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Autore: Luna Spenta    06/08/2014    1 recensioni
Brittany ha solo 17 anni quando la sua vita cambia radicalmente: trovarsi all'improvviso catapultati in una nuova città, dovendo cancellare tutto il proprio passato pur di proteggere le persone che si amano, può essere un'esperienza scioccante ma allo stesso tempo ricca di sorprese. Una nuova vita, una nuova storia, un nuovo amore. Ma il passato tende a ripresentarsi in tutta la sua irruenza... Si può davvero costruire il domani cancellando tutto quello che si è vissuto ieri?
DAL TRENTESIMO CAPITOLO:
In quella doccia c'era il suo profumo, il profumo di tutte le volte che mi aveva insaponato la schiena, che mi aveva sfiorata, toccata, baciata, morsa in quella stessa cabina.
Quante volte avevamo fatto l'amore lì? Quando sarebbe successo di nuovo? E soprattutto... sarebbe successo o no?
Genere: Romantico, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Stefania alla fine era andata via con aria rassegnata, ad io ero rimasta lì, immobile di fronte ad Emanuele, a sfiorarmi le labbra calde su cui lui aveva poco prima posato le sue.
Quando la mia amica si fu allontanata abbastanza da non poterci sentire, lui tirò un sospiro di sollievo. -C'è mancato poco- disse -Scusami davvero per il bacio, ma era l'unico modo per calmarla. Se avesse pensato che ti avevo rifiutato, mi avrebbe impedito di continuare a seguirti, e non avrei potuto proteggerti a dovere.-
Era ovvio che mi avesse baciata solo per lavoro, ma sentirmelo dire fu come essere schiaffeggiata.
-E ora?- chiesi ancora intontita.
-Ci toccherà fingere per un po', poi potremo inventarci che non ha funzionato e abbiamo deciso di restare amici-
L'ispettore parlava con aria fredda e distaccata, mentre io cercavo di calmare il battito irregolare del mio cuore. Non capivo neanche perché mi sentissi tanto agitata, ma nutrivo un bisogno impellente di allontanarmi da lui.
-Credo di dover andare a casa- dissi sottovoce.
-Ti accompagno-
-Preferirei andare a piedi- provai ad obiettare, ma con un'occhiata mi fece capire che era inutile discutere, quindi finii col seguirlo verso la sua auto.
Mi accomodai sul sedile del passeggero a testa bassa, aspettando che mettesse in moto.
Con mia sorpresa, dopo aver udito il rumore della seconda portiera chiudersi, non sentii il rombo del motore che mi aspettavo. C'era solo silenzio. 
Alzai lo sguardo verso l'ispettore, e lo vidi fermo a fissarmi con aria preoccupata.
-Mi dispiace- mi disse con un filo di voce. Non sapevo se si riferisse al bacio, alla discussione che l'aveva preceduto, al mio pianto, alla situazione o a cos'altro, ma quelle sue parole mi suonarono così pure e sincere, che gli perdonai all'istante tutto.
Accennai un sorriso senza sapere bene che dire, poi ci pensò lui.
-Sai, anch'io sono stato nel programma protezione testimoni, quando avevo quattordici anni.-
Sgranai gli occhi incredula. Lui continuò a raccontare tenendo lo sguardo fisso sul volante, e le mani poggiate sulle ginocchia. Aveva il corpo teso, ed io non potei fare a meno di notare i suoi muscoli guizzanti sotto il tessuto leggero della tuta che aveva addosso.
Cercai di ignorare la strana stretta che mi colse allo stomaco e mi concentrai sulle sue parole. Sembravano uscirgli da bocca a fatica.
-Io venni trasferito in un collegio, qui a Milano, e ho dovuto rimanere lì per quattro anni. Fu dura. Ero praticamente da solo, non potevo parlare a nessuno del mio passato. Tu hai tua mamma e tuo fratello... -
-E la tua famiglia?- 
-Sono entrato nel programma protezione testimoni perché ho visto in faccia l'uomo che aveva ucciso i miei genitori e mia sorella. Non avevo nessun altro.-
Il sangue mi si gelò nelle vene. Emanuele strinse gli occhi come a voler allontanare un ricordo, poi vidi i suoi muscoli rilassarsi dopo un sospiro. Si voltò a guardarmi ed io istintivamente allungai una mano per sfiorargli una guancia.
La barba corta mi solleticò la pelle.
Vidi la sua bocca piegarsi in un lieve sorriso.
-So quello che provi, Brit- era la prima volta che utilizzava quel nomignolo a me così familiare. Fu come una melodia sentirlo pronunciare da lui.
-Com'è finita?- provai a domandare, sapendo che forse si sarebbe irrigidito di nuovo o che avrebbe scelto di non approfondire. 
In realtà mi sorprese. Mi prese la mano con cui gli avevo accarezzato la guancia e la strinse.
-E' finita, e questa è l'unica cosa che conta. Finirà anche per voi Brit, e potrete tornare a casa. Rivedrai i tuoi amici e il tuo ragazzo. Te lo prometto.-
Quella risposta mi bastò. Mi venne spontaneo abbracciarlo. Lui mi strinse tra le sue braccia e restai con la testa poggiata sul suo petto caldo per quella che mi sembrò un'eternità. Il bisogno di scappare da lui si era tramutato improvvisamente in una necessità fisica e quasi dolorosa di essere stretta ancora più forte.
