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Autore: Luna Spenta    05/08/2014    1 recensioni
Brittany ha solo 17 anni quando la sua vita cambia radicalmente: trovarsi all'improvviso catapultati in una nuova città, dovendo cancellare tutto il proprio passato pur di proteggere le persone che si amano, può essere un'esperienza scioccante ma allo stesso tempo ricca di sorprese. Una nuova vita, una nuova storia, un nuovo amore. Ma il passato tende a ripresentarsi in tutta la sua irruenza... Si può davvero costruire il domani cancellando tutto quello che si è vissuto ieri?
DAL TRENTESIMO CAPITOLO:
In quella doccia c'era il suo profumo, il profumo di tutte le volte che mi aveva insaponato la schiena, che mi aveva sfiorata, toccata, baciata, morsa in quella stessa cabina.
Quante volte avevamo fatto l'amore lì? Quando sarebbe successo di nuovo? E soprattutto... sarebbe successo o no?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Già di per sé per una teenager ambientarsi in una nuova scuola, in una nuova città, tagliando completamente i ponti con le persone con cui è cresciuta, non è facile... farlo sapendo di essere continuamente spiata da un poliziotto diventa addirittura frustrante.
Non c'era posto in cui andassi in cui non mi ritrovavo l'ispettore Di Stefano a controllarmi. Lui inizialmente cercava di essere molto discreto, intervenendo solo quando necessario per evitare altre mie gaffes, ma il suo fascino era innegabile e le mie nuove amiche ormai stravedevano per lui, tanto da desiderare più la sua compagnia che la mia.
I suoi tentativi di discrezione, così, venivano costantemente mandati all'aria dalle loro continue richieste di sedersi con noi, mangiare con noi, ballare con noi, chiacchierare con noi, fare shopping con noi, eccetera eccetera eccetera.
La situazione per me diventava ogni giorno più snervante, ma nello stesso tempo sentivo crescere un profondo senso di ammirazione nei suoi confronti per come riusciva a fingere di sentirsi assolutamente a suo agio con delle ragazze molto più giovani di lui. Qualche volta mi capitava addirittura di pensare che si stesse divertendo davvero in nostra compagnia (o meglio in compagnia delle altre, dato che la sua presenza mi mortificava tanto che me ne restavo quasi sempre in un angolo) ma il più delle volte mi convincevo che stesse recitando, che quello fosse un noioso lavoro a cui era obbligato e che potendo scegliere sarebbe stato sicuramente altrove e con qualcun altro.
Ovviamente la situazione non era immune da malintesi.
Una sera andai a dormire da Stefania, una delle ragazze con cui avevo più legato in quelle prime settimane a Milano.
Ricordo che avevamo fatto tutto quello che si fa tra amiche quando si dorme insieme: unghia, capelli, film con attori dai bicipiti mozzafiato, scherzi telefonici, e alla fine arrivò, come da manuale, il momento dei pettegolezzi e delle confidenze.
-E che mi dici di Bill?-
Ci misi qualche secondo a capire che mi stava chiedendo dell'ispettore e non di mio fratello. Quando afferrai la domanda sentii il viso andare a fuoco.
-Bill? è solo un amico, un vecchio caro amico-
Lei sembrò un po' delusa, ma non demorse.
-Io credo che tu gli piaccia. Ti segue come un cagnolino, e poi è così protettivo...-
Stefania non poteva sapere che Bill, o meglio l'ispettore era pagato per esserlo. Io, che invece ne ero perfettamente consapevole, sentii lo stomaco stringersi. Per un attimo avrei voluto darle ragione, ma era stato solo un attimo. Amavo Adam. L'ispettore era decisamente sexy, ma io amavo Adam.
-Oh, è solo il suo modo di essere, non lo è solo con me.-
-E la sua decisione di seguirti in Italia? E' un ragazzo giovane, immagino avesse anche lui degli affetti a Greenville, eppure è venuto qui con te.-
Scossi la testa cercando parole adatte. Mi chiesi lui cosa si sarebbe inventato per uscire da quella situazione e cercai di imitarlo.
