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Autore: Francine    06/08/2014    8 recensioni
E poi ci sono loro. Le infiltrate. Quelle che necessitano di più spazio di quello garantito da cento parole secche. Quelle che non hanno un posto dove andare, come i coralli aggrappati allo scoglio. Quelle che non hanno legami, non hanno radici, non hanno una genesi. Quelle che ho scritto quando avrei dovuto concentrarmi su qualcos’altro. Quelle che sono un tappeto di nuvole. Un’accozzaglia di cause perse, insomma. Le ho raccolte tutte qui, nella speranza che possa farvi piacere.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Caleidoscopio'
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#29 Un’estate al mare
Prompt: Estate
Fandom: Saint Seiya – Serie Classica (Post Hades)
Personaggi: Gold Saint
Note: a regazzì… e mo’ te la buco, st’estate…
 
Un'estate al mare 
Voglia di remare 
Fare il bagno al largo 
Per vedere da lontano gli ombrelloni-oni-oni 
Un'estate al mare 
Stile balneare 
Con il salvagente per paura di affogare 
(Giuni Russo,
Un'estate al mare, 1982)

 
 
«Se non vuoi, non vado.»
Gli occhi azzurri di Vasilios assomigliano al mare Egeo. Nella penombra della camera da letto splendono di un blu intenso ed accecante, con quella luce pericolosa che abbaglia il turista con le sue onde placide e pigre. Rischiando di trascinarselo sul fondale, assieme ai granchi e alle conchiglie.
Nadja serra le labbra, poi scuote la testa. Gli arriva l’odore della lacca del parrucchiere. Pensavo fosse evaporata, oramai, si dice, osservando il contrasto dei capelli scurissimi sulle federe candide.
«No. Vai», gli dice. E Vasilios trattiene un sospiro. Perché lui, no, non vuole andare in vacanza con gli altri. Vuole restare lì, con lei, vuole recuperare il tempo perduto, tra una cosa e l’altra, vuole…
«Tra una cosa e l’altra?», e Vasilios si accorge di aver pensato ad alta voce. Nadja si è messa a sedere, il lenzuolo tirato sul petto e lo sta fissando. Con quello sguardo. Quello che non si commuove. Anzi.
«Ecco… io…»
Nadja sbuffa. Chiude gli occhi, poi cerca il pacchetto di sigarette sul comodino. «Tu partirai. Domattina. Assieme agli altri. Anche a costo di farti salire a calci sul pulmino. Intesi?»
«Intesi.»
 


«Mi spiegate perché siamo venuti quaggiù?»
La voce di Aiolia sa essere martellante, quando ci si mette.
«Per la centesima volta», replica Shura, lo sguardo assassino e il tono di voce di chi ha perso da un pezzo la pazienza ma fa fatica a trattenersi dallo strozzarlo. «Athena vuole che ci rilassiamo. Athena vuole che ricreiamo quell’armonia di gruppo che avevamo quando eravamo ragazzini. Athena vuole che mettiamo una pietra sopra a tutto il delirio che è successo. E ricominciamo daccapo. Ecco perché siamo qui. Soddisfatto?»
«Questo lo so», ed è solo perché la mano di Mask si serra attorno al polso di Shura che la testa di Aiolia se ne resta al suo posto. «Quello che mi chiedevo è perché non siamo andati a casa di Milo», aggiunge indicando la schiena dello Scorpione con un cenno del mento.
Scorpione che sbuffa. E ribatte: «Ancora con questa storia?».
«Sì. Ancora con questa storia.»
Milo alza lo sguardo e serra le mani a pugno. Poi raccoglie tutta la pazienza di cui abbisogna e sposta lo sguardo sul Leone.
«Primo, non c’è posto per ospitare tutti.» E perché Phi mi avrebbe ammazzato se suo fratello avesse visto il nostro letto, pensa, mentre un’occhiata di Camus gli congela la spina dorsale. «Secondo, Athena ha scelto un luogo neutro, così da far sentire tutti a casa.»
«E me lo chiami luogo neutro, il mare?», domanda Camus. Con una nota velenosissima di sarcasmo.
«Perché?»
«Kanon», ribatte l’Aquario. Come a voler ribadire l’ovvio.
Milo si stringe nelle spalle.
«Non so cosa dirti. La prenotazione l’ha fatta proprio AJ.»
«A mio fratello piace il mare», commenta Saga prendendo la propria borsa e mettendosela a tracolla.
Immagino, pensa Mask, prima di aggiungere: «Eh, no. Patti chiari, amicizia lunga. Se dobbiamo passare la vacanza a rinfacciarci il passato, ditelo adesso ché prendo il primo traghetto e me ne torno ad Atene.».
Silenzio.
«Ben detto. Questo è lo spirito giusto!», ed una sonora pacca di Aiolos si stampa sulla schiena del Cancro.
«Chi ha l’indirizzo dell’albergo?»
Saga non ha perso l’attitudine al comando. E inizia a fare caldo. E una comitiva di dodici maschietti – tredici con Kanon, che non c'è perché è in missione, ma li raggiungerà domani o dopodomani – non passa certo inosservata.
«Dunque», dice Mu sollevando gli occhiali da sole. «Albergo Olympos. Odos Athenas, 27. Chora.»
«Di qua», fa Milo, mettendosi in testa al gruppo. «E diamoci una mossa. Mi sento sin troppo osservato…»
 


