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Autore: Agnese_san    10/08/2014    0 recensioni
Il pacco era piccolo, quasi certamente un quadro, pensò lei rabbrividendo e prendendo il suo coltello.
Apri I Tuoi Occhi, pensò, tirando un bel respiro, mentre tagliava lentamente la carta. Si aprì come un fiore, rivelando un esplosione di colori – porpore e dorati e rosa da sogno. Un cielo. L’enorme panorama di un cielo alieno.
Come qualcosa che arrivava dritto dai suoi sogni.
Genere: Angst, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Liz Parker, Max Evans, Michael Guerin
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Parte Diciotto


La pioggia estiva batteva contro il tetto della casa di Max, ritmica e armoniosa, cullando Liz che era sdraiata sul divano. Negli ultimi due mesi, questa era diventata una tenera abitudine tra loro – lui avrebbe dipinto, mentre lei leggeva o riposava sul divano, come aveva fatto spesso nel loft di Michael.

Eppure questa sera era differente, perché Max aveva timidamente chiesto di dipingere il suo ritratto, facendole capire che aveva in mente qualcosa di speciale. Lui ci stava già lavorando da diverse ore, studiandola in silenzio dallo studio nel quale dipingeva. Ogni tanto le lanciava uno sguardo e i suoi occhi sembravano diventare sempre più intensi, pieni di innegabile bisogno.

E il corpo di Liz reagiva ad ogni occhiata, ad ogni gesto che lui faceva verso di lei. Per la verità, più a lungo lei rimaneva sotto lo sguardo intenso di lui, più il suo corpo di scaldava in risposta – soprattutto quando vedeva le guance di lui arrossarsi ogni volta che i loro sguardi si incontravano.

Per il ritratto, lui l'aveva voluta con il vestito bianco e lei se lo era portato dietro per cambiarsi dopo il lavoro. Ma un inaspettato temporale era scoppiato durante il tragitto in automobile fino alla casa di lui, così aveva corso nel vialetto fino all'ingresso, tenendosi il vestito da indossare stretto al petto. I suoi sandali avevano sollevato schizzi di fango che le erano corsi come rivoletti sulle gambe, e i suoi capelli erano zuppi d'acqua.

Max l'aveva fatta entrare in fretta, togliendole il vestito di mano, mentre la portava verso la cucina con un sorriso silenzioso. Lei era rimasta confusa dalla sua reazione, fino a quando lui non aveva detto a voce bassa "Capelli meravigliosi … bagnati. Bel quadro."

Lei era arrossita, passandosi le dita tra le ciocche bagnate, fino quando lui non aveva sollevato le mani per fermarla. "No … amo così."

"Sei sicuro?" aveva chiesto lei incerta, asciugandosi il viso con le dita. Poi lui l'aveva sorpresa, prendendo tra le mani un asciugamano e, appoggiato cautamente al suo bastone, abbassandosi per asciugarle le gambe bagnate. Lei aveva protestato di essere in grado di farlo da sola, ma lui si era limitato a sorridere mentre si risollevava. Lentamente, l'aveva baciata sulla bocca, leccando le gocce di pioggia che ancora aveva sulle labbra.

E c'era stato qualcosa di diverso in quel bacio. Era pieno di aspettativa, di un calore non più trattenuto. Quel bacio l'aveva bruciata dentro quando, dopo che all’inizio le loro labbra si erano appena sfiorate, era diventato più profondo. Qualunque nuovo mistero fosse cominciato tra di loro, lei si era sentita le labbra ardere, quando lui si era lentamente tirato indietro.

"Ehi" aveva sussurrato lui, come se fosse stata la prima volta che la vedeva in tutta la sera. Solo allora lei aveva realizzato che lui non aveva praticamente parlato da quando era arrivata. Eppure non avevano fatto altro che comunicare.

Lei aveva allungato le dita ancora bagnate fino alla guancia, per accarezzargli il viso. Era qualcosa che adorava fare, adesso che finalmente non doveva più trattenersi. "Sei di buon umore." aveva osservato con dolcezza, sfiorando il contorno della sua cicatrice più profonda, e negli occhi di lui si era acceso un lampo. Lei aveva riconosciuto la stessa energia del loro bacio, che illuminava le pagliuzze d'oro e ambra negli occhi di lui.

