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Autore: AnAngelFallenFromGrace    11/09/2008    4 recensioni
*ALTERNATIVE ENDING* "E' strano pensare a quante cose possa riservarti il futuro. Talvolta nulla. Talvolta un sogno. La seconda opzione sembra di gran lunga preferibile. Ma siamo sicuri che lo sia? Il momento di svegliarsi e aprire gli occhi, di riaffacciarci al mondo reale, arriva sempre. Presto o tardi. E fa male." Una ragazza normale, un viaggio per sfuggire alla realtà, un incontro molto particolare, l'inizio di un sogno. Ma quanto potrà durare? Dal mio lato romantico e poco sadico (XD) eccovi questa ff^^ Dedicata alla mia "Arianna", la mia mentora XD
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Chapter 26

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There are smiles that worth more than a thousand words

 

 

20 Maggio

 

Quel mattino, mentre passeggiavo per Fredrenkikatu diretta al Kamppi, incrociai per caso Linde: il chitarrista era tanto immerso nei suoi pensieri, mentre osservava la vetrina di un negozio di giocattoli con una buffa espressione, che sarei potuta passargli di fianco senza che nemmeno se ne accorgesse.

 

E dopo quello che era successo la sera precedente fui tentata di farlo.

Ma se poi mi avesse riconosciuta, anche da lontano, avrei di certo fatto una pessima figura.

 

Così, prendendo coraggio e dipingendo sul mio volto il mio miglior sorriso sicuro, mi avvicinai al chitarrista con le mani in tasca: “Hei Lily!”

Lui si girò, sorpreso.

“Oh, ciao Elisa” mi salutò, ricambiando il sorriso.

“Che ci fai da queste parti?” domandai, curiosa.

Alzò le spalle, incurvando in una strana smorfia il labbro inferiore: “Facevo quattro passi. Poi ho pensato di comprare qualcosa per la mia Olivia”

Sentii il sorriso aprirsi ancor più sulle mie labbra, e questa volta senza alcuno sforzo.

 

Ancora una volta mi ritrovai ad ammirare l’amore che Linde aveva per la sua bimba e pensai che quest’ultima fosse la persona più fortunata del mondo.

 

“E cosa avevi pensato di prenderle?”

Il rasta si grattò il collo, pensieroso: “Veramente ero un po’ indeciso. Sai, ormai ha imparato a leggere piuttosto bene, è molto avanti per la sua età” mi informò con orgoglio “quindi pensavo ad un libro. Anche se forse apprezzerebbe di più una bambola. Non so cosa scegliere!” dichiarò infine, spalancando le braccia.

“Vorrei poterti aiutare” gli assicurai, poggiando una mano sulla sua spalla e volgendo gli occhi verso la vetrina “Ma non conosco i suoi gusti”

Linde sospirò, mentre un alone di tristezza scivolava sul suo volto: “Ho paura di non conoscerli nemmeno io abbastanza bene. Sono sempre via, e lei cresce così in fretta…”

Il mio stomaco si aggrovigliò su se stesso ed io mi maledissi per la mia uscita infelice.

“Non dire così. Sei un padre fantastico e sono certa che Olivia apprezza gli sforzi che fai per starle accanto” tentai di consolarlo.

Capii dal suo sguardo che era ancora insicuro, così aggiunsi: “Mi sarebbe davvero piaciuto avere un padre come te, Linde. Il mio non è una famosa rockstar, ma non vale la metà di te. Neanche lontanamente”

“Dici sul serio?” domandò, con una nuova luce negli occhi.

“Certo” esclamai con più entusiasmo “E ora scegli il tuo regalo”

 

“Mhh” meditò ancora qualche secondo “Penso che per questa volta prenderò la bambola. Hai voglia di aiutarmi a scegliere quale?” mi supplicò “Non vorrei stare qui altre due ore”

Ridendo, lo accompagnai all’interno del negozio.

