Parte Diciotto
La pioggia estiva batteva contro il tetto della casa di Max,
ritmica e armoniosa, cullando Liz che era sdraiata
sul divano. Negli ultimi due mesi, questa era diventata una tenera abitudine
tra loro – lui avrebbe dipinto, mentre lei leggeva o riposava sul divano, come
aveva fatto spesso nel loft di Michael.
Eppure questa sera era differente, perché Max aveva
timidamente chiesto di dipingere il suo ritratto, facendole capire che aveva in
mente qualcosa di speciale. Lui ci stava già lavorando da diverse ore,
studiandola in silenzio dallo studio nel quale dipingeva. Ogni tanto le
lanciava uno sguardo e i suoi occhi sembravano diventare sempre più intensi,
pieni di innegabile bisogno.
E il corpo di Liz reagiva ad ogni occhiata, ad ogni
gesto che lui faceva verso di lei. Per la verità, più a lungo lei rimaneva
sotto lo sguardo intenso di lui, più il suo corpo di scaldava in risposta –
soprattutto quando vedeva le guance di lui arrossarsi ogni volta che i loro
sguardi si incontravano.
Per il ritratto, lui l'aveva voluta con il vestito bianco e lei se lo era
portato dietro per cambiarsi dopo il lavoro. Ma un inaspettato temporale era
scoppiato durante il tragitto in automobile fino alla casa di lui, così aveva
corso nel vialetto fino all'ingresso, tenendosi il vestito da indossare stretto
al petto. I suoi sandali avevano sollevato schizzi di fango che le erano corsi
come rivoletti sulle gambe, e i suoi capelli erano zuppi d'acqua.
Max l'aveva fatta entrare in fretta, togliendole il
vestito di mano, mentre la portava verso la cucina con un sorriso silenzioso.
Lei era rimasta confusa dalla sua reazione, fino a quando lui non aveva detto a
voce bassa "Capelli meravigliosi … bagnati. Bel quadro."
Lei era arrossita, passandosi le dita tra le ciocche bagnate, fino quando lui
non aveva sollevato le mani per fermarla. "No … amo così."
"Sei sicuro?" aveva chiesto lei incerta, asciugandosi il viso con le
dita. Poi lui l'aveva sorpresa, prendendo tra le mani un asciugamano e,
appoggiato cautamente al suo bastone, abbassandosi per asciugarle le gambe
bagnate. Lei aveva protestato di essere in grado di farlo da sola, ma lui si
era limitato a sorridere mentre si risollevava. Lentamente, l'aveva baciata
sulla bocca, leccando le gocce di pioggia che ancora aveva sulle labbra.
E c'era stato qualcosa di diverso in quel bacio. Era pieno di aspettativa, di
un calore non più trattenuto. Quel bacio l'aveva bruciata dentro quando, dopo
che all’inizio le loro labbra si erano appena sfiorate, era diventato più
profondo. Qualunque nuovo mistero fosse cominciato tra di loro, lei si era
sentita le labbra ardere, quando lui si era lentamente tirato indietro.
"Ehi" aveva sussurrato lui, come se fosse stata la prima volta che la
vedeva in tutta la sera. Solo allora lei aveva realizzato che lui non aveva
praticamente parlato da quando era arrivata. Eppure non avevano fatto altro che
comunicare.
Lei aveva allungato le dita ancora bagnate fino alla guancia, per accarezzargli
il viso. Era qualcosa che adorava fare, adesso che finalmente non doveva più
trattenersi. "Sei di buon umore." aveva osservato con dolcezza,
sfiorando il contorno della sua cicatrice più profonda, e negli occhi di lui si
era acceso un lampo. Lei aveva riconosciuto la stessa energia del loro bacio,
che illuminava le pagliuzze d'oro e ambra negli occhi di lui.
"Felice." aveva ammesso lui, circondandole la vita con un braccio,
guidandola verso il soggiorno. "Weekend."
Liz aveva sollevato lo sguardo verso di lui, mentre
si muovevano insieme verso il divano. La stupiva la facilità con cui lo capiva
ora, come le sue frasi più frammentarie e smozzicate le sembrassero lunghe e
piene di dettagli. Felice weekend. Nel lessico di Max
significa che era contento che fosse arrivato il weekend, che dava loro quasi
tre giorni per stare insieme, senza interruzioni.