"Felice." aveva ammesso lui, circondandole la vita con un braccio, guidandola verso il soggiorno. "Weekend."

Liz aveva sollevato lo sguardo verso di lui, mentre si muovevano insieme verso il divano. La stupiva la facilità con cui lo capiva ora, come le sue frasi più frammentarie e smozzicate le sembrassero lunghe e piene di dettagli. Felice weekend. Nel lessico di Max significa che era contento che fosse arrivato il weekend, che dava loro quasi tre giorni per stare insieme, senza interruzioni.

Lui amava i loro weekend insieme, ne beneficiava come di un dono e lei adorava il poterlo ricoprire di attenzioni, in quei momenti. Non c'era la galleria, non c'erano altri artisti che reclamavano l'attenzione di lei. Be', a meno di contare le visite della domenica mattina di Michael, ma lui ricadeva nel regno sospeso tra famiglia e amicizia, e non era certo un cliente pieno di necessità.

"Anche io." si era trovata d'accordo lei, mentre lui la faceva accomodare sul divano, guardandola con occhi pieni di aspettativa. "Non vuoi che mi cambi?" aveva chiesto lei, mentre lui stendeva il vestito sul divano.

Lui aveva scosso la testa. "Non ancora." aveva risposto con voce roca. "Spiego ritratto."

"Spieghi?" aveva domandato lei, arricciando il naso in confusione mentre lui si lasciava cadere con attenzione di fianco a lei sul divano. Sembrava improvvisamente timido, mentre giocherellava con il bastone tra le dita, facendolo rotolare tra i palmi delle mani.

Lui aveva tenuto gli occhi fissi sulle sue mani, senza guardarla, mentre sussurrava. "Spiego … il vestito."

"Credo di sapere perché mi vuoi in quel vestito, Max." aveva scherzato lei in tono civettuolo, appoggiandosi contro di lui. "Penso di sapere esattamente il perché."

"Penso a questo … sempre." aveva ammesso lui a voce bassa, giocherellando ancora con il bastone.

"Pensi a cosa, Max?" lo aveva incalzato lei, sebbene sapesse già la risposta. Sapeva quello che lui voleva, cosa stesse lasciando intendere.

"Non solo a questo … a te." aveva sospirato lui, fissandola con uno sguardo pieno di evidente desiderio. "Sempre penso … a te."

E lei era stata sicura che lui stesse per confessargli quanto desiderava fare l'amore con lei, sussurrarle le parole all'orecchio. Chiederglielo finalmente. Eppure lui non l'aveva fatto, aveva faticato a rimettersi in piedi e, senza pronunciare un'altra parola, aveva camminato fino al suo studio.

Per un momento lei aveva sentito il familiare senso di frustrazione e avrebbe voluto mettersi ad urlare. Per chiedergli se lui non sentisse le stesse cose che sentiva lei, fino a quando lui non si era fermato, guardando indietro verso di lei con uno dei suoi caldi sorrisi. Quello in cui lei fossette apparivano improvvisamente e tutto il suo volto si illuminava di gioia.

"Ti amo." aveva offerto. "Così tanto, Liz."

"Anche io ti amo, Max." aveva risposto lei con dolcezza, sentendo la sua frustrazione dissolversi alla luce di quel sorriso. Uno che lei immaginava fosse apparso fin troppo raramente in molti anni.

E lei, da allora, era rimasta sdraiata sul divano, facendosi domande sul vestito, su quello che lui ne aveva detto. Aveva veramente voluto dire quello che lei si era immaginata?

Mentre ascoltava i rumori della pioggia sul tetto, i suoi pensieri andarono ai suoi sogni, a Max sulla spiaggia, al campo di fiori. Al significato del vestito bianco per entrambi.

Cosa ancora potesse significare tra loro perfino adesso, perché ancora non si erano fatti dono dei loro corpi, non nei due mesi che erano passati da quando erano tornati insieme. Avevano usato molta cautela nelle loro carezze, nei loro sfioramenti. Troppo delicati con questo amore che stava finalmente sbocciando come un fiore dopo le nevi invernali.