 

In realtà non ero molto esperta di bambole. Da piccola non ne avevo possedute molte, forse solo una, ma indicai a Linde quella che più si avvicinava alla mia idea di bambola ideale. Lui parve approvare la mia scelta.

 

Tuttavia, quando eravamo già in fila alla cassa, notai che il suo sguardo era caduto sull’espositore dove erano sistemati in bella mostra diversi libri per bambini, tra cui uno riguardante diversi strumenti musicali.

Gli occhi del chitarrista si illuminarono e rabbuiarono in un secondo. Sbirciò la bambola che teneva in mano, e poi ancora il libro. Scosse la testa, imbronciato: “Uffa. Pensavo di esserne sicuro, ma adesso…”

Senza pensarci un secondo di più, mi avvicinai all’espositore e presi il libro sulla musica.

 

Linde mi osservò confuso.

“Era questo quello che stavi guardando?” chiesi conferma.

Lui annuì, con la fronte ancora aggrottata.

“Bene! Allora questo glielo regalo io ad Olivia. Sempre che tu abbia ancora intenzione di farmela conoscere, come mi avevi promesso” gli ricordai, con una piccola nota di rimprovero nella voce.

“Davvero?” il rasta tornò a sorridere “Certo che voglio fartela conoscere!” Ci pensò qualche istante e poi dichiarò: “Posso portarla questa sera al Midnight Wish, se ci sei”

Annuì felice: “Sì, sì. Ci sono. Sono di turno oggi.”

“Allora è perfetto. Anche se il suo vocabolario di inglese non è ancora molto ampio…”

“Come il mio di finnico” risi “Anzi, credo che sia proprio la persona giusta per potermi aiutare un po’ a perfezionarmi”

 

Terminati i nostri acquisti, fui costretta a congedarmi da Linde in tutta fretta.

Dovevo infatti ancora passare da un negozio e poi andare a vedere un appartamento in una zona piuttosto distante dal centro, quindi avrei dovuto prendere anche un autobus.

“Ma hai bisogno di una macchina?” si premurò di chiedermi Linde “Noi ne abbiamo una che non usa nessuno. Se vuoi puoi prenderla, almeno per un po’”

Fui davvero commossa dall’offerta, ma non potevo sfruttarla: “Sei davvero gentile, ma – ahimè – niente patente, niente macchina” sospirai.

Il chitarrista sbuffò, contrariato: “Anche tu senza patente? Speravo che quest’altra magagna non l’avessi ereditata dal tuo pseudo-fratello”

Sottolineò la parola ‘pseudo’ con troppa enfasi.

 

Risi, arrossendo un tantino, e cercai di difendermi: “Beh non è mica la stessa cosa! Lui non è riuscito a passare l’esame, io non ci ho ancora provato. Ma appena ne faccio diciotto sarò la prima in pista!”

Linde mi guardò senza capire: “Diciotto?”

“Già” alzai le spalle, incerta “Ancora un mese e ci sono”

La confusione non abbandonò il suo volto: “Tu” fece una piccola pausa “Hai diciassette anni?”

Annuii, sentendomi un poco a disagio: non pensavo fosse una novità. Ero convinta che anche gli altri ne fossero al corrente.

“Non lo sapevi?”

“No. In effetti non l’ho mai chiesto, ma ero convinto che fossi molto più grande. Più giovane, sì, ma non così tanto…”

 

Rimanemmo per un po’ di tempo in silenzio. Io ripensai al mio primo incontro con Ville, alle sue prime parole, alle sue prime paure. Sembrava quasi un deja-vù.

“Beh, ora meglio che tu vada. Ti ho già fatto perdere un sacco di tempo” disse Linde, cercando di riportare tutto alla normalità con un sorriso, troppo labile per ingannare entrambi “Ci vediamo stasera”

“A stasera”

Mi rimisi in cammino, ma non più serena. Dentro di me, sentivo che un vecchio ostacolo tornava in superficie.