Lui amava i loro weekend insieme, ne beneficiava come di un dono e lei adorava
il poterlo ricoprire di attenzioni, in quei momenti. Non c'era la galleria, non
c'erano altri artisti che reclamavano l'attenzione di lei. Be', a meno di
contare le visite della domenica mattina di Michael, ma lui ricadeva nel regno
sospeso tra famiglia e amicizia, e non era certo un cliente pieno di necessità.
"Anche io." si era trovata d'accordo lei, mentre lui la faceva
accomodare sul divano, guardandola con occhi pieni di aspettativa. "Non
vuoi che mi cambi?" aveva chiesto lei, mentre lui stendeva il vestito sul
divano.
Lui aveva scosso la testa. "Non ancora." aveva risposto con voce
roca. "Spiego ritratto."
"Spieghi?" aveva domandato lei, arricciando il naso in confusione
mentre lui si lasciava cadere con attenzione di fianco a lei sul divano.
Sembrava improvvisamente timido, mentre giocherellava con il bastone tra le
dita, facendolo rotolare tra i palmi delle mani.
Lui aveva tenuto gli occhi fissi sulle sue mani, senza guardarla, mentre
sussurrava. "Spiego … il vestito."
"Credo di sapere perché mi vuoi in quel vestito, Max." aveva
scherzato lei in tono civettuolo, appoggiandosi contro di lui. "Penso di
sapere esattamente il perché."
"Penso a questo … sempre." aveva ammesso lui a voce bassa,
giocherellando ancora con il bastone.
"Pensi a cosa, Max?" lo aveva incalzato
lei, sebbene sapesse già la risposta. Sapeva quello che lui voleva, cosa stesse
lasciando intendere.
"Non solo a questo … a te." aveva sospirato lui, fissandola con uno
sguardo pieno di evidente desiderio. "Sempre penso … a te."
E lei era stata sicura che lui stesse per confessargli quanto desiderava fare
l'amore con lei, sussurrarle le parole all'orecchio. Chiederglielo finalmente.
Eppure lui non l'aveva fatto, aveva faticato a rimettersi in piedi e, senza
pronunciare un'altra parola, aveva camminato fino al suo studio.
Per un momento lei aveva sentito il familiare senso di frustrazione e avrebbe
voluto mettersi ad urlare. Per chiedergli se lui non sentisse le stesse cose
che sentiva lei, fino a quando lui non si era fermato, guardando indietro verso
di lei con uno dei suoi caldi sorrisi. Quello in cui lei fossette apparivano
improvvisamente e tutto il suo volto si illuminava di gioia.
"Ti amo." aveva offerto. "Così tanto, Liz."
"Anche io ti amo, Max." aveva risposto lei con dolcezza, sentendo la
sua frustrazione dissolversi alla luce di quel sorriso. Uno che lei immaginava
fosse apparso fin troppo raramente in molti anni.
E lei, da allora, era rimasta sdraiata sul divano, facendosi domande sul
vestito, su quello che lui ne aveva detto. Aveva veramente voluto dire quello
che lei si era immaginata?
Mentre ascoltava i rumori della pioggia sul tetto, i suoi pensieri andarono ai
suoi sogni, a Max sulla spiaggia, al campo di fiori.
Al significato del vestito bianco per entrambi.
Cosa ancora potesse significare tra loro perfino adesso, perché ancora
non si erano fatti dono dei loro corpi, non nei due mesi che erano passati da
quando erano tornati insieme. Avevano usato molta cautela nelle loro carezze,
nei loro sfioramenti. Troppo delicati con questo amore che stava finalmente
sbocciando come un fiore dopo le nevi invernali.
Liz lo amava ancora più di prima, ma aveva anche
realizzato che dovevano muoversi lentamente nella loro relazione fisica –
specialmente con quello che lei aveva saputo sul suo handicap. Come a volte il
ginocchio gli facesse male per giorni e giorni, richiedendo risposo, e lui
passasse il suo tempo sdraiato sui cuscini. Certe volte la mascella gli doleva
così tanto che lui non riusciva neppure a parlare. E lei lo aveva visto
sbiancare appoggiandosi al bastone, anche se lui aveva sempre lottato per
nasconderle il dolore che provava.