Liz lo amava ancora più di prima, ma aveva anche realizzato che dovevano muoversi lentamente nella loro relazione fisica – specialmente con quello che lei aveva saputo sul suo handicap. Come a volte il ginocchio gli facesse male per giorni e giorni, richiedendo risposo, e lui passasse il suo tempo sdraiato sui cuscini. Certe volte la mascella gli doleva così tanto che lui non riusciva neppure a parlare. E lei lo aveva visto sbiancare appoggiandosi al bastone, anche se lui aveva sempre lottato per nasconderle il dolore che provava.

No, aveva fin troppa familiarità con i segnali silenziosi del suo dolore – quelli che lui sembrava pensare di aver nascosto così bene – per affrettarsi verso una relazione fisica tra loro due. La loro prima volta avrebbe dovuto essere gentile e attenta. Dovevano sentirla essere la cosa giusta, perché lei non poteva pensare che Max potesse sentirsi esposto o vulnerabile nei riguardi del suo corpo.

Soprattutto non quando lui era ancora così incredibilmente magnifico.

Lei lo sapeva perché gli aveva gettato occhiate di nascosto nei momenti più strani, quando lui era a torso nudo in jeans o in boxer dopo che avevano passato la notte uno nelle braccia dell'altro. Aveva sentito il corpo di lui contro il suo, mentre si scambiavano baci poco più che casti e lui le aveva aperto la camicia, sfiorandole il petto con le labbra per lasciare una traccia d'argento sulla pelle di lei. Poi le aveva preso un capezzolo tra le labbra, bagnandolo di saliva e ad un tratto la sua energia le aveva attraversato il petto come una pioggia di meteore.

Ma non aveva visto molto di più. Non ancora. Sebbene lei già sapesse che lui era terribilmente meraviglioso. L'amore che aveva per lui la rendeva certa di questo.

Sobbalzò quando lui le chiese "Cosa pensi?" Aveva smesso di dipingere ed era rimasto in piedi a pulire il pennello con uno straccio, mentre la guardava. Come Michael, quando lavorava aveva l'abitudine di tirare indietro i capelli dagli occhi e poche ciocche sciolte gli cadevano sulle guance.

"C … cosa?" balbettò lei, mentre lui si puliva il viso col dorso della mano. Lei si sentì improvvisamente esposta, come se lui potesse conoscere i suoi pensieri, specialmente visto come aveva spalancato gli occhi alla domanda di lei.

"Liz." rise, lasciando cadere il pennello sul tavolo di lavoro. "Cattiva bugiarda. Ricordi?" la prese in giro lui, camminando lentamente verso di lei. Senza il bastone.

Lei si tirò su, pronta a commentare la sua pericolosa camminata – e qualcosa l'aveva fatta tacere. Forse il fatto di non essere sicura che lui si fosse accorto di averlo fatto, mentre lui si avvicinava lentamente verso di lei, con un sorriso seducente sul viso.

"Allora non mentirò." rispose lei audacemente, buttandosi i capelli indietro sulle spalle. Il vestito le si aprì, in velata seduzione, a causa della posizione che aveva. Lei sapeva che rivelava l'attaccatura del seno, forse di più. Ma non cercò di aggiustarselo. Invece, continuò a tenere lo sguardo fisso sul viso di lui.

"Stavo pensando a quanto ti desidero." rispose lei, con voce roca e spessa. "Che tutto quello che voglio è che tu faccia l'amore con me." Max rimase in piedi davanti a lei, abbassando lo sguardo verso i suoi occhi. "E' quello che ho voluto per tutti questi mesi." terminò lei, sentendosi le guance avvampare.

"Ecco perché … " tacque per un momento e Liz lo vide trattenere una smorfia di dolore, poi riprese. "Io volevo … abito bianco." disse, allungando un braccio per sfiorare il tessuto che cadeva lungo la sua spalla. "Stasera."

"Davvero?" chiese lei, conscia del fatto che il suo cuore avesse cominciato a batterle forte nel petto.

"Perché dovevo … dipingere te." annuì lui, avvicinandosi ancora. Lei allungò una mano e gli accarezzò il torace, facendo scivolare le dita sotto l'orlo della sua maglietta, così da poter accarezzare l'addome piatto. "Stasera." rispose lui con voce roca di desiderio. "Dipingere come … fare l'amore. Parlare. Respirare." era quasi quello che lui le aveva detto quella sera di molti mesi prima, solo che ora fare l'amore era il suo primo termine di paragone.

