Parte Diciassette
Il vestito bianco le cadeva perfettamente, anche se aveva perso qualche chilo
durante la permanenza in ospedale. Liz fece scorrere le mani sul tessuto, per
togliere eventuali grinze, esaminandosi davanti allo specchio dell'ingresso.
Era incredibile quanto l'abito fosse simile allo scollato vestito bianco dei
suoi sogni e si domandò se, per caso, il suo subconscio non avesse
semplicemente usato un capo di abbigliamento con il quale avesse già
familiarità. Se era così, allora i pantaloni di pelle indossati da Max nei suoi
sogni, avrebbero potuto spiegarsi con i suoi ricordi di Future Max, rifletté.
Ma in qualche modo,sapeva che non era la verità. Max aveva addirittura
descritto il suo abito come una tradizionale veste Antariana.
Liz tirò nervosamente più in alto lo scollatura che tendeva a scendere verso il
basso, mettendo in troppa evidenza la curva del seno. Si ritrovò
inspiegabilmente ad arrossire, mentre immaginava la reazione di Max, sentendosi
come se si stesse preparando ad un primo appuntamento con lui. E, in un certo
qual modo, lo stava facendo. Girò lentamente su sé stessa davanti allo specchio
e il tempo sembrò svanire intorno a lei. Aveva di nuovo 17 anni e si stava
vestendo in camera sua, sopra al Crashdown.
Sorrise, ricordando la notte che Max si era ubriacato e l'aveva seguita per
tutta la città, durante il suo appuntamento al buio. Era stato incredibilmente
determinato nel mostrarle il suo amore per lei, allora, un ragazzo così
innocente. Un forte senso di malinconia l'afferrò pensando che aveva smesso di
essere un ragazzo non molto tempo dopo quella notte - era diventato un uomo,
con un doloroso e inevitabile destino, che lo avrebbe portato lontano nelle
galassie e poi di nuovo indietro. Ora lei aspettava lo stesso uomo, un uomo che
era stato colpito più e più volte ma non si era mai piegato. Ancora
meraviglioso, nonostante il tempo avesse fatto scempio del suo cuore e del suo
corpo.
Liz rabbrividì, cercando di scacciare i brutti ricordi, perché quella sera era
tutta per la guarigione. Girò su sé stessa davanti allo specchio, esaminandosi
di nuovo. I suoi tratti mediterranei venivano esaltati e resi luminosi dal
candore del tessuto, facendola sembrare, sorprendentemente, una ragazzina.
Aveva lasciato i capelli sciolti, che le scendevano sulle spalle. Era diventati
lunghi duranti i giorni del suo coma e, anche se aveva bisogno di una
spuntatina, le piaceva quella nuova lunghezza. Liz si sistemò le ciocche oltre
le spalle, avvicinandosi un po' allo specchio per studiare il suo riflesso.
L'unica cosa che non poteva nascondere erano i cerchi scuri che le
ombreggiavano gli occhi. Sembrava non ci fosse nulla da fare, nessuna quantità
di trucco poteva nascondere quella verità. Ma lei aveva acceso le candele
tutt'intorno nel soggiorno e nell'ingresso, creando la stessa atmosfera di luci
che aveva illuminato la casa di Max. Voleva che lui si sentisse rilassato e a
suo agio intorno a lei, non esaminato. E, magari, le luci attenuate avrebbero
mimetizzato i segni scuri sotto i suoi occhi.
Forse la cosa più difficile era stata la scelta della musica. Si era
inginocchiata davanti allo stereo, scorrendo la sua collezione di CD,
scartandone dozzine. Qualcosa che risalisse a 10 anni prima le sembrava un po'
troppo scontato, ma non voleva neppure qualcosa di troppo contemporaneo. Frank
Sinatra era stata la scelta perfetta a casa di lui e, adesso, sembrava che lei
non trovasse nulla che fosse all’altezza. Alla fine, il suo sguardo cadde su un
vecchio CD di Carly Simon che aveva preso in prestito, a Natale, dalla
collezione di suo padre. Non c'erano troppi ricordi per loro con quelle
canzoni, non come Gomez o i Counting Crows. Ed erano comunque canzoni molto
romantiche.
