Chapter 26
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There
are smiles that worth more than a thousand words
20
Maggio
Quel
mattino, mentre passeggiavo per Fredrenkikatu
diretta al Kamppi, incrociai per caso Linde: il chitarrista era tanto
immerso
nei suoi pensieri, mentre osservava la vetrina di un negozio di
giocattoli con
una buffa espressione, che sarei potuta passargli di fianco senza che
nemmeno
se ne accorgesse.
E dopo
quello che era successo la sera precedente
fui tentata di farlo.
Ma se
poi mi avesse riconosciuta, anche da lontano,
avrei di certo fatto una pessima figura.
Così,
prendendo coraggio e dipingendo sul mio volto
il mio miglior sorriso sicuro, mi avvicinai al chitarrista con le mani
in
tasca: “Hei Lily!”
Lui si
girò, sorpreso.
“Oh,
ciao Elisa” mi salutò, ricambiando il sorriso.
“Che
ci fai da queste parti?” domandai, curiosa.
Alzò
le spalle, incurvando in una strana smorfia il
labbro inferiore: “Facevo quattro passi. Poi ho pensato di
comprare qualcosa
per la mia Olivia”
Sentii
il sorriso aprirsi ancor più sulle mie
labbra, e questa volta senza alcuno sforzo.
Ancora
una volta mi ritrovai ad ammirare l’amore
che Linde aveva per la sua bimba e pensai che quest’ultima
fosse la persona più
fortunata del mondo.
“E
cosa avevi pensato di prenderle?”
Il
rasta si grattò il collo, pensieroso: “Veramente
ero un po’ indeciso. Sai, ormai ha imparato a leggere
piuttosto bene, è molto
avanti per la sua età” mi informò con
orgoglio “quindi pensavo ad un libro.
Anche se forse apprezzerebbe di più una bambola. Non so cosa
scegliere!”
dichiarò infine, spalancando le braccia.
“Vorrei
poterti aiutare” gli assicurai, poggiando
una mano sulla sua spalla e volgendo gli occhi verso la vetrina
“Ma non conosco
i suoi gusti”
Linde
sospirò, mentre un alone di tristezza
scivolava sul suo volto: “Ho paura di non conoscerli nemmeno
io abbastanza
bene. Sono sempre via, e lei cresce così in
fretta…”
Il mio
stomaco si aggrovigliò su se stesso ed io mi
maledissi per la mia uscita infelice.
“Non
dire così. Sei un padre fantastico e sono
certa che Olivia apprezza gli sforzi che fai per starle
accanto” tentai di
consolarlo.
Capii
dal suo sguardo che era ancora insicuro, così
aggiunsi: “Mi sarebbe davvero piaciuto avere un padre come
te, Linde. Il mio
non è una famosa rockstar, ma non vale la metà di
te. Neanche lontanamente”
“Dici
sul serio?” domandò, con una nuova luce negli
occhi.
“Certo”
esclamai con più entusiasmo “E ora scegli
il tuo regalo”
“Mhh”
meditò ancora qualche secondo “Penso che per
questa volta prenderò la bambola. Hai voglia di aiutarmi a
scegliere quale?” mi
supplicò “Non vorrei stare qui altre due
ore”
Ridendo,
lo accompagnai all’interno del negozio.
In
realtà non ero molto esperta di bambole. Da
piccola non ne avevo possedute molte, forse solo una, ma indicai a
Linde quella
che più si avvicinava alla mia idea di bambola ideale. Lui
parve approvare la
mia scelta.
Tuttavia,
quando eravamo già in fila alla cassa,
notai che il suo sguardo era caduto sull’espositore dove
erano sistemati in
bella mostra diversi libri per bambini, tra cui uno riguardante diversi
strumenti musicali.
Gli
occhi del chitarrista si illuminarono e
rabbuiarono in un secondo. Sbirciò la bambola che teneva in
mano, e poi ancora
il libro. Scosse la testa, imbronciato: “Uffa. Pensavo di
esserne sicuro, ma
adesso…”
Senza
pensarci un secondo di più, mi avvicinai
all’espositore e presi il libro sulla musica.