Lei gli sollevò la camicia, fino a quando non riuscì a vedere la pelle calda del suo stomaco, e si abbassò, per lasciare lì un tenero bacio. Era qualcosa che avrebbe voluto fare fin dalle scuole superiori, quando per la prima volta aveva visto il corpo di lui. Era cambiato da allora, certamente. Eppure rimaneva sorprendentemente muscoloso e definito, nonostante l'handicap, nonostante gli anni di prigionia.

Un morbido suono uscì dalle labbra di lui, mentre lei continuava a baciargli lentamente l'addome, abbassando l'orlo dei jeans, così che le sue labbra potessero sfiorare la pelle sottostante. Lui infilò le mani tra i suoi capelli, con le dita che si afferrarono alle sue ciocche, ed emise un basso gemito.

"Liz." la pregò piano, mentre lei faceva scivolare una mano lungo il suo fianco. Sapeva che stava prendendo l'iniziativa e sapeva che questo avrebbe potuto cambiare una volta che fossero entrati in camera da letto. Ma per ora, voleva che lui sentisse tutto il desiderio che lei aveva per lui, voleva che lui sapesse come lei lo vedeva. Come lo aveva sempre visto.

Improvvisamente fu come se un fiume si fosse aperto sotto di loro e vi si tuffarono a capofitto, vorticando tra le luci, le immagini ed i suoni, mentre Max si inginocchiava lentamente davanti a lei. Lei stette quasi per fermarlo, quasi protestò che avrebbe dovuto fare attenzione al ginocchio, ma non osò farlo. Le immagini si intensificarono tra loro, così come i suoni che le accompagnavano e che li avvolsero come l'abbraccio di un amante, e lei vide tutto quello che c'era nel cuore di lui.

Vide le sue paure, la sua vulnerabilità per le sue cicatrici e per quanto lo facessero sentire sfigurato, il suo bisogno di lei e quanto fosse sempre presente dentro di lui. E vide che lui l'aveva fatta sua in questo modo migliaia di volte, più di quante lei potesse contare, sempre facendo l'amore con lei come se fosse la sua sposa vestita di bianco. Lui il suo principe, lei la promessa del suo cuore.

Le lacrime cominciarono a rigarle il viso e lei non riuscì a fermarle, limitandosi a sussurrare il suo nome contro la sua guancia sfregiata. "Max." lo pregò, infilando le dita tra i lunghi capelli di lui, mentre lui si sedeva sul divano con lei. "Max." gemette di nuovo, muovendosi su un fianco, così da poterlo tenere tra le sue braccia. Fece scivolare le mani di nuovo sotto la sua camicia, facendole risalire così da poter toccare la sua pelle calda.

"Liz." gemette lui, sfilandosi la camicia dalla testa. "Amore … amore mio." mormorò, ricadendo tra braccia di lei. I capelli gli scivolarono sulle spalle e Liz non poté impedirsi di toccarli, facendo scorrere le dita tra le ciocche setose. Esattamente come le dita di lui continuavano ad accarezzare il suo corpo, scostando il vestito e seguendo ogni curva con tale disperato bisogno.

Lei vide il suo desiderio nei flash, sentì il suo bisogno di far unire il corpo di lui al suo. Non avvolto dall'abito quello di lei, non stretto dai jeans quello di lui. Max doveva farla sua.

"Liz." riuscì finalmente a dire. "Camera … letto.… non.… sofà."

"No, non sofà." ripeté lei, rispecchiando la sua sintassi, mentre si staccavano dopo quei baci disperati. Si fissarono per un lungo momento, cercando di riprendere fiato.

"Liz, cambia … tutto." avvertì lui, dandole un gentile bacio sulla tempia. "Lo sai questo. Mai più uguale."

"Io voglio questi cambiamenti, Max." rispose lei, afferrandogli le spalle. "Io non posso più aspettare. Ho bisogno di te, ora."

"Anche io." annuì lui piano, prendendole le mani. Le diede dolci baci sui palmi, fissandoli pensieroso per un momento. Poi i loro occhi si incontrarono alla luce delle candele, e lui sussurrò " Ho bisogno di noi, Liz."