-Non è solo molto legato a me, ma anche alla mia famiglia. Lui per mia madre è come un figlio... e poi è stato spessissimo a Milano per lavoro, quindi per lui non è stato un cambiamento drastico.-
La spiegazione sembrava convincente e fui fiera di me per un brevissimo decimo di secondo, poi lei fece la fatidica domanda: -Che lavoro fa?-
Il pavimento sotto di me vacillò, ed io stavo per sprofondare sotto le macerie delle mie misere e pessime bugie... poi, all'improvviso, come per miracolo, trovai un appiglio, qualcosa a cui aggrapparmi per tirarmi su e salvarmi da quel terremoto. La mia ancora di salvataggio era lì, sulla parete di fronte a me, dietro la testa rossa e paffuta di Stefania.
-Fa il modello!- Esclamai con voce stridula, ringraziando dentro di me il poster che stavo fissando e che mi aveva dato l'idea, idea tra l'altro tutt'altro che inverosimile considerando il fisico della persona di cui si parlava.
-Wow- esclamò lei.
Ci fu qualche secondo di silenzio ed io mi illusi che il discorso fosse finito. Invece Stefania riprese imperterrita.
-Ammettilo, Niky, lui ti piace!-
-No, ma che dici? Sei impazzita? E' un amico!-
I miei tentativi di apparire calma, resero la mia voce ancora più tremante.
-Se è un amico perché in sua presenza sei così strana?-
-Non sono strana!- di nuovo la voce stridula e tremante. Dovevo assolutamente darmi un contegno. 
-Sì, invece. Non apri praticamente bocca quando c'è lui. Dice di averti vista crescere, quindi non mi spiego perché la sua presenza ti imbarazzi così tanto, dovresti esserci abituata. Ti piace, non vedo altra possibile spiegazione!-
Per la prima volta mi dispiacque che l'ispettore non potesse seguirmi anche in casa delle amiche; lui una soluzione l'avrebbe trovata di certo. 
Io e la mia scarsa capacità di mentire, invece, ci trovammo davanti un'unica alternativa: se Stefania non vedeva altra possibile spiegazione, allora tanto valeva assecondarla.
-Ok, hai ragione, mi piace.- La vidi illuminarsi davanti alla mia finta confessione.
-Lo sapevo!- esclamò con aria soddisfatta.
-Dovresti dirglielo- aggiunse -sono sicura che lui ricambia!-
-Assolutamente no!- mi irrigidii incrociando le braccia davanti al petto.
-Per lui sono un'amica, una specie di sorella più piccola e per mia madre lui è come un figlio. Renderei tutto fin troppo imbarazzante, quindi è meglio lasciare le cose come stanno.-
Stefania mise il broncio ma dovette cedere -Forse hai ragione, ma...-
Non la lasciai finire -Ma nulla, Stefania. Dormiamo, è tardi!- troncai infilandomi sotto le coperte.
Lei sbuffò ma fece lo stesso senza aggiungere altro. 
La mattina dopo uscimmo a fare un giro, e, "casualmente" incontrammo l'ispettore Di Stefano. 
-Hey Bill!- Stefania mi lanciò un'occhiata che mi sforzai di ignorare.
-Ragazze- ci salutò lui -anche voi fate jogging qui al parco?-
-No, siamo qui solo per passeggiare. Vuoi unirti?- 
-Certo-
Ed ecco che ricominciava la solita routine: lui arrivava, ed io diventavo invisibile.
Stefania però sembrava avere altri piani.
-Ragazzi io... devo andare alla toilette!- era evidente che neanche lei fosse un portento nel mentire. Le feci segno di piantarla, ma mi ignorò e corse verso il bar più vicino, lasciandoci soli.