No, aveva fin troppa familiarità con i segnali silenziosi del suo dolore –
quelli che lui sembrava pensare di aver nascosto così bene – per affrettarsi
verso una relazione fisica tra loro due. La loro prima volta avrebbe dovuto
essere gentile e attenta. Dovevano sentirla essere la cosa giusta, perché lei
non poteva pensare che Max potesse sentirsi esposto o
vulnerabile nei riguardi del suo corpo.
Soprattutto non quando lui era ancora così incredibilmente magnifico.
Lei lo sapeva perché gli aveva gettato occhiate di nascosto nei momenti più
strani, quando lui era a torso nudo in jeans o in boxer dopo che avevano
passato la notte uno nelle braccia dell'altro. Aveva sentito il corpo di lui
contro il suo, mentre si scambiavano baci poco più che casti e lui le aveva
aperto la camicia, sfiorandole il petto con le labbra per lasciare una traccia
d'argento sulla pelle di lei. Poi le aveva preso un capezzolo tra le labbra,
bagnandolo di saliva e ad un tratto la sua energia le aveva attraversato il petto
come una pioggia di meteore.
Ma non aveva visto molto di più. Non ancora. Sebbene lei già sapesse che lui
era terribilmente meraviglioso. L'amore che aveva per lui la rendeva certa di
questo.
Sobbalzò quando lui le chiese "Cosa pensi?" Aveva smesso di dipingere
ed era rimasto in piedi a pulire il pennello con uno straccio, mentre la
guardava. Come Michael, quando lavorava aveva l'abitudine di tirare indietro i
capelli dagli occhi e poche ciocche sciolte gli cadevano sulle guance.
"C … cosa?" balbettò lei, mentre lui si puliva il viso col dorso
della mano. Lei si sentì improvvisamente esposta, come se lui potesse conoscere
i suoi pensieri, specialmente visto come aveva spalancato gli occhi alla
domanda di lei.
"Liz." rise, lasciando cadere il pennello sul
tavolo di lavoro. "Cattiva bugiarda. Ricordi?" la prese in giro lui,
camminando lentamente verso di lei. Senza il bastone.
Lei si tirò su, pronta a commentare la sua pericolosa camminata – e qualcosa
l'aveva fatta tacere. Forse il fatto di non essere sicura che lui si fosse
accorto di averlo fatto, mentre lui si avvicinava lentamente verso di lei, con
un sorriso seducente sul viso.
"Allora non mentirò." rispose lei audacemente, buttandosi i capelli
indietro sulle spalle. Il vestito le si aprì, in velata seduzione, a causa
della posizione che aveva. Lei sapeva che rivelava l'attaccatura del seno,
forse di più. Ma non cercò di aggiustarselo. Invece, continuò a tenere lo
sguardo fisso sul viso di lui.
"Stavo pensando a quanto ti desidero." rispose lei, con voce roca e
spessa. "Che tutto quello che voglio è che tu faccia l'amore con me."
Max rimase in piedi davanti a lei, abbassando lo
sguardo verso i suoi occhi. "E' quello che ho voluto per tutti questi
mesi." terminò lei, sentendosi le guance avvampare.
"Ecco perché … " tacque per un momento e Liz
lo vide trattenere una smorfia di dolore, poi riprese. "Io volevo … abito
bianco." disse, allungando un braccio per sfiorare il tessuto che cadeva
lungo la sua spalla. "Stasera."
"Davvero?" chiese lei, conscia del fatto che il suo cuore avesse
cominciato a batterle forte nel petto.
"Perché dovevo … dipingere te." annuì lui, avvicinandosi ancora. Lei
allungò una mano e gli accarezzò il torace, facendo scivolare le dita sotto
l'orlo della sua maglietta, così da poter accarezzare l'addome piatto.
"Stasera." rispose lui con voce roca di desiderio. "Dipingere
come … fare l'amore. Parlare. Respirare." era quasi quello che lui le
aveva detto quella sera di molti mesi prima, solo che ora fare l'amore era il
suo primo termine di paragone.
Lei gli sollevò la camicia, fino a quando non riuscì a vedere la pelle calda
del suo stomaco, e si abbassò, per lasciare lì un tenero bacio. Era qualcosa
che avrebbe voluto fare fin dalle scuole superiori, quando per la prima volta
aveva visto il corpo di lui. Era cambiato da allora, certamente. Eppure
rimaneva sorprendentemente muscoloso e definito, nonostante l'handicap,
nonostante gli anni di prigionia.