*****

La luce del sole cadeva sul letto di Max, scaldando i loro corpi nudi nel primi raggi del mattino. Quando Liz si svegliò al tocco della mano di Max morbidamente appoggiata al suo addome, sorrise. Eppure non osò aprire gli occhi e neppure muoversi, per paura di svegliarlo.

Erano amanti adesso e non si poteva più tornare indietro. I loro corpi avevano reso solido quello che era sempre esistito tra le loro anime. Erano diventati uno.

Max aveva avuto terribilmente ragione – fare l'amore aveva cambiato le cose tra loro, per sempre. Ora lei avrebbe sempre conosciuto la sensazione di Max che si muoveva profondamente nel suo corpo. Avrebbe per sempre conosciuto la profondità della loro connessione, che cosa significava perdere sé stessa nella luce dorata che lo avvolgeva.

Ma una cosa non avrebbe mai potuto cambiare, né in una notte d'amore, né in mille. Il suo amore per lui, che rimaneva una costante come il battito del suo stesso cuore, come il sorgere delle lune gemelle di Antar.

Max russava piano contro la sua guancia, un suono dolce, melodico, che aveva cominciato ad apprezzare come un tesoro negli ultimi due mesi. Senza aprire gli occhi, sentì la pace dentro l'animo di lui, sentì che lui stava riposando veramente per la prima volta in molti anni. Anche meglio di quando andava ancora a scuola. E forse era questo che segnava il passaggio da promessi amanti ad amanti. Forse era nel modo in cui uno poteva fidarsi dell'altro in questo modo, forse era nella sicurezza che ogni battito del cuore acquistava, persino nei sogni.

Liz non poteva esserne sicura. Eppure, mentre giacevano sul letto di lui, lei aveva tutto quello che aveva sempre desiderato, la sua metà dell'anima sdraiata di fianco a lei, il suo corpo caldo addosso a quello di lei.

Lentamente, aprì gli occhi e vide Max con i lunghi capelli che gli ricadevano sul viso. Lo osservò liberamente, sbattendo gli occhi alla luce del sole che attraversava i suoi capelli scuri, rivelando tracce d'argento contro il cuscino.

E qualcosa di incredibile attrasse la sua attenzione sulle cicatrici che gli rigavano il volto.

Per un attimo, fu sicura che la luce del sole le stesse giocando brutti scherzi, poi cambiò idea, pensando che le scure ciocche di lui alterassero in qualche modo i suoi lineamenti. Ma alla fine, sollevò una mano esitante e scostò i capelli dal volto di lui perché aveva bisogno di vedere le sue cicatrici più chiaramente.

Rimase senza fiato alla vista del viso di lui, spalancando gli occhi con meraviglia. Immediatamente, Max si mosse accanto a lei e Liz fece cadere la mano. Lui aprì gli occhi e il suo viso si aprì in un assonnato sorriso.

Lei gli accarezzò il volto con la punta delle dita, seguendo il contorno delle familiari cicatrici, le linee profonde che segnavano le sue guance. E le sentì diverse persino sotto il tocco della sua mano.

Max si stirò languidamente, sollevando le braccia sopra la testa così da far cadere il lenzuolo fino ai suoi fianchi. Lo sguardo di Liz cadde sulla familiare cicatrice che attraversava il suo torace, proprio sopra il cuore, e restò meravigliata nel vedere che, anche quella, si era come ridotta durante la notte.

Liz posò il palmo della sua mano sopra il cuore di lui, sentendo il contorno spesso della cicatrice sotto la sua mano. "Max." riuscì a dire, inghiottendo forte. "Ti amo." Per qualche motivo voleva che lui sapesse questo come prima cosa, che lui ascoltasse quelle parole uscire dalle sue labbra.

"Ti amo, anche io." rispose lui piano, ma aggrottò le sopracciglia confuso. "Cosa … non va?"

Liz si sollevò i capelli oltre la spalla, sedendosi sul letto per guardarlo. Il nuovo angolo di visione le permetteva un'incredibile vista del trasformato viso di lui, di quanto differenti apparissero quelle profonde linee dopo solo 10 ore.

Gli prese le mani tra le sue, intrecciando le dita con quelle di lui prima di parlare. "Max, ti è successo qualcosa." spiegò con gentilezza. "Quando abbiamo fatto l'amore."