L'ispettore si accorse immediatamente che qualcosa non andava e mi costrinse a raccontargli tutto. Mi guardò con un sorriso trattenuto fino alla fine del racconto, poi, come se una diga si fosse appena rotta, scoppiò in una fragorosa risata. 
Aveva le lacrime agli occhi e si piegava in avanti tenendosi la pancia.
Non potei far altro che lasciarmi contagiare e presi a ridere con lui.
Credo che se qualcuno fosse passato di lì in quel momento ci avrebbe presi per perfetti idioti, ma per fortuna era ancora presto e a parte i pochi che si dedicavano a fare jogging, c'era solo una testa rossa che sbucava da dietro ad un albero. Era lontana ma mi sembrò di riuscire a distinguere nitidamente il sorriso compiaciuto di Stefania.
-Sei una pessima bugiarda, ragazzina!-  mi disse il mio finto amico d'infanzia appena si fu ripreso.
-Quando la smetterà di chiamarmi così ispettore?-
-Quando tu la smetterai di chiamarmi ispettore! Sono Emanuele-
Mi lanciò un sorriso mozzafiato e m'indicò una panchina a pochi passi. Li percorremmo in silenzio e ci sedemmo.
-Così la tua amica pensa che ci piacciamo... che idea ridicola!-
Quella affermazione mi arrivò come una pugnalata, ma mi sforzai di fingermi disinvolta.
-Assolutamente ridicola- sottolineai.
-Sei molto giovane...- 
Pronunciò le parole con voce bassa, quasi come a voler parlare con se stesso.
A quel punto non potei far almeno di chiederglielo.
-Quanti anni hai tu, Emanuele?- la domanda suonò più acida di quanto volessi, ma in effetti sì, ero particolarmente irritata dal suo considerarsi così maturo rispetto a me.
-27-
-Ah beh, che uomo vissuto!- dissi sarcastica.
-Ho vissuto abbastanza in effetti.- rispose lui con aria seria -molto più di quanto possa dirti la mia età.-
-Io no invece? Pensi che io non abbia vissuto abbastanza? Credi che tutte le diciassettenni abbiano visto morire loro padre, la loro madre risposarsi, divorziare, andare in depressione e finire in un mucchio di guai? Credi che tutte le diciassettenni abbiano lasciato casa loro, i loro amici, il loro ragazzo, e tutta la loro vita dall'altra parte del mondo?-
Non mi resi conto che le lacrime avevano iniziato a straripare copiose dai miei occhi, finché lui non si avvicinò per asciugarmene una col suo pollice tremante.
Mi toccava come si tocca una bambola di porcellana, con la delicatezza che si riserva a cose fragili, che si ha paura di rompere.
-Mi dispiace, non volevo offenderti- sussurrò mentre mi abbracciava.
Un colpo di tosse ci avvertì che non eravamo più soli. Emanuele si allontanò immediatamente da me. 
Io alzai la testa asciugandomi le lacrime con le mani, e vidi Stefania che stava fissando lui con uno sguardo truce.
-Che cosa le hai fatto?-
-Nulla, ha avuto un attimo di malinconia- si giustificò lui imbarazzato, ma era chiaro come il sole che lei non gli credeva affatto, così cercai di intervenire. 
-Sì, è vero, lui non c'entra.-
-Non giustificarlo! Se non ti vuole è un idiota! Vieni via!-
Provai ad obbiettare ma Stefania mi aveva già tirato via imprecando contro Emanuele.
Lui era allibito ed io non sapevo che dire.
Dopo solo pochi passi, sentii qualcuno afferrarmi un polso e strattonarmi fino a farmi ruotare di 180 gradi. 
Mi voltai ed immediatamente due labbra piene si posarono sulle mie. 
Fu solo un secondo, poi Stefania mi tirò via di nuovo, facendomi interrompere mio malgrado quel contatto meraviglioso.
-Che stai facendo? Vai via!- Urlò furibonda lei contro Emanuele.
-La amo e non ho intenzione di andare da nessuna parte!-
  
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