Linde
mi osservò confuso.
“Era
questo quello che stavi guardando?” chiesi
conferma.
Lui
annuì, con la fronte ancora aggrottata.
“Bene!
Allora questo glielo regalo io ad Olivia.
Sempre che tu abbia ancora intenzione di farmela conoscere, come mi
avevi
promesso” gli ricordai, con una piccola nota di rimprovero
nella voce.
“Davvero?”
il rasta tornò a sorridere “Certo che
voglio fartela conoscere!” Ci pensò qualche
istante e poi dichiarò: “Posso
portarla questa sera al Midnight Wish, se ci sei”
Annuì
felice: “Sì, sì. Ci sono. Sono di turno
oggi.”
“Allora
è perfetto. Anche se il suo vocabolario di
inglese non è ancora molto ampio…”
“Come
il mio di finnico” risi “Anzi, credo che sia
proprio la persona giusta per potermi aiutare un po’ a
perfezionarmi”
Terminati
i nostri acquisti, fui costretta a
congedarmi da Linde in tutta fretta.
Dovevo
infatti ancora passare da un negozio e poi
andare a vedere un appartamento in una zona piuttosto distante dal
centro,
quindi avrei dovuto prendere anche un autobus.
“Ma
hai bisogno di una macchina?” si premurò di
chiedermi Linde “Noi ne abbiamo una che non usa nessuno. Se
vuoi puoi
prenderla, almeno per un po’”
Fui
davvero commossa dall’offerta, ma non potevo
sfruttarla: “Sei davvero gentile, ma –
ahimè – niente patente, niente macchina”
sospirai.
Il
chitarrista sbuffò, contrariato: “Anche tu senza
patente? Speravo che quest’altra magagna non
l’avessi ereditata dal tuo
pseudo-fratello”
Sottolineò
la parola ‘pseudo’ con troppa enfasi.
Risi,
arrossendo un tantino, e cercai di
difendermi: “Beh non è mica la stessa cosa! Lui
non è riuscito a passare
l’esame, io non ci ho ancora provato. Ma appena ne faccio
diciotto sarò la
prima in pista!”
Linde
mi guardò senza capire: “Diciotto?”
“Già”
alzai le spalle, incerta “Ancora un mese e ci
sono”
La
confusione non abbandonò il suo volto:
“Tu” fece
una piccola pausa “Hai diciassette anni?”
Annuii,
sentendomi un poco a disagio: non pensavo
fosse una novità. Ero convinta che anche gli altri ne
fossero al corrente.
“Non
lo sapevi?”
“No.
In effetti non l’ho mai chiesto, ma ero
convinto che fossi molto più grande. Più giovane,
sì, ma non così tanto…”
Rimanemmo
per un po’ di tempo in silenzio. Io
ripensai al mio primo incontro con Ville, alle sue prime parole, alle
sue prime
paure. Sembrava quasi un deja-vù.
“Beh,
ora meglio che tu vada. Ti ho già fatto
perdere un sacco di tempo” disse Linde, cercando di riportare
tutto alla
normalità con un sorriso, troppo labile per ingannare
entrambi “Ci vediamo
stasera”
“A
stasera”
Mi
rimisi in cammino, ma non più serena. Dentro di
me, sentivo che un vecchio ostacolo tornava in superficie.
***
Cercai
di tenere la mente occupata per tutta la
giornata e alla fine, la sera, mi sentivo piuttosto rilassata.
Dopo
quel primo, discutibile inizio, la mia
carriera di barista aveva preso il volo e adesso mi muovevo sicura tra
le
bottiglie d’alcol, servendo birre e cocktail ad una
velocità perlomeno decente.