L'atteggiamento di lui cambiò immediatamente, rilassando i lineamenti. "Puoi dirlo." rise, accarezzandole lentamente la spalla. "E' stato stupefacente."

"No, voglio dire che è successo veramente qualcosa." insistette lei, sentendosi le lacrime agli occhi. "Al tuo viso."

"Al mio viso?" chiese lui, sfiorandosi la mascella. "Non capisco."

"Max, le cicatrici sono … sono … " balbettò lei e le lacrime scesero giù per le guance, prima che lei riuscisse a sussurrare con voce roca. "Più leggere. Molto più leggere … questa mattina."

I marchi sulla pelle erano sempre stati di un rosa acceso, come mai guariti e ruvidi contro la sua pelle. Nei due mesi precedenti Liz avrebbe voluto suggerirgli di usare le pietre guaritrici, di chiamare tutti e cercare di curarlo. Eppure qualcosa l'aveva sempre fermata, impedendole di dare il suggerimento.

Si era trattenuta perché aveva visto dei frammenti nei loro flash mentre si baciavano, cose che, lei lo sapeva, non avrebbe dovuto vedere.

Max fece scorrere la mano sul viso, sorprendentemente calmo, quindi, alla fine, si lasciò cadere sulla schiena e rimase a fissare il soffitto. Differenti emozioni si leggevano sul suo volto e Liz si sentì esclusa da tutto. Lui era di nuovo su Antar, di nuovo in prigione. Migliaia di miglia lontano dal loro letto, dalle braccia di lei.

"Max, dimmi qualcosa." lo incalzò lei, ripulendosi le lacrime col dorso della mano. "A cosa stai pensando?" si era aspettata che lui festeggiasse, che ne fosse felice, non certo malinconia e distacco.

Per un lungo momento lui rimase silenzioso, quindi, alla fine, sospirò pesantemente. "Mi sto domandando perché mai sono partito con Tess."

La stanza sembrò girare intorno alle sue parole, mentre una parte della magia cominciava a scomparire. "Tu non … capisci." continuò lui finalmente, dopo averla scrutata per diversi minuti. "E' vero?"

"No." rispose lei, scuotendo la testa. Perché doveva fare il nome di Tess adesso, portandola dentro il loro letto nel preciso momento in cui la sua guarigione era cominciata?

"Tu mi hai risanato." rispose lui semplicemente. "Io l'ho sentito, Liz. Questa notte."

Anche il suo modo di parlare era cambiato, meno spezzato e più coerente. Ma Liz non si concentrò su quello, invece riportò lo sguardo sul suo amante, sugli occhi dorati che continuavano a guardarla. "Quando tu hai … toccato … " lui esitò un attimo, strofinandosi la mascella con un sospiro di frustrazione. "Il mio viso."

Lei sapeva benissimo a quale momento lui si stesse riferendo, quello in cui era cominciato il cambiamento mentre facevano l'amore. Gli occhi di lui le avevano detto tutto in quel momento – nell'attimo culminante, quando lei gli aveva circondato il viso con le mani, sfiorando con baci preziosi i segni brutali. Qualcosa era successo sotto le sue labbra, qualcosa di mistico – e poi l'argento si era soffuso sulla pelle di lui, come la luce lontana che illuminava la stanza. Lui aveva aperto la bocca in un basso gemito e aveva allungato la mano per toccarsi il suo stesso viso, meravigliato.

"Lo so che lo hai sentito." disse lei, tornando a circondargli il viso con le mani. "C'era dell'argento sopra le tue cicatrici, Max. Io l'ho visto."

"Come l'impronta della mano." sussurrò lui, spalancando gli occhi. "Su di te."

"Era proprio come quello, solo … " lei si fermò, cercando il modo più adatto di descriverlo. "Era come una tempesta magnetica."

"Liz, non guarito prima." La frase era chiara, ma la lasciò incerta sul suo significato

"Lo so, tesoro." rispose lei alla fine, scuotendo la testa in segno di assenso, mentre si accoccolava contro di lui nel letto. Il nome di Tess sembrava echeggiare ancora nella stanza, continuava a rovinare il momento anche adesso.

"A causa di Tess." disse lui con semplicità.