Liz si sentì stringere la gola mentre le note di apertura di The Spy Who
Loved Me risuonavano nella stanza. Il loro incontro era terribilmente
diverso da quando lei era andata da David Peyton. La emozionava e la intimidiva
come quello, ma era pieno di un suo incredibile senso di aspettativa.
Poi udì il lieve bussare alla porta d'ingresso, un suono gentile, come l'uomo
che la attendeva dall'altra parte. Si affrettò ad aprire la porta e sentì il
vestito bianco ondeggiare intorno a lei, sollevandosi leggero proprio come era
successo nei suoi sogni. Lei prese un bel respiro, aprendo la porta con mani
tremanti.
E lui era lì, vestito in un comodo paio di pantaloni beige e una camicia a
maniche lunghe, qualcosa che avrebbe potuto tranquillamente indossare anche 10
anni prima. Aveva i capelli che ricadevano sulle spalle ed era appoggiato al
suo bastone.
Per un attimo, si limitarono semplicemente a guardarsi, incapaci di profferire
parola, e Liz sentì il viso bruciarle sotto il suo sguardo ardente. Cercò di
distogliere gli occhi dai perfetti lineamenti della protesi, anche se, alla sua
vista, si era sentita sull'orlo delle lacrime. Era stata così sicura che lui
non si sarebbe più nascosto davanti a lei, non dopo tutto quello che avevano
condiviso nei mesi passati.
Non dopo i sogni.
Alla fine, fu lui a rompere il silenzio. "Ciao … Liz." disse, nel suo
familiare tono quieto, con le parole leggermente imprecise.
"Max." riuscì finalmente a bisbigliare lei. Per un brevissimo
istante, lo sguardo di lei vagò, fermandosi sulla maschera liscia.
Lui abbassò immediatamente la testa, i lunghi capelli che gli oscuravano il
volto e lo sguardo basso che tradiva incertezza. E lei seppe che, nonostante si
fosse sforzata, la sua espressione aveva rivelato lo shock di vederlo indossare
ancora la protesi.
Allungò una mano verso di lui, invitandolo ad entrare in casa.
"Max, prego." lo pregò roca, sforzandosi di sorridere. "Entra
pure." Tutto quello che aveva voluto era che quello fosse un momento
perfetto di riunione e, adesso, sembrava che le sue speranze fossero finite
ancora prima di cominciare.
Lui sollevò il peso dal bastone, per un momento, mentre armeggiava con un
piccolo bouquet di rose bianche che teneva strette nell'altra mano. A Liz
vennero le lacrime agli occhi, alla vista dei teneri boccioli. Ma sollevò di
nuovo lo sguardo e vide il lampo dei suoi occhi dorati sotto le luci del
portico, il familiare colore ambrato, ancora meraviglioso. Il cuore le mancò un
colpo vedendo la chiara angoscia nello sguardo di lui, per una paura che era
incapace di esprimere, quando i loro occhi si incontrarono. Liz cercò di
mettere nel suo sguardo tutto l'amore di cui era capace, per dargli le
rassicurazioni che le parole non potevano dare.
E poi lui scostò il volto, superandola, ed entrò in casa. Rimase immobile di
fianco a lei, mentre chiudeva la porta, desiderando che lui la prendesse tra le
braccia. Invece lui rimase in una posa formale, appoggiandosi pesantemente al bastone.
"Tu così … deliziosa." disse alla fine, studiandola con timidezza,
continuando a stringere il mazzo di rose nell'altra mano. "Stasera."
Lei arrossì al complimento gentile, giocherellando nervosamente con una ciocca
di capelli. "Grazie, Max." Avrebbe voluto dire un milione di altre
cose, per dare voce a tutte le emozioni che si sentiva nel cuore. E invece
rimasero lì, silenziosi e a disagio, insicuri uno dell'altro. Lei finalmente
indicò le rose bianche, "Te ne sei ricordato." Sembrava una frase così
scontata, che Liz desiderò immediatamente poterla riprendere indietro dal
quieto spazio che c'era fra di loro.
Max annuì, porgendogliele con attenzione. "Mai … dimenticato." la
rassicurò a voce bassa. "Bianco preferito."