 

***

 

Cercai di tenere la mente occupata per tutta la giornata e alla fine, la sera, mi sentivo piuttosto rilassata.

 

Dopo quel primo, discutibile inizio, la mia carriera di barista aveva preso il volo e adesso mi muovevo sicura tra le bottiglie d’alcol, servendo birre e cocktail ad una velocità perlomeno decente.

‘Non potresti fare nemmeno questo’ si intromise all’improvviso una voce nella mia testa ‘Sei troppo piccola’

‘Fatti gli affaracci tuoi’ avrei voluto gridare, ma se mi fossi messa ad urlare contro me medesima probabilmente la gente intorno non l’avrebbe presa proprio bene.

Chi mi aveva assunto era perfettamente al corrente della mia situazione e se aveva deciso di prendersi questo rischio non era una mia responsabilità. O almeno così speravo.

Perché quel maledetto mese sembrava non voler passare mai?

 

“Dannato, dannatissimo tempo!” imprecai sottovoce, ma non abbastanza.

“Hai detto qualcosa?” mi domandò Lilli, la mia collega, corrugando la fronte.

“Ehm, no…assolutamente nulla” le assicurai innocentemente, arrossendo fin sopra l’attaccatura dei capelli.

 

Fu l’insolito silenzio che cadde sul locale a distrarre l’attenzione della bionda, la quale si volse verso il palco, mentre il pubblico piano piano si riscuoteva e si metteva ad urlare più forte.

“Hey, ma quello è Valo” esclamò Lilli, stupita.

 

Seguii il suo sguardo, mentre la birra continuava a sgorgare dentro un boccale già sufficientemente pieno.

“Ely attenta!” mi riscosse, chiudendo il rubinetto appena in tempo.

“Oddio scusa” la pregai, distruggendomi il labbro inferiore, ancora più imbarazzata.

Per fortuna lei non si arrabbiò, ma si mise a ridere del mio bizzarro comportamento: “Non ho mai conosciuto una ragazza così strana”

Decisi di prenderlo come un complimento e feci un piccolo inchino.

 

Poi tornai a guardare quel matto di Ville che salutava il cantante della band alla quale aveva appena portato via pubblico e palco.

“Scusate per l’interruzione” esordì, con il suo solito sorriso sornione “Ma ho promesso ad una delle mie fan preferite che avrei cantato una canzone per lei, quindi eccomi qui”

A quanto pareva, nessuno sembrava particolarmente scontento del cambiamento di programma. Io compresa.

“Ma la mia piccola fan ha chiesto specificamente che non fossi da solo a cantare. Quindi, Elisa, potresti venire qui subito?” aggiunse, indirizzando il suo sguardo esattamente dove sapeva che mi avrebbe trovato.

Mi correggo: non ero per niente felice del cambiamento di programma.

 

Soprattutto dopo che uno stupido riflettore andò a posizionarsi, guarda caso, proprio sopra la mia testa. In un attimo, centinaia di occhi erano incollati alla mia faccia terrorizzata.

Scossi il capo, istintivamente. Forse era un gesto stupido, non ero nemmeno sicura che potesse vedermi bene.

Dato che non sembravo dare segni di muoversi il cantante ricominciò: “Elisa sai benissimo che sto parlando con te, piantala di fare la timida come tuo solito e vieni qui”

Sono in servizio, non posso andare, cercai di tranquillizzarmi. Questa volta sono al sicuro.

Fu proprio in quel momento che Aaron comparve dal nulla alle mie spalle, facendomi sobbalzare.

“Non preoccuparti” mi incoraggiò con un sorriso, mal interpretando il mio viso atterrito “Puoi prenderti il resto della serata libero. Vai pure”

No.

Perché i datori di lavoro dovevano essere sempre gentili nel momento sbagliato?

 

Sbuffando e mandando maledizioni a destra e a manca, mi avviai lentamente verso il palco.

