Anime & Manga > Lupin III
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Autore: ThiefOfVoid    05/08/2014    2 recensioni
"Cinque giorni di coma e due arresti cardiaci più tardi mi risvegliai e il mio caro zio, arrivato alla velocità della luce da Tokyo per starmi vicino, mi convinse in qualche strana maniera a lasciare la mia brillante carriera da diagnosta per arruolarmi nell’Interpol. Tre mesi dopo essere stata dimessa lasciai il camice bianco per una divisa. [...] Ho le idee chiare, devo e voglio lasciare l'Interpol"
Un'hacker alle prese con la sua prima missione sotto copertura per conto dell'ICPO. Saprà rimanere distaccata o si lascerà trasportare?
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jigen Daisuke, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mi sveglio in preda ad un dolore lancinante alla spalla. Mi alzo aiutandomi con il gomito sinistro e mi rendo conto che ho addosso una camicia turchese. Sul comodino, vicino alle mie munizioni e alla mia magnum, ci sono un pacchetto di Pall Mall super long, uno dei cappelli di Jigen e un biglietto indirizzato a me.

Spero che la spalla non ti faccia troppo male. Non sono riuscito a proteggerti come avrei dovuto, e me ne pento immensamente. Perdonami. Ti amo.
Daisuke Jigen

L’ha scritto di fretta, forse senza nemmeno sapere come esprimere alla perfezione ciò che gli passava per la testa in quel momento, ma ogni parola è stata un piccolo colpo al cuore, fino a quel ‘ti amo’ che me l’ha praticamente massacrato. Odio sapere che si sente in colpa per qualcosa che non poteva ne prevedere ne fermare in quel dannato trambusto, e poi se sono viva e sto bene è merito suo. Traccio il segno di sblocco del cellulare e vedo che sono le otto. Prendo le mie cose e le sue sigarette e esco da questa stanza, cercando Jigen ovviamente, ma di lui non c’è traccia. Ci sono solo Lupin, che sta già cercando di vendere il nostro bottino da un milione di dollari, e Goemon. Non vedendolo qui comincio istintivamente a far girare fra le mani il pacchetto di Pall Mall.

Lupin distoglie lo sguardo dalla lista di possibili acquirenti che ha sul pc “Ben svegliata, come va la spalla?

“Non benissimo, ma non importa. Avete visto Jigen?”

“Ha vegliato su di te tutta la notte, non ha chiuso occhio per assicurarsi che stessi bene. Un’ora fa gli abbiamo detto che se voleva ci pensavamo noi a controllare lo stato della ferita. Ci è voluto un momento prima di convincerlo, ma poi è uscito, non so dove possa essere. Se l’è presa molto per ciò che è successo”

“Sì, lo so” dico mostrando a Goemon il biglietto che stringo fra le dita. Proprio in quest’istante ho una mezza idea su dove potrebbe essere. “Avete un antidolorifico?”

Il loro no mi porta quasi ad imprecare. Esco prima che possano offrirmi qualsiasi cosa. Faccio un salto alla Starbucks, mi prendo una cioccolata calda e un muffin e poi prendo un taxi. Sto andando sul ponte di Brooklyn, dove sono praticamente sicura di trovarlo. Oggi il traffico mi dà sui nervi più del solito, se non fosse per il braccio avrei preso la moto, e a quest’ora sarei già arrivata. Spero solo di trovarlo lì, altrimenti non so davvero dove potrebbe essere. Quando arrivo lo vedo con lo sguardo perso all’orizzonte, e stranamente ha il cappello tirato su abbastanza da poter vedere i suoi occhi. Ho come una specie di fitta al cuore, non riesco a sopportare che sia così giù di morale, il suo sguardo mi sta uccidendo negativamente. Non so come iniziare il discorso, rimango ad alcuni passi da lui per qualche minuto. Mi rendo conto che si è accorto di non avere le sigarette, mi approfitto di questo momento per iniziare a parlargli.

