrasse da un fodero della cintura uno dei suoi pugnali e se lo tenne stretto contro il petto mentre scivolava in un sonno profondo.

“C'è ne stato un'altro! E' successo di nuovo!”
La voce squillante e alquanto fastidiosa di Abberlaine, unita al tonfo di una porta aperta violentemente, la strapparono alla quiete che raramente si trovava a gustare.
Scese le scale con passo pesante, il coltello ancora nella morsa della sua mano, i vestiti spiegazzati e i capelli che avevano deciso di ribellarsi alle leggi della fisica.
“COSA CAVOLO TI URLI!” sbraitò, facendo il suo ingresso nel salotto e fissandolo il pover'uomo con sguardo famelico.
“Ben svegliata principessa, dormito bene?” canticchiò Ciel, spaparanzato su una poltrona di pelle scura, i piedi poggiati sfrontatamente su un tavolino di vetro.
Dio aiutami, lo voglio ammazzare.
Katlyn impose a se stessa di calmarsi, fece due respiri profondi e passò la mano libera sulla fronte.
“Cosa ti porta da noi Abberlaine?”
“Un'altro morto, l'abbiamo scoperto stamattina. Stavolta si tratta di un bambino.”
“Vediamo.”
Il poliziotto le porse le foto e lei le guardò.
Non erano un bello spettacolo, ma d'altronde non lo erano mai. Il corpo del piccolo era contorto in una posa innaturale, data dall'impatto con il terreno, il sangue si era allargato in una pozza irregolare intorno a lui.
Potrebbe essere mio fratello..
Scosse la testa con forza, non doveva pensarci. Studiò le immagini a lungo, ma poi le passò a Sebastian che subito le diede rispettosamente al suo capo.
“Non riesco a notare nulla di strano, vedete voi.”
“A quanti siamo?” chiese rivolgendosi all'adulto.
“Con questo... è il ventunesimo.”
La ventunesima strana morte. Da qualche settimana in quella già triste città erano iniziati a fiorire sempre più cadaveri. La prima era stata una ragazza, le vene dei polsi tagliati, scure incrostazioni scarlatte nella vasca. Un semplice caso di suicidio. Ma poi c'era stato un anziano signore, finito sotto un camion che trasportava mobili. Un comune incidente stradale. Poi i suicidi e gli incidenti si erano sommati e perfino quelle teste bacate della polizia si erano accorte che qualcosa non andava.
“Abberlaine, mi serve una cartina.”
Lui sfilò dalla tasca un'ennesima mappa impolverata e consunta.
“No” sbottò lei, alzando gli occhi al cielo “non quella, una piantina della città il più aggiornata possibile. Se non ne disponi vanne a comprare una.”
Sospirando leggermente il poliziotto uscì dalla stanza, lasciando soli i tre ragazzi e dirigendosi alla ricerca di quanto richiesto.
Katlyn si sedette a sua volta su un divanetto, le cui molle emisero uno scricchiolio nel momento in cui incontrarono il peso della ragazza.
“Sono curioso,” esordì Ciel, posando le foto sul tavolino e incrociando le dita affusolate “cosa ha spinto una celebrità come te ad aiutare un tipo come lui?”
“Mi sento generosa, per cui passerò sopra il tuo insulto e te lo dirò.”
Storcendo leggermente l'angolo della bocca, la ragazza proseguì: “In poche parole me ne stavo tranquilla per i fatti miei, quando per l'ennesima volta mi accorgo di questo tizio allampanato che mi segue, diciamocelo, il nostro caro Abberlaine non è proprio un maestro della furtività. Così l'ho fermato in un vicolo chiedendogli cosa volesse ed eccomi qui.”
Dopo quella che sembrò un'eternità il poliziotto rientrò, sbattendo nuovamente la porta, il respiro affannato dalla corsa e piccole gocce di sudore che gli imperlavano il volto.
“E-c-...ecco..” mormorò, appoggiandosi al muro e ansimando pesantemente.
“Calmati Abberlaine, la nostra dolce ragazza si è beatamente addormentata” gli disse Ciel, indicando Katlyn che giaceva respirando sommessamente, gli occhi chiusi e le braccia fermamente incrociate sul petto.
“Che dite, dovrei svegliarla con un tenero bacio come nelle fiabe?” propose poi, ammiccando e sorridendo maliziosamente.
“Non lo farei capo, se fossi in lei” consigliò Sebastian, che per tutto quel tempo era stato in piedi accanto al ragazzo, immobile. Nel pronunciare quella frase però, sorrise maliziosamente.
“Io... non mi sembra il caso di farla arrabbiare..” esordì prudentemente l'ispettore.
“Ma andiamo ragazzi! Dorme come un sasso, non se ne accorgerà nemmeno!” proseguì lui, mentre si dirigeva saltellando verso il divano.
Si sporse in avanti avvicinando il proprio viso a quello della ragazza, i loro nasi giunsero a un centimetro l'uno dall'altro, la distanza tra le loro labbra che si accorciava sempre di più.
Fu questione di pochi secondi, Ciel vide appena gli occhi di Katlyn che si spalancavano per fissarlo furiosi, poi lei buttò rapidamente indietro la testa per dargli una sonora capocciata.
BONK!
“Ahi, ahi” si lamentò lui, strofinandosi la fronte.
“Ringrazia che mi sono limitata a quello” sbottò lei, indicando il livido che andava formandosi tra le ciocche blu del ragazzo. Si fece poi dare la cartina da un alquanto sorpreso Abberlaine e iniziò a studiarla, con una penna segnò tutti i luoghi degli omicidi, collegandoli poi tra loro nell'ordine in cui erano avvenuti.
Alla fine ottenne un miscuglio di linee che si intersecavano, sovrapponendosi e poi fuggendo lontane le une dalle altre.
“Vi dice qualcosa?”
Le persone presenti con lei in quella stanza scossero la testa e anche lei era d'accordo. Aveva sperato che spuntasse fuori un simbolo o qualcosa che potesse dar loro un indizio in più, ma si era rivelato inutile.
“Qualcuno qui ha visto troppi film” sogghignò Ciel.
“Almeno io cerco di darmi da fare, a differenza tua. Ho bisogno di tutte le foto disponibili sul caso, devo farle controllare da una persona.”
Ci volle un po' per ottenere quello che aveva chiesto con la lentezza dell'ispettore, ma alla fine una spessa busta bianca riposava nella sua mano.
Uscì dal palazzo, camminando rapidamente per le strade, sempre attenta ad eventuali inseguitori. Alla fine giunse alla sua destinazione, in un tranquillo quartiere residenziale il cui viale era adornato dagli unici alberi ben curati di quella città.
Sospirò, temporeggiando mentre passava il peso del suo corpo da un piede all'altro.
Fissava il cancello laccato di rosso che aveva ormai attraversato, il giardino pieno di rose del medesimo colore e l'imponente portone dipinto di bordò.
Da quanto tempo era che non si ritrovava lì? Tanto, probabilmente anche troppo.

Fossa dell'autrice:
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto. Mi scuso per il ritardo ma a causa di problemi con il computer non sono riuscita a pubblicarlo prima, ringrazio ancora una volta coloro che hanno recensito il capitolo precedente. E' stato scientificamente dimostrato da uno studio in America che lasciare una recensione allunghi la vita di un anno, per cui recensite più che potete xD
Alla prossima ^^
   
 
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