“Entro oggi possibilmente” mi incalzò Ville, guardandomi dall’alto in basso.

Gli lanciai un’occhiata inceneritrice, squadrando poi con torvo cipiglio anche i membri di quella stupida band che gli avevano permesso di cantare durante la loro esibizione.

 

“Ti odio” borbottai, quando fui abbastanza vicina.

“Non è vero” replicò, ancora con quel sorrisetto stampato in faccia. Per un momento, pensai molto concretamente di tirargli un pugno sul naso. Poi mi ricordai che buona parte della popolazione femminile sulla Terra non me lo avrebbe mai perdonato. Così mi trattenni.

“Piuttosto, te la ricordi ‘Beyond Redemption’?” mi domandò, sistemando uno dei microfoni alla mia altezza.

“Certo che me la ricordo!” brontolai, emettendo fumo dalle orecchie “Accidentalmente ho imparato tutta la vostra discografia a memoria!”

“Perfetto” ammiccò, ignorando volontariamente la nota di acida ironia nella mia voce “Allora si comincia!”

 

“Aspetta” lo fermai preoccupata, posando una mano sul suo braccio “Come vorresti cantarla? Voglio dire, non è mica un duetto…”

“Shh, non pensarci. Tu canta e basta”

Fece un piccolo segno al gruppo, che si mise a suonare le prime note d’attacco.

Per niente convinta, presi in mano il microfono e cominciai a cantare, non risparmiando Ville di un’altra serie di occhiatacce.

 

Oh I see your scars, I know where they're from

So sensually carved and…

 

Bleeding until you’re dead and gone

 

I’ve seen it all before, beauty and splendour torn

It’s when heaven turns…

 

To black and hell to white

Right so wrong and wrong so right now!”

 

Giunti al ritornello, mi ero già scordata di essere arrabbiata. Mi ero dimenticata anche dove fossi. Ero persa nella musica, ancora una volta.

 

Feel it turning your heart into stone
Feel it piercing your courageous soul
Beyond now - redemption
No one's gonna catch you when you fall

 

Spontaneamente, il mio sguardo cadde sulle mie consumatissime e fedelissime converse, e ringraziando di non aver messo i tacchi nemmeno quella sera, pensai a cosa sarebbe successo se fossi veramente caduta.

Non potei fare a meno di ridere tra me e me: Ville alzò un sopracciglio, senza poter soddisfare la sua curiosità.

 

Oh I see you crawl you can barely walk
With arms wide open…”

                             

“You keep on begging for more”

 

I've been there before knocking on the same door
It's when hate turns…”

 

To love and love to hate
Faith to doubt and doubt to faith now

 

Feel it turning your heart into stone
Feel it piercing your courageous soul
Beyond now - redemption
No one's gonna catch you when you fall”

 

Cantai più forte e anche i miei gesti si fecero più arditi, fino ad allungare le mani e spingere Ville proprio all’altezza delle spalle.

Lui, colto di sorpresa, fece un salto all’indietro per evitare di cadere.

Con una strana espressione dipinta sul viso, che non prometteva niente di buono, mi aggirò, sistemandosi alle mie spalle. Afferrò quindi una delle mie braccia tese, e quasi posando il mento nell’incavo del mio collo, sussurrò: “Feel it turning your heart into stone”

 

Feeling piercing your courageous soul” risposi, voltando appena il capo.

 

Beyond now redemption…”

 

Ville si allontanò, per terminare il brano con un ultimo assolo:

No one’s gonna catch you when you fall!”

 

Raccolti i nostri applausi, sparimmo insieme nel backstage.

“Hey, mi ci sto abituando…” commentò Ville, asciugandosi un rivolo di sudore dalla fronte. Aveva tirato fuori di nuovo uno dei suoi soliti cappelli: avrei voluto ricordargli che era Giugno, e le temperature erano in salita, ma già una volta avevo provato a mettere becco sui suoi cappelli, e non era finita bene. Per me.