L’Albergo Olympos è in realtà un bed and breakfast. Le sue stanze sono mini appartamenti – «Tutti riservatissimi ed insonorizzati», come si è premurato di specificare Antonios, il ragazzo alla reception, affidando loro le chiavi – sparsi su di una minuscola piazzetta dagli edifici a due piani bianco gesso e blu cobalto, poco distante da Odos Athenas e dall’accesso alle spiagge.
«La colazione si effettua tra le sette e le dieci e mezzo, nella caffetteria del corpo centrale. Vi auguro una buona permanenza», ha detto loro Antonios aprendo gli appartamenti, prima di congedarsi con un sorriso cordiale. Sorriso che ha però regalato a Mu uno strano brivido lungo la spina dorsale.
Me lo sarò immaginato, si dice l’Ariete posando la propria borsa da viaggio ai piedi del letto. Matrimoniale.
No, aspetta…
«Che accade?», gli chiede Shaka.
Mu si limita ad indicargli il letto a due piazze e la delicata sovraccoperta celeste.
«Deve esserci stato un disguido. Succede, quando si prenota per molte persone…»
Lo spero, pensa l’Ariete. «Vado a vedere se possiamo sistemare la cosa in qualche modo», dice al compagno. Antonios è tornato indietro ciabattando con la pigra andatura ciondolante dei greci. Ciò significa che si sarà fermato a chiacchierare strada facendo – nemmeno mezzo isolato – e che vuoi che ci metta a rincorrerlo e a fermarlo per spiegargli che…
«Anche voi avete il letto matrimoniale?»
Death Mask appare sulla sua strada con uno sguardo torvo. Mu annuisce. L’altro smoccola qualcosa che l’Ariete non è sicuro di voler comprendere.
«E io che avevo voglia di sbragarmi nudo sul letto, col caldo che fa!»
«Sbra?», domanda Mu, pentendosene.
«Sbragarmi. Stravaccarmi. Buttarmi a peso morto sul letto e farmi un sonnellino. Chiaro il concetto?»
Mu annuisce.  «Aphrodite?»
Mask sbuffa.
«Si sta facendo la doccia, palliduccio com’è, ha rischiato il collasso.»
Non avrai perso di nuovo a morra, vero?, pensa Mu. Al Santuario pensano tutti che Aphrodite, il bellissimo Aphrodite, sia la vittima designata degli scherzi sadici di Mask, quando è piuttosto vero l’inverso. E che Mask, il terribile Mask, ha l’abitudine di tirare sempre sasso, quando gioca a morra, e dire in giro che Aphrodite ha più culo che anima. Dio li fa e poi si pente, chiosa Mu tra sé e sé. «Andiamo a vedere se possiamo sistemare la faccenda», propone, quando dall’altra parte della piazzetta appare Shura.
«Avete anche voi…»
«…il letto a due piazze?»
Silenzio.
I tre si guardano attorno. Perplessi. Sbattono le palpebre. Shura abbozza un sorriso che non coinvolge né i suoi occhi, né quelli di Mu. Mask si accende una sigaretta.
«Chi ha fatto la prenotazione?»
«AJ», risponde Camus, affacciato al balconcino con le ringhiere in ferro battuto color blu cobalto. «Perché? Avete anche voi il letto matrimoniale?»
Annuiscono.
«Anche la scorta di preservativi nel cassetto del comodino?», chiede.
«Checcosa?», domanda Shura, senza accorgersi – senza volersi accorgere – che qualcuno, dal balcone accanto a quello di Camus, sta facendo la radiografia ai suoi addominali. Un ragazzo. Un bel ragazzo. Spalle ampie, sorriso da fotomodello e abbronzatura leggera, un telo da bagno sui fianchi che se avesse vita propria cadrebbe a terra con un sospiro languido.
«Non ho controllato», ribatte Mu, mentre il viso di Mask – che il ragazzo al balcone l’ha visto, eccome! – è cereo.
«Voi… non mi starete dicendo che.»
«Merde!», esclama Camus rilasciando la testa tra le spalle. I lunghissimi capelli dondolano nell’aria. «Hanno fatto casino con le prenotazioni. Lo sapevo…»
«Un posto così bello e tranquillo sarà frequentato da sposini… coppiette…»
«Le ragazze l’avranno scelto per non farci cadere in tentazione…»
«Massì… Basterà separare i letti», spesso sono solo due reti accostate. Ma Shura non finisce la frase. Nel suo campo visivo è apparso Doko – il venerabile Doko – che avanza verso di loro, a passo svelto, l’espressione preoccupata. Ed imbarazzata.
«Ragazzi, credo ci sia stato un deprecabile equivoco…»
 