“Te le sei dimenticate sul comodino, ho pensato di prendertele”

“Che ci fai qui? Dovresti riposare…e poi con quella spalla non puoi nemmeno sparare” gli passo il pacchetto, che mette nella tasca interna nella giacca

“Al diavolo la spalla, sai benissimo che dobbiamo parlare” a questo punto mi volta le spalle, come se non potesse reggere il mio sguardo“Sai, non ti perdono”

Ecco io…mi dispiace”

“Non ti perdono perché non hai niente da farti perdonare. Non potevi sapere che quel bastardo di Shade avrebbe sparato a tradimento…e poi era pieno di sicari, non potevi accorgertene” nessuna delle mie parole sembra avergli fatto cambiare idea. Gli circondo l’addome con le braccia e appoggio la fronte alla sua schiena, cercando di eliminare dalla mia voce ogni traccia di esitazione “Puoi dire o credere quello che vuoi, ma mi sento al sicuro quando sono con te”

Lascio la presa sentendo che si sta girando. Mi abbraccia cercando di non stringere troppo sulla spalla ferita “Non farti più sparare”

“E tu non sentirti più in colpa per una cosa del genere” lascio passare un momento prima di continuare a parlare “Non vorrei sembrare un’insensibile ma…prima di tornare nel nostro nascondiglio potremmo andare a prendere degli antidolorifici? La spalla mi sta facendo diventare matta”

Mi lascia e mi guarda dritto negli occhi, sorridendomi “Ok…” mi si avvicina al viso e in un momento mi ritrovo le sue labbra sulle mie, e anche se non è la prima volta la tachicardia in queste occasioni è sempre quella. “Però poi ti riposi”

Dopo aver preso l’antidolorifico, che entra in circolo quasi subito dandomi parecchio sollievo, lo convinco a fare un giro a Central Park. A quest’ora della mattina non c’è quasi nessuno. Central Park è un altro dei luoghi che più amo di New York, insieme a Time Square e al ponte di Brooklyn. A volte vengo qui dopo aver finito di lavorare e mi ascolto della musica in santa pace mentre passeggio. Già, ho sempre con me il mio MP3 e un paio di cuffie, non abbandonano mai la mia borsa. Ad un certo punto mi accorgo che ha al polso l’orologio del padre, si esatto, quello di ieri sera. Avevo ragione a dire che ci fosse una questione personale legata a quell’orologio. Mi chiedo solo come mai ce lo avesse Gavez. Non credo che abbia voglia di parlarne, per questo non gli chiedo niente. Sinceramente è la prima volta che vengo qui con qualcuno, ed è carino il fatto che la mia prima volta in compagnia a Central park sia con Jigen. Chissà, magari è una specie di segno. Ok, non mi perderò via con discorsi di questo genere, non mi sembra il caso. Torniamo al rifugio a bordo della sua Cadillac, una gran bella macchina.

“Sai di aver lasciato uno dei tuoi cappelli sul comodino, vero?”

“Certo, è tuo ora. Era di mio padre, me lo regalò parecchi anni fa, ormai ho perso il conto di quanto tempo è passato. Ora voglio che lo tenga tu”

“No io…non me la sento, ha sicuramente un significato importante per te”

“Anche tu ne hai di significato per me”

Mi basta questa frase, questo istante, per capire. Ho le idee chiare: devo e voglio lasciare la polizia…magari non subito, giusto per lasciare mio zio sulle spine ancora per un po’. “Ti amo. Ora ferma questa dannata Cadillac, non posso baciarti se stai guidando”