“A che cosa?” domandai, allungando le mani su una bottiglietta d’acqua.

“A cantare insieme. Vorresti farmi sempre da partner?”

Lo guardai con gli occhi sbarrati, sputacchiando acqua da tutte le parti e soffocandomi da sola.

Davanti ad una simile reazione, Ville scoppiò in una sonora risata: “Sto scherzando! Secondo te, potrei mai dividere la gloria con te? E cosa direbbero tutte le mie fan?”

“Scemo!” lo sgridai, pestandogli un piede “Devi piantarla di farmi prendere questi colpi”

Lui rise più forte, accarezzandomi i capelli in un gesto di compatimento: “Non pensavo che fossi così ingenua”

 

Mi scansai, lanciandogli addosso un po’ della mia bibita.

“Dai, dai scusa” cercò di salvarsi “Adesso andiamo che c’è qualcuno che vuole conoscerti”

Mi strappò un sorriso, non appena compresi a chi si stava riferendo.

“Okay. Però prima accompagnami a prendere una cosa nei camerini, intanto mi tolgo la divisa”

 

***

 

Salimmo insieme al piano superiore e subito riconobbi lo strano cappello indossato dal chitarrista degli HIM per contenere tutti i suoi dreads.

Facemmo pochi passi in quella direzione ed ecco che una piccola bambina, con i capelli castani legati in due trecce e un delizioso vestitino blu oltremare, sgusciò via dall’abbraccio della sua mamma e si lanciò come una scheggia nella nostra direzione.

 

“Setä Ville¹!” gridò felice, saltando in braccio al darkman, che la accolse a braccia aperte sollevandola da terra.

“Hei kirppu!²” la salutò, posandole un bacio sulla fronte e dandole un pizzicotto su una guancia.

“Minä en ole kirppu!” protestò Olivia facendo il broncio “Minä olen isoksi!³

Tutti scoppiarono a ridere, mentre Ville posava a terra la bambina, scompigliandole la frangetta.

“Ymmärtän” le spiegò, con il suo sorriso obliquo “Mutta sinä aina olet minun kirppuni!

Mentre ancora Olivia lo guardava storto, lui la prese per mano, voltandosi verso di me. “Tule” la esortò, spingendola avanti.

 

“Lei è Elisa” mi presentò, facendo un gesto nella mia direzione “Lei invece è Olivia”

“Ciao Olivia” mi chinai alla sua altezza, mentre un ampio sorriso si apriva sempre di più sulle mie labbra “Piacere di conoscerti” aggiunsi, allungando la mia mano.

Lei mi osservò curiosa per qualche istante, quasi nascosta dietro le gambe di Ville. Poi, piano piano, si avvicinò per stringermi la mano. La sua stretta fu morbida e un po’ incerta.

“Così ‘Beyond Redemption’ è la tua canzone preferita?” le domandai, parlando nel miglior modo possibile.

Lei ascoltò con attenzione e poi annuì timidamente, mordicchiandosi il labbro inferiore e ritirando entrambe le mani dietro la schiena.

“Anche a me piace molto sai?” le confidai, ritrovando nei suoi occhi lo stesso sguardo dolce del padre.

 

Rimanemmo pochi attimi in silenzio. Attesi che fosse lei a parlare, quando ne avesse avuto voglia.

“Canti molto bene” bisbigliò, piegando il capo da un lato e scegliendo accuratamente le parole.

“Oh, grazie” le risposi, scostandomi una ciocca di capelli dal viso “E tu parli molto bene l’inglese”

Olivia rise, aggrappandosi ai jeans di Ville, forse per darsi sicurezza.

“Penso anche che sei bellissima” continuò, sempre a voce bassa.

Arrossii un poco, sollevando la testa e incontrando per un secondo gli occhi del darkman, che sorrideva del mio imbarazzo.

La ringraziai ancora, assicurandole che era la bambina più adorabile che avessi mai incontrato.