‘Non
potresti fare nemmeno questo’ si intromise
all’improvviso una voce nella mia testa ‘Sei troppo
piccola’
‘Fatti
gli affaracci tuoi’ avrei voluto gridare, ma
se mi fossi messa ad urlare contro me medesima probabilmente la gente
intorno
non l’avrebbe presa proprio bene.
Chi mi
aveva assunto era perfettamente al corrente
della mia situazione e se aveva deciso di prendersi questo rischio non
era una
mia responsabilità. O almeno così speravo.
Perché
quel maledetto mese sembrava non voler
passare mai?
“Dannato,
dannatissimo tempo!” imprecai sottovoce,
ma non abbastanza.
“Hai
detto qualcosa?” mi domandò Lilli, la mia
collega, corrugando la fronte.
“Ehm,
no…assolutamente nulla” le assicurai
innocentemente, arrossendo fin sopra l’attaccatura dei
capelli.
Fu
l’insolito silenzio che cadde sul locale a
distrarre l’attenzione della bionda, la quale si volse verso
il palco, mentre
il pubblico piano piano si riscuoteva e si metteva ad urlare
più forte.
“Hey,
ma quello è Valo” esclamò Lilli,
stupita.
Seguii
il suo sguardo, mentre la birra continuava a
sgorgare dentro un boccale già sufficientemente pieno.
“Ely
attenta!” mi riscosse, chiudendo il rubinetto
appena in tempo.
“Oddio
scusa” la pregai, distruggendomi il labbro
inferiore, ancora più imbarazzata.
Per
fortuna lei non si arrabbiò, ma si mise a
ridere del mio bizzarro comportamento: “Non ho mai conosciuto
una ragazza così
strana”
Decisi
di prenderlo come un complimento e feci un
piccolo inchino.
Poi
tornai a guardare quel matto di Ville che
salutava il cantante della band alla quale aveva appena portato via
pubblico e
palco.
“Scusate
per l’interruzione” esordì, con il suo
solito sorriso sornione “Ma ho promesso ad una delle mie fan
preferite che
avrei cantato una canzone per lei, quindi eccomi qui”
A
quanto pareva, nessuno sembrava particolarmente
scontento del cambiamento di programma. Io compresa.
“Ma
la mia piccola fan ha chiesto specificamente
che non fossi da solo a cantare. Quindi, Elisa, potresti venire qui
subito?”
aggiunse, indirizzando il suo sguardo esattamente dove sapeva che mi
avrebbe
trovato.
Mi
correggo: non ero per niente felice del
cambiamento di programma.
Soprattutto
dopo che uno stupido riflettore andò a
posizionarsi, guarda caso, proprio sopra la mia testa. In un attimo,
centinaia
di occhi erano incollati alla mia faccia terrorizzata.
Scossi
il capo, istintivamente. Forse era un gesto
stupido, non ero nemmeno sicura che potesse vedermi bene.
Dato
che non sembravo dare segni di muoversi il
cantante ricominciò: “Elisa sai benissimo che sto
parlando con te, piantala di
fare la timida come tuo solito e vieni qui”
Sono
in servizio, non posso andare, cercai di
tranquillizzarmi. Questa volta sono al sicuro.
Fu
proprio in quel momento che Aaron comparve dal
nulla alle mie spalle, facendomi sobbalzare.
“Non
preoccuparti” mi incoraggiò con un sorriso,
mal interpretando il mio viso atterrito “Puoi prenderti il
resto della serata
libero. Vai pure”
No.
Perché
i datori di lavoro dovevano essere sempre
gentili nel momento sbagliato?
Sbuffando
e mandando maledizioni a destra e a
manca, mi avviai lentamente verso il palco.
“Entro
oggi possibilmente” mi incalzò Ville,
guardandomi dall’alto in basso.
Gli
lanciai un’occhiata inceneritrice, squadrando
poi con torvo cipiglio anche i membri di quella stupida band che gli
avevano
permesso di cantare durante la loro esibizione.
“Ti
odio” borbottai, quando fui abbastanza vicina.