Le loro dita si sfiorarono per una momentanea esplosione di calore, mentre lei
prendeva il mazzo tra le mani. Lo sollevò portandoselo al viso, chiudendo gli
occhi e improvvisamente le tornò alla mente la sera in cui lui le aveva fatto
la serenata. La notte di Future Max. Incredibile, che dopo tutti quegli anni,
lui non avesse mai saputo il suo segreto.
"Meravigliose." sorrise lei, stringendosele al petto. "Mi
sorprende che non siano rosse, però." lo prese in giro lei, cercando un
modo di abbassare le barriere tra di loro. "Credo che i tulipani rossi
potrebbe diventare i miei nuovi fiori preferiti."
Max annuì, scostandosi nervosamente i capelli. "Nessuno … dal
fioraio." rise e lei sentì che lui stava sorridendo apertamente dietro
alla maschera.
"Forse insisterò per avere il dipinto orginale." ribatté lei in tono
civettuolo, sollevando il mento.
"Artista difficile." la avvertì lui in tono fintamente serio,
scuotendo la testa come uno che la sapeva lunga. "Caratteraccio."
"Oh, io posso domare un artista capriccioso con un battito di ciglia."
rise lei. "Ho fatto molta pratica con uno di quelli, Max."
"Domare? " domandò lui intenzionalmente, incontrando lo
sguardo dritto di lei con uno innegabilmente suggestivo dei suoi.
Il volto di Liz si infiammò ancora di più al commento e lui rise piano davanti
al suo evidente disagio. E poi anche lei cominciò a ridere, mentre sentiva
l'atmosfera cominciare finalmente a farsi rilassata tra di loro. Stavano
flirtando e scherzando e la tensione era scomparsa. Quella nervosa, almeno. La
tensione fisica ed emotiva invece restavano immense.
"Imbarazzata?" la prese in giro lui, alleggerendo il peso sul
bastone.
"Neanche un po'." negò lei, tenendogli il gioco, poi si avvicinò di
nuovo i fiori al viso. "Io devo solo … andare a mettere questi nell'acqua.
Ecco, è esattamente quello che farò." rise lei nervosamente. Si allontanò
da lui, dirigendosi in fretta verso la cucina, appoggiando il dorso della mano
sul viso. Le sue guance stavano andando in fiamme.
Armeggiò goffamente con il mazzo di roselline bianche e con mani tremanti le
tolse dalla carta che le proteggeva delicatamente. Com'è da Max, rifletteva
mentre le sistemava in un vaso e le metteva sul davanzale della finestra della
sua cucina.
Il leggero ticchettio del bastone di Max tradiva i suoi movimenti nel soggiorno
e lei sorrise, realizzando che lui stava studiando i quadri. Liz era
consapevole della sua posizione, giudicando il lento battere del bastone che si
muoveva lungo il perimetro del suo soggiorno. Il piccolo pannello di Max, Finestra
sull'anima, era appeso di fianco alla sua scrivania, dove lei poteva
guardarlo tutte le volte che voleva, mentre lavorava. Si domandò se lui se ne
fosse già accorto, se avesse indovinato l’importanza per aveva per lei, dalla
posizione centrale in cui l'aveva messo.
Liz lo trovò a fissare uno dei meravigliosi paesaggi di Michael, probabilmente
quello che lei preferiva tra i suoi lavori, uno che lui aveva dipinto nel
deserto vicino alla Pod Chamber. Max lo esaminò in silenzio e lei si domandò a
cosa stesse pensando. Per la prima volta, rifletté su quanto lui e Michael
avessero in comune adesso, questo territorio totalmente nuovo nel regno della
pittura. Entrambi erano così dotati, anche se molto diversi come stile.
"Cosa ne pensi?" chiese, avvicinandosi a lui. Un lieve brivido le
corse lungo la schiena mentre si fermava di fianco a lui, sentendo
l'incredibile energia del suo corpo. Max si girò verso di lei per un attimo e
sorrise. Lei non poteva vederlo, non sarebbe stato possibile, eppure ne sentì
il calore fino al centro del suo corpo.
"Molto talento." commentò lui, le parole leggermente malferme.
"Orgoglioso … di lui."