"Cosa?" aveva quasi pianto lei. Nei suoi sogni, lui le aveva parlato di Khivar, dicendo che lui aveva messo dei blocchi che impedissero la guarigione. Nei flash che aveva ricevuto, aveva visto i seguaci di Max cercare di curarlo dopo che era stato rilasciato dalla prigione, ma senza successo.

"Tess era lì … la notte." lui scosse la testa con gli occhi pieni di lacrime. E Liz capì. Qualcosa di assolutamente critico era successo tra di loro, un importante elemento della sua guarigione era lì. Le sue frasi stavano diventando nuovamente sconnesse, perché lui stava tornando ad un posto segreto, un luogo che non era mai stato esposto alla luce prima.

Di nuovo la magia tornò nella stanza, come un segreto senso di aspettativa.

"Tess era lì quando, Max?" lo incoraggiò lei, accarezzandogli con dolcezza i capelli. "Dimmelo."

"Khivar ha violentato la mia mente." terminò lui con voce rauca. "Tess era lì e … mi ha fatto del male."

"Tess ti ha fatto del male?" ripeté Liz con voce roca, sentendosi improvvisamente piena di rabbia. "Come?"

Max scosse la testa fermamente e Liz sentì le mani di lui stringerle forte la vita. Sembrava del tutto inconsapevole che la sua gentile stretta fosse diventata una morsa. "La mia mente. Ha ferito la mia mente."

Max rimase silenzioso, fissandola come se lei avesse il balsamo che avrebbe potuto guarire la sua anima. Come se lei avesse potuto indovinare quello che era successo senza bisogno di parole. Ha ferito la mia mente. Che cosa le stava dicendo? Liz sentì aumentare la disperazione, mentre riascoltava le sue criptiche parole.

"Mentre lui ti violentava la mente?" chiese Liz alla fine, mordendosi il labbro in frustrazione. "Lei ha ferito la tua mente, allora?"

"Lei ha bloccato … guarigione. Per sempre. Ha unito il potere … con Khivar, messo blocchi … nella mia mente. No guarigione."

"Oh, Dio." sussurrò Liz, mentre l'orribile verità di quello che lui aveva voluto dire si rivelava. Max continuò a fissarla, con occhi aperti e pieni di vulnerabilità. "Dio, Max, mi dispiace così tanto."

Tess e Khivar avevano unito i loro poteri per mettere dei blocchi alla guarigione dentro alla mente di lui, per essere sicuri che nessuno avrebbe mai potuto riparare il danno fatto a Max quella notte. Ecco perché gli anziani non erano riusciti a farlo su Antar, ecco perché Liz aveva saputo istintivamente che non avrebbero dovuto usare le pietre della guarigione.

"Solo tu, Liz." sussurrò lui alla fine, appoggiando la testa su quella di lei. "Il tuo amore. Solo tu … potevi guarire."

"Tess ti ha detto questo?" chiese Liz. "Che senza di me, non saresti mai guarito?"

"Sì." Max non disse più nulla, eppure Liz poteva immaginare i fantasmi che c'erano tra di loro. Di più, Max, lo incalzò lei silenziosamente. Dimmi tutto.

Invece lui rimase in silenzio, tenendola stretta contro il suo petto, il respiro malfermo e ansioso. Alla fine, quando Liz stava quasi per pregarlo di andare avanti, ammise piano, "Tess ha detto … che non mi avresti … mai amato … così. Nessuna guarigione senza … il tuo amore."

Liz chiuse gli occhi e un basso singhiozzo le sfuggì dalle labbra alla sua confessione. Tess lo aveva schernito, gli aveva detto che, quella notte, aveva perso l'amore della sua anima gemella per sempre, perché il suo viso era stato sfigurato. Eppure aveva fatto sì che lui sapesse qual era l'unica cura possibile, l'unica guarigione – l'amore di quella stessa anima gemella. Tess aveva voluto fare un gioco crudele, sicura che lui non sarebbe mai riuscito a tornare con Liz. Aveva convinto Max che, anche se ci fosse riuscito, Liz non avrebbe potuto amarlo, non con un viso e un corpo così orribilmente storpiati.