“Non
è vero” replicò, ancora con quel
sorrisetto
stampato in faccia. Per un momento, pensai molto concretamente di
tirargli un
pugno sul naso. Poi mi ricordai che buona parte della popolazione
femminile
sulla Terra non me lo avrebbe mai perdonato. Così mi
trattenni.
“Piuttosto,
te la ricordi ‘Beyond Redemption’?” mi
domandò, sistemando uno dei microfoni alla mia altezza.
“Certo
che me la ricordo!” brontolai, emettendo
fumo dalle orecchie “Accidentalmente ho imparato tutta la
vostra discografia a
memoria!”
“Perfetto”
ammiccò, ignorando volontariamente la
nota di acida ironia nella mia voce “Allora si
comincia!”
“Aspetta”
lo fermai preoccupata, posando una mano
sul suo braccio “Come vorresti cantarla? Voglio dire, non
è mica un duetto…”
“Shh,
non pensarci. Tu canta e basta”
Fece
un piccolo segno al gruppo, che si mise a
suonare le prime note d’attacco.
Per
niente convinta, presi in mano il microfono e
cominciai a cantare, non risparmiando Ville di un’altra serie
di occhiatacce.
“Oh
I
see your scars, I know where they're from
So
sensually carved and…”
“Bleeding until you’re
dead and gone”
“I’ve seen it all
before, beauty and splendour torn
It’s when heaven turns…”
“To
black and hell to white
Right
so wrong and wrong so right now!”
Giunti
al ritornello, mi ero già scordata di essere
arrabbiata. Mi ero dimenticata anche dove fossi. Ero
persa nella musica, ancora una
“Feel
it turning your heart into stone
Feel it piercing your courageous soul
Beyond now - redemption
No one's gonna catch you when you fall”
Spontaneamente,
il mio sguardo cadde sulle mie
consumatissime e fedelissime converse, e ringraziando di non aver messo
i
tacchi nemmeno quella sera, pensai a cosa sarebbe successo se fossi
veramente
caduta.
Non
potei fare a meno di ridere tra me e me: Ville
alzò un sopracciglio, senza poter soddisfare la sua
curiosità.
“Oh
I
see you crawl you can barely walk
With arms wide open…”
“You keep on begging for
more”
“I've
been there before knocking on the same door
It's when hate turns…”
“To love and love to hate
Faith to doubt and doubt to faith now”
“Feel
it turning your heart into stone
Feel it piercing your courageous soul
Beyond now - redemption
No one's gonna catch you when you fall”
Cantai
più forte e anche i
miei gesti si fecero più arditi, fino ad allungare le mani e
spingere Ville
proprio all’altezza delle spalle.
Lui,
colto di sorpresa,
fece un salto all’indietro per evitare di cadere.
Con
una strana espressione
dipinta sul viso, che non prometteva niente di buono, mi
aggirò, sistemandosi
alle mie spalle. Afferrò quindi una delle mie braccia tese,
e quasi posando il
mento nell’incavo del mio collo, sussurrò:
“Feel
it turning your
heart into stone”
“Feeling
piercing your courageous soul”
risposi, voltando appena il capo.
“Beyond
now redemption…”
Ville
si allontanò, per
terminare il brano con un ultimo assolo:
“No one’s gonna catch you when you fall!”
Raccolti
i nostri applausi,
sparimmo insieme nel backstage.
“Hey,
mi ci sto abituando…”
commentò Ville, asciugandosi un rivolo di sudore dalla
fronte. Aveva tirato
fuori di nuovo uno dei suoi soliti cappelli: avrei voluto ricordargli
che era
Giugno, e le temperature erano in salita, ma già una volta
avevo provato a mettere
becco sui suoi cappelli, e non era finita bene. Per me.
“A
che cosa?” domandai,
allungando le mani su una bottiglietta d’acqua.
“A
cantare insieme.
Vorresti farmi sempre da partner?”
Lo
guardai con gli occhi
sbarrati, sputacchiando acqua da tutte le parti e soffocandomi da sola.