Gavez è un povero idiota, che pur troppo ho solo mandato in coma, però forse due parole giuste le ha dette: anima gemella. Per tanti anni ho cercato una persona che potesse definirsi tale, e dopo tante delusioni da parte di quelle che tutti definiscono le persone per bene ho creduto che il concetto dell’anima gemella fosse assurdo. Per ricredermi ho dovuto guardare oltre, ho dovuto guardare oltre una fedina penale e oltre le voci della gente. Ora capisco come si è sentito il nonno. All’inizio sei disorientata dal fatto che sei interessata ad un criminale, pensi che sia assurdo solo perché non ti era mai capitato prima, solo perché tutti credono che sia sbagliato. Poi capisci che non c’è niente di male se quella persona, pur essendo un criminale, ha dei principi. Capisci che non c’è niente di male nell’amarla se ti fa stare bene. Così, finalmente, lasci che le cose accadano e riesci ad apprezzare come si deve ogni momento. E alla fine capisci che la persona che hai accanto è la tua anima gemella, francamente questo è il mio caso. Comunque…questo momento dolcemente memorabile viene interrotto da un cellulare che squilla. E’ Lupin, contrariato dal fatto che siamo ancora in giro quando c’è ancora del lavoro da fare prima di partire per Tokyo. La prima cosa che faccio quando arriviamo è quella di prendermi il cappello, state certi che non me ne separerò mai per nessuna ragione. Dovrei fare delle ricerche per il prossimo colpo, ma Jigen convince Lupin a lasciare a lui questo compito, visto che lui ha già finito il suo lavoro. E mentre Lupin pensa a costruire la mia identità falsa da viaggi internazionali io mi ritrovo nella più completa inattività. Finisco di preparare la valigia, risistemando meglio le mie cose. Cambio l’ubicazione di tre foto che devo assolutamente portarmi. La prima è la foto del giorno della mia laurea, in cui sono affiancata da una versione estremamente fiera di mio zio. La seconda è una foto che avevo scattato con il mio team nello studio di diagnostica. La terza è forse la più importante. Sono al centro, alla mia destra c’è mio padre e alla mia sinistra mio zio. Ce l’aveva scattata mia madre, in cima alla Statua della Libertà. Un mese dopo hanno ucciso mio padre. Le foto che più mi uccidono sono proprio quelle con mio zio…mi mancano quei momenti. Vorrei davvero non aver mai litigato con lui. Me ne sto ferma a pensare fino alle dieci, non potendone più decido di andare da Jigen e magari di dargli il cambio. Quando arrivo lo trovo addormentato con il cappello calato sul viso. Mi sembra ovvio, non ha chiuso occhio. Continuo le ricerche per il nuovo colpo e inizio una prima fase di hackeraggio per ottenere uno schema di sicurezza. Sto aspettando un download ascoltando Boom Clap di Charli XCX quando si sveglia.

“Dannazione…avresti dovuto prenderti una pausa, potevi svegliarmi, non me la sarei presa”

“Senza il dolore alla spalla posso fare qualsiasi cosa, più o meno…e poi anche tu dovresti prenderti una pausa” gli tiro indietro il cappello, così da poterlo guardare negli occhi “So benissimo perché hai passato la notte in bianco. Certo, potevo cavarmela anche da sola in caso di necessità ma…grazie, nessuno ha mai fatto una cosa del genere per me”

Restiamo in silenzio al massimo due minuti “Mi spiavi?”

“No”

“Sì tu mi stavi spiando”

“Non ti stavo spiando!”

“Sì certo. Quando ridi così stai cercando di nascondere il fatto che stai mentendo, ma questa volta ti è andata male”

Comincia a farmi il solletico, sapendo quanto lo soffro. So che esistono persone che possono trovare fastidiosa una cosa come questa, io invece in queste occasioni la trovo estremamente dolce. Trovo che sono proprio le piccole cose come queste a tenere unita e animata una coppia. Bisogna essere un po’ anche come migliori amici quando si sta insieme, bisogna conservare alcune buone abitudini. E’ una cosa che considero abbastanza importante, forse è anche per quello che con quel cretino del mio ex è andata com’è andata, visto che queste piccole cose erano completamente assenti da un certo periodo in poi…ma non parliamo di lui. Per carità, ormai insieme a Goemon è quasi come un fratello per me, ma mi chiedo se Lupin sappia vivere senza fare una battuta su di noi. A quanto pare siamo le sue prede preferite…aspetta, siamo anche le uniche attualmente.

“Che carini i nostri piccioncini. Come mai hai uno dei cappelli di Jigen?”