 

Quindi tirai fuori il pacchetto che avevo preparato per lei e glielo porsi.

Olivia lo fissò stupita a lungo, fin quando non trovò il coraggio di mormorare: “E’ per me?”

“Certo!” lo protesi più vicino, affinché lo afferrasse con le sue manine.

Non appena lo ebbe tra le dita, si voltò per sbirciare il viso dei propri genitori; entrambi le sorrisero, annuendo, invitandola ad aprire il pacchetto.

Strappò la carta con quella rapidità che è propria dei bambini. Quindi scrutò attentamente la copertina del libro, leggendone il titolo con una fluidità che invece non era affatto comune tra i suoi coetanei.

Dopo la sua accorta osservazione. mi guardò sorridendo: “Grazie”

“E’ stato un piacere, sweetie” ricambiai il sorriso, mentre mi alzavo in piedi “Puoi chiederle se ha voglia di sfogliarlo insieme a me, così magari mi insegna un po’ di finlandese?” domandai, rivolta a Ville, perché mi facesse da traduttore.

Non appena ebbe ascoltato la mia richiesta, Olivia accettò con entusiasmo.

 

Così ci sedemmo in un angolo del tavolo e ci chiudemmo nel nostro mondo, fatto di musica e di quel nostro linguaggio dove il mio povero e stentato finlandese si univa con il suo vocabolario inglese ancora ridotto; non avemmo mai tuttavia bisogno di un intervento esterno: con qualche gesto e sorriso, fummo sempre in grado di capirci, dimentiche degli sguardi meravigliati di Ville e dei suoi genitori, i quali non erano stati invitati nel nostro salottino privato.

Ora che le pagine del libro terminarono, io ed Olivia eravamo già diventate ottime amiche: imbarazzo e timidezza erano ormai scomparsi, e il sorriso illuminava incessantemente il suo volto.

 

“Posso toccare i tuoi capelli? Sono così belli” mi interrogò, sbattendo le ciglia.

“Ma certo” le assicurai, alzando le spalle. La invitai a sedersi sulle mie ginocchia, e lei non si fece pregare.

Un’altra rivale per la mia parrucchiera preferita, pensai, mentre le dita sottili di Olivia passavano tra i miei capelli.

“Le piaci davvero tanto sai?” mi confidò Manna “Di solito non si comporta in questo modo con le persone che non conosce”

“Sono davvero felice” sorrisi, accarezzando la schiena della bambina, mentre questa era impegnatissima a legare i miei capelli in due trecce, simili alle sue.

 

Le ore passarono veloci, quasi fossero minuti, mentre chiacchieravo insieme a Ville e ai suoi amici, e la piccola Olivia si teneva occupata con i miei capelli, fino a quando, stanca, si addormentò tra le mie braccia, ancora con il sorriso sulle labbra.

“Se vuoi la prendo io” si fece subito avanti Manna “Probabilmente ti pesa”

“No affatto” scossi la testa “Non mi pesa affatto. Se non ti da fastidio, mi piacerebbe tenerla ancora un po’”

“Certo” esclamò lei, risistemandosi comodamente sulla sua sedia “Credo proprio che abbiamo trovato una fantastica babysitter”

“Quando volete!”

 

Mi sentivo felice e davvero a casa. Anche se ogni volta che incrociavo lo sguardo di Linde, sembrava che la magia si spezzasse. Mi diedi più volte della paranoica, ma non riuscii mai a cacciare quella strana sensazione.

 

Quando la serata sembrava ormai agli sgoccioli, arrivarono Burton e Luisa.

Li accogliemmo con un sorriso, accorgendoci però subito che la coppia era visibilmente agitata: Burton non riusciva quasi a stare seduto, Luisa attorcigliava in modo scomposto la corda della sua borsetta, ancora e ancora.

“Ragazzi, tutto bene?” domandò Manna alla fine, dando voce alla preoccupazione di tutti i presenti.