«Io non le capisco proprio…»
«Chi?»
«Le ragazze, chi?», ribatte Seiya sbocconcellando dell’uva. «Marin era addirittura entusiasta all’idea che Aiolia si accodasse agli altri per quella specie di vacanza di gruppo. Per rinsaldare i legami tra compagni. Una scusa più idiota non la potevano inventare. E loro se la sono bevuta senza battere ciglio. Donne. Chi le capisce, è bravo…»
Hyoga tace. Stringe fra le mani una lattina e dice:«Non vedo che ci sia di strano.».
«Non lo vedi? Davvero?», chiede Seiya giocherellando con un acino. Lo fa saltare in aria e lo ingoia al volo, come fosse una foca ammaestrata. «Ma che cos’hai, tu, nelle vene? Ghiaccioli, al posto del sangue?»
«Non capisco neppure io», s’intromette Ikki.
«Seguimi», gli dice Seiya smettendo di fare il giocoliere. «Dodici ragazzi. Soli. Al mare. D’estate. Sai come la chiamo, io, una cosa del genere?»
«No. Come la chiami?»
«Spedizione. Punitiva.» Il tono di Seiya è serissimo. «Scommetto che avranno iniziato a segnare le tacche appena scesi dal traghetto.»
Shiryu, Ikki e Hyoga si scambiano uno sguardo perplesso.
«Io non credo», prova a ribattere il Dragone, ma Pegaso lo interrompe.
«Avanti… Una settimana. Al mare. Con la spiaggia piena di bellissime ragazze in bikini. Su, sii sincero. Siamo tra uomini. Nessuno lo dirà a Shunrei…»
«Che c’entra Shunrei?»
«Bah!» Seiya liquida la questione con un gesto della mano, poi riprende a staccare gli acini dal grappolo uno ad uno, fissando un punto imprecisato all’orizzonte. «Certa gente nasce con tutte le fortune...»
«Scusa, ma dove sarebbero andati, poi, a fare danni? Creta?»
«Mykonos», ribatte Seiya, con la stessa ieraticità della Pizia. O quasi.
Fenice, Dragone e Cigno si scambiano uno sguardo incredulo.
«Hai… hai detto Mykonos?», domanda Ikki, faticando a restare serio. Shiryu ha fallito e sta ridacchiando sotto i baffi, nel patetico tentativo di simulare un colpo di tosse. Hyoga rischia il collasso.
«Sì. Perché?»
Ikki piazza un braccio attorno alle spalle di Seiya e gli sgraffigna un paio di acini.
«Fratellino, è ora di farti un certo discorsetto... Da uomo a uomo. Hai capito che intendo?»
«No.»
«Sai, le api e i fiori… hai presente?»
«Quindi?»
«A volte le api… vanno con le api… e i fiori con i fiori…»
«Non ti seguo…»
«Ragazzi, portate qualcosa da bere. Qui la vedo lunga…»


Note:
Ennesimo delirio estivo. Ferragosto si avvicina. Si salvi chi può.
Ovviamente, l'Albergo Olympus esiste e non esiste. Esiste, in questa verisone, nella mente malata di quelle come me che rompono i %&/%%&%&$& dalla mattina alla sera (cit.).
Mi rendo conto che mandare una comitiva di dodici - tredici, ché Kanon arriva domani - maschietti su Mykonos potrebbe rivelarsi un clamoroso autogoal, ma su, è estate.
Lasciatemi giocare coi cliché.
   
 
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