Un morbido suono uscì dalle labbra di lui, mentre lei continuava a baciargli
lentamente l'addome, abbassando l'orlo dei jeans, così che le sue labbra
potessero sfiorare la pelle sottostante. Lui infilò le mani tra i suoi capelli,
con le dita che si afferrarono alle sue ciocche, ed emise un basso gemito.
"Liz." la pregò piano, mentre lei faceva
scivolare una mano lungo il suo fianco. Sapeva che stava prendendo l'iniziativa
e sapeva che questo avrebbe potuto cambiare una volta che fossero entrati in
camera da letto. Ma per ora, voleva che lui sentisse tutto il desiderio che lei
aveva per lui, voleva che lui sapesse come lei lo vedeva. Come lo aveva sempre
visto.
Improvvisamente fu come se un fiume si fosse aperto sotto di loro e vi si
tuffarono a capofitto, vorticando tra le luci, le immagini ed i suoni, mentre Max si inginocchiava lentamente davanti a lei. Lei stette
quasi per fermarlo, quasi protestò che avrebbe dovuto fare attenzione al
ginocchio, ma non osò farlo. Le immagini si intensificarono tra loro, così come
i suoni che le accompagnavano e che li avvolsero come l'abbraccio di un amante,
e lei vide tutto quello che c'era nel cuore di lui.
Vide le sue paure, la sua vulnerabilità per le sue cicatrici e per quanto lo
facessero sentire sfigurato, il suo bisogno di lei e quanto fosse sempre
presente dentro di lui. E vide che lui l'aveva fatta sua in questo modo
migliaia di volte, più di quante lei potesse contare, sempre facendo l'amore
con lei come se fosse la sua sposa vestita di bianco. Lui il suo principe, lei
la promessa del suo cuore.
Le lacrime cominciarono a rigarle il viso e lei non riuscì a fermarle,
limitandosi a sussurrare il suo nome contro la sua guancia sfregiata.
"Max." lo pregò, infilando le dita tra i lunghi capelli di lui,
mentre lui si sedeva sul divano con lei. "Max." gemette di nuovo,
muovendosi su un fianco, così da poterlo tenere tra le sue braccia. Fece
scivolare le mani di nuovo sotto la sua camicia, facendole risalire così da
poter toccare la sua pelle calda.
"Liz." gemette lui, sfilandosi la camicia
dalla testa. "Amore … amore mio." mormorò, ricadendo tra braccia di
lei. I capelli gli scivolarono sulle spalle e Liz non
poté impedirsi di toccarli, facendo scorrere le dita tra le ciocche setose.
Esattamente come le dita di lui continuavano ad accarezzare il suo corpo,
scostando il vestito e seguendo ogni curva con tale disperato bisogno.
Lei vide il suo desiderio nei flash, sentì il suo bisogno di far unire il corpo
di lui al suo. Non avvolto dall'abito quello di lei, non stretto dai jeans
quello di lui. Max doveva farla sua.
"Liz." riuscì finalmente a dire. "Camera
… letto.… non.… sofà."
"No, non sofà." ripeté lei, rispecchiando la sua sintassi, mentre si
staccavano dopo quei baci disperati. Si fissarono per un lungo momento,
cercando di riprendere fiato.
"Liz, cambia … tutto." avvertì lui, dandole
un gentile bacio sulla tempia. "Lo sai questo. Mai più uguale."
"Io voglio questi cambiamenti, Max." rispose lei, afferrandogli le
spalle. "Io non posso più aspettare. Ho bisogno di te, ora."
"Anche io." annuì lui piano, prendendole le mani. Le diede dolci baci
sui palmi, fissandoli pensieroso per un momento. Poi i loro occhi si
incontrarono alla luce delle candele, e lui sussurrò " Ho bisogno di noi,
Liz."
*****
La luce del sole cadeva sul letto di Max, scaldando i
loro corpi nudi nel primi raggi del mattino. Quando Liz
si svegliò al tocco della mano di Max morbidamente
appoggiata al suo addome, sorrise. Eppure non osò aprire gli occhi e neppure
muoversi, per paura di svegliarlo.