I due si guardarono a lungo negli occhi, poi entrambi annuirono, mentre noi altri attendevamo confusi.

Burton si avvicino alla sedia della moglie e, posatele le mani sulle spalle, si schiarì la voce: “Beh…ehm, c’era qualcosa che volevamo dirvi. Cioè, in realtà avremmo voluto dirvelo ieri sera, ma abbiamo sbagliato, avevamo invitato così tanta gente e…alla fine non ce la siamo sentita”

 

Fece una lunga pausa, posando il suo sguardo assorto su ognuno di noi, probabilmente senza neanche vederci.

Dato che non dava segni di voler andare avanti, Ville, con il suo solito tatto lo riscosse bruscamente: “Beh?” domandò, impaziente.

Il tastierista parve svegliarsi finalmente dalla sua trance e, dopo aver dato una stretta più forte alla mano di Luisa, che era scivolata a coprire la sua, mormorò: “Aspettiamo un bambino”

“Ma è stupendo!” gridò Manna, saltando al collo di entrambi.

Così quella sera si trasformò in una notte da ricordare e fu la consapevolezza di farne in qualche modo parte, quando Luisa mi abbracciò stretta stretta, che mi fece commuovere.

 

***

 

“Non posso crederci, hai anche la lacrima facile” mi prese in giro Ville, quando fummo soli, mentre mi accompagnava al taxi che mi avrebbe riportato all’hotel.

“Taci” gli feci la linguaccia “Anche tu avevi gli occhi lucidi”

“Non è assolutamente vero” si schermì, scuotendo la testa.

Sbuffai, ricordandomi che la sua testardaggine era solo pari alla mia e che quindi non avrei cavato un ragno dal buco.

 

“Comunque sia è stata una serata splendida!”

Ville sorrise, prendendo la mia mano “Ti piace la piccola Olivia, eh?”

“E’ semplicemente fantastica”

“Eravate davvero bellissime insieme” notò, accarezzandomi una guancia “Ma come fai?”

 

Inarcai le sopracciglia, confusa dalla domanda.

 “Ad incantare sempre il mio cuore, con ogni gesto, ogni azione, anche la più semplice” sussurrò, accostando il suo viso al mio, così tanto che la punta del suo naso sfiorava la mia.

“E’ il tuo mondo ad essere magico” bisbigliai di rimando, prima che le sue labbra si posassero sulle mie.

 



 

Note:

¹ Setä Ville = zio Ville

² Hei kirppu = ciao pulce

³ Minä en ole kirppu - Minä olen isoksi = non sono una pulce, sono diventata grande

Ymmärtän - Mutta sinä aina olet minun kirppuni  = capisco – ma sarai sempre la mia pulce

Tule = vieni

 

 

 

 

________________________________________________________________________________

 

Ancora un giorno di libertà per me T.T e poi si torna a scuolina! MA che barba!

Comunque ecco qui il nuovo aggiornamentt!

Questa storia è agli sgoccioli (finalmente vero? xD) ma ancora qualche capitolino esiste!

Fatemi sapereeee!

 

Kiitos a chi a letto lo scorso capitolo e soprattutto a chi ha commentato ^^

 

@Queenrock: Uhhh me è felicissima di saperlo *-* grazieee! Troppo generosa! Spero che anche questo capitolo ti sia piaciuto! Bacini

 

@Puz: Mia adorata amorina! Adesso tu stai facendo l’esame di spagnolo probabilmente, mentre mossi è un po’ agitata per il tatuagginooo xD  Comunque, grazie Pux *-* Questo capitolo doveva essere di riempitivo e invece poi vi è piaciuto così tanto *-* Mossi è super felice e ti ama troppo!

 

@Crist: oohh cara! Mi sei mancata un sacco! *-* Sono contenta che tu sia tornata! Grazie davvero! Grazie grazie grazie! Alla prossima! Baciiii

 

La vostra

FallenAngel aka Mossiii

 

 

  
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