Davanti
ad una simile
reazione, Ville scoppiò in una sonora risata: “Sto
scherzando! Secondo te,
potrei mai dividere la gloria con te? E cosa direbbero tutte le mie
fan?”
“Scemo!”
lo sgridai,
pestandogli un piede “Devi piantarla di farmi prendere questi
colpi”
Lui
rise più forte,
accarezzandomi i capelli in un gesto di compatimento: “Non
pensavo che fossi
così ingenua”
Mi
scansai, lanciandogli
addosso un po’ della mia bibita.
“Dai,
dai scusa” cercò di
salvarsi “Adesso andiamo che c’è
qualcuno che vuole conoscerti”
Mi
strappò un sorriso, non
appena compresi a chi si stava riferendo.
“Okay.
Però prima
accompagnami a prendere una cosa nei camerini, intanto mi tolgo la
divisa”
***
Salimmo
insieme al piano
superiore e subito riconobbi lo strano cappello indossato dal
chitarrista degli
HIM per contenere tutti i suoi dreads.
Facemmo
pochi passi in
quella direzione ed ecco che una piccola bambina, con i capelli castani
legati
in due trecce e un delizioso vestitino blu oltremare,
sgusciò via
dall’abbraccio della sua mamma e si lanciò come
una scheggia nella nostra
direzione.
“Setä
Ville¹!”
gridò felice, saltando in braccio al darkman, che
la accolse a braccia aperte sollevandola da terra.
“Hei
kirppu!²”
la salutò, posandole un bacio sulla fronte e
dandole un pizzicotto su una guancia.
“Minä
en ole kirppu!” protestò Olivia facendo il broncio
“Minä olen isoksi!³”
Tutti
scoppiarono a ridere,
mentre Ville posava a terra la bambina, scompigliandole la frangetta.
“Ymmärtän”
le spiegò, con il suo sorriso obliquo “Mutta
sinä aina olet minun kirppuni!”
Mentre
ancora Olivia lo
guardava storto, lui la prese per mano, voltandosi verso di me.
“Tule”
la esortò, spingendola avanti.
“Lei
è Elisa” mi presentò,
facendo un gesto nella mia direzione “Lei invece è
Olivia”
“Ciao
Olivia” mi chinai
alla sua altezza, mentre un ampio sorriso si apriva sempre di
più sulle mie
labbra “Piacere di conoscerti” aggiunsi, allungando
la mia mano.
Lei mi
osservò curiosa per
qualche istante, quasi nascosta dietro le gambe di Ville. Poi, piano
piano, si
avvicinò per stringermi la mano. La sua stretta fu morbida e
un po’ incerta.
“Così
‘Beyond Redemption’ è
la tua canzone preferita?” le domandai, parlando nel miglior
modo possibile.
Lei
ascoltò con attenzione
e poi annuì timidamente, mordicchiandosi il labbro inferiore
e ritirando
entrambe le mani dietro la schiena.
“Anche
a me piace molto
sai?” le confidai, ritrovando nei suoi occhi lo stesso
sguardo dolce del padre.
Rimanemmo
pochi attimi in
silenzio. Attesi che fosse lei a parlare, quando ne avesse avuto voglia.
“Canti
molto bene”
bisbigliò, piegando il capo da un lato e scegliendo
accuratamente le parole.
“Oh,
grazie” le risposi,
scostandomi una ciocca di capelli dal viso “E tu parli molto
bene l’inglese”
Olivia
rise, aggrappandosi
ai jeans di Ville, forse per darsi sicurezza.
“Penso
anche che sei
bellissima” continuò, sempre a voce bassa.
Arrossii
un poco,
sollevando la testa e incontrando per un secondo gli occhi del darkman,
che
sorrideva del mio imbarazzo.
La
ringraziai ancora,
assicurandole che era la bambina più adorabile che avessi
mai incontrato.
Quindi
tirai fuori il
pacchetto che avevo preparato per lei e glielo porsi.