Erano amanti adesso e non si poteva più tornare indietro. I loro corpi avevano reso
solido quello che era sempre esistito tra le loro anime. Erano diventati uno.
Max aveva avuto terribilmente ragione – fare l'amore
aveva cambiato le cose tra loro, per sempre. Ora lei avrebbe sempre conosciuto
la sensazione di Max che si muoveva profondamente nel
suo corpo. Avrebbe per sempre conosciuto la profondità della loro connessione,
che cosa significava perdere sé stessa nella luce dorata che lo avvolgeva.
Ma una cosa non avrebbe mai potuto cambiare, né in una notte d'amore, né in
mille. Il suo amore per lui, che rimaneva una costante come il battito del suo
stesso cuore, come il sorgere delle lune gemelle di Antar.
Max russava piano contro la sua guancia, un suono
dolce, melodico, che aveva cominciato ad apprezzare come un tesoro negli ultimi
due mesi. Senza aprire gli occhi, sentì la pace dentro l'animo di lui, sentì
che lui stava riposando veramente per la prima volta in molti anni. Anche
meglio di quando andava ancora a scuola. E forse era questo che segnava il
passaggio da promessi amanti ad amanti. Forse era nel modo in cui uno poteva
fidarsi dell'altro in questo modo, forse era nella sicurezza che ogni battito
del cuore acquistava, persino nei sogni.
Liz non poteva esserne sicura. Eppure, mentre
giacevano sul letto di lui, lei aveva tutto quello che aveva sempre desiderato,
la sua metà dell'anima sdraiata di fianco a lei, il suo corpo caldo addosso a
quello di lei.
Lentamente, aprì gli occhi e vide Max con i lunghi
capelli che gli ricadevano sul viso. Lo osservò liberamente, sbattendo gli
occhi alla luce del sole che attraversava i suoi capelli scuri, rivelando
tracce d'argento contro il cuscino.
E qualcosa di incredibile attrasse la sua attenzione sulle cicatrici che gli
rigavano il volto.
Per un attimo, fu sicura che la luce del sole le stesse giocando brutti
scherzi, poi cambiò idea, pensando che le scure ciocche di lui alterassero in
qualche modo i suoi lineamenti. Ma alla fine, sollevò una mano esitante e
scostò i capelli dal volto di lui perché aveva bisogno di vedere le sue cicatrici
più chiaramente.
Rimase senza fiato alla vista del viso di lui, spalancando gli occhi con
meraviglia. Immediatamente, Max si mosse accanto a
lei e Liz fece cadere la mano. Lui aprì gli occhi e
il suo viso si aprì in un assonnato sorriso.
Lei gli accarezzò il volto con la punta delle dita, seguendo il contorno delle
familiari cicatrici, le linee profonde che segnavano le sue guance. E le sentì
diverse persino sotto il tocco della sua mano.
Max si stirò languidamente, sollevando le braccia
sopra la testa così da far cadere il lenzuolo fino ai suoi fianchi. Lo sguardo
di Liz cadde sulla familiare cicatrice che
attraversava il suo torace, proprio sopra il cuore, e restò meravigliata nel
vedere che, anche quella, si era come ridotta durante la notte.
Liz posò il palmo della sua mano sopra il cuore di
lui, sentendo il contorno spesso della cicatrice sotto la sua mano.
"Max." riuscì a dire, inghiottendo forte. "Ti amo." Per
qualche motivo voleva che lui sapesse questo come prima cosa, che lui
ascoltasse quelle parole uscire dalle sue labbra.
"Ti amo, anche io." rispose lui piano, ma aggrottò le sopracciglia
confuso. "Cosa … non va?"
Liz si sollevò i capelli oltre la spalla, sedendosi
sul letto per guardarlo. Il nuovo angolo di visione le permetteva un'incredibile
vista del trasformato viso di lui, di quanto differenti apparissero quelle
profonde linee dopo solo 10 ore.
Gli prese le mani tra le sue, intrecciando le dita con quelle di lui prima di
parlare. "Max, ti è successo qualcosa."
spiegò con gentilezza. "Quando abbiamo fatto l'amore."
L'atteggiamento di lui cambiò immediatamente, rilassando i lineamenti.
"Puoi dirlo." rise, accarezzandole lentamente la spalla. "E'
stato stupefacente."