"Anche io." fu d'accordo lei. "Ha lavorato duro, Max. Ha
lavorato terribilmente sul suo dono."
"Chiaro. Sempre fatto …" lui si fermò, strofinandosi la mascella
prima di continuare. "Lui … felice."
"Sì, è vero." acconsentì lei, accostandoglisi ancora di più. Moriva
dalla voglia di abbracciarlo, di gettargli semplicemente le braccia al collo e
tirarselo stretto contro il suo corpo. Era acutamente consapevole che non si
erano ancora toccati. "E, apparentemente anche per te è così."
osservò lei.
Lui la guardò, gli occhi che si spalancarono sorpresi. "Tu pensi?"
"Che ti renda felice? Sì, è ovvio." ammise lei con un cenno della
testa, poi improvvisamente si trovò a dubitare di sé stessa. "Non è
vero?" chiese incerta, notando come lui la stesse fissando stupito.
Lui restò silenzioso per un lungo momento e fissò di nuovo il dipinto di
Michael. "Sì, decisa … mente … hai ragione." Quello fu tutto ciò che disse,
ma lei ebbe la sensazione che ci fosse dell'altro sotto la superficie, parole
forti che lui moriva dalla voglia, ma che non poteva neppure provare a dire.
"Dimmi di più." lo incalzò lei, sfiorandolo leggermente sul braccio.
"Quello che non stai dicendo, Max. Io voglio saperlo."
"Dipingere come … respirare." spiegò lui con un sospiro. "Ora.
Parlare."
Dipingere come … respirare e parlare ora. Lei si domandò cosa volesse dire,
come tradurre quella frase spezzata.
"E così che esprimi te stesso?" chiese lei, avvicinandosi fino a
posargli una mano sulla schiena. Di nuovo, un brivido di elettricità le
attraversò la mano al loro contatto fisico. Lui la fissò un attimo, quindi
distolse subito lo sguardo. Ancora stava evitando di guardarla in viso, nascondendosi
da lei, Liz ne era certa.
"Primo anno … dopo … " si fermò e infine mosse la mano indicando
vagamente il suo viso come spiegazione. "Non potevo parlare.
Quell'anno."
Liz annuì, sentendo le lacrime bruciarle gli occhi. Non era stato in grado di
parlare per tutto il primo anno in seguito alle sue ferite.
"Dipingere … unico modo."
"E' così che hai cominciato a dipingere?" chiese lei a bassa voce e
lui annuì, volgendo lo sguardo lontano.
"Guardia … amico." offrì come semplice spiegazione e per un momento
Liz rifletté sulle parole. Ma voleva sapere di più, avere più spiegazioni per
capire questo momento cruciale della vita di Max su Antar.
"C'era una guardia che ti era amica?" chiarì lei, allungando di nuovo
una mano verso il suo braccio, ma questa volta Max spostò il bastone nell'altra
mano e afferrò le dita di lei con le proprie. Le tenne la mano con la sua così
calda, poi lentamente se la portò fino al petto.
"Simpatizzanti … mia famiglia." continuò alla fine. Liz era
terribilmente conscia delle loro due mani unite insieme sul cuore di lui.
"Simpatizzanti per me. Portato tele … pennelli."
"Ed è così che hai cominciato a dipingere." concluse Liz con voce
meravigliata. Max annuì in silenzio, fissando il pavimento con aria riflessiva.
"No penne … armi. No scrivere."
"Ma ti hanno lasciato avere pennelli e tele perché erano okay.
Sicure." terminò lei facilmente.
"Così parlavo
con dipinti." continuò lui, con il tono della voce
diventato rauco per l'emozione. "No parole, solo …" la sua voce si
spense e indicò il quadro davanti a lui come spiegazione. "Ancora più
facile."
"Sì, sono sicura che è più facile esprimerti con i quadri, anche
adesso." lo rassicurò lei e lui le strinse forte la mano nella propria.
Lei si mosse piano, allora, fino a trovarsi esattamente di fianco a lui.
"Ma le tue parole sono meravigliose come i tuoi quadri, Max."
Lui la guardò dubbioso, stringendo gli occhi dorati in preda all'emozione.