Olivia
lo fissò stupita a
lungo, fin quando non trovò il coraggio di mormorare:
“E’ per me?”
“Certo!”
lo protesi più
vicino, affinché lo afferrasse con le sue manine.
Non
appena lo ebbe tra le
dita, si voltò per sbirciare il viso dei propri genitori;
entrambi le
sorrisero, annuendo, invitandola ad aprire il pacchetto.
Strappò
la carta con quella
rapidità che è propria dei bambini. Quindi
scrutò attentamente la copertina del
libro, leggendone il titolo con una fluidità che invece non
era affatto comune
tra i suoi coetanei.
Dopo
la sua accorta
osservazione. mi guardò sorridendo:
“Grazie”
“E’
stato un piacere,
sweetie” ricambiai il sorriso, mentre mi alzavo in piedi
“Puoi chiederle se ha
voglia di sfogliarlo insieme a me, così magari mi insegna un
po’ di
finlandese?” domandai, rivolta a Ville, perché mi
facesse da traduttore.
Non
appena ebbe ascoltato
la mia richiesta, Olivia accettò con entusiasmo.
Così
ci sedemmo in un
angolo del tavolo e ci chiudemmo nel nostro mondo, fatto di musica e di
quel
nostro linguaggio dove il mio povero e stentato finlandese si univa con
il suo
vocabolario inglese ancora ridotto; non avemmo mai tuttavia bisogno di
un
intervento esterno: con qualche gesto e sorriso, fummo sempre in grado
di
capirci, dimentiche degli sguardi meravigliati di Ville e dei suoi
genitori, i
quali non erano stati invitati nel nostro salottino privato.
Ora
che le pagine del libro
terminarono, io ed Olivia eravamo già diventate ottime
amiche: imbarazzo e
timidezza erano ormai scomparsi, e il sorriso illuminava
incessantemente il suo
volto.
“Posso
toccare i tuoi
capelli? Sono così belli” mi interrogò,
sbattendo le ciglia.
“Ma
certo” le assicurai,
alzando le spalle. La invitai a sedersi sulle mie ginocchia, e lei non
si fece
pregare.
Un’altra
rivale per la mia
parrucchiera preferita, pensai, mentre le dita sottili di Olivia
passavano tra
i miei capelli.
“Le
piaci davvero tanto
sai?” mi confidò Manna “Di solito non si
comporta in questo modo con le persone
che non conosce”
“Sono
davvero felice”
sorrisi, accarezzando la schiena della bambina, mentre questa era
impegnatissima a legare i miei capelli in due trecce, simili alle sue.
Le ore
passarono veloci,
quasi fossero minuti, mentre chiacchieravo insieme a Ville e ai suoi
amici, e
la piccola Olivia si teneva occupata con i miei capelli, fino a quando,
stanca,
si addormentò tra le mie braccia, ancora con il sorriso
sulle labbra.
“Se
vuoi la prendo io” si
fece subito avanti Manna “Probabilmente ti pesa”
“No
affatto” scossi la
testa “Non mi pesa affatto. Se non ti da fastidio, mi
piacerebbe tenerla ancora
un po’”
“Certo”
esclamò lei,
risistemandosi comodamente sulla sua sedia “Credo proprio che
abbiamo trovato
una fantastica babysitter”
“Quando
volete!”
Mi
sentivo felice e davvero
a casa. Anche se ogni volta che incrociavo lo sguardo di Linde,
sembrava che la
magia si spezzasse. Mi diedi più volte della paranoica, ma
non riuscii mai a
cacciare quella strana sensazione.
Quando
la serata sembrava
ormai agli sgoccioli, arrivarono Burton e Luisa.
Li
accogliemmo con un
sorriso, accorgendoci però subito che la coppia era
visibilmente agitata:
Burton non riusciva quasi a stare seduto, Luisa attorcigliava in modo
scomposto
la corda della sua borsetta, ancora e ancora.
“Ragazzi,
tutto bene?”
domandò Manna alla fine, dando voce alla preoccupazione di
tutti i presenti.