Emanuele intanto mi accarezzava e baciava i capelli, infondendomi calma e sicurezza. Alla fine mi allontanò con dolcezza e mise in moto per portarmi a casa.
Quel pomeriggio me ne restai a letto. Avevo voglia di ascoltare la musica e perdermi nei ricordi di Adam. Il profumo di Emanuele, però, continuava a distrarmi, tanto che provai anche a cambiarmi, ma evidentemente non erano i vestiti ad esserne impregnati... erano i capelli che lui aveva accarezzato affettuosamente, era la pelle del mio viso, che per tanto tempo era stato poggiato nell'incavo tra la sua spalla e il suo collo.
Ebbi un brivido nel ripensarci, e poi corsi a fare una doccia, sperando di riuscire a domare i miei pensieri.
Come se tutto quel casino non mi confondesse le idee abbastanza, il giorno dopo a scuola conobbi Alessio.
Fu un incontro provvidenziale, che migliorò notevolmente la mia nuova vita a Milano, o, più precisamente, la rese molto più simile alla mia vecchia vita a Las Vegas: il punto era che Alessio somigliava tremendamente ad Adam, e questo mitigava sempre di più la mia nostalgia di casa.
Fisicamente erano molto diversi: Alessio era piuttosto magro, mentre Adam aveva un corpo più tonico, e quest'ultimo vantava dei morbidi ricci biondi, con cui i neri capelli spettinati di Alessio non potevano competere. I loro occhi, però, erano particolarmente simili, e quel color miele era stata la prima cosa che avevo notato la mattina in cui Ale si era avvicinato per chiedermi l'ora.
Anch'io in quel momento l'avevo trovato un metodo d'approccio alquanto banale, ma quell'ingenuità da bambino e quella spontaneità disarmante, mi ricordavano tanto i modi infantili che in Adam avevo amato e odiato per otto mesi.
Più passavano i giorni e più il corteggiamento di quel nuovo arrivato nella mia vita si faceva esplicito, e in me nasceva un interesse sempre più concreto.
Fondamentalmente, però, c'erano due problemi: in primo luogo non ero ancora sicura di essere pronta a dimenticare l'amore che avevo lasciato in America, per buttarmi in una nuova storia, e, in secondo luogo, si era ormai diffusa in giro la notizia di me e "Bill".
Emanuele era bravo a fingersi un fidanzato premuroso e al contempo a non mettermi in imbarazzo. Non c'erano stati altri baci tra noi. Lui sosteneva non ce ne fosse bisogno. 
"Tutto sta nel modo in cui ci si guarda, e ci si tocca" mi aveva spiegato una volta.
La sua teoria era che se avessimo mantenuto il contatto visivo in presenza degli altri, questi si sarebbero convinti che tra noi c'era qualcosa. Inoltre riteneva che lievi contatti fisici, come il cingermi le spalle, o baciarmi la fronte, potessero bastare a renderci agli occhi del mondo una coppietta felice.
La sua idea sembrò funzionare, e non lasciò indifferente neanche Alessio.
Dopo un paio di settimane da quando lo avevo conosciuto, venne a trovarmi a casa.
-Posso parlarti, Niky?-
-Certo- gli risposi.
Ci sedemmo in veranda. Lui sembrava particolarmente agitato.
-Sono venuto per farti una proposta. Sai... noi, in questi giorni abbiamo parlato molto, e si è creato un bel rapporto, non lo pensi anche tu?-
In effetti dal nostro incontro, io e Alessio ci eravamo sentiti spessissimo via sms, email, e qualche volta era anche venuto a trovarmi a casa, in veste di amico naturalmente, diventando l'idolo di mio fratello.
-Sì, un rapporto bellissimo- confermai, cominciando a capire dove voleva andare a parare.
-Ecco, Niky... io con te sto molto bene e vorrei... approfondire-
-Approfondire?-
-Si, hai capito che intendo. So di Bill, e lo capisco se hai bisogno di tempo per pensarci, ma vedo come sei serena quando sei con me e come sei... strana, quando sei con lui. Io credo che tu abbia bisogno di qualcos'altro, di qualcuno con la tua età magari, non di un trentenne che fa il modello e che ti tratta come se fossi una bambina-
Lo guardai esterrefatta. 
Non ne potevo di più di quella storia dell'età.
-Ti ci metti anche tu ora?! Il mese prossimo compio 18 anni, e lui non è un trentenne!-
Alessio per tutta risposta scosse la testa.
-Sei comunque troppo giovane per lui, Niky-
-Non sono una bambina!- urlai digrignando i denti.
-Lo so- disse per provare a calmarmi -ma accanto a lui è quello che sembri. Avete un rapporto da fratello e sorella, ed è normale considerando che siete cresciuti insieme... Ma la passione è un'altra cosa! Pensaci Niky... Forse io potrei farti più felice.-
Restai sulla veranda a guardare Alessio allontanarsi.
Mi aveva dato diverse cose su cui riflettere. Prima su tutte: la mia reazione.
Perché me l'ero presa in quel modo? Io ed Emanuele non stavamo insieme davvero, non avevo una storia con un ventisettenne... e allora perché mi ero preoccupata tanto di sottolineare che la differenza d'età non era eccessiva e perché mi aveva dato così fastidio sentirmi dire che quella non era passione?
Non riuscivo a capire.
Alessio era venuto per dichiararsi, ed io non riuscivo a fare altro che pensare ad Emanuele.
  
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