"Frustrante." fu tutto quello che disse, eppure la mente di lei si
riempì di tutte le parole non dette. Era frustrato per essere con lei, così
incapace di esprimere sé stesso. Frustrato dai suoi stessi limiti, perché
tenere un pennello in mano gli veniva così facile, quando invece le parole che
diceva, per molti, erano quasi incomprensibili.
"Lo so." sussurrò lei rassicurandolo, poi sollevò una mano esitante
verso il viso di lui e gli scostò gentilmente i capelli dagli occhi. "Ma
io ti capisco perfettamente, Max. Lo sai questo."
Improvvisamente, sembrò che si fossero completamente immobilizzati in quella
posa, la mano di lei che gli accarezzava i capelli, il viso di lui inclinato
verso quello di lei. Entrambi incapaci di muoversi, di parlare. Persino di
respirare. Il bisogno tra di loro si levò improvvisamente, diventando qualcosa
di tangibile e palpabile nell'aria intorno a loro. Il silenzio era carico di
elettricità, carico di elettroni che si muovevano nel breve spazio che c'era
tra i loro corpi.
"Liz." sospirò lui alla fine, allungando una mano verso di lei. E a
quel gesto la tensione si spezzò e, prima di poter pensare, lei si buttò contro
il petto di lui, passandogli le braccia intorno al collo. Lo sentì sobbalzare
leggermente all'improvviso impatto, ma rispose abbracciandola ancora più forte,
portandosela tutta contro il proprio corpo. Lei aveva bisogno di stringerlo tra
le sue braccia e questo superava il bisogno di mantenere la sua compostezza,
interrompeva quella strana danza in atto tra di loro.
"Io non posso starti lontana, Max." mormorò lei, tenendolo stretto.
"Non posso fingere che non voglio toccarti in questo modo."
Come nei suoi sogni, Liz sentì le mani di lui spostarsi dietro al suo collo,
esitanti ma piene d'amore. "Voluto questo … così tanto." sussurrò
contro la sua testa. "Bisogno di te.… così tanto tempo"
"E allora stringimi." gli chiese piano. "Proprio così. Tienimi
stretta per tutta la notte, Max." Lei si tirò indietro e sollevò lo
sguardo per incontrare quello di lui, pieno di nuda vulnerabilità. Non c'era
nulla di nascosto adesso, infinite emozioni brillavano nei suoi occhi profondi.
"Toglila, Max." gli chiese in un sussurro e gli occhi di lui si
spalancarono. "Ti prego. "
Lui scosse la testa con forza, con gli occhi gli si riempivano di panico, e
infine abbassò la testa e distolse lo sguardo.
"Per favore." lo pregò di nuovo lei, appoggiando i palmi delle mani
contro il suo viso, mentre Max lentamente si voltava a guardarla di nuovo.
"Io sto morendo dal bisogno di vedere il tuo volto."
"Non posso." riuscì a dire lui e lei vide le lacrime nei suoi occhi.
"Ma sono io, Max." gli ricordò lei e, lentamente, accarezzò il viso
di lui con la punta delle dita, sentendo il ruvido materiale della protesi.
"Io ti amerò sempre. Io ti amerò a qualsiasi condizione."
Lui si allontanò da lei, allora, scostando le braccia di lei dal suo corpo, e
si girò, dandole la schiena. Lentamente, zoppicò fino dall'altra parte della
stanza e lei vide le sue spalle curvarsi, come sotto un gran peso.
"Liz." cominciò a dire lui e lei gli sentì la voce tremare incerta.
Max esitò, passandosi una mano tra i capelli, muovendosi con lentezza
attraverso il soggiorno. Lei lasciò che lui si allontanasse di qualche passo,
anche se avrebbe voluto camminare con lui. "Troppo."
"No, non lo è." ribatté lei immediatamente. "Non sto chiedendo
troppo, affatto."
"No, ferite … troppo."
"Per cosa, Max?" gridò lei, stringendosi le mani al petto. "Per
il mio amore? Credi che non possa accettarti? Com'è possibile che sia
troppo?"
"Perché ho … troppe ferite." urlò con forza lui, girandosi per
guardarla. "Te l'ho detto.… nella lettera." pianse, con la voce che
si faceva più bassa. Eppure l'angosciosa intensità rimase dentro alle sue
parole.