I due
si guardarono a lungo
negli occhi, poi entrambi annuirono, mentre noi altri attendevamo
confusi.
Burton
si avvicino alla
sedia della moglie e, posatele le mani sulle spalle, si
schiarì la voce:
“Beh…ehm, c’era qualcosa che volevamo
dirvi. Cioè, in realtà avremmo voluto
dirvelo ieri sera, ma abbiamo sbagliato, avevamo invitato
così tanta gente
e…alla fine non ce la siamo sentita”
Fece
una lunga pausa,
posando il suo sguardo assorto su ognuno di noi, probabilmente senza
neanche
vederci.
Dato
che non dava segni di
voler andare avanti, Ville, con il suo solito tatto lo riscosse
bruscamente:
“Beh?” domandò, impaziente.
Il
tastierista parve
svegliarsi finalmente dalla sua trance e, dopo aver dato una stretta
più forte
alla mano di Luisa, che era scivolata a coprire la sua,
mormorò: “Aspettiamo un
bambino”
“Ma
è stupendo!” gridò
Manna, saltando al collo di entrambi.
Così
quella sera si
trasformò in una notte da ricordare e fu la consapevolezza
di farne in qualche
modo parte, quando Luisa mi abbracciò stretta stretta, che
mi fece commuovere.
***
“Non
posso crederci, hai
anche la lacrima facile” mi prese in giro Ville, quando fummo
soli, mentre mi
accompagnava al taxi che mi avrebbe riportato all’hotel.
“Taci”
gli feci la
linguaccia “Anche tu avevi gli occhi lucidi”
“Non
è assolutamente vero”
si schermì, scuotendo la testa.
Sbuffai,
ricordandomi che
la sua testardaggine era solo pari alla mia e che quindi non avrei
cavato un
ragno dal buco.
“Comunque
sia è stata una
serata splendida!”
Ville
sorrise, prendendo la
mia mano “Ti piace la piccola Olivia, eh?”
“E’
semplicemente
fantastica”
“Eravate
davvero bellissime
insieme” notò, accarezzandomi una guancia
“Ma come fai?”
Inarcai
le sopracciglia,
confusa dalla domanda.
“Ad incantare
sempre il mio cuore, con ogni
gesto, ogni azione, anche la più semplice”
sussurrò, accostando il suo viso al
mio, così tanto che la punta del suo naso sfiorava la mia.
“E’
il tuo mondo ad essere
magico” bisbigliai di rimando, prima che le sue labbra si
posassero sulle mie.
Note:
¹
Setä Ville
= zio Ville
² Hei kirppu = ciao pulce
³
Minä en ole
kirppu - Minä olen isoksi = non sono una
pulce, sono
diventata grande
Ymmärtän - Mutta sinä aina olet minun
kirppuni = capisco – ma
sarai sempre la mia pulce
Tule =
vieni
________________________________________________________________________________
Ancora un giorno di libertà per me T.T e poi si torna a scuolina! MA che barba!
Comunque ecco qui il nuovo aggiornamentt!
Questa storia è agli sgoccioli (finalmente vero? xD) ma ancora qualche capitolino esiste!
Fatemi sapereeee!
Kiitos a chi a letto lo scorso capitolo e soprattutto a chi ha commentato ^^
@Queenrock: Uhhh me è felicissima di saperlo *-* grazieee! Troppo generosa! Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto! Bacini
@Puz: Mia adorata amorina! Adesso tu stai facendo l’esame di spagnolo probabilmente, mentre mossi è un po’ agitata per il tatuagginooo xD Comunque, grazie Pux *-* Questo capitolo doveva essere di riempitivo e invece poi vi è piaciuto così tanto *-* Mossi è super felice e ti ama troppo!
@Crist: oohh cara! Mi sei mancata un sacco! *-* Sono contenta che tu sia tornata! Grazie davvero! Grazie grazie grazie! Alla prossima! Baciiii
La vostra
FallenAngel aka Mossiii