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Autore: latour    06/08/2014    5 recensioni
[Raccolta di song-fic dedicata alle canzoni dei GazettE]
I. Akai one piece; Ruki. "Questo abito di pizzo rosso è il mio unico orgoglio."
II. Zakurogata no Yuuutsu; Reita, Ruki. "Se potessi morire per te, allora questa sarebbe la mia felicità..."
III. Namaatatakai Ame to Zaraitsuita Jounetsu; Aoi, Uruha. "Ho perso tutta la gelosia che provavo nei tuoi confronti. Ora, sono l'unico che hai nel cuore?"
IV. Red MoteL; Kai, Ruki. "Sul rosso, rosso letto, il mio animaletto domestico puzza di sangue."
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC, Raccolta | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Akai one piece

Titolo: Akai one piece
Personaggi: Ruki
Pairing: Reituki
Traduzione della canzone:
Akai one piece
Rating:
Arancione
Avvertimenti:
Crossdressing / Slash


赤いワンピース



Una passata di rossetto brillante sulla labbra sottili, un fine strato di cipria bianca sul volto paffuto a mascherare ogni inesistente imperfezione e le corte ciglia annerite e incurvate da due pennellate di mascara. Se non si vuole sembrare troppo volgari, è meglio non truccarsi troppo gli occhi quando già la bocca è tinta di un intenso rosso simile a quello delle mele mature e lucide. Sul piccolo comò della toeletta, insieme a svariate boccette di profumo e ai cosmetici, si trovavano tutti i piccoli e inutili regali dei suoi ammiratori: biancheria intima, peluches in miniatura, braccialetti, collanine, orecchini e altri articoli del genere, di ogni tipo e colore. Nonostante i ragazzi che flirtassero ogni giorno con quella regina auto-proclamata, c'era qualcuno di speciale che era riuscito ad entrare nel suo cuore egoista e senza regole; le sue foto erano attaccate ai lati dell'enorme specchio ovale inchiodato al muro, incorniciato da qualche fiore finto ora sciupato e da una serie di lampadine tonde.
Ogni volta che il suo sguardo si soffermava su quelle immagini prese di nascosto senza che nessuno se ne accorgesse, le sue labbra si raddolcivano in un sorriso morbido, e i suoi occhi si facevano ancor più scuri e acquosi di quanto già non fossero. Peccato che quel ragazzo dall'animo arrogante e combattivo non degnasse neanche di uno sguardo quel suo ammiratore che, nei panni di una ragazza, si divertiva a far girare la testa a tutti gli studenti dell'istituto maschile che entrambi frequentavano. Catturava le sue prede grazie al suo fascino androgino e le ingannava, dalla prima all'ultima, senza rimpianti. Sebbene riuscisse ad ottenere tutto ciò che desiderava senza alcuno sforzo apparente, se doveva essere sincero, era piuttosto inesperto quando arrivava il momento di separarsi dal suo amato abito di pizzo rosso.
Quest'ultimo era il suo unico orgoglio, non riusciva ad uscire di casa senza indossarlo – almeno quando non era costretto ad indossare quell'orrenda uniforme scolastica di stoffa scura e rigida. Indossandolo, riusciva a far irrigidire come dei cani anche i ragazzi più difficili e inclini a far del bene, che tanto si vantavano di certe avventure con tali ragazze che nessuno però aveva mai visto o conosciuto. Chiunque venisse a casa sua, diventava suo schiavo totale – il suo volto si macchiava sempre di una bellezza senza pari, mista alla lussuria che ognuno di quei momenti intimi faceva grondare dal suo corpo avvolto nell'abito rosso. Si faceva prendere dopo essersi accertato che il suo partner occasionale fosse veramente ciò che cercava e che non andasse a mettere in circolo voci tremende sul suo conto. Quando poi questi gli domandava se avrebbe mantenuto il segreto senza dir niente a nessuno, egli si limitava a cantilenare: “Forse, forse, forse...!” mentre si sfilava lentamente l'abito, rimanendo completamente nudo per poi accomodarsi bramoso sul letto dalle lenzuola sfatte.
Ma quella non era l'unica cosa che usciva – abbastanza – bene al ragazzo dal vestito rosso. Difatti, circa ogni venerdì o sabato sera, lo si poteva incontrare in un locale della zona mentre cantava, cantava con tutto se stesso ciò che le ultime esperienze gli avevano lasciato impresso. I suoi capelli tinti di colori che andavano contro le norme dell'istituto erano sempre acconciati in modo disordinato, quasi a voler sottolineare la sua mente caotica e imprevedibile. Come sempre, l'abito in pizzo rosso gli fasciava il corpo morbido e pallido, arrivandogli fin sopra le ginocchia a lasciargli scoperte le gambe nude e perfettamente lisce.
«Ti ho amato finché mi ha fatto male, ha fatto male, male male!»