"No, voglio dire che è successo veramente qualcosa."
insistette lei, sentendosi le lacrime agli occhi. "Al tuo viso."
"Al mio viso?" chiese lui, sfiorandosi la mascella. "Non
capisco."
"Max, le cicatrici sono … sono … " balbettò
lei e le lacrime scesero giù per le guance, prima che lei riuscisse a
sussurrare con voce roca. "Più leggere. Molto più leggere … questa
mattina."
I marchi sulla pelle erano sempre stati di un rosa acceso, come mai guariti e
ruvidi contro la sua pelle. Nei due mesi precedenti Liz
avrebbe voluto suggerirgli di usare le pietre guaritrici, di chiamare tutti e
cercare di curarlo. Eppure qualcosa l'aveva sempre fermata, impedendole di dare
il suggerimento.
Si era trattenuta perché aveva visto dei frammenti nei loro flash mentre si
baciavano, cose che, lei lo sapeva, non avrebbe dovuto vedere.
Max fece scorrere la mano sul viso, sorprendentemente
calmo, quindi, alla fine, si lasciò cadere sulla schiena e rimase a fissare il
soffitto. Differenti emozioni si leggevano sul suo volto e Liz
si sentì esclusa da tutto. Lui era di nuovo su Antar, di nuovo in prigione.
Migliaia di miglia lontano dal loro letto, dalle braccia di lei.
"Max, dimmi qualcosa." lo incalzò lei,
ripulendosi le lacrime col dorso della mano. "A cosa stai pensando?"
si era aspettata che lui festeggiasse, che ne fosse felice, non certo malinconia
e distacco.
Per un lungo momento lui rimase silenzioso, quindi, alla fine, sospirò
pesantemente. "Mi sto domandando perché mai sono partito con Tess."
La stanza sembrò girare intorno alle sue parole, mentre una parte della magia
cominciava a scomparire. "Tu non … capisci." continuò lui finalmente,
dopo averla scrutata per diversi minuti. "E' vero?"
"No." rispose lei, scuotendo la testa. Perché doveva fare il nome di Tess adesso, portandola dentro il loro letto nel preciso
momento in cui la sua guarigione era cominciata?
"Tu mi hai risanato." rispose lui semplicemente. "Io l'ho
sentito, Liz. Questa notte."
Anche il suo modo di parlare era cambiato, meno spezzato e più coerente. Ma Liz non si concentrò su quello, invece riportò lo sguardo
sul suo amante, sugli occhi dorati che continuavano a guardarla. "Quando
tu hai … toccato … " lui esitò un attimo, strofinandosi la mascella con un
sospiro di frustrazione. "Il mio viso."
Lei sapeva benissimo a quale momento lui si stesse riferendo, quello in cui era
cominciato il cambiamento mentre facevano l'amore. Gli occhi di lui le avevano
detto tutto in quel momento – nell'attimo culminante, quando lei gli aveva
circondato il viso con le mani, sfiorando con baci preziosi i segni brutali.
Qualcosa era successo sotto le sue labbra, qualcosa di mistico – e poi
l'argento si era soffuso sulla pelle di lui, come la luce lontana che
illuminava la stanza. Lui aveva aperto la bocca in un basso gemito e aveva
allungato la mano per toccarsi il suo stesso viso, meravigliato.
"Lo so che lo hai sentito." disse lei, tornando a circondargli il
viso con le mani. "C'era dell'argento sopra le tue cicatrici, Max. Io l'ho
visto."
"Come l'impronta della mano." sussurrò lui, spalancando gli occhi.
"Su di te."
"Era proprio come quello, solo … " lei si fermò, cercando il modo più
adatto di descriverlo. "Era come una tempesta magnetica."
"Liz, non guarito prima." La frase era
chiara, ma la lasciò incerta sul suo significato
"Lo so, tesoro." rispose lei alla fine, scuotendo la testa in segno
di assenso, mentre si accoccolava contro di lui nel letto. Il nome di Tess sembrava echeggiare ancora nella stanza, continuava a
rovinare il momento anche adesso.
"A causa di Tess." disse lui con
semplicità.