"Io ho visto le cicatrici, Max, infinite volte." gli ricordò lei con
voce decisa, mentre gli si avvicinava. "Le ho viste nei miei sogni e non
sono fuggita. Tu hai detto anche questo nella tua lettera." gli
rammentò di nuovo, sentendosi improvvisamente arrabbiata. Arrabbiata che lui
fosse un tale testardo, che lui prendesse le decisioni per lei. "E' una
scelta mia, che siano troppe oppure no, Max." disse con la gola stretta e
le lacrime che cominciavano a rigarle il viso. "E io scelgo te. Ho sempre
scelto te. Questo non è mai cambiato!"
Improvvisamente lui abbassò la testa e un basso gemito di dolore gli uscì dalle
labbra. Le sue spalle si abbassarono , lui mise la testa tra le mani e quindi
un altro singhiozzo seguì al primo. Liz corse da lui, mentre Max si lasciava
cadere sul divano, con le spalle che tremavano leggermente. E non erano lacrime
facili quelle che stava piangendo. Erano profonde, provenienti da ferite del
cuore, lacrime che avevano bisogno di essere versate.
Liz imitò lei sue azioni, sedendosi sul divano di fianco a lui, mentre lui
continuava a tenersi il viso tra le mani. "Perché scegli … me?"
chiese improvvisamente, sollevando lo sguardo verso di lei, con i lunghi
capelli che gli oscuravano i lineamenti.
"Hai persino bisogno di chiederlo?" sussurrò lei meravigliata,
allungando le mani per circondargli il volto. "Dopo tutto quello che
abbiamo condiviso in questi mesi? Dopo le nostre lettere?" Liz esitò un
momento, scostandogli i capelli da quel volto così liscio. "Pur sapendo
che io ti ho sempre amato?"
Lui abbassò lo sguardo sulle mani, rimanendo in silenzio per così tanto tempo
che Liz si domandò se avrebbe mai risposto. Poi finalmente lui incontrò il suo
sguardo penetrante e fissandola negli occhi sussurrò "Come ami … me?
Così?"
"Perché le anime gemelle si amano per sempre, Max." sussurrò lei
dolcemente, sfiorandogli una guancia con le labbra. Sapeva che lui non avrebbe
sentito il bacio, non veramente, non con tutto quello spesso materiale che gli
circondava il volto. Ma lentamente, lei aprì le labbra e lo baciò lì, un bacio
lungo e tenero. "Io ti amerò per sempre, Max." sospirò contro il suo
viso, accarezzandolo con la bocca. "Fatti baciare." chiese alla fine
in un sospiro, mentre le sue dita esploravano il bordo della protesi, l'orlo
sotto all'attaccatura dei capelli. "Io ho così tanto bisogno di
baciarti." Liz trattenne il fiato per un lungo momento, aspettandosi le
sue proteste. Invece lui non lottò, rimase fermo come una statua sotto il tocco
curioso di lei.
E Liz si fece più vicina, quasi sedendosi in braccio a lui e, di nuovo, lo
baciò sul viso, ignorando il materiale sintetico che li separava. Si concentrò
su Max, sull'uomo sotto alla maschera. Teneramente, allungò le mani dietro alla
testa di lui e con lentezza sciolse il laccio che teneva la protesi, così da
farla allentare contro la sua mano. Lo stava guardando decisamente in faccia,
adesso, quasi seduta sul suo grembo e con le dita, delicatamente cominciò a
scostare la protesi.
La prima cosa che vide fu una spessa cicatrice rossa, che correva lungo tutto
il viso, dall'attaccatura dai capelli giù fino alla mascella. Poi apparvero
altre cicatrici mentre la maschera si raggrinziva tra le sue dita. Eppure Max
rimase stoicamente immobile, ad occhi chiusi. Era quasi come se stesse facendo
forza su sé stesso, con i muscoli del viso tesi e rigidi. Quasi come se si
fosse aspettato che lei si mettesse a urlare per quello che stava vedendo.