Continuava a cantare con voce spiegata, facendo stridere di tanto in tanto le corde vocali irrigidite dallo sforzo, lasciando che qualche goccia di sudore gli bagnasse il volto e le tempie, scivolando lungo il suo collo per poi finire nello scollo dell'abito. Quella sera, però, era speciale rispetto a tutte le altre: difatti, la persona a cui più teneva era lì a guardarlo, ai piedi del palco, con una sigaretta fra le labbra e una bottiglietta di birra in mano. Uno dei suoi piccoli occhi marroni lo scrutava intensamente, mentre l'altro era coperto come sempre da uno spesso ciuffo di capelli biondi, di un biondo così sporco e orrido da sembrar giallo canarino. Eppure, nonostante quello, il ragazzo dall'abito rosso – o meglio, Takanori per chi lo conosceva meglio – si sentiva irresistibilmente attratto da lui, desiderandolo con tutto se stesso.
Finendo di cantare, si prese una pausa e, dopo un sorso di birra, si concesse una sigaretta. L'accese e se la infilò fra le labbra, inspirando un'abbondante boccata di fumo e schiudendo poi le labbra con fare sensuale e malizioso, facendo sì che una lunga spirale di fumo bianco salisse fino al soffitto, lasciandosi dietro un lieve sentore di mentolo. Prima di avvicinarsi ancora al microfono, osservò ancora per un po' la figura snella e slanciata del suo ragazzo che si distingueva fra quella folla disordinata. Sentì il proprio cuore perdere un colpo quando le loro iridi scure si incrociarono. Si sentì fondere, il proprio corpo bruciare dall'interno. Quella maschera di cera che s'era costruito nel corso della propria esistenza stava per esser sciolta da quella fiamma che si faceva sempre più intensa, mentre ancora i due si scrutavano negli occhi. Per tutto quel tempo aveva finto di essere una regina, quando alla fine era solo una “femmina” come tante altre.
Akira. Un nome come tanti – tre sillabe, il numero della perfezione. Anche il suo cognome era dannatamente comune, ma che bisogno c'era di distinguersi da un numero indefinito di omonimi quando lui era quell'Akira? Il suo grande petto e quegli occhi diventavano solamente ferite e si fusero assieme al corpo di Takanori che, ancora sul palco con le gambe lievemente piegate e le ginocchia rivolte l'una verso l'altra, cantava con un trasporto tale da rimanerne quasi stordito. Da quanto tempo non gli capitava di cantare così bene, mettendoci tutto se stesso in ogni singolo verso? Voleva solamente essere felice, felice come non lo era mai stato. Ora che l'attenzione dell'unica persona che gli interessasse veramente era rivolta a lui, non chiedeva altro. Era fin troppo stanco di sentirsi dire cose dolorose e di cominciare lentamente ed inesorabilmente a disprezzare se stesso per ciò che non era.
Alla fine dello spettacolo, scese dal palco con di nuovo una sigaretta stretta fra le labbra. Passando davanti ad Akira, riuscì a sentire il suo odore mascolino – un misto di sudore e fumo. I loro occhi si incrociarono nuovamente, ma le loro bocche rimasero chiuse, senza emettere neppure un leggero sibilo. Dovevano aver entrambi capito che per il momento andava bene così. Takanori si pentì di non aver colto l'occasione di potergli parlare e di prendere finalmente ciò che gli spettava, ma da un lato era grato a quel ragazzo di non esserglisi neppure avvicinato. Ora che aveva catturato il suo interesse, non ci voleva nulla a cadere fra le sue braccia, anche solo per una notte. Così, se mai ciò fosse accaduto, avrebbe abbandonato quella sua vita straziante piena di inganni per dedicarsi unicamente a ciò a cui teneva di più oltre ad Akira: la musica.
Così, spegnendo la sigaretta contro il muro, il ragazzo dall'abito rosso lasciò solamente un leggero segno nero sulla parete e uscì dal locale, sparendo in poco tempo sotto gli occhi di tutti, solo e con una guancia rigata da delle tiepide lacrime di gioia.




Eccomi alla fine della prima song-fic della raccolta dedicata alle canzoni dei GazettE che ho deciso di scrivere. Spero vi sia piaciuta, anche se è proprio un piccolo inizio. Metto subito in chiaro che non saprò quando scriverò e pubblicherò il prossimo capitolo, né tantomeno su quale canzone su basi o quali personaggi contenga. Inoltre, non saprei neanche quanti capitoli avrà (in ogni caso, penso di non arrivare neanche alla decina, lol) – dipenderà tutto dall'ispirazione che mi prenderà, come sempre, nei momenti meno opportuni! Al momento, a chi potrebbe interessare, sto scrivendo un'altra raccolta di song-fic dedicata ai DIR EN GREY: potete trovarla qui!
Per ora direi di lasciare il rating arancione dal momento che non credo di scrivere cose troppo spinte, a meno che la mia mente malata non mi suggerisca di farlo... tenetevi pronti ad ulteriori modifiche o ad aggiornamenti del tutto improvvisi! Recensioni, commenti o critiche sono sempre ben accetti. Vi ringrazio in anticipo per il tempo che mi avete dedicato fin qui!
Alla prossima!

   
 
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