"Cosa?" aveva quasi pianto lei. Nei suoi sogni, lui le aveva parlato
di Khivar, dicendo che lui aveva messo dei blocchi
che impedissero la guarigione. Nei flash che aveva ricevuto, aveva visto i
seguaci di Max cercare di curarlo dopo che era stato
rilasciato dalla prigione, ma senza successo.
"Tess era lì … la notte." lui scosse la
testa con gli occhi pieni di lacrime. E Liz capì.
Qualcosa di assolutamente critico era successo tra di loro, un importante
elemento della sua guarigione era lì. Le sue frasi stavano diventando
nuovamente sconnesse, perché lui stava tornando ad un posto segreto, un luogo
che non era mai stato esposto alla luce prima.
Di nuovo la magia tornò nella stanza, come un segreto senso di aspettativa.
"Tess era lì quando, Max?"
lo incoraggiò lei, accarezzandogli con dolcezza i capelli. "Dimmelo."
"Khivar ha violentato la mia mente."
terminò lui con voce rauca. "Tess era lì e … mi
ha fatto del male."
"Tess ti ha fatto del male?" ripeté Liz con voce roca, sentendosi improvvisamente piena di
rabbia. "Come?"
Max scosse la testa fermamente e Liz
sentì le mani di lui stringerle forte la vita. Sembrava del tutto inconsapevole
che la sua gentile stretta fosse diventata una morsa. "La mia mente. Ha
ferito la mia mente."
Max rimase silenzioso, fissandola come se lei avesse
il balsamo che avrebbe potuto guarire la sua anima. Come se lei avesse potuto
indovinare quello che era successo senza bisogno di parole. Ha ferito la mia
mente. Che cosa le stava dicendo? Liz sentì
aumentare la disperazione, mentre riascoltava le sue criptiche parole.
"Mentre lui ti violentava la mente?" chiese Liz
alla fine, mordendosi il labbro in frustrazione. "Lei ha ferito la tua
mente, allora?"
"Lei ha bloccato … guarigione. Per sempre. Ha unito il potere … con Khivar, messo blocchi … nella mia mente. No
guarigione."
"Oh, Dio." sussurrò Liz, mentre l'orribile
verità di quello che lui aveva voluto dire si rivelava. Max
continuò a fissarla, con occhi aperti e pieni di vulnerabilità. "Dio, Max, mi dispiace così tanto."
Tess e Khivar avevano unito
i loro poteri per mettere dei blocchi alla guarigione dentro alla mente di lui,
per essere sicuri che nessuno avrebbe mai potuto riparare il danno fatto a Max quella notte. Ecco perché gli anziani non erano
riusciti a farlo su Antar, ecco perché Liz aveva
saputo istintivamente che non avrebbero dovuto usare le pietre della
guarigione.
"Solo tu, Liz." sussurrò lui alla fine,
appoggiando la testa su quella di lei. "Il tuo amore. Solo tu … potevi
guarire."
"Tess ti ha detto questo?" chiese Liz. "Che senza di me, non saresti mai guarito?"
"Sì." Max non disse più nulla, eppure Liz poteva immaginare i fantasmi che c'erano tra di loro. Di
più, Max, lo incalzò lei silenziosamente. Dimmi
tutto.
Invece lui rimase in silenzio, tenendola stretta contro il suo petto, il respiro
malfermo e ansioso. Alla fine, quando Liz stava quasi
per pregarlo di andare avanti, ammise piano, "Tess
ha detto … che non mi avresti … mai amato … così. Nessuna guarigione senza … il
tuo amore."
Liz chiuse gli occhi e un basso singhiozzo le sfuggì dalle
labbra alla sua confessione. Tess lo aveva schernito,
gli aveva detto che, quella notte, aveva perso l'amore della sua anima gemella
per sempre, perché il suo viso era stato sfigurato. Eppure aveva fatto sì che
lui sapesse qual era l'unica cura possibile, l'unica guarigione – l'amore di
quella stessa anima gemella. Tess aveva voluto fare
un gioco crudele, sicura che lui non sarebbe mai riuscito a tornare con Liz. Aveva convinto Max che,
anche se ci fosse riuscito, Liz non avrebbe potuto
amarlo, non con un viso e un corpo così orribilmente storpiati.
Liz continuò a piangere, lasciando teneri baci su
ogni cicatrice. "Quanto si sbagliava, Max. Tu hai vinto, non vedi?"
