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Autore: Alex Wolf    06/08/2014    5 recensioni
Ringil (stella fredda), è una giovane "cambia pelle" affidata alle cure di Gandalf già da quando è in fasce. La sua famiglia, il clan del nord, è stata distrutta da Azog il profanatore e lei è determinata a vendicarsi; ma, per riuscire a rivendicare le sue terre, e riprende il posto di regina che le è stato sottratto, sarà costretta ad accompagnare Thorin e la sua compagnia nell'avventura che li attende. I due non si sopportano, infatti, prima di conoscere la vera natura della ragazza, Thorin le da la caccia dopo che ha quasi staccato il braccio al nipote Fili. Assieme incontreranno ostacoli e pericoli; e Ringil si troverà a dover abbassare tutte le proprie difese davanti a Re Thranduil. Cosa accadrà dopo che la battaglia contro Azog sarà conclusa (Apparentemente) e il suo regno riconquistato? Aiuterà Thorin a riconquistare Erebor?
Genere: Avventura, Fantasy, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia, Thranduil, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il richiamo del lupo
 


“Io e te abbiamo avuto quel tipo di rapporto che non si sapeva dove volessimo arrivare.
Avvicinandoci in poco
Sfiorandoci per poco
Distruggendoci con poco.
Distanti un passo dall’amarci e due dal frantumarci.”