Mi concedo un momento per riprendermi “Sai non c’è assolutamente nessun motivo preciso…”

“Sì certo…comunque dobbiamo muoverci, l’aereo è tra due ore”

“Spero che tu abbia calcolato anche il pranzo, perché altrimenti saresti un tiranno”

“E’ ovvio che ci ho pensato…comunque dormirete in stanze separate, almeno per oggi”

Dentro di me partono un paio di insulti, ma tanto so già che non gli darò ascolto. Vado a cambiarmi dopo un paio di minuti, sono curiosa di vedere cosa si è inventato Lupin per la mia identità falsa. Il vestito non sarebbe tanto male, non è tanto più corto del mio minimo, ma ha il corsetto…e io odio i corsetti. Non è che non mi piacciono, ma mi stringono troppo. Però mi piace il colore, è una bella tonalità di turchese. Non sono tanto contenta di dover mettere dei tacchi a spillo da dodici centimetri, non sono abituata a portarli così alti e mi danno un fastidio incredibile. Ci metto parecchio per mettermi la parrucca bionda e boccolosa che Lupin mi ha procurato, per non parlare delle lenti a contatto azzurre. Non mi ci vedo per niente bionda con gli occhi azzurri, ma non importa, credo di stare abbastanza bene. Ora che ci faccio caso però la fasciatura è troppo appariscente e potrebbe anche essere un piccolo segno di riconoscimento. Nella mia valigia ho solo la giacca di pelle e una giacca nera di un tailleur che ho fatto modificare appositamente per me, se mio zio dovesse presentarsi in aeroporto potrebbe riconoscermi con una di queste due giacche addosso, già, gli basterebbe solo una giacca per trovarmi. Lo zio Koichi…ormai ricorre così spesso nei miei pensieri, appena mi fermo un attimo e ho la possibilità di pensare rivedo scorrere quegli attimi, sento di nuovo quelle parole forse un po’ dure che gli ho detto, e sento le sue dure parole. Siamo entrambi troppo impulsivi, e io sono troppo orgogliosa per andare da lui e ammettere che forse ho esagerato. Sono stata davvero troppo impulsiva, forse dovrei fermarmi un momento e mettermi nei suoi panni. Girovago fino ad arrivare alla porta, con la testa da tutt’altra parte, per poco non inciampo in uno dei borsoni, credo quello con le pistole, la Zantetsuken di Goemon e le munizioni. Faccio caso alla presenza di Lupin e Jigen solo sentendo una considerazione…diciamo apprezzabile.

“Vuoi uccidermi per caso!?” quando alzo lo sguardo Jigen sta ispezionando ogni centimetro quadrato della mia pelle scoperta

“Da quando te la spassi con la nuova arrivata?”

“Parla quello che muore dietro ad ogni bella donna”

“Non siamo tanto diversi caro amico. Credo che se non fossi qui sareste attaccati l’uno all’altra, fregandovene di tutti quanti”

“Ti sparo in testa se non chiudi il becco” ora che ci penso ha un modo di scherzare di relazionarsi con gli amici molto vicino al mio

“Bhe, se spararmi ti distrarrà dalle gambe di Alexis allora fa pure” se potessi guardarmi ad uno specchio sono sicura che mi vedrei completamente rossa in faccia. “C’è una cosa che non ti avevo detto prima…tu e Jigen siete sposati, ovviamente mi riferisco alle vostre identità false”

“Cosa!? N-non ti è sembrato il caso di chiedermelo prima di…?”

“Perché chiedertelo quando sappiamo tutti che avresti detto di sì? Comunque ormai è fatta, è il caso che vi mettiate queste” mi passa una scatola di quelle da gioielleria con le fedi, molto simile a come la vorrei se mi dovessi sposare. Sono d’argento, non troppo sottili ma neanche troppo alte. C’è un ideogramma giapponese inciso sopra, sta a significare amore eterno, yeong ai. Jigen sta al gioco e mi mette l’anello al dito, così anch’io devo fare lo stesso. Lo so che tutto questo non è vero e che fa parte di un travestimento, ma per un attimo ho lo stomaco sottosopra, vedere la fede sul mio anulare mi fa un certo effetto.