Gli sorrise, sentendo una grande felicità provenire dal suo cuore. "Noi
abbiamo vinto. Abbiamo sconfitto i tuoi nemici, una volta per tutte."
"Lei ha rubato … troppo. 10 anni … con te."
"Non pensiamo a questo, Max." lo rassicurò Liz,
scuotendo la testa con fermezza. "Non adesso. Non dopo che tu sei
finalmente tornato a casa da me."
"Lei ha rubato ricordi, cose … " sospirò lui frustrato, poi
finalmente rialzò lo sguardo e fissò Liz fermamente
negli occhi. "Che appartenevano a noi. Andate. Anni andati. Khivar ha rubato troppo."
"Quali cose?" chiese Liz e Max la strinse ancora di più. "Quali ricordi?".
Sentì il battito del suo cuore aumentare, temendo le risposte di lui. Non
ricordava più il loro primo bacio? Non ricordava quando l'aveva guarita?
"Come la sera del ballo scolastico."
"Ballo scolastico?" Liz quasi si soffocò
sulle parole. "Cosa?"
"Io ricordo di essere andato con te ma … non andare via. Non ti ho
accompagnato a casa dopo. Nessun bacio."
"Oh, Dio, Max." sussurrò Liz, sedendosi nel
letto. Con quell'unica frase, aveva spiegato così tanto di quello che era
successo su Antar. Aveva passato anni ad arrovellarsi sul loro appuntamento del
ballo scolastico, sul perché non avesse nessun ricordo di averla riaccompagnata
a casa – quando Liz sapeva la penosa verità su quello
che era successo quella sera. Si domandò su quanti altri momenti come quelli
aveva riflettuto lui, spezzati frammenti senza un senso, che avrebbero fatto
molto meno male se solo li avesse potuti comprendere.
"Max, quel ballo è stato un disastro. Se non te
lo ricordi, beh, tanto meglio."
"Com'è … possibile?" chiese lui, aggrottando le sopracciglia.
"Io ti amavo. Desideravo così tanto quella sera."
Liz annuì, sentendosi di nuovo le lacrime bruciarle
gli occhi. "So che lo desideravi." sussurrò. "Lo so."
"Come ricorderò?" chiese lui alla fine. "Come potrò sapere cosa
… ho perso? C'è così tanta confusione."
Liz rifletté per un lungo momento, poi lo fissò negli
occhi. "Perché io ricorderò per te, Max." rispose lei, realizzando
che possedeva la chiave per tutte le domande senza risposta che lo
tormentavano. "E' così che il mio amore ti guarirà veramente. Tutti quei
ricordi, tutto quello che hai dimenticato. E' ancora chiuso dentro di te e io
vedo quelle memorie nei flash. E anche tu comincerai a vederle. Le cose di
Antar, il nostro passato insieme, la tua infanzia. Tu ritroverai di nuovo tutto
ogni volta che faremo l'amore."
Gli occhi dorati di Max divennero grandi e luminosi.
"Ha … hai ragione." ammise alla fine con voce roca, portandosi la
mano di lei alla guancia, mentre si sedeva nel letto.
"Tu ricorderai, Max." gli sussurrò orgogliosa. "Lascia che sia
questo il mio dono per te. Il mio dono d'amore."
Lui si portò la mano di lei fino alla bocca e baciò con tenerezza ogni dito.
"Il tuo amore … è già … un dono."
Liz gli circondò il collo con le braccia e portò la
bocca fino a un respiro da quella di lui. "Max
Evans, nessuno potrà mai più separarci." annunciò, sentendo le mani di lui
stringerle la vita. Il calore esplose nel corpo di lei, mentre lui la abbassava
lentamente sulla schiena. "Nessuno potrà portare via da te questo amore.
Da noi." concluse lei, mentre lui la seguiva contro il materasso.
"Sai perché, Max?" chiese lei senza fiato,
mentre sentiva il calore di lui tra le sue gambe.
Max la interruppe, finendo la frase proprio mentre la
baciava. "Perché le anime gemelle … si amano per sempre." sussurrò
fiero.
Lei gli circondò il viso con le mani, abbassandogli la bocca per un altro
bacio, ed intravide bagliori d'argento intorno alle sue cicatrici.
E per un attimo, poté giurare che stavano diventando più leggere proprio
davanti ai suoi occhi.