Mal di testa. Mitsuko era riuscita ad estirpare quel ricordo, era riuscita a non farsi beccare, era riuscita a convincersi di una realtà fasulla. Mitsuko attraversò la porta, si pulì le mani con una salviettina umidificata e raggiunse la sua automobile, perfettamente parcheggiata. Ciò che era più strano era che nessuno era all’esterno del supermercato, nessuno aveva osato chiamare la polizia. Nessuno sa. Ma proprio quando era fiera e sicura di essersi finalmente liberata dall’incubo notò che il bagagliaio della sua macchina era sporco di sangue. In quel momento il suo cuore riprese a battere velocemente, sino quasi ad esplodere nella sua cassa toracica. La sua mano lentamente si pose sull’apertura. Spinse. Tum. “C-c-c-cosa?” balbettò Mitsuko di fronte a quel corpo. Kiyoshi, suo marito, barbaramente fatto a pezzi. “Kiyoshi” gridò, afferrando il braccio mozzato all’interno del bagagliaio e se lo pose sulle labbra, fino a baciarlo e a leccarlo, quando si ricordò tutto. Mitsuko aveva origliato una delle telefonate di Kiyoshi, quelle parole le ritornarono in mente: “Hana, amore mio”. Presa dall’impulso sfuggente e dalla rabbia, Mitsuko afferrò il coltello da cucina che stava usando per tagliare la bistecca e la affondò nel corpo di Kiyoshi. Così, quando finalmente quel ricordo rinverdì, Mitsuko chiuse il bagagliaio e si mise alla guida dell’auto, non dopo essersi allacciata la cintura ed essersi controllata il trucco nello specchietto. In quel momento, solo una semplice domanda affollò la mente della donna: “Se Shinji e Mitsuko erano tornati in vita per vendicarsi della loro morte, che fine aveva fatto Kazumi?” E in quel momento due mani spuntarono all’improvviso da dietro il sedile stringendole la laringe. Mitsuko, spaventata, premette l’accelleratore e cercò di liberarsi di Kazumi che la stava uccidendo. Ma un muro. Solo un muro la fermò. E cominciò a nevicare, mentre il cielo si dipingeva di giallino FINE