“Siete proprio una bella coppia, e parlo sia alle vostre identità false che a quelle vere, soprattutto alle seconde”

“Siamo solo amici” non sembro affatto convincente mentre lo dico

“Certo, se per te è normale baciare un tuo amico davanti a tuo zio allora siete amici”

“Avrà visto male…anche lui si sbaglia, no?”

“Zazà non sbaglia mai su queste cose”

Lo sguardo di Lupin è inequivocabilmente divertito, così lo evito aiutandomi con il cellulare, che metto in silenzioso. Mentre i ragazzi si cambiano apporto quel paio di modifiche al mio outfit. Per prima cosa mi libero di queste scarpe e metto un paio delle mie, non sopporto più questi tacchi di dodici centimetri. Per risolvere il problema della fasciatura ‘prendo in prestito’ una delle giacche di Jigen, non mi dispiace indossare qualcosa di suo ogni tanto. Dovrei controllare una cosa sul cellulare prima di metterlo via definitivamente, ma la mia attenzione viene catturata dal modo in cui Jigen riesce a star bene con tutto. Ha una camicia di un azzurro molto chiaro, completamente slacciata, con sotto una canotta leggermente aderente, un paio di jeans e occhiali da sole neri. E’ strano vederlo senza cappello, a viso completamente scoperto. Non so quanto il cambio di stile da solo possa essere efficace, ma forse Lupin sa qualcosa che noi non sappiamo. Riusciamo ad evitare mio zio e Jones (quel mio collega dell’inizio, è nella squadra omicidi ma ancora molto da imparare) che girano per l’aeroporto. Mi sembra strano che siano loro due da soli, ma arriviamo sull’aereo senza alcun problema. Passo la prima metà del viaggio con le cuffie alle orecchie mentre Jigen dorme come un sasso. Non me accorgo subito, ma sto sorridendo, non sono sicura del perché.  Nell’arco di un paio d’ore ascolto molto spesso 45 degli Shinedown. In questo periodo non riesco proprio a stare lontana da quella canzone, ormai la conosco a memoria. Mi fa ripensare tantissimo a quella sera, fuori dal Jazz Club. Credo che i miei argomenti fossero validi, credo che in quell’occasione avevo ragione, almeno in parte. Ma non mi sono espressa come avrei dovuto, sono stata troppo dura, e poi mi chiedono perché credo di avere un brutto carattere. Era solo preoccupato, certo, ha perso un po’ il controllo delle parole, ma avrei dovuto capirlo con tutte le volte che succede a me. Sto seriamente pensando di parargli, anche se non so ancora come. Non riesco più a concentrarmi su questo, porta il mio umore ai minimi storici. Mi chiedo come sia cambiata Tokyo in questi 15 anni, ricordo alcuni luoghi della città, ma non ricordo niente su come arrivarci. Mi ha affascinata fin da subito, anche se la nostalgia per New York era parecchia. La seconda metà del viaggio la passo parlando con Jigen del caso di mio padre. Non aveva ancora fatto in tempo a dirmelo, ma ieri sera è riuscito a scoprire il nome di quel messicano bastardo, Esteban Riez. E’ un mercenario, ma collabora soprattutto con Gavez. Usa una Ruger Super-Blackhawk, ma quando si tratta di ‘giustiziare’ qualcuno, come nel caso di mio padre, si affida ad una mitragliatrice. Spesso capita che prima spari al suo obbiettivo con la pistola, rendendogli impossibile la fuga o la difesa. Successivamente sceglie un posto strategicamente conveniente e uccide la sua vittima crivellandola di colpi. Si dice che sia un tipo difficile da affrontare, veloce, efficiente, spietato. Non si fa problemi ad usare stupidi imbrogli per uccidere. In poche parole non è un avversario per tutti. Non si sa mai dove sia, dopo ogni ingaggio sembra sparire nel nulla. Questo è ciò che si sa per certo di lui, poi esistono delle leggende metropolitane, che ovviamente non sono affidabili al cento per cento. Odio essere così silenziosa, ma non ho molta voglia di parlare in questo momento. Quando finisco un ennesimo capitolo di Città di Ossa mi accorgo che stiamo atterrando. Sento leggermente freddo quando usciamo dall’aeroporto, deve aver appena finito di piovere, l’aria è satura di umidità. Quando arriviamo sento il bisogno di una doccia per schiarirmi un po’ le idee e per rilassarmi un po’, rifaccio la fasciatura, prendo un paio di pillole di antidolorifico e mi metto la camicia da notte. Prendo il portatile e vado nella mia stanza. Non riesco a resistere alla tentazione di intrufolarmi nei sistemi dell’Interpol, apro il file di Riez. Mi sale parecchia rabbia nei suoi confronti guardando la foto. C’è una cosa che manca in questo file, ossia la dicitura ‘indagato per l’omicidio di Hisashi Zenigata’…a me basterebbe anche solo che sospettino di lui. E pensare che il significato del nome di mio padre è “che vive a lungo”, sembra una presa in giro da parte del destino. In un attimo passo dalla rabbia alla nostalgia. Mi ritornano in mente quelle volte in cui lo zio Koichi veniva a trovarci a New York. A volte prendeva affettuosamente in giro papà perché era il fratello minore. Eravamo un trio inseparabile, sono convinta che se avessimo collaborato tutti insieme ad un caso avremmo fatto scintille. Ho lasciato la porta mezza aperta prima, e sono così immersa nei miei pensieri che mi accorgo che Jigen è entrato solo quando sento la sua voce.