Invece lei vedeva solo il suo adorato. Un volto meraviglioso segnato da
infiniti segni e cicatrici scure, eppure struggente e meraviglioso come non era
mai stato prima. Lentamente, seguì il contorno di quella più lunga con la punta
del dito. Avvicinò le labbra e cominciò a dare dolci e teneri baci lungo tutta
la linea che lo segnava. Voleva che Max sentisse la sua adorazione, mentre le
sue labbra lasciavano una scia di fuoco sul viso di lui. Voleva che lui sapesse
che lei lo stava letteralmente avvolgendo nel suo amore, mentre muoveva piano
la bocca fino dall'altra parte del suo viso. Quella parte che era così
terribilmente gonfia e sfigurata lungo la mascella. Lei premette le labbra
contro l'osso, la zona che era così deforme e sentì un sordo gemito provenire
dalla bocca di lui.
Poi lui fece la cosa più inaspettata. La strinse saldamente sui fianchi e se la
tirò addosso, sul suo grembo. Con una tale facilità, in effetti, come se lei
fosse stata la cosa più delicata del mondo. Come se il suo ginocchio non avesse
affatto sofferto sotto il peso del corpo di lei.
Lei si tirò indietro e lo guardò negli occhi. Erano così sinceri e pieni di
desiderio, lucidi di lacrime. Lui accarezzò i suoi capelli con le dita,
infilandole tra le ciocche come una scia di fuoco. Fino a quando la sua mano
rimase esitante intorno alla vita di lei, sentendo il leggero tessuto del
vestito. Lui guardo l'abito, accarezzando piano le pieghe che si erano formate
intorno al corpo di lei.
"Visto … questo." lui lo riconobbe, sorridendo con dolcezza.
"Molte volte."
"Mi domandavano se l'avresti riconosciuto." rise lei senza fiato,
facendogli scivolare le braccia intorno al collo. Lui la strinse contro il suo
petto, sistemandosela meglio in grembo.
"Principessa … Liz." si illuminò lui e Liz si sentì letteralmente
mancare un colpo al cuore davanti al sorriso intenso di lui. Lui non ne era
consapevole e questo era quello che la meravigliava di più. Non aveva la benché
minima idea di quanto fosse ancora incredibilmente affascinante, solo più
indurito da quanto era successo. E vedere i suoi meravigliosi lineamenti per la
prima volta in 10 anni, le faceva sentire cose che non credeva esistessero più.
"Cosa?" chiese lui piano, sollevando le sopracciglia curioso.
"Tu sei semplicemente … magnifico." sospirò lei, scuotendo la testa
per il grande piacere. Lui le circondò il viso con le mani, avvicinandola al
suo. Liz cominciò a tremare sotto il tocco di lui, sentendosi tutto il corpo
percorso da lievi tremori. "Avevo dimenticato quello che tu mi fai
sentire, cosa provo quando sono tra le tue braccia."
Max sbatté gli occhi sotto lo sguardo fermo di lei, poi le abbassò il viso,
catturandone la bocca con il più tenero dei baci. Come velluto caldo, le loro
labbra si incontrarono. Per la prima volta in 10 anni, Liz baciò quell'uomo,
quello che non aveva mai smesso di amare. Che non era mai stata in grado di
allontanare dal suo cuore.
Le dita di lui giocherellarono con le pieghe dell'abito, mentre lei gli passava
le dita sui capelli che gli scendevano sulle spalle. In quel momento, Liz non
sarebbe stata in grado di dire dove finiva il suo corpo e dove cominciava
quello di lui, mentre le sensazioni cominciavano ad aumentare di intensità,
immagini e movimenti che vorticavano dentro di lei. Avvolgendolo nel suo amore,
decisa a far sì che ogni gentile bacio lo guarisse un pochino di più.
Tutto quello che sapeva era che si stava perdendo dentro di lui.
Immediatamente, tutto quello che li aveva separati scomparve e, in quel lungo
istante, la sua anima divenne una con quella di lui. Ma non durò solo
quell'attimo, realizzò lei, quando i flash cominciarono a scorrere come polvere
d'oro riflettendo tutti i ricordi e i sogni che avevano condiviso.
No, le loro anime sarebbero per sempre rimaste unite come una sola, per il
resto dell'eternità.