 
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« E’ triste la tua storia, Beorn. » La tazza fece un giro fra le mie lunghe dita, di un colore più abbronzato di quando ero partita da Gran Burrone.
Era stato un lungo, lungo viaggio da allora e con la solitudine a farmi compagnia era stato anche peggio. Più andavo avanti più dentro di me si consumava la rabbia, il dolore e l’odio che provavo verso Thorin e la sua squadra. Abbandonarmi li, come se fossi spazzatura.
« E’ più triste la tua, Ringil. » Affermò l’uomo orso, con quella sua voce burbera che collegata al suo corpo sproporzionatamente alto faceva paura. Si sedette su una delle grosse sedie difronte a me e buttò giù una lunga sorsata di idromele.
Lo studiai attentamente, inarcando le sopracciglia con fare interrogativo. La mia storia? Io non avevo una storia. Di che storia parlava? Io ero solo Ringil, per lui, e così dovevo restare. Nessuno sapeva che fine avessi fatto dopo il massacro causato da Azog. Nemmeno lui avrebbe dovuto. Provai a calibrare le sue parole, a trattenermi dal domandare cose che non avrei dovuto e, dopo vari apri e chiudi di bocca riuscii a decidere cosa dire.
« La mia storia non è triste, la mia storia è quella di un’orfana che non ha conosciuto i genitori ed è stata adottata da uno strano tizio. Tutto qui. » Sussurrai, poggiando il grande boccale ancora pieno sul tavolone davanti a me. « La tua, al contrario, è davvero triste. Conoscere la propria famiglia e vederla morire penso sia una delle cose più crudeli di questo mondo. » Scrocchiai le nocche, tenendo lo sguardo fisso sull’uomo. « Si, forse », si asciugò la barba ispida e poggiò il bicchiere sul tavolo. « Ma anche la tua, di famiglia, è stata trucidata, se non ricordo male. E, sebbene tu non le abbia conosciute quelle persone rimangono la tua famiglia. »
« Parliamoci chiaro, Beorn: come fai a sapere chi sono davvero? Gandalf era stato molto prudente nel nascondermi agli occhi altrui, facendo credere a tutti che io ero morta nell’attacco. » Mi spinsi leggermente in avanti e congiunsi le mani sopra al tavolo incuriosita. « Cos’altro sai? » Inarcai ancora le sopracciglia.
« So quanto basta. In ogni modo, dopo il tuo spettacolino di qualche anno fa contro Azog e le tue recenti apparizioni sulle montagne azzurre non mi è stato difficile pensare a te; non sei così invisibile come pensi, principessa. » Affermò, ruttandomi copiosamente in faccia. Mi spinsi indietro e incrociai le braccia al petto con una smorfia schifata. « E in più, so anche che sei alla ricerca di un gruppo di nani. »
Rizzai la schiena catturata da quell’informazione, tesi le orecchie. Alla fine quest’uomo si stava rivelando una fonte di informazioni non indifferente. Non l’avrei mai creduto possibile quando, un giorno prima, ero arrivata a casa sua. Per prima cosa, perché mi ero intrufolata dentro la casa dopo aver visto un orso gigante; per seconda cosa, perché mi si era presentato davanti con un caratteraccio del cavolo che aveva fatto subito scintille col mio. Eppure, era davvero utile.
« Sono passati di qui? » Chiesi, accarezzandomi i canini con la lingua. Si stavano affilando, la rabbia che cresceva dento di me mi stava portano alla trasmutazione.
« Certo, e si sono anche fermati una notte. Erano con Gandalf. Uno di loro era ridotto particolarmente male… Thorin Scudo-di-quercia. Avevano appena affrontato Azog, mi stupisce che tu non ne sapessi nulla; del luogo in cui avevano lottato non è rimasto altro che un dirupo con alberi carbonizzati. » Spiegò tranquillamente, buttando giù poi un sorso di idromele.
Trattenni il fiato e ingoiai un fiotto di saliva. I canini fuoriuscirono dalle mie gengive, pungendomi come le lame di coltelli affilati e tagliando la carne. Rabbia, era l’unica cosa che provavo. Rabbia e disprezzo per quella gente, per Gandalf, che mi aveva tradito. Come aveva osato Thorin combattere contro Azog? Cercare di ucciderlo, quando sapeva benissimo che era l’unica cosa che volevo? Mi ero unita alla compagnia solo per quello scopo, non per l’oro o i gioielli, solo per uccidere Azog. E lui voleva portarmelo via.
Rabbia, disprezzo, dolore, odio. Sete di vendetta.
Avrei ucciso io Azog, e chiunque avesse provato a mettersi in mezzo sarebbe finito male. Thorin non faceva differenza.
« Che altro è successo? » Ringhiai.
L’uomo mi rivolse uno sguardo veloce prima di sbadigliare, grattarsi la pancia e sbadigliare di nuovo. « Gli ho dato i miei cavalli per arrivare al confine di Bosco Atro, sono tornati tutti tranne uno, quello di Gandalf. Non so cosa quelli pensino di fare nel reame di Thranduil ma di sicuro il Re degli Elfi non gradirà quella visita a sorpresa. Come minimo saranno già nelle sue segrete. Poveri sciocchi. »
« Ora devo andare. » Mi alzai e raccolsi da terra un mantello che l’uomo mi aveva donato. Era rosso come il sangue, come la piccola pietra incastonata nella fedina che era stata di mia madre.
 Vendetta. Sangue. Vendetta. Morte.
Ora che sapevo dove si erano diretti i nani, la mia meta era scritta. Bosco Atro, la reggia di Thranduil.
« Come più ti pare, Regina dei Lupi. A te la scelta, io non sono ne tuo padre ne tuo parente e non sta a me fermarti se decidi di andare a perderti in quella stramaledetta foresta. »
« E infatti io non te l’ho chiesto. » Sborbottai allacciandomi il mantello sotto il collo e tirando su il grande cappuccio. Poi sospirai, non avrei dovuto essere così maleducata. Dopotutto Beorn mi aveva dato vitto e alloggio, e un migliaio di informazioni utili. Espirai e tolsi il cappuccio voltandomi di tre quarti, in modo da mostrargli il profilo del mio viso. « Grazie di tutto, Beorn. »
« Ah. » Alzò le spalle e ruggì quella specie di risposta, prima di alzarsi e scomparire nella stalla.
Alzai gli occhi al cielo e scossi il capo, rimettendomi il cappuccio. Quando richiusi la porta alle mie spalle e l’aria fresca gonfiò il mio mantello, uno strano odore mi tempestò le narici. Annusai l’aria e digrignai i denti.
Feci in tempo a voltarmi che i miei occhi scorsero un movimento dietro il tronco posizionato come staccionata da Beorn. Ringhiai, saltai in aria e mi trasformai. I vestiti mi si strapparono, l’unica cosa intatta rimase il mantello e la catenina alla quale tenevo appeso l’anello di mia madre.
Atterrai con un tonfo su un lupo rossiccio, o almeno mi parve tale. Rotolammo in un tripudio di artigli e zanne, e fendenti che schioccavano nell’aria come frustate. Quando ci fermammo, entrambi eravamo nuovamente umani e lui mi osservava con i suoi occhi chiari. Il viso aveva una bella linea rigida, severa, e coperta da uno strato di barba corta e scura. Gli occhi azzurri erano come due pozzi senza fondo, così diversi da quelli blu di quel nano traditore. Erano degli occhi davvero belli, che stavano a pennello sulla sua pelle così chiara in confronto alla mia ora abbronzata.
« Ma allora se veramente tu! » Esclamò, prendendomi il viso fra le mani e rigirandolo velocemente in ogni direzione. Era una cosa bizzarra, invadente e alquanto strana. Toccò infine l’anello appeso alla mia collana e si mise a ridere di gioia. « Oh, Ringil. »
« Si… e tu sei? »
« Il mio nome è Calon, mia regina, e sono qui per portarti a casa dal tuo branco. »
 
 
 
N.d.a
 
Ciao ragazze,
 
si, potete uccidermi. Non ho più aggiornato ma sono stata tanto impegnata! Prometto che aggiornerò presto, e sapete perché? Perché Ringil ha fatto il suo ingresso in STORIA D’INVERNO, e quindi devo assolutamente darmi una mossa.
 
Love U.

Kiss,


Isil.
  
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