“Stai facendo ricerche sull’assassino di tuo padre, non è vero?”

“Cosa te lo fa pensare?”

“Hai gli occhi lucidi” spengo il portatile e lo lascio sul comodino con un sospiro disperato. Respiro profondamente, cercando di non piangere. Si siede accanto a me, istintivamente gli appoggio la fronte al petto, avrei preferito che non mi vedesse così demoralizzata. Sento il tocco leggero delle sue dita fra i capelli. “Se trovo quel bastardo giuro che lo ammazzo”

“A meno che non lo trovo prima io” riesce a strapparmi un sorrido “E poi ho in mente una vendetta completamente diversa. Preferisco che venga arrestato, e lo stesso vale per Gavez. Per quella gente finire in galera non solo è una seccatura, ma è anche un’umiliazione, e non c’è modo migliore per vendicarsi, farli fuori è troppo poco per me”

“Ti va se stanotte resto qui?”

Mi limito ad annuire, non sono sicura che riuscirò a dormire visto i bei pensieri che ho per la testa, e sinceramente se devo passare una notte in bianco preferisco non essere da sola. Gli lascio un po’ di spazio, così che possa stendersi accanto a me. Lascio che mi stringa a se, accarezzandomi dolcemente la schiena, proprio come la prima volta che abbiamo dormito insieme. A volte penso che forse, se mio zio sapesse come mi tratta, starebbe più tranquillo. Magari è il caso di farglielo sapere. Sto così bene fa le braccia di Jigen che pian piano la mia mente abbandona quei pensieri di vendetta, mi sento protetta e sento che non sono sola ad affrontare tutto questo. Mi concentro su questi pensieri positivi e mi addormento pian piano.

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Angolo autrice

Ok, in questo capitolo doveva essere compresa anche un'altra parte ma...ci sto mettendo un po' più del prvisto per scriverla, anche se forse srebbe rimasta nel prossimo capitolo comunque...non importa. Credo che questa stesura, con una sola grande idea a sostituirne due minori, sia miglire dell'originale che ho scritto un mese e mezzo fa circa. Aprezzo il graduale cambiamento di pensiero di Alexis riguardo all'episodio del Jazz Club, vi dico solo che il prossimo avvenimento sarà strettamente legato a questo mutamento. Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo. 
  
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