Liz continuò a piangere, lasciando teneri baci su ogni cicatrice. "Quanto si sbagliava, Max. Tu hai vinto, non vedi?" Gli sorrise, sentendo una grande felicità provenire dal suo cuore. "Noi abbiamo vinto. Abbiamo sconfitto i tuoi nemici, una volta per tutte."

"Lei ha rubato … troppo. 10 anni … con te."

"Non pensiamo a questo, Max." lo rassicurò Liz, scuotendo la testa con fermezza. "Non adesso. Non dopo che tu sei finalmente tornato a casa da me."

"Lei ha rubato ricordi, cose … " sospirò lui frustrato, poi finalmente rialzò lo sguardo e fissò Liz fermamente negli occhi. "Che appartenevano a noi. Andate. Anni andati. Khivar ha rubato troppo."

"Quali cose?" chiese Liz e Max la strinse ancora di più. "Quali ricordi?". Sentì il battito del suo cuore aumentare, temendo le risposte di lui. Non ricordava più il loro primo bacio? Non ricordava quando l'aveva guarita?

"Come la sera del ballo scolastico."

"Ballo scolastico?" Liz quasi si soffocò sulle parole. "Cosa?"

"Io ricordo di essere andato con te ma … non andare via. Non ti ho accompagnato a casa dopo. Nessun bacio."

"Oh, Dio, Max." sussurrò Liz, sedendosi nel letto. Con quell'unica frase, aveva spiegato così tanto di quello che era successo su Antar. Aveva passato anni ad arrovellarsi sul loro appuntamento del ballo scolastico, sul perché non avesse nessun ricordo di averla riaccompagnata a casa – quando Liz sapeva la penosa verità su quello che era successo quella sera. Si domandò su quanti altri momenti come quelli aveva riflettuto lui, spezzati frammenti senza un senso, che avrebbero fatto molto meno male se solo li avesse potuti comprendere.

"Max, quel ballo è stato un disastro. Se non te lo ricordi, beh, tanto meglio."

"Com'è … possibile?" chiese lui, aggrottando le sopracciglia. "Io ti amavo. Desideravo così tanto quella sera."

Liz annuì, sentendosi di nuovo le lacrime bruciarle gli occhi. "So che lo desideravi." sussurrò. "Lo so."

"Come ricorderò?" chiese lui alla fine. "Come potrò sapere cosa … ho perso? C'è così tanta confusione."

Liz rifletté per un lungo momento, poi lo fissò negli occhi. "Perché io ricorderò per te, Max." rispose lei, realizzando che possedeva la chiave per tutte le domande senza risposta che lo tormentavano. "E' così che il mio amore ti guarirà veramente. Tutti quei ricordi, tutto quello che hai dimenticato. E' ancora chiuso dentro di te e io vedo quelle memorie nei flash. E anche tu comincerai a vederle. Le cose di Antar, il nostro passato insieme, la tua infanzia. Tu ritroverai di nuovo tutto ogni volta che faremo l'amore."

Gli occhi dorati di Max divennero grandi e luminosi. "Ha … hai ragione." ammise alla fine con voce roca, portandosi la mano di lei alla guancia, mentre si sedeva nel letto.

"Tu ricorderai, Max." gli sussurrò orgogliosa. "Lascia che sia questo il mio dono per te. Il mio dono d'amore."

Lui si portò la mano di lei fino alla bocca e baciò con tenerezza ogni dito. "Il tuo amore … è già … un dono."

Liz gli circondò il collo con le braccia e portò la bocca fino a un respiro da quella di lui. "Max Evans, nessuno potrà mai più separarci." annunciò, sentendo le mani di lui stringerle la vita. Il calore esplose nel corpo di lei, mentre lui la abbassava lentamente sulla schiena. "Nessuno potrà portare via da te questo amore. Da noi." concluse lei, mentre lui la seguiva contro il materasso. "Sai perché, Max?" chiese lei senza fiato, mentre sentiva il calore di lui tra le sue gambe.

Max la interruppe, finendo la frase proprio mentre la baciava. "Perché le anime gemelle … si amano per sempre." sussurrò fiero.

Lei gli circondò il viso con le mani, abbassandogli la bocca per un altro bacio, ed intravide bagliori d'argento intorno alle sue cicatrici.

E per un attimo, poté giurare che stavano diventando più leggere proprio davanti ai suoi occhi.

 

   
 
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